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Banca popolare sulla base del credito libero, cioè gratuito

L'idea del credito gratuito è un'idea, però, che fa cadere Proudhon in una forma estrema di irrealismo utopico: quella di attendersi l'abbondanza illimitata della ricchezza (senza pagare alcun interesse) da un sistema di produttori individuali e di imprese autogestite. La concorrenza se non venisse di fatto soppressa, condurrebbe infatti, attraverso il fallimento di alcuni e il successo di altri, al risorgere della disuguaglianza, sia tra i produttori individuali sia tra le cooperative. E saremmo, quindi, di nuovo alla divisione tra dirigenti e diretti, imprenditori e lavoratori. Per fuggire dai mali del capitalismo (disuguaglianze profonde, divisione del lavoro) senza cadere nei mali della burocratizzazione integrale della società, Proudhon imbocca una sorta di terzavia. Si tratta di fondere il nuovo con l'antico, la libertà intellettuale, l'industria, il mercato con le...

unioni di mestiere, i costumi del passato e soprattutto la famiglia, di cui Proudhon vuole perpetuare il modello tradizionale, confinando la donna ad un ruolo casalingo, poiché il livellamento dei sessi porta alla dissoluzione generale.

A Pelloutier si deve il più serio tentativo teorico e pratico di dare concretezza all'anarchismo e di corazzare i sindacati, sintetizzando le due esperienze, col chiamare a militare nelle organizzazioni economiche dei lavoratori gli anarchici. Per Pelloutier la nuova società diverrà realtà solo se la classe lavoratrice è davvero portatrice di una nuova cultura, solo se fin da oggi essa è in grado di autogovernarsi, dove i lavoratori si organizzano su base territoriale e non su base corporativa, secondo i mestieri, perché oltre alle funzioni di lotta tipiche dei sindacati, esse debbono svolgere soprattutto quella di centri di formazione della nuova cultura.

Al partito Stato nello Stato della

La socialdemocrazia di Pelloutier intende sostituire una sorta di controsocietà basata sull'autogoverno e sullo spirito di indipendenza individuale, cioè già anarchica, per quanto questo sia compatibile con un minimo di organizzazione. In questo modo si conciliano anche gradualismo e rivoluzione: le riforme non ottenute attraverso compromessi servono ad accrescere la fiducia in se stessi dei lavoratori e avvicinano all'atto finale, lo sciopero generale vittorioso, nel corso del quale, bloccando tutto l'apparato produttivo per il solo fatto di incrociare le braccia, i lavoratori dimostrerebbero di essere essi i soli e unici produttori. Lo sciopero consentirà alla nuova società di vedere la luce.

Il passo ulteriore viene compiuto da Sorel, che trasforma il socialismo in mito, vale a dire in idea-forza di carattere religioso, sulla base della convinzione che le idee fanno storia non in quanto scientificamente vere ma in quanto credute tali.

correttezza della mia interpretazione mi assale.

fattibilità dell'impresa non tarda amanifestarsi all'interno del sindacalismo rivoluzionario.E' solamente a partire dal 1899 che si nota in Lenin una crescente paura chel'occasione rivoluzionaria potesse andare perduta. Ancora nel 1896 Lenin scriveva: dipari passo con lo sviluppo del capitalismo è andata peggiorando la situazionedell'operaio gli operai acquisiscono una coscienza di classe quando comprendono chel'unico mezzo per migliorare la loro situazione sta nella lotta contro la classe deicapitalisti. Abbandonato a se stesso e alla sola logica delle lotte sindacali, vuol direpreparare il terreno per la trasformazione del movimento operaio in strumento dellademocrazia borghese. Fu la penetrazione in Russia nel 1899 delle tesi di Bernstein afare da catalizzatore del cambiamento di Lenin. Lenin ritiene che per la via indicatada Bernstein non si sarebbe mai pervenuti al socialismo, bensì al rafforzamento delcapitalismo e

All'imborghesimento dello stesso proletariato e, poiché non intendere rinunciare alla rivoluzione, concepisce un disegno di grandiosità eroica: realizzare ugualmente il rovesciamento del sistema e la costruzione di una nuova società forzando il proletariato all'iniziativa. Di qui è derivata l'idea leninista di un partito di rivoluzionari di professione di estrazione intellettuale, basato su una rigida disciplina di tipo ecclesiastico-militare, con il compito di inculcare nei lavoratori la coscienza di classe dall'esterno al fine di guidarli prima alla rivoluzione, poi alla costruzione del socialismo. Nella logica del Che fare? Era implicata anche la tesi della rivoluzione ininterrotta, la necessità cioè di instaurare al più presto il collettivismo e la dittatura del partito, una dittatura non limitata da alcuna legge. Solo così infatti, si sarebbe evitato il pericolo che, vivendo a lungo in regime di libertà e di democrazia,

Il proletariato russo finisse coll'imboccare la stessa via dell'imborghesimento, su cui stava già marciando il proletariato occidentale. Del resto, se il proletariato tende a imborghesirsi, come avrebbe potuto sperare il partito di Lenin di farlo marciare lungo la via della costruzione del socialismo, se gli avesse consentito di profittare della libertà per manifestarsi nella sua vera natura? In questo senso Lenin, scrive nel "Che fare?", che poche centinaia di capi bastano a guidare il proletariato al socialismo. Non per questo Lenin ripudia la certezza che viene dal determinismo (niente al caso). Anche in Marx la visione determinista della rivoluzione non è fine a se stessa, ma è una giustificazione di un'attesa fatalistica degli eventi. La teoria del "Che fare?" presenta, però, una lacuna: se la versione deterministica è mito e non scienza, che cosa interverrà a destabilizzare il sistema, in luogo delle crisi da sottoconsumo? Il che fare?Non contiene insomma una strategia completa. Se nel verificarsi del crollo non si crede più, occorre escogitare altre occasioni possibili che consentano al partito dei rivoluzionari di professione di entrare in azione. La guerra russo-giapponese, che si conclude per la Russia con una parziale sconfitta, indica a Lenin la via di uscita: la destabilizzazione del sistema, necessaria a creare l'occasione rivoluzionaria, invece che dal crollo del capitalismo sarà messa in essere da una sconfitta militare che, umiliando e disorganizzando l'esercito, consentirà a un gruppo organizzato di impadronirsi del potere. Lenin desidera la guerra, ma soltanto come occasione per inverare il marxismo, quindi si guarda bene dal cadere in una propaganda di tipo bellicistico; seguita, anzi, a sostenere che a volere la guerra sono solamente i capitalisti, assillati dalla necessità di conquistare sempre nuovi mercati per rinviare il momento del crollo. Il leninismo pone cosìle premesse di una forma di potere dispotico, che se presentatutte le caratteristiche di quello sansimoniano, nello spirito è assai più totalitarioperché, invece di sorgere spontaneamente dalla società, è deliberatamente concepitoper ridurre quest'ultima a cera plasmabile. Si tratta inoltre di un potere animato dauna spinta imperiale che solo la conquista del mondo intero potrà placare, perchéLenin le assegna come compito quello di favorire l'avvento del socialismo nei paesipiù avanzati (i soli secondo la dottrina, maturi per la costruzione del comunismo),esportandovela se necessario. Va detto tuttavia, che i cardini del leninismo (sfiducianelle masse, necessità della dittatura, della guerra e della sconfitta) erano stati tuttianticipati da Bakuni, definito per questo da uno studioso il diretto precursore diLenin.Dalla socialdemocrazia al comunismo e ritornoIl protrarsi del periodo dell'attesa ben oltre lesperanze dei rivoluzionari aveva obbligato i discepoli di Marx a fare i conti anche con la realtà delle nazioni, realtà che stando alla dottrina avrebbe dovuto essere spazzata via dallo sviluppo del capitalismo, contemporaneamente la polarizzazione della società in due classi contrapposte. Di qui l'affermazione del Manifesto: gli operai non hanno patria. Coerentemente con questa impostazione, Marx aveva cercato di fare della Prima Internazionale una sorta di partito mondiale della rivoluzione, sia pure articolato in sezioni nazionali ma strettamente dipendenti dal centro. La Seconda Internazionale nacque a Parigi nel 1889, quando già esistevano diversi partiti socialisti nazionali, per cui toccò a questi dirigere il movimento all'interno dei rispettivi paesi, mentre agli organi internazionali fu attribuita una semplice funzione di collegamento. I partiti della Seconda Internazionale si ispirano alla socialdemocrazia tedesca, ritenuta il partito guida.

nello sforzo di mantenere una linea di distanza tra l'anarchismo e lo Stato. Solamente con lo scoppio della prima guerra mondiale, sotto la spinta del sentimento nazionale, quasi tutti questi partiti, con in testa proprio quello tedesco, sospendono l'ipoteca rivoluzionaria e solidarizzano con lo Stato in armi. Il vittorioso colpo di mano di Lenin in Russia nell'ottobre del 1917 ridesta la prospettiva rivoluzionaria, che la socialdemocrazia aveva ibernato, ma mai ripudiato. Nel dopoguerra il socialismo europeo si spaccò intorno alla scelta pro o contro la rivoluzione leninista. E fu dalla polemica dei comunisti contro i socialisti che nacque l'immagine della socialdemocrazia quale equivalente del riformismo borghese. In realtà, fu proprio l'opera di conservazione della memoria della rivoluzione, svolta con tanto successo dalla socialdemocrazia, che consentì al comunismo di attecchire in Europa. È da credere che senza quella nuova,

Potentefiammata di vita venutagli dal successo di Lenin, la speranza nella rivoluzione coltempo si sarebbe inavvertitamente dissolta, lasciano il posto a una pra

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Publisher
A.A. 2020-2021
28 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/02 Storia delle dottrine politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lorenzoloru42 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle dottrine politiche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Giannetti Roberto.