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Estratto del documento

L'occupazione diminuì, ma un chiaro segno di modernizzazione sociale fu che molte

donne entrarono nel mondo del lavoro. La vera nota dolente dello scenario sociale

latinoamericane negli anni 90 è la disuguaglianza, salvo in Uruguay e Cuba dove le

differenze sociali rimasero minori. Storici economisti non sono però d'accordo nel

valutare tale fenomeno. Per i critici del liberalismo, vecchio e nuovo, non v’è dubbio

che esso abbia ancora una volta causato le lacerazioni di un tessuto sociale altrimenti

più equo e coeso. Per i liberali, gli elevati livelli latinoamericani di disuguaglianza

sociale, avrebbero subito l'impatto negativo delle politiche neoliberali del tempo ma

sarebbero frutto delle fratture storiche che lacerano dell'area fino dalle origini. A

peggiorare la situazione fu la crescente nascita o ribalta di vari movimenti sociali nati

dal ritorno della democrazia per dare risposta ad una grande varietà di istanze sociali,

quali il femminismo, l’ecologismo, la difesa dei servizi pubblici. La loro anima più

robusta e radicata fu l'indianismo: non più solo un movimento sociale ma sempre di

più una corrente ideologica e un movimento politico o addirittura un movimento

armato come accade in Chiapas, nel Messico meridionale, dove 1° gennaio 1994

dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale annunciò di aver imbracciato le armi

contro lo Stato.

Il Chiapas zapatista: Lo stato messicano del Chiapas, stato indiano per eccellenza,

possedeva una struttura sociale caratterizzata dalla sovrapposizione tra due profonde

spaccature sociali: quella di classe, tra una ristretta élite di proprietari terrieri e la

maggioranza priva di terra, e quella etnica, essendo la minoranza meticcia e la

maggioranza indiana. I pilastri del programma dell’Ezln furono le rivendicazioni sociali,

la riforma agraria in primis e rivendicazioni etniche, cioè il riconoscimento del diritto

della popolazione indiana locale ad una larga autonomia e di governarsi in base ai

propri costumi comunitari. La guerra causò circa 150 vittime e si concluse nel 1995

con la firma degli accordi di pace. Non furono rispettati da parte dell’élite locali, resesi

responsabili di violente repressioni, che indussero i guerriglieri a dichiarare

Negli anni 90 l’America Latina era sul punto di consolidare il processo di

democratizzazione. Politici e scienziati si domandarono se quelle giovani democrazie

fossero davvero sulla buona strada o se realtà continuassero manifestare evidenti

ostacoli, sociali, economici e culturali. Per le democrazie in fase di consolidamento ciò

che li caratterizzò fu la solidità, la legittimità e l'efficienza delle istituzioni politiche.

Solidità perché poggiavano su un vasto consenso e una diffusa cultura democratica,

cioè gran parte della popolazione pensava che la democrazia rappresentativa fosse il

migliore dei regimi politici. Legittimità perché tutti gli attori politici, sia partiti sia le

corporazioni, riconobbero nelle procedure democratiche l'unica modalità per affermare

le proprie idee e programmi. Efficienza perché, proprio perché i processi erano lenti e

graduali gli conferivano più serietà e credibilità. Un caso emblematico fu quello del

Messico dove le elezioni divennero per la prima volta competitive e si completò la

riforma del sistema elettorale. Nel 1997 il PRI perse per la prima volta nella sua storia

la maggioranza parlamentare e nel 2000 la transizione democratica messicana

culminò con l’elezione alla presidenza di Vincent Fox del Partido Acciòn Nacional: un

partito di matrice cattolica e da tempo portavoce dei ceti produttivi orientato perciò a

favore dell’economia di mercato e di una stretta cooperazione con gli USA. Meno

incoraggianti furono i casi delle nuove democrazie in America centrale e nell'aria

andina dove vari fattori contribuirono a rallentarne il consolidamento o a deviarne il

corso verso le nuove forme di populismo. I fattori furono sia storici, come le mai sanate

fratture etniche e sociali di quei paesi e fattori politici ed economici dato che la crisi

degli anni’ 80 agevolò la tendenza di molti paesi alla concentrazione del potere nelle

mani dei presidenti. Dalla Colombia, dove una nuova e moderna Costituzione non solo

non pose argine al conflitto armato ma nemmeno al dilagare della corruzione

alimentata dal narcotraffico, al Venezuela dove la corruzione, la crisi finanziaria e le

rivolte militari misero in ginocchio i partiti tradizionali creando le condizioni per la

vittoria elettorale di Hugo Chavez nel 1998, il quale forte di un vasto seguito popolare

annunciò di voler creare un regime rivoluzionario e non nascose la sua avversione per

la democrazia rappresentativa impugnando le tipiche bandiere nazionaliste e

socialiste.

Bill Clinton giunto alla Casa Bianca nel 1992 non impresse svolte alla politica latino-

americana avviata da George Bush, dove prevalse un senso di continuità alla base

della quale stavano due fattori. Il primo è che finita la guerra fredda la regione aveva

cessato di essere importante per l'amministrazione statunitense. Il secondo, cessata

l’ossessione per la sicurezza, gli Stati Uniti si occuparono di promuovere la

democrazia. Tuttavia, a dominare l'agenda furono le questioni del narcotraffico,

dell'immigrazione e della criminalità internazionale. Il primo ed importante passo

compiuto da Clinton fu la ratifica del NAFTA. Non fece mancare il decisivo impegno

della sua amministrazione a sostegno della democrazia dove era in pericolo per di più

in collaborazione con i maggiori paesi dell'America Latina. Il paese che più giovò

dell’aiuto dell’amministrazione Clinton fu la Colombia. Spina nel fianco statunitense sia

potenziale anello debole della stabilità regionale a causa del narcotraffico e della

criminalità organizzata che dimostro di avere abbastanza potere da avvelenare le già

deboli istituzioni politiche. E della guerriglia della Fuerzas Armadas Revolucionarias de

Colombia (FARC), l’unica ancora attiva ed influenti in America Latina, legata a Cuba e

all’ideologia marxista. Nel 1998 fu eletto presidente della Colombia un uomo in cui gli

Plan Colombia,

Stati Uniti riponevano particolare fiducia e annunciarono il un robusto

piano de di aiuti statunitensi alla Colombia in gran parte destinato a combattere il

narcotraffico. Un piano che indusse i critici ad accusare gli Stati Uniti di intervenire nel

conflitto colombiano e che Clinton difesa a spada tratta con uno sforzo per aiutare il

governo locale ad estirpare le radici del male che affliggevano il paese.

Neopopulismo e neoliberismo. Il Perù di Fujimori e l’Argentina di

Menem: I casi di Alberto Fujimori in Perù e di Carlos Menem in Argentina

furono emblematici. Entrambi condussero campagne elettorali all'insegna

delle tipiche promesse populiste ma cambiarono bruscamente rotta una volta

giunti al potere dove introdussero dei radicali piani di riforme economiche

liberali. Data la stabilità che ristabilirono in questi paesi, godettero di un vasto

sostegno popolare ma non consolidarono i cardini istituzionali della

democrazia liberale. Infatti, tesero ad appellarsi alla sovranità del popolo per

accentrare il potere e prevaricare l'autonomia del Parlamento e del potere

giudiziario. Entrambi quindi impiegarono la popolarità di cui godettero per

perseguire il classico obiettivo populista dell’unanimità a discapito del

pluralismo. Contesti in cui essi agirono furono però diversi. Alberto Fujimori,

eletto presidente del Perù nel 1990, basò la sua popolarità su una radicale

retorica antipolitica cioè, condannò la classe politica tradizionale rispetto alla

outsider,

quale e gli si presentò come un privo di macchie e sulla

determinazione a combattere con ogni mezzo Sendero Luminoso, il

movimento guerrigliero. Introdusse un drastico piano di riforme economiche

neoliberali che dapprima causò un'accurata recessione ma in seguito avviò

una sostenuta crescita. Nel 1992, col decisivo sostegno delle Forze Armate,

autogolpe

compì un cioè un colpo di Stato per liberarsi dai limiti imposti al suo

potere dal Parlamento e dalla Costituzione che egli riformò per poter

concorrere alla rielezione. Fu rieletto sia nel 1995 sia nel 2000, anche se il

clima era ormai cambiato.

Carlos Menem, eletto presidente dell’Argentina nel 1989 basò la sua

popolarità su due elementi chiave: il primo fu la stabilità economica che riuscì

a restaurare dopo la drammatica stagione dell’iperinflazione attraverso il

cosiddetto Piano Cavallo, fondato sulla legge di convertibilità la quale impose

peso

la parità valutaria tra il argentino e il dollaro statunitense e strangolò

l'inflazione. Il secondo cardine del suo consenso fu il peronismo di cui era un

dirigente storico. Un peronismo diverso dal primo perché le drastiche politiche

Il liberalismo politico ed economico che aveva dominato per gran parte del decennio

s’imbatté nei limiti che già più volte nel corso della sua storia gli avevano impedito di

piantare solide radici in America Latina. Limiti esogeni, dovuti al contesto globale e

limiti endogeni, dovuti alla reazione nazionalista. Si manifestò soprattutto negli Stati

andini e dell'America centrale. In termini economici, la crisi si palesò ovunque intorno

al 1998: la recessione mondiale trascino con sé l’economia della regione. Gli indicatori

furono negativi per circa 4 anni durante i quali non solo peggioravano le gravi

condizioni sociali ma si diffuse tra èlite politiche dell'America Latina la convinzione che

Washington Consensus

l’era del fosse al tramonto. Ma la crisi che s’aprì non si limitò

solo all’economia, investì anche l'arena politica dove gli effetti furono assai diversi da

paese a paese. Sì chiuse l'era del primato dell'economia e s’apri l'epoca del primato

politico.

Cuba dopo la guerra fredda: Il crollo dell'Unione Sovietica obbligò il regime di

Fidel Castro a prendere importanti contromisure per garantirsi la sopravvivenza

periodo

senza i generosi aiuti sovietici. Quello che s’aprì allora prese il nome di

speciale durante il quale il governo introdusse importanti riforme economiche

senza però toccare le fondamenta del regime politico a partito unico e ideologia

di Stato. Addottò in campo economico alcune misure tesi a incentivare gli

investimenti esteri sull'isola, in particolar modo per stimolarvi il turismo e ad

accrescere la scarsa efficienza del sistema produttivo apre

Dettagli
A.A. 2018-2019
16 pagine
7 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/05 Storia e istituzioni delle americhe

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessiapagliacci di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di storia e istituzioni dell'america latina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Zanatta Loris.