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STORIA DELLA LINGUA ITALIANA
ORIGINI E PRIMI DOCUMENTI
L'italiano, come le altre lingue romanze e come i vari dialetti italiani, deriva dal latino volgare: la
maggior parte delle parole italiane discende infatti da quelle latine e trova corrispondenza con il
lessico presente in altre zone della Romània.
Latino volgare = latino parlato in luoghi differenti, talora molto distanti tra loro, e in epoche
diverse.
Il latino, come tutte le lingue vive, non rimase sempre uguale a sé stesso: territori dell'impero
conquistati in epoca diversa ricevettero un latino in parte differente, o non furono più raggiunti
da certe innovazioni più tarde. Non aveva dunque un'unità linguistica assoluta: non esistono
lingue diffuse in uno spazio tanto grande che non risentano di fenomeni di differenziazione
geografica, oltre che sociolinguistica.
Dobbiamo infatti aggiungere anche la variabile sociale, certo presente anche nel latino: i ceti alti
parlano sempre in maniera diversa dagli illetterati, anche quando usano la loro stessa lingua.
Uno dei mezzi per ricostruire gli elementi del latino volgare all'origine degli sviluppi romanzi è la
comparazione tra lingue neolatine. Quando si riporta una parola al suo etimo latino-volgare, a
volte accade di individuare l'esistenza di una forma lessicale non attestata nel latino scritto (In
tal caso la si indica convenzionalmente facendola precedere da un asterisco. Es. puzzo ->
*PUTIUM).
Il latino volgare conteneva molte parole presenti anche nel latino scritto. Altri termini furono
innovazioni del parlato non attestate nelle scritture (proprio come PUTIUM). In altri casi si ebbe
un cambiamento nel significato della parola letteraria, la quale assunse nel latino volgare un
significato diverso (Es. TESTA(M), all'origine un vaso di terracotta, a poco a poco sostituì
CAPUT).
Il confronto tra le lingue romanze e la ricostruzione etimologica dei derivati dal latino non sono
gli unici strumenti per la conoscenza del latino volgare: esiste una serie di testi che possono darci
informazioni per vedere o intravedere alcune caratteristiche del latino parlato di livello popolare,
o del latino tardo:
Alcuni autori classici hanno scritto a volte in maniera meno sorvegliata e formale.
Si sottraggono alle norme dell'uso classico alcuni libri dedicati alle materie pratiche.
I testi teatrali latini contengono elementi di parlato.
Dal nostro punto di vista è molto importante un romanzo di Petronio come il Satyricon
in cui coesistono forme come pulcher, formosus e bellus: il primo aggettivo era destinato
a sparire nelle lingue popolari moderne. Bellus si trattava di un'alternativa affettivo-
familiare al più letterario pulcher.
Molto interessanti sono anche le scritture che si trovano sulle pareti delle case di Pompei,
graffiti e scritte murali tracciate da gente comune.
Particolare rilievo ha la cosiddetta Apprendix Probi: una lista di 227 parole o forme o
grafie non corrispondenti alla buona norma. È stata redatta nel V o VI secolo d.C. da un
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maestro che raccolse le forme errate in uso presso i suoi allievi, affiancandole alle corrette
secondo il modello "A non B". Questi errori spesso contengono gli sviluppi della
successiva evoluzione verso la lingua nuova destinata a formarsi e affermarsi: quando
l'errore si generalizza, infatti, l'infrazione diventa essa stessa la norma per tutti i parlanti.
Per spiegare tali mutamenti, gli studiosi fanno riferimento a fenomeni di sostrato ("lo strato che
sta sotto"): il latino si impose infatti su parlate preesistenti, che non mancano di influenzare
l'apprendimento della lingua di Roma.
Influenza di sostrato: l'azione esercitata dalla lingua vinta (Es. celtico o etrusco) su quella
dei vincitori (i romani).
Altri problemi discussi negli studi sulla formazione dell'italiano:
Influenza di superstrato: influenza esercitata dalle lingue che si sovrapposero al latino, al
- tempo delle invasioni barbariche.
Influenza di adstrato: l'azione esercitata da una lingua confinante -> l'apporto lessicale
- all'italiano risalente a queste lingue non è di grande rilevanza, anche se si possono
individuare diverse parole di origine germanica, in particolare nel settore militare.
La nascita dell'italiano: fattori storici
1. Il dominio dei goti sull'Italia non fu molto lungo e infatti i termini gotici entrati
nell'italiano sono meno di una settantina e tra di essi:
melma
astio
nastro
2. L'invasione dei longobardi avvenuta nel 568 fu molto più violenta e brutale oltre al fatto
che durò molto più a lungo, fino alla venuta dei franchi nel VIII secolo. Le parole
longobarde nell'italiano e nei dialetti italiani sono oltre duecento (tra arcaiche e moderne,
dialettali e di lingua). Es:
guancia
stinco
nocca
3. L'insediamento dei franchi ebbe un carattere diverso da quello dei goti e longobardi,
trattandosi di un certo numero di nobili con i loro fedeli, un'élite che si insediò ai vertici
del potere politico e militare: proprio per questo entrarono termini relativi
all'organizzazione politica e sociale (Es. vassallo, conte, marca ecc.) L'influenza infatti si
fece sentire solo in seguito, nei secoli XI e XII, con la diffusione anche da noi della
letteratura provenzale e francese.
La genesi di una lingua è un fenomeno lungo e complesso. Nel caso del passaggio dal latino alle
lingue romanze, la trasformazione durò secoli, e il latino continuò a mantenere per molto tempo
il dominio della cultura e della scrittura.
Vi fu dunque un lungo lasso di tempo in cui la lingua volgare fu solo orale e non utilizzata per
scrivere. Per scrivere si utilizzava ancora il latino che però non era più il medesimo degli autori
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classici "aurei": parliamo infatti di latino medievale, un latino diverso sia da quello classico che
da quello volgare.
L'esistenza del volgare però iniziò a farsi sentire, almeno in maniera indiretta, proprio nel latino
medievale, che lascia trapelare i volgarismi, in maniera più o meno marcata a seconda del livello
di cultura dello scrivente.
Perché si affermasse la dignità delle nuove parlate romanze era necessario che si accettasse di
metterle per iscritto -> Solo nel XIII secolo alcune scuole di scrittori scelsero la nuova lingua in
maniera motivata o sistematica.
I più antichi documenti dell'italiano
Un primo problema da risolvere per gli antichi documenti dell'italiano, è quello dell'intenzionalità
dello scrivente. Si tratta in pratica di capire se chi ha scritto il documento volesse scrivere in
italiano o in latino e se la scelta della lingua fosse o meno intenzionale.
Si consideri il primo documento della lingua francese, i Giuramenti di Strasburgo dell’842. In
questo caso non possiamo avere dubbi sull'intenzionalità di chi ha introdotto il volgare: la
situazione è infatti "ufficiale" e non lascia spazio a equivoci. Se paragoniamo questo documento
a quelli relativi alla nostra lingua, riscontriamo:
un'analogia: infatti anche il cosiddetto "atto di nascita" della lingua italiana, il Placito
capuano, è una formula connessa a un giuramento
una sostanziale differenza: il documento italiano non si lega a un fatto storico di rilievo
ma da una controversia giudiziaria di portata locale
Indovinello veronese
Quanto al problema dell'"intenzionalità", l'esame del cosiddetto indovinello veronese ci può
aiutare a comprendere questo problema, perché si tratta di un testo in cui non si riesce ad essere
certi se lo scrivente adoperasse un latino scorretto o volutamente abbandonasse il latino corretto,
adottando forme popolari.
Si tratta di una delle due note (risalenti al VIII secolo o all'inizio del IX) trovata nel margine
superiore di un codice scritto in Spagna all'inizio del VIII. La seconda di queste noticine è in latino
corretto mentre la prima si presenta in una forma che fa pensare al volgare.
Se pareba boves
alba pratalia araba
albo versorio teneba
negro semen seminaba
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Fin dalla scoperta di questa postilla, nella prima metà del Novecento, ci si interroga sul suo
significato. Poiché parlava di buoi e di aratura si pensò fossero versi di un'antica cantilena di
bifolco.
Solamente più tardi ci si ricordò che esisteva ancora, nelle campagne, un indovinello popolare
che alludeva all'atto dello scrivere. Quindi, secondo quest'interpretazione:
Spingeva avanti i buoi (le dita)
solcava arando un campo bianco (la carta)
e teneva un bianco aratro (la penna d'oca)
e seminava nero seme (l'inchiostro)
Importante è il confronto tra le due postille: se entrambe fossero scritte dalla stessa mano, si
potrebbe pensare a un uso cosciente di due lingue diverse ma questo ancora non è stato provato.
Il graffito della catacomba di Commodilla
Il graffito della catacomba romana di Commodilla non porta alcuna indicazione cronologica ma
può essere fatto risalire al periodo tra il VI-VII secolo e la metà del IX.
Si trova in una cappella sotterranea, la cripta dei santi Felice e Adàutto la cui scoperta avvenne
nel 1720. Si tratta di un anonimo graffito tracciato sul muro ma è di grandissimo interesse in
quanto, nonostante a prima vista sembri conservare un aspetto latineggiante, almeno in un
punto rivela il suo carattere di registrazione del parlato, là dove riporta il raddoppiamento
fonosintattico e la pronuncia con betacismo nell'espressione a bboce (= a voce).
Non dice/re il/le se/crita a/bboce
Traduzione = Non dire (que)i segreti a voce alta
L'interpretazione ci riporta a un ambiente religioso in cui, parlando di "segreti" ci si riferisce alle
"orazioni segrete" della messa. Il Placito capuano
Il Placito capuano viene considerato "l'atto di nascita della nostra lingua". Si tratta di un verbale
notarile del 960, scritto su un foglio di pergamena, relativo a una causa discussa di fronte al
giudice capuano Arechisi.
Al suo cospetto si erano presentati l'abate del monastero di Montecassino e un tal Rodelgrimo di
Aquino. Rodelgrimo rivendicava il possesso di alcune terre, a suo giudizio abusivamente
occupate dal monastero. L'abate, per contro, invocava il diritto che oggi chiamiamo di
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usucapione, affermando che quelle terre erano utilizzate dal monastero da ormai trent'anni, ciò
che per la legge longobarda costituiva titolo per il possesso definitivo.
Nel giorno stabilito si presentarono davanti al giudice tre testimoni, i quelli recitarono uno alla
volta una formula che dava ragione alla tesi dell'abate; quindi questi giurarono sui Vangeli di aver
detto la verità.
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