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La bellezza dei mostri

Varie teorie estetiche vedono il brutto come un'antitesi del bello, come una disarmonia che viola le regole della proporzione o una mancanza che sottrae ad un essere ciò che per natura dovrebbe avere. Seppure esistano esseri e cose brutte, l'arte ha il potere di renderle belle e la Bellezza di questa imitazione rende il Brutto accettabile.

Tuttavia il pensiero teologico dell'epoca deve giustificare la presenza nel creato di questi mostri, e sceglie due strade: da un lato si pensa che ogni essere mondano abbia un significato morale e allegorico, e cioè attraverso la sua forma o i suoi comportamenti simboleggia realtà soprannaturali, dall'altro che i mostri sono inseriti nel disegno provvidenziale di Dio per cui, ogni creatura di questo mondo, ci appare come specchio della vita e della morte, del nostro stato attuale e del nostro destino futuro.

Ma nel passaggio tra Medioevo ed età moderna muta l'atteggiamento nei confronti dei mostri.

confronti del mostro. Esso perde la sua carica simbolica e viene visto come curiosità naturale. Il problema non sta più nel ritenere qualcosa bella o brutta, ma di studiarlo nella sua forma, talora nella sua anatomia.

VILA LUCE E IL COLORE NEL MEDIOEVO

Siamo abituati a ritenere il Medioevo un'epoca oscura, anche dal punto di vista coloristico. L'uomo medievale si vede invece in un ambiente luminosissimo, le miniature appartenenti a questo periodo sono, infatti, piene di luce, generata dall'accostamento di colori puri come il rosso, l'azzurro, l'oro, etc.

Secondo Tommaso d'Aquino per la bellezza sono necessarie tre cose: la proporzione, l'integrità e la claritas, ovvero la chiarezza e la luminosità. Una delle origini dell'estetica della claritas deriva sicuramente dal fatto che in molte civiltà Dio veniva identificato con la luce. Noi giudichiamo belli i colori e la luce del sole, lo splendore degli astri notturni,

che rappresenta la bellezza della natura; per Leonardo da Vinci, il colore è fondamentale per creare l'illusione di profondità e tridimensionalità in un dipinto. In conclusione, la bellezza del colore è soggettiva e dipende dalle esperienze e dalle interpretazioni personali. Ogni colore ha il potere di evocare emozioni e sensazioni diverse, e la sua combinazione con altri colori può creare armonia o contrasto. La bellezza del colore risiede nella sua capacità di comunicare e di suscitare reazioni emotive, rendendo il mondo visivamente affascinante e stimolante.

piùbello fra tutti; per Bonaventura da Bagnoregio la luce è forma sostanziale dei corpi ein quanto tale essa è principio di ogni Bellezza.

VII-DALLA PASTORELLA ALLA DONNA ANGELICA

AI filosofi, i teologi e i mistici che nel Medioevo si sono occupati della Bellezza, non sisono mai interessati a quella femminile, dato che erano tutti uomini di chiesa e che ilmoralismo medievale invitava a diffidare dei piaceri della carne. D’altro canto, però,essi conoscevano il testo biblico e dovevano interpretare i sensi allegorici espressi dalCantico dei Cantici, il quale descrive e celebra per bocca dello sposo le grazie visibilidella sua sposa.

In ogni caso è verso l’XI secolo che si fa strada una particolare immagine della donna,come un oggetto d’amore casto e sublimato, e spesso tanto desiderata quantoirraggiungibile. Il poeta si fa servente della donna, vassallo, seducendolaplatonicamente con le sue canzoni. La dama assume il ruolo che spettava

al signore,ma la fedeltà ad esso fa sì che ella sia intoccabile. Con Dante la donna assume una connotazione angelica, non è oggetto di desiderio represso o protratto all'infinito, ma via di salvezza, mezzo di elevazione a Dio. Si tratta perciò di una Bellezza spiritualizzata che assume sempre più accenti paradisiaci. VIII-LA BELLEZZA MAGICA FRA QUATTRO E CINQUECENTO Nel XV secolo, la Bellezza era concepita secondo un duplice orientamento: essa è intesa sia come imitazione della natura secondo regole scientifiche, sia come contemplazione di un grado di perfezione sovrannaturale, non percepibile con la vista. La Bellezza acquista un alto valore simbolico, che si contrappone alla concezione della Bellezza come proporzione e armonia. La Bellezza divina si diffonde non solo nella creatura umana, ma anche nella natura. Di qui il carattere magico che la Bellezza naturale assume tanto in filosofia quanto nella pittura ferrarese. IX-DAME ED EROI FRA CINQUE E

SEICENTO

Ma come cambia l'immagine di Bellezza nel tempo? La donna rinascimentale usa l'arte della cosmesi e si dedica con particolare attenzione alla chioma tingendola di un biondo tendente al rosso. Il suo corpo è fatto per essere esaltato dai prodotti dell'arte orafa, che nella vita di corte detta legge nella moda, si adegua allo sfarzo, ma non dimentica di aver cura anche della propria mente. Tuttavia, al corpo della donna che si mostra pubblicamente, si oppone l'espressione privata, intensa, quasi goeistica dei volti, di non facile decifrazione psicologica e talvolta volutamente misteriosa.

Anche il corpo maschile è attraversato da questo tipo di problematiche. L'uomo rinascimentale pone sé stesso al centro del mondo e ama farsi rappresentare nella sua potenza e durezza: l'uomo di potere, grasso e tarchiato quando non muscoloso, porta e ostenta i segni del potere che esercita.

X-LA BELLEZZA INQUIETA E STUPEFACENTE

Nel Rinascimento giunge

A un alto grado di perfezione la “Grande Teoria”, secondo la quale la Bellezza consiste nella proporzione delle parti. Nello stesso tempo, però, assistiamo all’insorgere, nella mentalità e cultura rinascimentali, di forze centrifughe che spingono in direzione di una Bellezza inquieta, informe, sorprendente. Si tratta di un movimento dinamico che può essere ricondotto a categorie scolastiche come il Classicismo, il Barocco, il Rococò. Il progresso del sapere toglie l’uomo dal centro del mondo, ma non muta la figura dell’artista né la composizione sociale del pubblico. Entrambi sono, però, pervasi da un senso d’inquietudine che si riverbera in tutti gli aspetti della vita, materiali e spirituali. Nel periodo del Manierismo la Bellezza classica è sentita come vuota, priva di anima: ad essa i manieristi oppongono una spiritualizzazione che, per sfuggire al vuoto, silancia verso il fantastico. La Bellezza manierista

Esprime una lacerazione dell'animo appena velato: è una Bellezza raffinata, colta e cosmopolita come l'aristocrazia che la apprezza e ne commissiona le opere.

Il passaggio dal Manierismo al Barocco non è tanto un mutamento di scuola, quanto un'espressione di questa drammatizzazione della vita, strettamente connessa alla ricerca di nuove espressioni della Bellezza: lo stupefacente, il sorprendente, l'apparentemente sproporzionato. Il secolo del Barocco esprime una Bellezza che si può definire "al di là del bene e del male". Essa può esprimere il bello attraverso il brutto, il vero attraverso il falso, la vita attraverso la morte.

Allo sguardo razionale del Settecento questa Bellezza appare assurda e artificiosa, e la condanna duramente.

Il nuovo classicismo si impone come il canone di una Bellezza che deve liberarsi dalle consuetudini e dai pregiudizi che dall'esterno sovra-determinano il suo giudizio.

deve invece basarsi su qualità interiori come buon senso e libertà dai pregiudizi, e anche metodo, pratica. Alla soggettività del gusto corporeo corrisponde un'analoga soggettività del gusto spirituale: poiché non esiste un criterio di valutazione oggettivo e intrinseco alle cose, lo stesso oggetto può apparire bello ai nostri occhi e brutto agli occhi del nostro vicino. Correlata al contesto narrativo, la Bellezza perde ogni aspetto ideale e, non vincolata a nessun tipo di perfezione, può esprimersi anche in nuovi soggetti, come ad esempio i servi. Questo è anche il secolo che segna la comparsa delle donne sulla scena pubblica, come testimoniato dalla Morte di Marat, che documenta un fatto storico dovuto a una mano femminile. Alle donne barocche subentrano donne meno sensuali ma più libere nei costumi, organizzano salotti e partecipano ai dibattiti che si tengono al loro interno. L'estetica del Settecento da ampia.risonanza agli aspetti soggettivi e indeterminabili del gusto. Bello è ciò che piace in maniera disinteressata senza essere originato da un concetto. Resta vero che, nel giudicare bello un oggetto, noi riteniamo che il nostro giudizio debba avere un valore universale e che tutti dovrebbero condividere il nostro giudizio. Ma poiché l'universalità del giudizio di gusto non richiede l'esistenza di un concetto cui adeguarsi, l'universalità del bello è soggettiva ma non può assumere valore di universalità conoscitiva. XII-IL SUBLIME Nella concezione neoclassica la Bellezza viene vista come una qualità dell'oggetto che noi percepiamo come bello e per questo si fa ricorso a definizioni classiche come "unità nella varietà" oppure "proporzione" e "armonia". Ciò che è bello viene definito dal modo in cui lo apprendiamo, analizzando la coscienza di colui che

Pronuncia un giudizio di gusto. La discussione sul bello si sposta dalla ricerca delle regole per produrlo o riconoscerlo alla considerazione degli effetti che esso produce. Pseudo-Longino, un autore di epoca alessandrina, è il primo a parlare del Sublime come un'espressione di grandi e nobili passioni che mettono in gioco una partecipazione sentimentale sia del soggetto creatore sia del soggetto fruitore dell'opera d'arte. Il Sublime è, per lui, un effetto artistico alla cui realizzazione concorrono determinate regole e che ha come fine ultimo quello di procurare piacere. In questo scorcio del Settecento, invece, l'idea del Sublime si associa anzitutto a un'esperienza non nei confronti dell'arte ma della natura, e in questa esperienza vengono privilegiati l'informe, il doloroso e il tremendo. Dalla seconda metà del Settecento, infatti, si afferma il gusto per le architetture gotiche che, rispetto a quelle neoclassiche, appaiono

uanto tali, le montagne dell'Himalaya sono considerate tra le più imponenti e affascinanti del mondo. Con le loro vette che si innalzano verso il cielo, creano un paesaggio mozzafiato e unico. Le montagne dell'Himalaya sono anche la casa di alcune delle più alte vette del mondo, tra cui l'Everest, che attira alpinisti da tutto il mondo. Oltre alla loro bellezza naturale, le montagne dell'Himalaya sono anche di grande importanza culturale e spirituale per le popolazioni locali, che le considerano sacre e le venerano come luoghi di potere e saggezza.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
7 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/07 Archeologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alehb10 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Bari o del prof Consoli Gian Paolo.