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La separazione tra magia e medicina avviene a partire dalle opere ippocratiche, screditano la magia e
evidenziano che la medicina viene fatta osservando sintomi, cause e che non dipende dalla volontà divina. Il
medico, deve fare ricorso solo alla scienza medica, questa affermazione si trova in “Male sacro” , vi domina
una critica verso chi pratica la medicina religiosa e magica, definiti come persone che ingannano ( maghi).
Questi impostori fanno credere che il loro volere influisce sulla divinità con uso di purificazioni, incantesimi.
Questi, ritenevano che l’epilessia era causata dagli dei, purificazione e magie non contengono niente di
divino, facendo credere che la divinità è sottomessa al volere dell’uomo. Il concetto di malattia si trova
anche nella “ Repubblica di Platone” , dove ci dice che questi sacerdoti itineranti si recavano alle porte dei
ricchi e chiedevano somme di denaro per espiare le colpe della loro vita agiata. Platone riporta più volte il
fascino esercitato dall’epodài come potenza di persuasione, cita rimedi e farmaci per mali corporei. La
concezione platonica del corpo è intesa come un insieme armonico, non si può curare un corpo senza
interessarsi anche all’anima. Socrate pensa che la terapia dell’anima è rappresentata dagli incantesimi e dai
bei discorsi da cui si genera la temperanza nell’anima e da questa proviene la salute di tutto il corpo. Il
filosofo considera il dialogo in grado di persuadere. Nell’Aiace di Sofocle si è scettici nei confronti della
terapia dell’epodai, si afferma che il medico esperto usa la chirurgia invece di intonare incantesimi. Gli
incantesimi non sono sempre efficaci, ovviamente ci sono dei limiti. I pitagorici sono i più illustri
rappresentanti della musicoterapia, la catarsi rappresenta un parte fondamentale per la terapia in questo
ambito, ethos e catarsi si possono sostituire all’epodài.
Capitolo 3: Catarsi e terapia musicale nel pitagorismo antico
3.1 ethos e mìmesis
La trasposizione dell’epodè in ambito filosofico, dimostra l’importanza che Platone da all’educazione dei
giovani, nella paidèia egli da un ruolo fondamentale alla musica che con armonia, ritmo e parole influenza i
caratteri. La musica ha capacità di condurre l’anima, favorendo l’instaurarsi di caratteri diversi, costituisce
il fondamento della teoria dell’ethos. L’ethos musicale appare operante con la catarsi già nel pitagorismo
antico. Le fonti principali sull’ethos musicale e l’educazione dei giovani con la musica sono le Leggi di
Platone e il libro VIII della Politica di Aristotele. Le prime contengono riferimenti più significativi, il secondo
delinea la musica nell’educazione e legame con la terapia musicale. Aristide Quintiliano fu autore del
trattato De Musica in tre libri, dove l’ethos musicale platonico appare con un intreccio tra etica e medicina,
rappresenta un unicum. Nel libro III della Repubblica, Platone che armonia e ritmi sono associati a
determinati caratteri. Socrate afferma che per l’educazione dei phylakes bisogna escludere le harmonìai,
definite lamentose e per i guardiani dello stato si devono escludere dalla polis le armonie da simposio.
Secondo lui, nella polis ci deve essere: l’armonia dorica che è in grado di imitare in maniera opportuna le
sonorità di un individuo in disgrazia che affronta la sorte con fermezza; la frigia che imita toni di voce di
qualcuno che in un momento di pace vuole persuadere un’altra persona o un dio. Poi bisogna scegliere i
ritmi da adottare è necessario che non siano variegati ma che siano di una vita ordinaria. Per Platone solo la
lira e la cetra sono ammesse nella città, la lira è lo strumento tradizionale della paidèia. L’aulòs viene
bandito dalla Kallipolis perché ha la capacità di modulare da una harmonia all’altra, questo contraddice la
performance dove l’obiettivo formativo è specifico. L’ethos di un brano risiede nella sua imitazione,
concetto ripreso da Aristotele, i suoni musicali imitano quelli umani. La musicoterapia non va indagata solo
sulla base dell’ethos musicale di stampo platonico ma anche sull’efficacia della terapia musicale in ambito
pitagorico. I pitagorici appaiono come veri fautori della cura musicale, rifacendosi alla nozione medico-
religiosa di catarsi e all’efficacia della musica calmante.
3.2 i Pitagorici e la catarsi musicale: la testimonianza di Aristosseno di Taranto
Aristosseno, ricevette una formazione pitagorica, istruito ad Atene da Senofilo. Taranto, sua città natale, fu
il centro pitagorico nel IV sec. Lui e Aristotele sono una delle fonti più importanti sui Pitagorici. Capostipite
dell’uso della musicoterapia in ambito pitagorico, in un frammento della sua opera “ Sulla vita pitagorica”,
Aristosseno ha associato ai Pitagorici la catarsi musicale che è un punto importante per la cura dell’anima e
la medicina per la purificazione del corpo dell’uomo. Questa testimonianza è diventata una teoria della
catarsi sulla musica in senso etico, fu un esempio anche per Aristotele. Nei “Precetti Pitagorici”, ci dimostra
che la catarsi musicale è una pratica antica e tradizionale dove ci testimonia il legame tra religione e
medicina.
3.3 catarsi e medicina
La catarsi indica un ambito specifico della terapia, tradizionale nella Grecia antica. La medicina ippocratica,
scredita le cure magico-religiose, priva la catarsi del significato di purificazione morale e si riferisce a una
purificazione del corpo. Nei dialoghi di Platone si può ricostruire l’aspetto magico e scientifico della catarsi,
fa riferimento ai costumi che deturpano l’ethos e ai katharmòi ( riti di purificazione) connessi con
l’allontanamento. Il rimedio ai mali è offerto dalla mania che permette di formulare profezie e preghiere
agli dei portando purificazioni. Per quanto riguarda ginnastica e musica, Platone fa riferimento ad una
catarsi delle sensazioni, senza questa catarsi ogni attitudine verso la conoscenza risulta nulla. Con la terapia
musicale, la catarsi è connessa ai riti dionisiaci. I riti rappresentano un momento religioso nella polis, la
catarsi musicale nei sodalizi pitagorici era un momento di riconoscimento dell’appartenenza del gruppo e
un’occasione per liberarsi dalle angosce quotidiane.
3.4 il peana catartico presso i Pitagorici
L’uso catartico della musica da parte di Pitagora, testimonia il potere incantatorio della musica anche in
riferimento ai kathartài quali Orfeo e Taleta di Gortina. Pitagora scrisse dei componimenti poetici su Orfeo,
entrambi sono connessi con Apollo. Ad Orfeo fanno riferimento dei Misteri, c’è connessione tra i riti
catartici e la segretezza degli insegnamenti di Pitagora. Riguardo alla connessione tra Pitagora e Taleta di
Gortina c’è un passo di Porfirio, si fa riferimento all’uso pitagorico del peana catartico e apotropaico.
Plutarco nella “ Vita di Licurgo” dice che le melodie e ritmi di Taleta ispiravano moderazione, così gli uomini
cercavano il bello. La figura di Taleta appare connessa anche con la dimensione politica, i suoi canti
diventano strumento di preparazione alla vita quotidiana.
3.4.1 catarsi musicale primaverile per mezzo di peani
Nel “ De vita pythagorica” di Giamblico, la funzione catartica e apotropaica del peana è un rito musicale, il
discepolo suonava la lira, altri intonavano peani, questo rito si svolge in primavera. Pitagora usava la musica
per scopo terapeutico, chiamando la musicoterapia “ catarsi”, si riteneva che proprio in primavera si
manifestassero i mali come l’epilessia. Il rito della catarsi primaverile mediante i peani è testimoniato in un
passo di Apollonio, due donne mangiavano voracemente e ogni volta che venivano chiamate si mettevano
a correre freneticamente. Consultarono un oracolo e questo disse di dover intonare dei peani primaverili
per sessanta giorni. Da questo traspare il valore espiatorio del canto, questo genere rappresenta il canto
che sana, eseguito da una comunità in coro, come offerta al dio. C’è somiglianza tra l’evento di Giamblico e
Apollonio, entrambi si svolgono in primavera, sono connessi anche con la terapia musicale praticata da
Pitagora.
3.5 Aristosseno, Porfirio e Giamblico sui Pitagorici e la musicoterapia
Le informazioni di Porfiro e Giamblico sono le fonti più ricche su Pitagora, entrambi attingono ad
Aristosseno come fonte sulla musica e terapia dei Pitagorici. Porfiro manifesta i tratti della biografia, parla
di musica come cura e conforto. Attenzione rivolta alla cura dell’ethos e intendo di studiare i risvolti
psicologici delle esecuzioni musicali. Giamblico, afferma che i Pitagorici si servivano della musica per i mali
del corpo e di stati mentali. La figura di Pitagora appare complessa, per delineare aspetto della
musicoterapia è necessario avvalersi di un’attenta ricostruzione delle fonti. L’elemento centrale del “ De
vita pythagorica” di Giamblico è la paidèia, un aspetto importante per la riflessione neoplatonica e
platonica, lo scopo di Pitagora è il miglioramento etico, la medicina è definita la cosa più sapiente.
3.6 uso della terapia musicale per il controllo dell’ira e della violenza. Il ruolo dell’aulòs
La catarsi in ambito pitagorico si configura come teoria degli eccessi per una vita moderata, questo aspetto
è distinto dalla cura del corpo ed è illustrato nel “ Vita di Archita” composta da Aristosseno. Archita, torna
da una campagna militare e si accorge che i suoi schiavi non hanno lavorato quando non c’era , è adirato,
non darà nessuna punizione perché aspetta di calmarsi. Non emerge la teoria dell’ethos musicale e della
paidèia per garantire equilibrio sulle passioni, ma l’efficacia calmante della musica. Giamblico attraverso
due episodi i cui protagonisti sono Pitagora e Empedocle, ci riporta il bisogno di intervenire sulle passioni e
controllare gli istinti violenti. Il primo episodio narra di un giovane ubriaco che ascoltando la musica frigia si
è adirato e volevano appiccare il fuoco presso la casa di un rivale in amore. Pitagora ordinò all’auleta di
mutare in uno spondeo la melodia che stava eseguendo, il giovane si calma, la musica sembra sospendere
la volontà. Quintiliano evidenzia che la melodia frigia abbia l’effetto di suscitare la follia, Galeno dice che
per annullare gli effetti esaltanti della musica frigia ci vuole quella dorica. Gli effetti calmanti della musica
nei confronti dell’ubriachezza, li troviamo in un passo del “ De Musica” , canto e danza ornano il banchetto ,
secondo Aristosseno la musica sana gli effetti del vino. Nella “Vita Pitagorica”, Giamb