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COMUNISTI

Palmiro Togliatti, segretario del partito e membro che rappresentò una sorta di continuità, quasi immobilità fino a Berlinguer che muterà la posizione del partito in riferimento alle relazioni internazionali. Ritorniamo quindi nell’ambito della costruzione europea: nel 1955 vi fu la crisi della formula centrista, attraverso un lungo e farraginoso periodo chiamato di “Apertura a Sinistra” che propugnò il dialogo tra DC e PSI nella formulazione di una coalizione di governo che avrebbe risolto i problemi sociali del paese, seguendo l’onda del miracolo economico. Va ricordato che nel 1955 era ancora difficile prevedere ciò che sarebbe accaduto alcuni anni dopo, intanto, su spinta di un importante leader della DC (Vanoni) venne lanciato un piano omonimo di programmazione economica di lungo periodo, destinato a far crescere economicamente l’Italia e permettere al mezzogiorno di risollevarsi. L’economia italiana,fino a tangentopoli, fu molto variegata, con lo stato che rappresentava un attore importante nelle strutture economiche (Attraverso IRI) perché possedeva e nazionalizzava molte strutture. Tutto questo si legò alla scelta continentale, seguendo nel 1954-55 il progetto di costruzione europea fondato su pilastri di tipo Monnettiano (Che dopo il fallimento della CED parvero perdere terreno). Alcuni leader europei come per l'appunto Monnet rimasero ancora convinti di un progetto europeo articolato, insieme ai leader del Benelux. Nel contesto della costruzione europea i paesi piccoli avrebbero ottenuto più margine di manovra in un sistema sovranazionale rispetto ad uno multilaterale, infatti agli inizi del 1955 nacquero due progetti separati: il primo di Monnet, sfruttò il modello della CECA, focalizzandosi sulla creazione di un'organizzazione che avrebbe sfruttato pacificamente l'energia nucleare. Allora il nucleare sembrò l'energia del futuro e,

Una volta che l'era del carbone fosse finita, sarebbe subentrata quella atomica). L'occidente in questo contesto non aveva effettiva canali privilegiati di approvvigionamento petrolifero e doveva prevalentemente importarlo dall'estero, per questo l'energia nucleare parve una ottima soluzione. Un'altra proposta venne dal Benelux, riprendendo un progetto già attuato agli inizi degli anni 40, proponendo una unione doganale e la creazione di un mercato più ampio (i paesi piccoli non avevano altra scelta). Vi furono contatti tra Monnet e i leader del Benelux che si conclusero con la stipula di un memorandum, dove i partner si impegnarono a presentare questi progetti all'attenzione dei membri della CECA. L'occasione sarebbe arrivata durante la conferenza di Messina nel giugno del 1955 tra i ministri degli esteri dei 6 paesi della CECA (Questa conferenza era stata intavolata per trovare proprio un sostituto a Monnet) e si iniziò a discutere.

la proposta del Benelux che negli anni successivi portò alla firma del Trattato di Roma (La scelta di Messina come location fu molto singolare ma diede lustro alla città). Per ciò che riguardava l'EURATOM, l'Italia ne restò sicuramente favorevole, valutando positivamente la possibilità di sfruttare una importante fonte energetica (L'Italia non aveva grandi risorse economiche ma possedeva grandi scuole di ricerca atomica e nucleare, già attive dal 1930). Per la CEE, l'Italia ritenne che l'apertura al commercio per la neonata industria l'avrebbe schiacciata sotto la maggiore efficienza degli altri partner ma, allo stesso tempo, vi fu una visione ottimista in merito al potenziale sviluppo economico che avrebbe comportato. Il compromesso venne trovato con l'aggiunta di alcuni paletti che risulteranno molto rilevanti nell'ambito del negoziato (1955-57). L'Italia vide concretizzarsi quasi tutte le richieste attuate,

Soprattutto a proposito della CEE: Si richiedeva una politica sociale europea: quindi la possibilità che la comunità si preoccupasse dei problemi sociali che sarebbero sorti dal mercato unico, impostando la creazione di un fondo sociale europeo (FSE), sarà attivo dal 1958.

Una prospettiva politica-regionale: un potenziale partner commerciale con l'Italia avrebbe dovuto accettare la presenza dei grossi squilibri regionali, nella prospettiva che in futuro la CEE avrebbe potuto incentivare l'appianamento dei disequilibri (Tutto questo si collegava al piano Vanoni).

Apertura del mercato del lavoro: con una serie di articoli che ad hoc per la libera circolazione della manodopera. Naturalmente nel 1955 non si poteva prevedere che la migrazione italiana sarebbe stata prevalentemente interna anche se molti si trasferirono in FDR.

Mobilità dei capitali: permettere le remittenze ed investire nelle zone più disagiate con la creazione della

BEI.28. Ruolo dell'Italia tra il 1955 e il 1963. Prendiamo in considerazione gli ambiti relativi alla politica estera italiana nel mediterraneo allargato per poi passare ai rapporti con gli USA e ai dialoghi sulla costruzione europea fino al 1963. Quando noi parliamo di apertura a sinistra facciamo riferimento al dialogo tra DC e partito socialista, con l'inserimento del PSI di Nenni all'interno della compagine governativa di maggioranza. I protagonisti di questa fase furono alcuni leader della DC come Fanfani, Antonio Segni e Aldo Moro che paventarono una evoluzione nei confronti del PSI. Ma perché questo aperto dialogo? Dopo la crisi di Budapest vi fu un distacco netto tra PSI e PCI, con conseguente condanna del gesto sovietico da parte dei socialisti. Per quanto riguarda la politica estera italiana nel mediterraneo non dobbiamo dimenticare che non fu mai del tutto assente un occhio di riguardo nei confronti di questa regione, sempre considerata il giardino sul retro.

della penisola. Già dall'immediato dopoguerra avrebbe suscitato l'interesse di molti leader politici, con azioni favorevoli per la questione della Tripolitania, il sostegno a Grecia e Turchia per l'ammissione nell'alleanza atlantica ma soprattutto, negli anni 50, si sviluppò il termine e la concezione di Neo-Atlantismo. Questo nuovo approccio partiva da una considerazione ovvia: da metà degli anni 60 si stava vivendo la caduta del sistema imperiale britannico e francese, in particolar modo nelle sponde del mediterraneo (nel 1955 la Francia concede l'Indipendenza a Marocco e Tunisia, nel 1954 ha inizio la guerra di Algeria che si concluse nel 1962 con l'indipendenza, nel 1956 si avrà la crisi di Suez, nel 1958 la crisi in Libano e Iraq, etc.). Con questo processo si aprì un vuoto di potere nell'area, con gli italiani che si proposero come apripista della mediazione con questi nuovi attori. Perché l'Italiaavrebbedovuto svolgere questo ruolo di mediazione? Durante gli anni aveva incorporato appieno il sentimento di decolonizzazione, sperando sempre in un dialogo con i paesi post-coloniali e evidenziando come l'Italia non fosse più una nazione coloniale. In questo momento l'Italia non subì più gli svantaggi derivanti dal mantenimento di possedimenti coloniali e poté dialogare con i paesi arabi in una posizione paritaria. Questa strategia si fece propria dei settori della sinistra democristiana (Fanfani in particolar modo) e nacque a seguito di un cambio di atteggiamento della chiesa cattolica, con la morte di Pio XII e la nomina di Paolo VI. L'uomo chiave del Neo-Atlantismo fu Giorgio la Pira, per diversi anni sindaco di Firenze che promosse a più riprese degli incontri esplorativi tra diverse culture e religioni nel periodo che intercorse dagli anni 50 ai 60 (Dialoghi culturali ma anche politici perché vennero invitati attori ostili alle

Pesanti ed onerose ai paesi produttori, Mattei proponeva partnership democratiche, sulla logica del 50/50 (Gli utili sarebbero andati 50% all'Eni e 50% alle casse dello stato Host). E non solo, Mattei si sarebbe impegnato a formare un nucleo di tecnici provenienti dai paesi produttori di petrolio come forma di aiuto allo sviluppo, addirittura creando una scuola che formerà eminenti maestranze del settore all'estero. Mattei concluse contratti con il Marocco, Egitto, e molteplici altri partner e la sua entrata in politica giocò alla fiorente politica estera italiana nell'area fino alla sua nebbiosa morte in un incidente aereo. C'è da dire che, anche dopo la sua morte, l'Eni continuò a fare politica estera, rivelando alcune ombre sulla figura di Mattei come i finanziamenti al fronte nazionale algerino, irritando molto la Francia. Oltre oceano le compagnie petrolifere americane si preoccuparono dell'operato italiano perché, se

Questi tipi di contratti si sarebbero affermati, sarebbero andati a scapito di tutte le sette sorelle. In ogni modo Mattei fu abile nel mantenere sempre un buon rapporto con la DC, tant'è vero che Fanfani difese sempre il magnate di fronte ai responsabili americani. Questa attenzione di natura economica verrà resa nota anche successivamente, con molti interessi economici in campo che portarono a grossi investimenti in paesi recentemente decolonizzati. In questo quadro rientra anche il mantenimento dei rapporti con la Somalia dopo la sua indipendenza nel 1960 (Nel corso degli anni 60 il sostegno economico italiano a Mogadishu fu essenziale, anche per il settore militare). Naturalmente con la morte di Mattei la posizione dell'Eni divenne più cauta, pur conservando i dettami dell'Ex CEO (Egli aiutò anche a modernizzare il paese con la creazione di nuove stazioni di servizio e Motel).

28.BI rapporti Italia/USA tra la metà degli anni 50 e il 1963.

o che il suo lavoro consiste principalmente nell'assistere l'ambasciatore e il personale dell'ambasciata nelle loro attività quotidiane. Questo include la gestione delle telefonate, la pianificazione degli incontri, la preparazione dei documenti e la gestione della corrispondenza. Inoltre, Luce svolge anche compiti di segreteria generale, come la gestione degli archivi e la preparazione dei rapporti. La sua presenza è fondamentale per garantire un flusso efficiente di informazioni e per supportare il lavoro dell'ambasciatore e del personale dell'ambasciata.
Dettagli
A.A. 2020-2021
132 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/02 Storia delle dottrine politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fanton.riccardo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della politica estera italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Varsori Antonio.