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FRUITORE AFFRONTA L’OPERA D’ARTE:
“Nel suo primo segmento processuale, il comportamento estetico e’ più o meno
identico per qualunque fruitore ( a livello universale ci comportiamo tutti allo stesso modo )
e il suo funzionamento non si discosta da quello delle fasi iniziali dell’attività
percettivo - rappresentativa così come normalmente si svolge (cioè così come noi
solitamente e universalmente percepiamo le cose così avviene nel comportamento estetico il
legame che avviene con l’opera d’arte).
Tutto ciò che cade nella sfera della nostra attenzione, sia esso o meno oggetto o
evento artistico, é sottoposto a un atto percettivo e rappresentativo, a un processo
che conduce più o meno rapidamente, spesso istantaneamente e automaticamente, a
una valutazione, alla formulazione di un giudizio positivo o negativo o anche di
indifferenza nei confronti di quell’oggetto o di quell’evento, dando luogo alla
permanenza o determinando la cessazione dell’attività percettiva - rappresentativa
stessa.
La fase iniziale del comportamento estetico (noi non ci stiamo accorgendo, noi stiamo
istaurando un comportamento estetico perché dal momento che si aprono gli occhi percepite,
stiamo già valutando, interpretando e rappresentando alla nostra mente qualcosa, questo è’ il
è dunque quella in cui il fruitore coglie e si
comportamento di cui parla Argenton)
impadronisce della forma dell’opera, basando su questa variabile la sua valutazione
(la forma è’ uno dei tre aspetti dell’opera d’arte, quindi le apparenze in queste discipline contano
che può essere in alcuni casi del tutto inconsapevole e che, spesso, esaurisce
e come)
il comportamento di fruizione stesso, permanendo solo a quel livello (se noi dell’opera
d’arte ci soffermiamo solo alla sua forma e se fermandoci a quel livello decidiamo che la forma
non é a noi gradita e mettiamo quell’opera da parte, ecco che noi ci stiamo fermando ad un
punto del l’apprendimento cognitivo dell’opera che è’ troppo presto. È troppo presto per poter
abbandonare un’opera e lasciarla al suo destino, non la stiamo salvaguardando. Però funziona
così, non possiamo farci nulla, è un procedimento che noi persone comuni instauriamo in modo
implicito. Invece, un’insegnate della scuola primaria è’ un errore che non dovrebbe fare).
Intendo riferirmi alle situazioni nelle quali il fruitore é nelle condizioni, per i più
“
disparati motivi, di poter cogliere nell’opera con la quale è in relazione solo il
significato che precedentemente, nell’analisi dell’opera artistica, ho chiamato
percettivo ” qui dovremmo essere in grado di collegare tutti gli argomenti trattati.
SIGNIFICATO PERCETTIVO: si lega al godimento delle forme, alla parte materica
dell’opera d’arte.
SIGNIFICATO RAPPRESENTATIVO: che si coglie avanzando da questo stadio, è’ ciò che
l’artista voleva veramente dire.
“Questa prima fase caratterizzata dall’elaborazione del significato percettivo (o della
é quasi sempre seguita, laddove ciò possa avvenire, dalla comprensione del
forma)
significato rappresentativo ”.
(dal significato autentico dell’opera d’arte)
“Tramite la forma dell’opera, il fruitore entra in contatto con essa attivando quella
serie di processi – ancora percettivi, rappresentativi, valutativi, oltre che
interpretativi – i quali stanno a fondamento del nostro rapportarci con la realtà e
trovano la loro provvisoria o definitiva conclusione nell’attribuzione di significato a
tutto quanto è racchiuso.” Argenton ci sta dicendo che il procedimento della percezione
visiva legato all’apprendimento del significato dell’opera, è in realtà che noi svolgiamo tutti i
giorni quotidianamente vivendo anche se le opere d’arte non ci fossero.
Ci soffermiamo sull’apparenza delle cose, sulle forme e queste forme ci possono portare o no
all’accettazione o meno della forma stessa. Accettando, si fa un passo in avanti, si impara a
conoscere se invece non lo si accetta non ne comprendiamo il vero significato.
Quindi, il rapporto tra l’uomo e le opere d’arte è una metafora che va a spiegare qual è il
rapporto tra noi e l’esistenza.
“Ogni opera artistica è un piccolo o grande mondo che può entrare a far parte
della nostra esperienza e della nostra conoscenza, un mondo dotato di un suo
significato e a cui attribuiamo un significato, il quale può corrispondere o meno
a quello che l’artista ha voluto esprimere e che percepiamo e rappresentiamo
mentalmente così come percepiamo e rappresentiamo mentalmente il significato
di tutto ciò che viviamo, chiamiamo,
riteniamo essere la realtà della nostra esistenza.” Qui egli non dice solo che il rapporto
tra l’essere umano e l’opera d’arte ripete dal punto di vista cognitivo un rapporto che noi
abbiamo con l’esistenza; c’è qualcosa in più.
Argenton ci sta dicendo che noi siamo anche in grado di cogliere da un’opera d’arte cos’ come
dall’esistenza, un significato che vediamo solo noi.
Quando siamo di fronte ad un’opera d’arte e cogliamo dell’opera d’arte il suo significato non è
detto che quello sia il significato che l’artista voleva comunicarci. Ciò che l’artista vuole
veramente dire secondo il linguaggio di Argenton si chiama SIGNIFICATO RAPPRESENTATIVO.
Ma noi osservando un’opera non siamo di certo l’artista o l’opera ma siamo il FRUITORE, quindi
possiamo anche trarre dall’opera un NOSTRO significato rappresentativo.
EFFETTI DEL COMPORTAMENTO ESTETICO
Auto da Fé
Argenton prende come spunto lo scritto di Montale “ ” composto nel 1966.
Un frammento di musica o di poesia, una pagina, un quadro
Scrive Montale: “
cominciano a vivere nell’atto della loro creazione ma compiono la loro esistenza
quando vengono ricevuti, intesi o fraintesi da qualcuno: dal pubblico (l’opera se non
viene appresa dal fruitore, se non viene fraintesa dal fruitore non compie il suo destino.
Quindi è nel destino dell’opera d’arte che essa compia il suo ciclo vitale se un fruitore ne trae
qualcosa da essa. Anche quando un’opera viene fraintesa, comunque sia quest’opera d’arte
conclude il suo motivo di essere).”
“Non bisogna cader però nell’errore di credere che l’appercezione, o
consumazione, di un particolare momento o frammento espressivo debba essere
necessariamente quasi sincrona al suo presentarsi a noi con un immediato
rapporto di causa a effetto.” Questa fase conclusiva nella quale il fruitore fa propria
l’opera d’arte, magari entra in sintonia con il significato rappresentativo dell’artista o la
fraintende non è detto che debba avvenire istantaneamente dal punto di vista cronologico.
“Se così fosse la musica sarebbe goduta soltanto al momento dell’esecuzione,
la poesia e la pittura soltanto nel momento in cui l’occhio si posa sul foglio
stampato o sulla tela dipinta. Finita la causa, finito il narcotico.” Il nostro
rapporto con l’opera d’arte e la vita dell’opera d’arte non finisce nel momento in cui togliamo da
essa il nostro sguardo. Dal punto di vista del fruitore l’opera continua ad esistere.
“Il comportamento estetico non si esaurisce nel solo “godimento” provato al diretto
contatto con l’opera, esso trova ulteriore manifestazione e perdura quando l’arte
vive la sua seconda vita”
Quand’è che l’arte vive la sua seconda vita?
Quando il fruitore fa di essa una funzione referenziale. Il fruitore può fare dell’opera d’arte un
referente di ciò che vuole.
L’opera d’arte vive una seconda vita proprio in base al proprio significato referenziale.
Il capitolo si conclude parlando dell’ATTEGGIAMENTO DEL FRUITORE.
La predisposizione che il fruitore ha nei confronti delle opere può dipendere da alcune
variabili:
VARIABILI DI CARATTERE CULTURALE .
VARIABILI DI CARATTERE INDIVIDUALE .
VARIABILI DÌ CARATTERE SOCIALE .
La fine del capitolo 9 tratta dell’atteggiamento del fruitore dell’opera d’arte e va a spiegare quali
sono le variabili che sono parte dell’esistenza, parte della nostra epistemologia personale, parte
del nostro vissuto: queste variabili vanno a formare in noi un “habitus, un vestito mentale” che
noi non ci accorgiamo neanche di indossare.
Questo vestito mentale può predisporci all’accoglimento di questi oggetti culturali o può
allontanarci dall’apprendimento che si nasconde dietro la percezione di questi oggetti.
APPROFONDIMENO
Il concetto fondamentale sulla quale ci siamo soffermati è l’emancipazione della pittura dalla
realtà.
LIBRO: SENTIERI INTERROTTI (RACCOLTA DÌ SCRITTI FILOSOFICI) - Martin Heidegger.
Egli è il filosofo più grande del 900.
Uno di questi scritti si intitola L’ORGINE DELL’OPERA D’ARTE in questo scritto Heidegger si
chiede quando si può parlare di arte, quando un’opera d’arte è una vera opera d’arte, quando
un’opera è originale, quando non lo è. qual è l’origine dell’opera d’arte?
Fatto sta, che Heidegger si chiedeva:
Un’opera d’arte è un oggetto portatore di conoscenza.
Un’opera d’arte se ci limitiamo a considerarla come una cosa, come un oggetto l’arte
muore.
L’opera non si limita mai a se stessa ma essa vive se vivono dei “rimandi o rimanghi”
che la oltrepassano. che cos’è
Heidegger innanzi tutto per capire quale sia l’origine di un’opera d’arte si chiede:
un’opera d’arte?
Un oggetto culturale portatore di conoscenza quindi un oggetto che ha codificato al suo
interno un sapere e questo sapere deve passare nella mente del fruitore nel momento in cui sta
osservando l’opera.
Ma se l’opera d’arte è un oggetto portatore di conoscenza, non può finire qui la definizione di
“opera d’arte”.
Manca che dall’altra pare ci deve essere sia un’artista, ma soprattutto che il fruitore possa
cogliere il messaggio implicito all’opera, possa codificare l’opera, possa istaurare un linguaggio
con l’opera.
Anche se l’opera non ha una vita biol