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TERESA PRIVATA
Lo studio da autodidatta
Pur se proveniente da una famiglia umile e disagiata, Teresa Noce si avvicina ed
appassiona allo studio, tanto da fargli dire nella sua autobiografia che si è trattata della
“prima battaglia vinta”. Infatti durante le elementari, dovendo restare assente da scuola
per oltre tre mesi a causa della contrazione della scabbia, Teresa si è dovuta impegnare
con le proprie forse per recuperare lo studio perso.
Sin da piccola si dedica alla lettura. Con i pochi spiccioli che ricavava dalla consegna
a domicilio del pane, acquista in edicola sia i giornali per ragazzi, ma anche il
quotidiano “La Gazzetta di Torino”.
Nonostante la predisposizione verso gli studi, Teresa è costretta ad abbandonarli dopo
la licenza elementare per problemi economici, anche se aveva raggiunto la media dell’8
che le consentiva l’esonero dalle tasse. Ma nonostante ciò le spese erano alte e non
sostenibili per la famiglia. Ma la rinuncia alla scuola non spegne la fiamma della
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conoscenza di Teresa che, dall’adolescenza in avanti, cerca sempre di studiare ed
elevare il proprio grado di conoscenza. Continua così a leggere e studiare, anche nel
periodo della clandestinità, quando arriva il momento di imparare il francese e il russo.
Tra casa e rivoluzione
Fin da piccola Teresa dimostra una certa ritrosia per la vita domestica. Pur ammirando
gli sforzi della madre che fa le pulizie nelle case altrui pur di mantenere i due figli,
realizza che bisogna fare qualcosa per cambiar questa situazione e cioè la rivoluzione.
E questo lo fa già in casa: si stacca dai principi religiosi imposti dalla madre e respinge
il modello della donna legata solo al focolare.
La sua diffidenza nei confronti degli uomini nel ruolo di usurpatori si dimostra già nei
confronti del padre Pietro, che viene da lei citato nei suoi scritti solo per l’incapacità di
mantenere la moglie e i figli e la successiva fuga da casa. Solo nei confronti del fratello
Piero, detto Pierino, si consolida un attaccamento alla famiglia, che poi si spegnerà con
la morte del fratello stesso, pilota di un aereo caduto l’11 novembre 1918.
Dal punto di vista sentimentale, Teresa si ribella alle unioni imposte dai genitori o
dettate solo da ragioni economiche e predilige, in maniera molto moderna, le relazioni
non finalizzate al matrimonio.
Lui borghese, lei proletaria: sboccia l’amore
L’incontro tra Teresa Noce e Luigi Longo avviene grazie alla condivisa fede
comunista. Si incontrano la prima volta a Torino nella sede del partito dove Teresa, che
era stata eletta Segretaria, subisce il fascino di quel giovane studente di ingegneria colto
e preparato. Tuttavia Teresa non si fa illusioni a causa delle loro diverse provenienze:
lui borghese e lei proletaria. Ma la passione politica li unisce sempre più, tanto che
Longo invita Teresa a seguirla a Roma quando gli viene assegnata la gestione della
rivista “Avanguardia”. Questo fece scandalo perché i due non erano sposati, sia per i
cattolici, che ritenevano ciò un peccato, ma anche per i comunisti per i quali questa
trasgressione significa una deviazione dall’ideale politico e un tradimento della
disciplina di partito. Quando poi Teresa segue sempre Luigi Longo da Roma a Milano,
si accorge di essere incinta: già la convivenza era un problema, figuriamoci la nascita
di un figlio al di fuori del matrimonio! Luigi Longo, non ancora venticinquenne, chiede
ai genitori il permesso di sposarsi ma questi rifiutano perché, a dire della madre, Teresa
è “brutta, povera e comunista”. Il matrimonio arriverà poi il 3 settembre 1925, dopo
che entrambi hanno compiuto 25 anni. Nel frattempo nascono due figli: Luigi Libero,
detto Gigi, e Pier Giuseppe, che morirà di meningite dopo poco. Nel 1929 nasce il
figlio Giuseppe. Fu proprio quest’ultimo figlio a trovare in casa un quadernetto dove
la madre riporta sotto forma di diario di una ragazza la sua esperienza d’amore con il
giovane marito, dove sono riportati commenti anche intimi. Sembra che Teresa, saputa
della scoperta del figlio Giuseppe, abbia fatto sparire il quadernetto del quale ancora
oggi non abbiamo più traccia.
La ragazza madre comunista 14
Nel 1923, all’età di 23 anni, Teresa viene arrestata per attività di propaganda
comunista, mentre era incinta. A prendersi cura di lei nel carcere milanese di San
Vittore saranno le suore dell’istituto che, pur non concependo la possibilità che una
donna faccia politica e sia arrestata per questo, cercano di alleviare le condizioni di
quella che definiscono “una ragazza madre comunista”, non sposata, con il compagno
anch’esso in carcere e quindi in pericolo di portare avanti la gravidanza da sola.
Questa situazione viene riportata da Teresa nella lettera al figlio Luigi Libero (chiamato
così sia per distinguerlo da padre in carcere e sia per esprimere un auspicio ed
un’appartenenza ideologica) in occasione del suo trentesimo compleanno.
Con le suore del carcere Tersa aveva un buon rapporto, anche se rifiutava di andare a
messa e ricevere la visita del sacerdote. Così scrive Teresa nella lettera al figlio per i
suoi 30 anni: “Venivano a trovarmi in cella di nascosto l’una dall’altra: una mi portava
un libro e l’altra una tazza di roba calda per te, ed una terza un pezzo di sapone per
lavare la mia roba. Per le suore tu eri divenuto il personaggio più importante di quel
luogo, anche se non eri ancora nato”. Saranno proprio le suore a convincere il medico
del carcere a far assegnar alla partoriente il vitto dell’infermeria che prevedeva una
ministra di brodo di carne, una razione di pane e una di latte. E quando Teresa venne
scarcerata, per le suore fu un momento di festa: tutte sfilarono nella sua cella per
salutarla, come se partisse una amica cara.
Giunta a Torino, Teresa diede alla luce il suo primo figlio. Non aveva intorno più
nessuno e solo dopo venne a sapere che il partito non l’aveva abbandonata
mandandogli aiuti in denaro che però non ha mai ricevuti perché trattenuti dagli
emissari che furono poi arrestati.
Un primo aiuto le arrivò da Palmiro Togliatti che, dopo essere stato scarcerato, andò a
trovarla e le lasciò 500 lire, la metà del suo primo stipendio: un gesto che Teresa non
dimenticherà.
Le confidenze nel periodo spagnolo
Anche se il suo carattere è impulsivo, Teresa riesce ad instaurare buoni e amichevoli
rapporti con la maggioranza degli uomini e delle donne che vivono in clandestinità e
questo Teresa lo testimonia soprattutto durante il periodo spagnolo dove ricopre il ruolo
di confidente e compagna consolatrice con molti, uomini e donne. Il suo impegno
maggiore fu quello di aiutare tanti clandestini a scrivere e far recapitare loro lettere in
Italia. Ma soprattutto Teresa doveva seguire i casi di fidanzamenti e matrimoni. I
garibaldini amoreggiavano con le ragazze spagnole, ma per le famiglie di queste ultime
ciò doveva sfociare nel matrimonio. Considerato che la maggior parte dei garibaldini
erano clandestini, non avevano con loro documenti che dimostrassero il loro celibato e
dando la sua “parola di comunista”.
così Teresa interveniva
I figli tra Mosca e Parigi
La maternità non limita il lavoro politico di Teresa Noce, anche se esiste il problema a
chi lasciare i bambini quando i genitori sono impegnati altrove. Interviene così la
grande famiglia del partito che, a turno, ospita i figli di Teresa e Luigi. La loro infanzia,
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dunque scorre lontano dai genitori e addirittura spesso anche i due fratelli Gigi e
Giuseppe venivano separati ed affidati a famiglie diverse. Il primogenito Gigi compie
i suoi studi in Russia, mentre Giuseppe in Francia. Le rigide regole di disciplina della
scuola russa portano Gigi a scappare via, per poi essere graziato da partito ed invitato
da Togliatti a lavorare per il giornale “Alba” diretto ai prigionieri di guerra italiani.
I due fratelli si ritrovano poi insieme, pur sempre nella clandestinità e, fra cambi di
residenze e fughe, incontrano per l’ultima volta i genitori nel 1939 rimanendo insieme
per sette mesi nella casa di Parigi. Poi ancora la divisione: i due fratelli tornano a Mosca
ed i genitori ricevono loro notizie da amici e compagni di partito, tra cui Palmiro
Togliatti che li rassicura con le sue lettere sulla loro condizione.
Teresa riuscirà a rivedere i suoi figli nell’agosto 1945 a Tortona.
Compagne, partigiane, operaie, sorelle, amiche
In tutti i suoi interventi, Teresa Noce fa riferimento alle donne e non solo a quelle di
sinistra, ma “alle donne in quanto tali, con i loro amori, il loro sesso, la loro maternità,
i loro problemi di tutti i giorni”. Lei tratta le donne tutte allo stesso modo, attribuendo
a ciascuna un valore specifico, al di là delle posizioni ricoperte. Certamente le donne
che hanno combattuto la Resistenza sono quelle a lei più vicine e che chiama le
“Giovanna d’Arco della Resistenza”, “le figlie del popolo che hanno difeso la Libertà
del loro paese” e non solo quello italiano. Infatti, per le esperienze vissute in Francia,
Teresa chiama le donne francesi “sorelle d’Oltralpe” definendole “un grande esempio
da imitare anche in Italia”.
di unità e solidarietà femminile nazionale
Il tema della solidarietà tra donne è ben presente in Teresa. Quando deve fuggire
inseguita dai mandati di arresto o in trasferta, Teresa affida i suoi figli alle militanti
comuniste.
Teresa stringe un’amicizia quasi fraterna con Xenia Silberberg, nota come Marina
Sereni dopo il matrimonio con Emilio Sereni, con la quale aveva lavorato
clandestinamente a Parigi. Di lei Teresa scriverà: “una donna nella quale la sposa e la
madre si confondono in lei con la donna comunista. Il suo amore per la famiglia si
rafforzava nel suo attaccamento al Partito, così come il suo attaccamento al Partito
traeva forza dall’amore per la famiglia”.
Inoltre Teresa ammira molto Ana Pauker, la donna stalinista del Partito Comunista
romeno, e Dolores Ibarruri, la pasionaria parlamentare spagnola, icona
dell’antifascismo rivoluzionario.
Pur se aveva rapporti con queste donne per così dire famose, la predilezione di Teresa,
soprattutto umana, era per le lavoratrici, le operaie, spesso frustrate nella femminilità
e negli amori.
Casa o lavoro?
Nel riflettere sul ruolo della donna, Teresa Noce non fa distinzione tra l’aspetto
pubblico e quello privato che concepisce invece come un unicum cui fare sempre
riferimento. Già nel periodo della clandestinità cerca di conciliare lavoro, maternità e
cittadinanza. Si batte per conciliare i dir