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L’imperatore promuove il recupero dei modelli classici e così vengono realizzate numerose opere d’arte
ispirate alle tradizioni classica, bizantina e cristiana. Ad esempio, l’Abbazia di Lorsch (VIII sec.) in Germania
mescola elementi romani e influenze nordiche come l’opus craticium. 6
Il recupero dei modelli antichi sarà denominato renovatio, ossia "rinascita". Il simbolo di questa rinascita
è la Cappella Palatina di Aquisgrana (IX sec.) in Germania, per la quale viene ripreso, con linee più
severe, l’impianto centrale dell’architettura classica e bizantina, sul modello di S. Vitale a Ravenna.
La pianta è ottagonale con due ordini di gallerie (deambulatorio e matroneo) intorno al vano centrale coro-
nato da una cupola mosaicata. L’ottagono richiama il numero otto (l’ottavo giorno è quello della Resurre-
zione di Cristo).
Elementi desunti da modelli bizantini e tardoantichi vengono riletti in chiave verticalizzante e ciò avrà
vasta eco nell’arte romanica.
Ad Aquisgrana Carlo Magno fonda la Schola Palatina dove si studia il greco e il latino, si producono libri e
si copiano quelli antichi classici e religiosi. I testi usciti dalla scuola si diffondono attraverso numerosi centri
di cultura (corti e monasteri) dislocati in tutto il territorio dell’Impero.
Negli scriptoria dei conventi nasce l’arte della miniatura (da minio, inchiostro rosso utilizzato per queste
rappresentazioni): le pagine vengono splendidamente illustrate con immagini realistiche e classiche, in-
serite in paesaggi e architetture in prospettiva. Dopo decenni di figurazioni astratte e stilizzate torna anche
la figura umana, come nella Bibbia di Carlo il Calvo (IX sec.), che contiene per esempio pagine miniate con
la vita di San Girolamo.
L’Altare di Sant’Ambrogio (IX sec.) a Milano, di epoca carolingia, è una tra le più eccelse opere d’ore-
ficeria prodotte in Italia.
Commissionato dal vescovo Angilberto II riprende alcuni caratteri dell’arte bizantina, specialmente nella
figura di Cristo, rappresentato in trono, in una posizione rigidamente frontale. L’equilibrio compositivo
delle figure nei pannelli è tipicamente classico.
Per la prima volta, dopo secoli, un artista, Vuolvinio, firma l’opera, rappresentandosi all’interno di essa.
L’altare è una cassa in legno rivestita da lamine d’oro e d’argento dorato, lavorate a sbalzo e a cesello, con
cornici in smalto e gemme preziose.
Tutti i lati sono figurati con scene del Vangelo e della vita di S. Ambrogio.
La faccia anteriore presenta al centro Cristo in trono, rigido e frontale, che è contornato dai simboli degli
evangelisti a formare una croce. Le quattro formelle intorno alla croce rappresentano ognuna tre dei dodici
apostoli.
I pannelli laterali comprendono ognuno sei scene della vita di Gesù.
Nella faccia posteriore, oltre a 12 episodi della vita di S. Ambrogio, sono presenti due tondi che raffigurano
due arcangeli e altri due con S. Ambrogio che incorona rispettivamente il vescovo Angilberto e l’orafo Vuolvi-
nio: il committente e l’artista sono posti sullo stesso piano.
ARTE OTTONIANA (X - inizio XI sec.)
Dopo la fine della dinastia carolingia, il trono del Sacro Romano Impero passa agli Ottoni, dinastia sassone.
Sebbene l’arte ottoniana presenti tratti di originalità rispetto a quella carolingia, le due tendenze hanno in
comune la volontà di tener viva l’idea imperiale con opere classicheggianti e di tono aulico.
Una miniatura con Ottone II in trono raffigura l’imperatore frontale, con una posa tipica degli impe-
ratori romani, che siede sotto un baldacchino e impugna lo scettro e un globo. Ottone è circondato da figure
femminili (personificazioni delle Province) di dimensioni ridotte, a significare la loro minore impor-
tanza. L’architettura del baldacchino, con colonne e capitelli corinzi, ripropone degli stilemi classici.
L’architettura ottoniana, che mantiene le caratteristiche di quella carolingia, nel contempo diffonde motivi
e tendenze che si svilupperanno nel Romanico, come l’adozione di muri più spessi e l’alternanza di
colonne e pilastri. Con pareti più spesse, compaiono i matronei sopra le navate laterali (Chiesa di San
Ciriaco, Germania). 7
Il Ciborio di Sant’Ambrogio (X sec.) a Milano, è sorretto da colonne in porfido provenienti da un edificio
romano. Decorato con raffinati rilievi in stucco policromo: su un lato i martiri Gervaso e Protaso presen-
tano ad Ambrogio un diacono e un vescovo.
La frontalità delle figure e la simmetria della composizione conferiscono solennità alla scena. Si noti che
le decorazioni delle cornici e la ghiera dell’arco riprendono esempi tardoantichi.
La Situla di Gotofredo (X sec.) è un secchiello d’avorio che interpreta con eleganza la tradizione clas-
sica. Decorato con greche e foglie d’acanto, ha una superficie spartita da colonne e archi, con figure classiciste.
ARTE ROMANICA (XI−XII sec. circa)
Dopo l’anno Mille l’Europa torna lentamente ad una condizione di stabilità. Terminano le invasioni, il
clima diventa più mite, la popolazione aumenta.
Le innovazioni nel campo delle tecniche agricole, introdotte soprattutto dai monaci benedettini, permet-
tono di ottenere raccolti più abbondanti, contribuendo così a migliorare le condizioni di vita delle po-
polazioni.
Per accrescere il proprio potere, gli Ottoni (che governano l’Impero dal X sec.) cercano di sottomettere la
Chiesa alla loro autorità, incontrando per una forte resistenza da parte dei papi. La fase più acuta della
lotta tra Impero e Papato si protrae fino al 1122, ma la tensione tra i due poteri rimarrà viva ancora per
secoli.
Tra l’XI e il XII secolo, la contrapposizione tra imperatore e pontefice favorisce l’affermazione di nuove au-
tonomie locali: vecchi e nuovi centri urbani, soprattutto nell’Italia centrosettentrionale, si svincolano gra-
dualmente dal potere imperiale trasformandosi in liberi Comuni.
Rifioriscono le attività commerciali e, grazie alle Repubbliche marinare (Pisa, Venezia, Genova e Amalfi),
vengono ripresi i rapporti economici con l’Oriente.
Nell’Italia meridionale, sotto il dominio dei Normanni, che fondano il Regno di Puglia e Sicilia, fioriscono
importanti centri artistici e culturali. I decenni che accompagnano l’inizio del nuovo millennio sono dunque
segnati da un profondo rinnovamento religioso, politico, economico, sociale e culturale che si riflette an-
che nell’arte.
Nell’XI sec. in alcuni paesi europei (Spagna, Francia, Italia, Inghilterra e paesi scandinavi) si svi-
luppa l’arte romanica.
Lo stile romanico recupera il patrimonio classico tardo-imperiale e si concentra soprattutto nella costru-
zione di grandi chiese − le cattedrali − come quelle ad Arezzo, Caen in Francia, Spira in Germania e Trond-
heim in Norvegia.
La cattedrale romanica diventa il simbolo dell’intera comunità: oltre ad essere un edificio religioso, è anche
il luogo dove si radunano le assemblee e nel quale vengono sepolti i cittadini più importanti.
La pittura e la scultura contribuiscono ad abbellire questi monumenti spesso di dimensioni assai impo-
nenti: grandi affreschi decorano le navate, gli interni e le facciate sono ornati da sculture, realizzate soprat-
tutto con la tecnica del rilievo.
Il nuovo stile si diffonde lungo le vie dei pellegrinaggi (Roma, Gerusalemme, Santiago de Compostela) e
lungo le grandi strade che collegano i mercati internazionali. Per questo motivo l’arte romanica presenta
caratteri comuni anche in aree molto distanti tra loro.
Comune è il riferimento al mondo romano (da cui "romanico"), che viene però interpretato in ma-
niera locale, secondo i materiali e le tradizioni tecniche e stilistiche delle diverse regioni europee.
La società comunale è formata da uomini che lavorano, che producono, che acquisiscono ricchezza;
uomini che pensano in termini concreti, per i quali il lavoro è un bene. Nell’arte che esprime questa società,
la materia con la quale l’opera è costruita e il lavoro umano che l’ha trasformata devono essere chiara-
mente riconoscibili. 8
La materia inerte, opaca, che attraverso l’intelligenza e la manipolazione dell’uomo ha preso forma razionale,
non è più simbolo dell’assenza di luce, dell’assenza di Dio, non è più peccato. Anzi l’uomo si rende degno
di Dio lavorando quella materia che il Creatore gli ha fornito con la natura senza nasconderla, come
nell’arte bizantina, ma evidenziandola.
L’intensificarsi degli scambi commerciali, la ripresa dell’attività agricola e il complessivo miglioramento
dell’economia accelerano il fenomeno dell’urbanesimo e le città si espandono rapidamente. Queste di-
ventano il cuore pulsante della civiltà medievale: nelle loro piazze si svolgono i mercati e le fiere che ri-
chiamano gli abitanti del contado o dei centri vicini, i quali vi giungono per vendere o scambiare i loro prodotti.
Il centro della città è la cattedrale e il tessuto urbano si snoda, compatto, all’interno di mura difensive
con un tracciato viario fatto di stradine strette e tortuose. Ciò deriva sia dalle necessità orografiche
dettate dall’edificazione sulle cime delle colline, sia per favorire la fuga in caso di attacco esterno.
All’interno degli insediamenti urbani le famiglie più potenti costruiscono dimore fortificate, le case-torri,
come quella degli Asinelli a Bologna o le 13 di San Gimignano (Toscana). Le case-torri spesso erano collegate
tra loro con passerelle di legno, in modo che, in caso di pericolo, risultava più facile scambiarsi armi e cibo, o
fuggire senza essere visti.
Nella città medievale sorge anche un nuovo edificio, il broletto (da brolo, parola che anticamente identificava
un’area adiacente ad una chiesa), chiamato anche arengario (da arringare, cioè pronunciare discorsi pubblici
solenni).
Solitamente il pianterreno era un portico aperto dove si raccoglievano i cittadini, si teneva il mercato e si
amministrava la giustizia; al primo piano era un ampio salone per le assemblee. Broletti importanti sono ad
esempio quelli di Milano, Bergamo, Brescia, Monza, Como e Mantova.
Dentro e fuori dalle città vengono costruiti edifici fortificati, i castelli, mentre i nuovi ordini monastici si
organizzano dando vita a numerose comunità che, in posizioni isolate, costruiscono i loro monasteri, detti
"abbazie".
Uno dei più noti complessi monastici dell’alto medioevo è l’Abbazia di Cluny, nella Francia centrale. Sorta
all’inizio del X sec., raggiunse il massimo splendore con Pietro il Venerabile (XII sec.) quando il numero dei
monaci raggiunse quota 400. La chiesa era stata già ricostruita tre volte raggiungendo dimensioni monu-
mentali (140 m).
L’enorme chiesa era affiancata da altri edifici: infermeria, refettorio, chiostri, cimiteri e cappelle. S