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Nel 1927, il radio orario promosse un referendum radiofonico, un'indagine sui gusti
degli ascoltatori: un questionario chiedeva di indicare preferenze e insoddisfazione
rispetto alla programmazione quotidiana.
Le risposte rivelano un'insofferenza diffusa verso il jazz: esso, per gran parte
dell'opinione pubblica, significava soprattutto ballo, ore piccole ed una certa indecenza
nei costumi. Alcuni ascoltatori proposero di sopprimere il Jazz band dagli alberghi, altri
invece di estendere il servizio di jazz band oltre le 24.
Molti ascoltatori si lamentavano della scarsa qualità della riproduzione musicale e
l'insoddisfacente resa sonora di questi programmi fu probabilmente tra i motivi che
spinsero nel 1929 la neonata EIAR ad organizzare un'orchestra specializzata in musica
di intrattenimento.
Nell'approssimazione generale che circondava la parola jazz in questo periodo è
opportuno ricordare che, per gran parte del pubblico di allora, questa categoria
includeva anche la musica di tradizione colta ispirata all'immaginario afroamericano.
2. La scoperta del “vero” jazz:
Partire dal 1932, inizia una fase di maggior curiosità nei confronti del fenomeno
jazzistico, avviato da un intervento di Giacomo del Valle dal titolo "Tempo di jazz", in
cui, per la prima volta, appare la distinzione tra "jazz autentico" e "jazz contraffatto".
Il ruolo del critico, consiste nel distinguere il vero jazz da limitazioni del mercato.
Grazie ad interventi come questo inizia una nuova fase nella ricezione del jazz,
caratterizzata da un crescente impegno divulgativo sul Radiocorriere, attraverso gli
interventi di Massimo Soria. Egli, dopo un primo articolo di introduzione allo spiritual,
affrontò aspetti specifici del linguaggio jazzistico: il canto crooning, gli stili "Chicago" e
"New Orleans”, ma anche recensioni di concerti e critiche giornalistiche.
Maggiore offerta di informazione rifletteva il crescente interesse degli ascoltatori.
Tra l'aprile e il giugno 1934, la rubrica della posta del Radiocorriere fu letteralmente
invasa dalla corrispondenza sull'argomento: si originò una vera e propria querelle
intorno al jazz.
Al di fuori dei pochi eventi straordinari, come i concerti o i collegamenti
intercontinentali, il pubblico italiano poteva ascoltare i protagonisti del jazz attraverso
la trasmissione dei dischi americani, importati o ristampati in Italia.
Per compensare la drastica diminuzione dei collegamenti dei locali da ballo, dalla metà
degli anni 30 iniziarono di nuovo a costituirsi delle orchestre legate agli studi EIAR: nel
1933, il Radiocorriere annunciò la nascita di tre nuove formazioni, tra cui l'Orchestra
n.2 , specializzata nel genere jazz sinfonico. Rapidamente, le orchestre ad
orientamento jazzistico si moltiplicarono: nel 1936, l'orchestra Cetra diretta da Pippo
Barzizza divenne la formazione orchestrale di riferimento per gli amanti del jazz.
3. Interferenze e divieti:
Nella seconda metà degli anni 30, gli eventi politici e militari condizionarono
fortemente la programmazione della radio, che diventò sempre di +1 strumento di
propaganda nelle mani del MinCulPop.
Le vicende che portarono alla dichiarazione di guerra agli Stati Uniti comportarono il
boicottaggio di ogni forma di espressione angloamericana: anche la radio e gli altri
organi di stampa controllati dal regime parteciparono a questa nuova strategia ed il
riferimento al jazz diminuì gradatamente nella programmazione musicale fino a
scomparire del tutto nel 1940.
Questo clima pesante è rinforzato da una serie di iniziative legislative tese a ridurre
drasticamente la presenza di musica straniera, in particolare angloamericana, alla
radio. Nell'ottobre 1933 il regime nazista aveva impartito l'ordine di sopprimere le
trasmissioni di jazz dalle radio degli altri Stati delle potenze dell'Asse e anche in
Giappone era stata emanata una simile disposizione.In Italia, invece, anche nella
seconda metà degli anni 30 la "musica ritmica "continuava ad essere mandata in
onda, con lo stratagemma dell'italianizzazione dei titoli e, a volte, anche dei nomi
degli autori angloamericani. Le ragioni dell'atteggiamento tollerante della radio
fascista sono da ricercare nel timore che i singoli cittadini si sintonizzassero su
emittenti straniere, fonti di informazione potenzialmente dannose regime. La
diffusione di una dose controllata di questa musica, meglio se mascherata, continua
ad essere praticata anche per scongiurare questa eventualità.
Napoli, il 15 ottobre 1943, poco dopo l'ingresso delle forze alleate, lo Psychological
Warfare Branch dell'esercito americano organizzò una rudimentale stazione
trasmittente per riavviare Radio Napoli e diffondere la propaganda alleata in Italia.
Al suono liberatorio del jazz rinasceva la radio italiana.
Musicologia storica e musica di consumo: Una tavola rotonda – Somigli
Musicologia storica e musica di consumo:punti critici di un rapporto necessario.
La musicologia storica, ovvero quella che si interessa alla storia della musica e
alle sue narrazioni, si trova ad affrontare molte difficoltà quando si tratta della
musica del 900, e soprattutto della cosiddetta Popular Music.
Le condizioni sociali che diedero slancio ai tanti generi musicali di uso
quotidiano risalgono alla fine dell'Ottocento:La produzione musicale sentita
come alternativa ai generi musicali colti, siamo ai destinatari che nelle funzioni,
si basa su ricorso ai mezzi di comunicazione di massa.
Nell'arco di un secolo, questa diffusione ha attraversato fasi cruciali, ad
esempio la canzone di Tin Pan Alley, dell'inizio del 900, che offre un primo
segnale forte di un nuovo modo di intendere la diffusione musicale; Oppure,
negli anni 50, l'affermazione del rock'n'roll, da cui discende il rock, che si pone
come espressione di una sensibilità giovanile diversa, e talvolta antagonistica,
rispetto a quella degli adulti. Un'indagine storica e tutto ciò che si intende per
Popular Music è dunque necessaria, benchè complicata.
In quest'arco di tempo medio-lungo, la produzione Popular intrattiene rapporti
con il mondo della musica d'arte: gli scambi incidono sia su luna sia sull'altra
(la ricerca elettroacustica dei Beatles). La fecondità di questi incontri è la
conferma della differenza che intercorre fra le due realtà e che rende
percettibile lo scambio e l'arricchimento che ne deriva. L'indagine storica può
aiutare a capire meglio questi incontri: uno degli scopi dell'insegnamento della
storia sta nel mostrare che "produttori Jean Ale e prodotti ibridato non sono la
stessa cosa. La storia della musica, dunque, può essere un mezzo per imparare
ad ascoltare " (Baroni).
Questo genere di indagine è stato praticato piuttosto poco: è mancata
soprattutto una riflessione approfondita sul taglio e sui caratteri specifici che
questa indagine storica dovrebbe avere e sui rapporti che essa dovrebbe
intrattenere con la musicologia storica applicata alla musica d'arte. Gli
strumenti di indagine impiegati dalla musicologia storica si rivolgono ad una
tradizione fondata sul testo scritto; dall'inizio del XX secolo la Popular Music
tende a disfarsi del testo musicale scritto. Gli autori novecenteschi di cui si
occupa la musicologia storica, si collocano in un rapporto esplicito con la
tradizione della musica colta, sia che la vogliono rinnovare, sia che intendano
negarla radicalmente.La loro azione implica uno sguardo rivolto al passato, un
dialogo ed una presa di posizione, o di distanza, rispetto adesso. Di questo
sguardo retrospettivo partecipa anche l'ascoltatore.
I Beatles impiegano alcune suggestioni provenienti da questa stessa ricerca ma
molti loro fans non si preoccupano di sapere da dove provengono quei suoni,
quali siano le loro implicazioni o i loro presupposti. Nella Popular Music,
insomma, lo sguardo retrospettivo non è necessario né in chi scrive o fa
musica né in chi la ascolta. Ci troviamo spesso di fronte ad operazioni
attualizzanti, rifacimenti moderni di brani della tradizione, in cui un prodotto
sonoro viene trasformato in modo assai diverso da quello di partenza, a volte
ai limiti del riconoscibile. Spesso le scelte sono dovute a fini puramente
commerciali.
Si è parlato fino ad ora di Popular Music, mentre nel titolo si parla di musica di
consumo. L'aggettivo un po' più larga, nella locuzione Popular Music, focalizza
l'attenzione su una prospettiva prima di tutto sociale e sociologica. Musica di
consumo, nella sua accezione originaria, è sinonimo di musica meramente
commerciale o addirittura "di musica gastronomica”, destinata a soddisfare la
domanda attuale.
Sta riflessione si concentra su una musica fruita da pubblici tipo logicamente
diversi dal pubblico della musica colta e del jazz, diffusa attraverso i media e
riprodotta grazie all'elettronica, ascoltata spesso dal vivo, fruita
intenzionalmente ma non in un atteggiamento contemplativo, bensì di
partecipazione anche fisica e attiva.
Pop Music e "musica leggera" Bisignano settori specifici della musica
commerciale, così come rock Music dovrebbe indicare una produzione
caratterizzata da una certa sperimentazione sul suono o da un suono bello
levigato del pop e da un atteggiamento più aggressivo verso la realtà odierna.
Parlare di musica di consumo, accentua il rapporto che lega un prodotto
musicale alla dimensione dell'oggi, ma può anche indurre a presupporre che
essa consista di tanti singoli episodi tra loro slegati, al punto da sottrarsi ad
una ricostruzione storica.
Musica nel Nuovo Mondo – W. Mellers ( pg. 244-251)
I problemi dei compositori d'arte in America non si possono separare dalle
forze che hanno creato la loro civiltà. Dal momento che questa civiltà sia
sviluppata attraverso un rapido impatto tra l'industrializzazione e la natura
selvaggia, ci si potrebbe aspettare un altrettanto rapido sviluppo nella musica
da divertimento industrializzato ma non è così.
I seri e noiosissimi compositori ottocenteschi, rivelarono la loro inefficacia
nell'esprimere le forze che stavano facendo l'America, dando vita perlopiù ad
esercizi puramente accademici.
Soltanto un compositore mantenne un modesto barlume creativo: MacDowell
ricordato per i suoi pezzetti pianistici che, come musica pseudo-celtica di
sogno, rappresentano un'evasione dalle tensioni americane.
Altri tre americani dell'ottocento rimasero nella storia, anche se non furono
chiamati compositori d'arte ma entertainers popolari: Stephen Foster, Louis
Moreau Gottschalk e John Philip Sousa.
Foster nacque nei pressi di Pittsburgh nel 1826 da una famiglia abbastanza