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Goldoni fece alcuni accenni al problema della lingua, egli afferma che in mancanza di un
italiano della conversazione è necessario intervenire con elementi di vivacità come
regionalismi o francesismi. La lingua delle sue opere non risulterà elegante, ma viva. 31
Linguaggio poetico:
7. Risale al 1690 la formazione dell’Arcadia, che riprese i modelli Petrarcheschi, con
l’intenzione di liberarsi del barocco. Nel linguaggio della poesia c’è una sostanziale
adesione al passato, con relativo uso di latinismi e arcaismi, le parole esotiche vengono
introdotte mediante l’aggiunta di epiteti (caffè=legume d’Aleppo), si fa largo uso di
troncamenti e si privilegiano le parole rare e ricercate, evitando ogni asprezza realistica (ad
esempio i saggi sulla salubrità dell’aria di Parini).
La prosa letteraria:
8. In questo secolo la prosa saggistica prende il sopravvento, si privilegia una semplificazione
della sintassi, inspirata al francese ed all’inglese. L’obiettivo degli illuministi è la chiarezza.
Controcorrente risulta quindi la prosa arcaizzante e latineggiante di Vico. Alfieri invece
decide di accostarsi all’italiano tramite un soggiorno a Firenze, qui scriverà “Vita” resoconto
di questa esperienza formativa.
12) L’Ottocento
Purismo: il culto del passato:
1. All’inizio dell’Ottocento, anche per reazione all’egemonia della cultura francese (imposta
durante le campagne napoleoniche), si sviluppò il “Purismo” guidato padre Antonio Cesari,
caratterizzato da un antimodernismo e dal culto dell’“epoca d’oro”: questo movimento è
caratterizzato da una riproposizione dei modelli del Trecento fiorentino allargandolo anche
alle scritture minori (lettere…), secondo la teoria che tutti a quel tempo sapessero scrivere
bene. Questo modello ricevette molto consensi e fu introdotto anche nelle scuole. Da padre
Cesari verrà anche realizzato un nuovo vocabolario della Crusca molto conservatore
“Crusca veronese”.
La “Proposta di Monti e le reazioni antipuristiche:
2. Lo scrittore Vincenzo Monti per porre un freno agli eccessi del Purismo, scrisse “Proposta di
alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca”, una serie di volumi usciti dal
1817-24. Monti si riallacciava alla lezione di Cesarotti e del suo “Saggio sulla filosofia delle
lingue”, arrivando a criticare l’intera tradizione italiana, riprendeva il concetto della vitalità
dei dialetti e dell’artificiosità della lingua italiana.
La soluzione manzoniana alla “questione della lingua”:
3. Tra i romantici milanesi si dibatteva il problema dell’italiano molto simile ad una lingua
morta, utilizzato solo in occasioni ufficiali, ma inadatta alla quotidianità.
Manzoni si trovò a fare i conti con una situazione del genere che affronto con
determinazione nella stesura dei “Promessi Sposi”, poi divenute una teoria linguistica. La
teoria manzoniana segna una svolta nella “questione della lingua”. La sua riflessione sul
tema linguistico è affrontato in una serie di carte private, pubblicate nel 1974 sotto forma di
trattato “Della lingua italiana”.
Manzoni iniziò ad affiancarsi a questo problema durante la prima stesura del “Fermo e
Lucia” del 1821, questa prima fase viene definita dall’autore “eclettica”, nel senso che egli
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cerca di raggiungere uno stile duttile e moderno mediante il ricorso a vari elementi
(linguaggio letterario, francesismi, lombardismi).
Nella seconda edizione uscita nel 1825 dei “Promessi Sposi” denominata da Manzoni
“toscano-milanese”, l’autore cerca di utilizzare una lingua toscana ottenuta librescamente.
La vera svolta si ha quando Manzoni nel 1827 decide di trasferirsi a Firenze per
“risciacquare i panni in Arno” e per apprendere la lingua fiorentina dell’uso vivo e colto,
senza eccessi di popolarità e liberandola dei tratti arcaici, in questi anni si dedica con
maggiore attenzione al suo trattato sulla lingua e alla correzione della terza edizione dei
“Promessi Sposi” che uscirà in fascicoli tra 1840-42.
Il successo dell’opera e dell’autore fu immediato tanto che nel 1868 Broglio, il Ministro
della Pubblica Istruzione commissiono a Manzoni una “Relazione” sulle iniziative che
suggeriva al nuovo stato in campo scolastico. Manzoni proponeva l’introduzione del
fiorentino nelle scuole e la realizzazione di un nuovo vocabolario improntato sull’uso vivo
da affiancare a una seria di vocabolari bilingui italiano-dialetto. L’idea di Manzoni non andò
a genio ad alcuni suoi colleghi come Tommaseo che rivendicavano la funzione degli scrittori
nella regolamentazione della lingua.
L’esempio di Manzoni ebbe effetti rilevanti, sia perché i “Promessi Sposi” divennero un
modello da imitare e sia perché molti autori seguirono il suo esempio di soggiornare a
Firenze, tra i suoi seguaci possiamo ricordare De Amicis che si impegno molto nel campo
dell’educazione scolastica. L’unico freno alla diffusione della teoria manzoniana fu
Carducci, irriducibile avversario del “popolanesimo” toscaneggiante.
Realizzazioni lessicografiche:
4. L’Ottocento è il secolo dei dizionari, spesso questi dizionari consistevano in una serie di
aggiunte non omogenee. Opera più innovativa fu il “Vocabolario universale italiano”,
quest’opera aveva un taglio più enciclopedico, con maggiore attenzione alle voci tecniche.
Nessun vocabolario però si avvicina alla qualità del dizionario Tommaseo-Bellini, è il
vocabolario che meglio concilia la dimensione del tempo presente con il passato. qui
vengono spiegate anche idee morali, civili e letterarie. L’opera si presenta però molto
soggettiva, celebre la faziosità contro Leopardi. Ricevette grande diffusione.
Il vocabolario Giorgini-Broglio, ideato da Manzoni verrà terminato solo nel 1897, ricevette
poca fortuna, da segnalare la sostituzione delle citazioni dagli scrittori con frasi anonime. I
vocabolari dialettali ricevettero maggior successo per l’interesse dei romantici verso i
dialetti.
Oltre a vocabolari “Puristi” vennero pubblicati anche repertori di voci da proscrivere (da
evitare), che comprendevano moltissimi forestierismi.
Effetti linguistici dell’Unità politica:
5. Al momento dell’Unita d’Italia nel 1861 il numero di italofoni si aggirava tra il 2,5 e il 10%.
Con l’unità d’Italia l’istruzione elementare divenne gratuita e obbligatoria, anche se
l’evasione scolastica rimase alta. L’analfabetismo nel 1861 era al 75%, nel 1911 scese al
40%, dimostra come la scuola non fu molto al disotto del suo compito, nell’istruzione si
confrontavano posizioni puristiche, classicistiche e manzoniane.
Le cause che portarono all’unificazione linguistica italiana oltre alla scuola furono: 33
• Azione unificante della burocrazia e dell’esercito;
• Azione della stampa periodica;
• Effetti di fenomeni demografici quali l’emigrazione;
• Aggregazione intorno a poli urbani.
La posizione di Manzoni fu contestata da Ascoli (fondatore della linguistica e della
dialettologia italiana), che prendeva spunto dal titolo del “Novo vocabolario” o Giorgini-
Broglio, qui contestava agli autori di essere andati oltre. Secondo Ascoli l’unificazione
linguistica italiana non poteva essere imposta dall’alto, ma sarebbe dovuta maturare da
uno scambio culturale fra i dialetti. La teoria di Ascoli però richiedeva tempi troppo
lunghi.
Il linguaggio giornalistico:
6. Nel XIX sec. il giornalismo acquistò un’importanza superiore, proliferarono i periodici che
sperimentarono un linguaggio più semplice, sviluppando una tendenza al periodare breve, e
spesso alla frase nominale. La lingua dei giornali è molto esposta al nuovo, di conseguenza
all’infiltrarsi di neologismi e forestierismi presenti nella lingua viva.
La prosa letteraria:
7. In questo secolo si forma la letteratura moderna, legata a Manzoni e Verga che ebbero il
merito di rinnovare il linguaggio del romanzo e della saggistica.
Prima di loro si diffuse il modello classicistico ispirato agli scrittori del Rinascimento come
Annibal Caro. I maggiori esponenti furono: Leopardi e Monti.
Il modello della lingua di Manzoni può essere diviso in 4 punti:
• Sostituzione delle forme arcaizzanti con parole comuni ed usuali;
• Assunzione di forme tipiche fiorentine;
• Espulsione di forme regionali;
• Eliminazione dei doppioni di forme e voci.
La risciaquatura in Arno determinò uno stile più naturale e servì da modello per molti
scrittori successivi.
Altro modello che si diffonde è il “mistilinguismo” in cui l’autore attinge dal repertorio
dell’italiano letterario, contemporaneo e il proprio dialetto. I maggiori esponenti furono
Collodi e Fucino.
Ben altra importanza ebbe la svolta inaugurata da Verga, qui la sicilianità linguistica non
è mai eccessiva, il merito di Verga nei Malavoglia è quello di riuscire ad adattare la
lingua italiana a dei personaggi siciliani e popolari, inoltre molta importanza ha
l’introduzione del “discorso indiretto libero”, che avvicina la lingua parlata a quella
scritta.
La poesia:
8. 34
Il linguaggio poetico dell’Ottocento si caratterizza, almeno all’inizio, per una fedeltà alla
tradizione aulica ed illustre, con l’affermarsi del Neoclassicismo. Ad esempio Leopardi che
riprende al Tasso un linguaggio poetico “vago”. Lo stesso Manzoni mantiene un tono “alto”,
le parole di tutti i giorni faticano ad entrare in poesia. Con il romanticismo si ebbe un
eccezionale sviluppo qualitativo della poesia dialettale.
13) Il Novecento:
Il linguaggio letterario e scientifico nella prima metà del secolo:
1. Gli autori vissuti tra i due secoli, come D’Annunzio e Pascoli, testimoniano le
trasformazioni che erano in atto. La lingua italiana anche quella letteraria si presenta con il
Novecento con molte novità. L’ultimo scrittore che incarna il ruolo tradizionale del vate è
Carducci, in lui la nobilitazione resta molto forte. Anche D’Annunzio non rinuncia ad un
lessico selezionato, ricco di latinismi, ma entrano nelle sue liriche anche parole nuove che si
fondono con la tradizione classica. Le punte più innovative della poesia dannunziana si
possono ritracciare nel “notturno”, caratterizzato da un periodare breve e per la sintassi
nominale.
Una rottura con il linguaggio poetico tradizionale si ha con Pascoli e con le avanguardie.
Con Pasco