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PITTURA ED ESPERIENZE SOCIALI NELL’ITALIA DEL QUATTROCENTO
Capitolo 1. Le condizioni di mercato
Il Quattrocento fu un periodo di pittura su commissione: l’arte, infatti, era ancora troppo
importante per essere lasciata ai pittori, che non potevano dipingere ciò che desideravano.
Un dipinto del XV secolo, quindi, è la testimonianza di un rapporto sociale: un rapporto tra
due figure
- pittore : dipingeva il quadro
- mecenate/cliente : ordinava il dipinto, pagava e stabiliva quale uso farne
Il cliente ordinava un prodotto specificandone le caratteristiche: artista e cliente
stipulavano di comune accordo un contratto legale. Era quindi un rapporto commerciale : i
criteri adottati per stabilire il prezzo dei manufatti e le diverse forme di pagamento
avevano una profonda incidenza sullo stile dei dipinti.
Perché il cliente ordinava un dipinto? I motivi erano molteplici, variavano da caso a caso.
RUCELLAI = mercante fiorentino, buon cliente dei pittori, elenca alcuni dei motivi
1. Soddisfazione nel possedere personalmente oggetti di qualità
2. Soddisfazione perché riguardano l’onore di Dio
3. Soddisfazione perché riguardano l’onore della città
4. Soddisfazione perché riguardano la memoria di sé (lasciare un ricordo di sé)
5. L’acquisto di tali oggetti procura il piacere e il merito di spendere bene: spendere
denaro per chiese e opere d’arte, per abbellire il patrimonio monumentale pubblico,
era un merito e un piacere
6. Piacere nel guardare i bei dipinti
Il sesto motivo, in realtà, Rucellai non lo cita, ma si è comunque inclini ad attribuirlo a lui.
L’uso primario del dipinto era quello di essere osservato : era progettato per il
➢ cliente e per la gente da cui questi voleva che fosse ammirato.
Il pittore solitamente veniva assunto e controllato da una persona o da un piccolo gruppo:
lavorava per qualcuno di chiaramente identificabile, che aveva promosso il lavoro, scelto
l’artista, seguiva l’esecuzione del dipinto fino in fondo.
Lo scultore, invece, (Donatello per esempio), aveva un controllo meno personale e stretto: il
pittore, quindi, era più esposto dello scultore, e forse meno libero.
CONTRATTI : non esisteva una sola forma di contratto, ma essi variavano.
Un esempio che ci consente di riconoscere i 3 temi principali degli accordi è il contratto tra
il pittore fiorentino Domenico Ghirlandaio e il priore dello Spedale degli Innocenti a
Firenze, per l’opera Adorazione dei Magi (1488)
- viene specificato ciò che il pittore deve dipingere, sulla base di un disegno
concordato
- sono espliciti i modi e i tempi di pagamento da parte del cliente, oltre che i termini
di consegna dell’artista
- il pittore doveva usare colori di buona qualità, soprattutto l’oro e l’azzurro
oltremarino
Colori : si richiedevano spesso colori di qualità, soprattutto l’azzurro oltremarino, il colore
più costoso e difficile da impiegare (era ricavato dalla polvere di lapislazzuli).
La quantità di dettagli e la precisione variava da contratto a contratto: alcuni elencavano le
singole figure che dovevano essere rappresentate, altri no.
Pagamento : la somma solitamente veniva versata a rate. Il cliente forniva i colori più
costosi e pagava il pittore per il tempo impiegato e per le sue capacità.
La somma veniva concordata precedentemente, ma non era del tutto rigida; se pittore e
cliente non trovavano un accordo, intervenivano dei pittori professionisti in qualità di
arbitri.
Non tutti gli artisti, però, lavoravano con contratti di questo tipo: Mantegna rappresenta il
caso più particolare. Dal 1460 fino alla sua morte (1506) lavorò per i marchesi Gonzaga di
Mantova: non veniva pagato per ogni opera, ma riceveva uno stipendio fisso, oltre che del
frumento, e le spese della famiglia.
Mantegna rappresenta tuttavia un caso unico: anche coloro che lavoravano per principi,
solitamente venivano pagati per ogni singola opera.
Con il passare del tempo, alcune caratteristiche cambiarono: i colori preziosi persero il loro
ruolo di primo piano, mentre la richiesta di abilità pittorica assunse maggiore rilievo.
Abbandono dell’oro : accanto alla nuova tendenza di usare differenti qualità di azzurro per
diverse parti del dipinto, nel corso del secolo si verificò anche un netto abbandono dell’oro.
Questo non avvenne solo in pittura, ma anche nella moda: gli abiti del cliente stavano
infatti abbandonando le stoffe dorate e le tinte sgargianti in favore del più serio nero di
Borgogna. Si diffuse l’idea che si potesse essere sfarzosi quanto prima, anche all’interno
della limitazione dell’abito nero.
A mano a meno che nei contratti il largo uso di oro e azzurro oltremarino perdeva
importanza, esso veniva sostituito da indicazioni relative all’uso di qualcos’altro, cioè
l’abilitá tecnica del pittore.
Dicotomia tra qualità del materiale e qualità dell’abilità tecnica dell’artista
➢
Alberti, ad esempio, nel trattato Della pittura , sollecitava i pittori a rappresentare persino gli
oggetti d’oro non con l’oro, ma attraverso un’abile applicazione del giallo e del bianco.
Un dipinto veniva pagato in base ai due elementi: materia e abilità, materiali e manodopera.
Si pagava da un lato per i materiali, dall’altra per il pennello dell’artista.
Per sostituire l’oro, ad esempio, i clienti potevano chiedere come sfondo alle figure dei
paesaggi, invece che la doratura.
Un altro modo che si stava affermando verso la metà del secolo, per dare importanza al
pennello, era quello di attribuire, per ogni prodotto, un valore notevolmente diverso al
tempo del maestro rispetto a quello degli assistenti .
Si spendeva molto di più per l’abilità se una parte spropositata del dipinto veniva
➢ eseguita personalmente dal maestro di bottega, anziché dai suoi assistenti.
Ogni contratto era differente, e ogni cliente poteva richiedere o meno l’intervento diretto
del maestro: alcuni clienti, ad esempio per le figure, più complesse, chiedevano il solo
pennello del maestro di bottega.
REAZIONI DEL PUBBLICO di fronte alla pittura: sono poche le testimonianze e i documenti,
perché è difficile riportare per iscritto una reazione verbale ai complessi stimoli
non-verbali che i dipinti sono destinati a suscitare.
Esempio: intorno al 1490 il duca di Milano decise di assumere alcuni pittori per decorare la
Certosa di Pavia. In questa occasione il suo agente a Firenze gli inviò un promemoria
relativo ai 4 pittori più famosi in quel periodo: Botticelli, Filippino Lippi, Perugino e
Ghirlandaio.
Da questo promemoria emersero alcune cose:
- distinzione molto sottile tra affresco e pittura su tavola
- i pittori erano considerati individui in concorrenza tra loro
Anche questi elementi, tuttavia, non permettevano di registrare le reazioni del pubblico:
ognuno guardando un dipinto attribuiva un significato diverso, un proprio significato,
poiché ognuno ha un modo diverso di guardare i dipinti.
Capitolo 2. L’occhio del Quattrocento
Il processo attraverso cui un’immagine viene vista dall’uomo è lo stesso: gli strumenti della
percezione visiva, tuttavia, non sono uniformi ma cambiano da individuo a individuo.
Ognuno, infatti, ha avuto un’esperienza diversa, quindi avrà sia una conoscenza sia una
capacità di interpretazione diverse: ognuno elabora i dati dell’occhio servendosi di
strumenti differenti.
Tre strumenti utilizzati dalla mente per dare un’interpretazione ai dati dell’occhio :
- serie di schemi, categorie e metodi di deduzione
- abitudine di usare una certa gamma di convenzioni rappresentative
- esperienza di fatti che consentono di visualizzare in modo plausibile ciò di cui
abbiamo un’informazione incompleta
L’uomo del Quattrocento si impegnava a fondo a guardare un dipinto: sapeva che in un
buon dipinto doveva esserci abilità ed era convinto che dare un giudizio su di essa e
esprimerlo verbalmente fosse suo compito.
Un uomo, guardando ad esempio L’Annunciazione di Piero della Francesca (1455), non
➢
poteva rimanere passivo, ma era tenuto ad esprimersi .
Il dipinto risente sicuramente dei tipi di capacità interpretativa che la mente fornisce: dai
vari tipi di capacità interpretativa dipende anche il gusto dell’osservatore (corrispondenza
tra analisi richiesta da un dipinto e capacità di analisi del fruitore).
Se un dipinto fornisce l’occasione per far uso di capacità apprezzate e ricompensa
➢ l’abilità con la sensazione di aver saputo cogliere il modo in cui il dipinto è
organizzato, siamo portati a provare piacere.
Fa piacere esercitare la propria abilità e diverte usare quelle capacità.
L’uomo, inoltre, si trova davanti al dipinto con una quantità di informazioni e opinioni
tratte dall’ esperienza generale , che dipende anche dalla conoscenza della storia: se uno non
sapesse la storia dell’Annunciazione, gli risulterebbe difficile distinguere cosa accade nel
dipinto di Piero della Francesca.
L’uomo del Rinascimento era in grado di abbinare dei concetti allo stile pittorico. Anche
oggi esistono uomini che, pur non essendo pittori, possiedono una gamma estesa di
definizioni, terminologie e concetti riguardanti la qualità dei dipinti; così, anche nel XV
secolo c’erano alcune persone di questo genere, ma in confronto disponevano di pochi
concetti specifici.
Allora si imparava a dare una valutazione degli oggetti, non tanto sui dipinti quanto su cose
più immediatamente legate al benessere e alla sopravvivenza sociale.
Le principali capacità degli uomini sono quelle che abbiamo appreso in modo formale, con
sforzo cosciente: quelle che ci sono state insegnate.
L’uomo del Quattrocento trattava affari, frequentava la chiesa, acquisiva delle capacità di
cui si serviva per osservare i dipinti: esistevano delle variabili tra gli individui, ma ognuno
aveva in sé qualcosa di ciascuna, e il pittore si uniformava a questo comune denominatore
per soddisfare l’osservatore.
Riassunto : alcuni degli strumenti che l’uomo utilizza sono determinati dall’ambiente
sociale che ha influito sulla sua esperienza; da questi dipendono le conoscenze a cui
attingerà e l’atteggiamento che assumerà di fronte ad un oggetto, e anche ad un dipinto. Il
pittore, quindi, deve fare i conti con la capacità visiva del suo pubblico.
DIPINTI RELIGIOSI : la maggior parte dei dipinti del XV secolo lo sono,poiché erano c