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Rousseau, tra i precursori dei virulenti nazionalismi del nostro secolo. Egli si chiede: com’è
possibile che il mondo del tempo, degli uomini, della storia, non abbia anch’esso una sua
propria razionalità? Egli non esclude completamente l’ipotesi che la storia possa rivelarsi
priva di senso. Egli trova la razionalità tramite l’Illuminismo. Condivideva cioè, degli
illuministi, l’assunto che la storia avesse una propria razionalità, ma non riteneva che il
senso della storia derivasse da un ordine politico imposto dall’altro. Con l’avanzare della
civiltà si perde pur sempre qualcosa, riguardo ai lumi, perché il trionfo della razionalità
coincide con un indebolimento delle passioni e degli istinti. Herder vuole piuttosto passare
contropelo il suo tempo, vederne i risvolti negativi per promuovere una nuova “umanità“
come valore. Egli non è contrario al cosmopolitismo, si schierò in favore del rispetto delle
differenze nazionali, ovvero: fiabe, usanze, miti. Il senso della storia è dato dalla polifonia,
dalla pluralità di significati che scaturisce dalla somma dei contributi anonimi che ogni
popolo è capace di portare alle vicende del mondo. Si passa così in Herder dalla storia
circolare alla storia a intreccio. L’educazione del genere umano, avviene, secondo Herder,
nella forma di un ringiovanimento. L’uomo è un essere in cammino, che si sta modificando.
La posizione di Herder È stata ripresa da teorici del liberalismo come Isaiah Berlin.
L’imprevedibilità della storia è il tema su cui Kant ed Hegel hanno ragionato molto. Si sono
focalizzati sull’idea della eterogenesi dei fini, ossia della involontaria metamorfosi.
Scaturiscono risultati inattesi e non voluti. Quel che per l’individuo è male, per la storia può
risultare come bene. Kant si inserisce nella tradizione moderna di pensiero per la quale i
vizi fungono da molle della civiltà. È quindi una caratteristica del modello kantiano la
volontà di recuperare a posteriori quel senso che gli uomini hanno erogato in precedenza
senza rendersene completamente conto. Tale senso complessivo Si cerca di comprenderlo
interrogando una logica anonima della storia, diventata autonoma e indipendente dalle
motivazioni individuali delle azioni. La storiografia diventa una grande opera di decifrazione
di noi stessi. Il problema che Kant, e poi Hegel, affrontano è quello di capire il senso di una
logica del preterintenzionale. Bisogna capire qual è il motore della storia. Per Kant si
chiama concordia discors: la storia procede in avanti. Egli dice, paragonando l’uomo una
pianta: se non avessimo intorno a noi e altri individui che concorrono per gli stessi beni,
saremo come un albero; la competizione fa si che l’albero del nostro essere cerchi spazio
verso l’altro. La civiltà è il risultato di questa svettare di uomini obbligati dalla discordia ad
essere concordi e dalla concordia ad essere discordi. Kant entra in contrasto con il suo
antico discepolo Herder. Sostiene che il metro con cui valutare la storia non può essere
offerto dalla felicità dell’uomo, bensì dalla dignità della sua esistenza. Tutto ciò che è
buono, dirà più tardi Nietzsche, una volta era cattivo: si manifesta così una “genealogia“
della storia in cui anche il male è giustificato in quanto fattore di progresso. Hegel sostiene
che la storia si spiega attraverso le passioni degli uomini. Egli non disprezza cinicamente i
vinti della storia, né esalta i grandi a favore dei piccoli: “La religiosità, la moralità di un
ristretto tipo di vita ha un valore infinito“. È questa la risposta hegeliana alla angosciata
domanda di Herder, se vi sia razionalità solo nello spazio della natura e non invece anche
nel tempo umano. Il presupposto della storia è, secondo Hegel, “che la ragione governa il
mondo, e che la storia universale debba essersi svolta razionalmente“. La filosofia
hegeliana mostra un lato tragico. La storia avanza secondo un “fine“, ma è del tutto
indeterminato. L’uomo si presenta come l’animale che non ha una natura determinata, ma
che si forma incessantemente. Le filosofie della storia non sono perciò in grado di offrire,
secondo Hegel, alcuna previsione del futuro, la storia del passato non è capace di
insegnare qualcosa di utile per il presente. Egli si distanzia dalla classica dottrina
dell’historia magistra vitae, e da quanti hanno proposto obiettivi concreti al corso storico,
come Marx o Spencer. La storia mostra una propria razionalità, ma non la tendenza verso
un telos, è perché Hegel ha modificato l’immagine tradizionale del rapporto tra mezzi e fini.
Ci riferiamo cioè a un “fine“ come il contadino si riferisce al raccolto. Hegel è del tutto
contrario a questo genere di finalismo. Egli propone quindi un’inversione dei valori
tradizionali della metafisica: il mezzo conta più del fine. Nella dissoluzione dell’idea di
finalismo Hegel è impegnato sino gli scritti giovanili. In uno di questi, il Diario di viaggio
nelle Alpi bernesi, del 1796, racconta una sua escursione nelle montagne svizzere. L’unica
cosa che lo incanta è l’acqua delle cascate. Viene colpito dai modi in cui gli uomini riescono
a vivere in quelle zone d’alta montagna. Queste riflessioni lo aiutano a risolvere il problema
kantiano di come conciliare il rapporto tra meccanicismo e finalismo della natura. L’idea-
cerniera che congiunge i due aspetti è il lavoro umano consiste nell’utilizzare forze
meccaniche naturali prive di ogni finalità nei confronti dell’uomo. L’uomo che prende tali
forze e le piega al suo scopo. La grande idea di Hegel è che il finalismo non esiste in
natura e, quando esiste nella storia, non è per virtù della provvidenza, perché inserito
dall’agire umano.
Crisi delle filosofia della storia
La crisi del telos è latente da molti anni. Per Droysen la storia è violenza di forze elementari, contro
cui occorre reagire, affinché la vita degli uomini non si disperda. Ma come impedirlo? Si può solo
cercare di comprendere. Ranke crea una negazione brusca dei presupposti “evoluzionistici” delle
filosofie della storia precedenti. Egli mette in questione sia l’idea di un unico fine perseguito
dall’intera umanità sia l’idea di un progresso per stadi delle civiltà e dei periodi storici.
Con Dilthey lo storicismo si sviluppa in Germania con l’intento di sostituire le filosofie della storia
con un adeguato senso storico. La riflessione sulla storia diventa, per Dilthey, l’abbandono di
schemi razionali prefabbricati e di intendere la vita nel suo carattere enigmatico.
vita -> non può essere portata dinanzi al tribunale della ragione, ma soltanto compresa
Il timore di Dilthey è che tanto la coscienza individuale, quanto lo spirito oggettivo si stiano
sclerotizzando, che si vada allentando a dismisura il nesso comunicativo tra la soggettività e il suo
habitat naturale, il mondo storico -> rischio: che la tradizione proceda verso l’impoverimento, che
l’io di conseguenza, si svuoti e che lo spirito oggettivo divenga incomprensibile ai soggetti. Dilthey
tenta di rivitalizzarli. Quando i legami tra i prodotti umani oggettivati e la coscienza individuale e
sociale si spezzano, allora la storia ha la funzione di riattivare la circolazione sanguigna di questo
mondo minacciato dalla paralisi e da mutismo. L’Erlebnis (=esperienza vissuta nel tempo) si
trasforma in una immediatezza da mediare e da strutturare. La storia ha un compito terapeutico ->
fornisce un antidoto per dare spessore all’esperienza individuale. Nell’incontro tra Erlebnis e storia
il vissuto si contestualizza e il contesto si individualizza. Ci si rende conto dell’apparenza a un
mondo comune, mediante queste operazioni ermeneutiche. La polemica contro le filosofie della
storia tradizionali diventa ancora più aspra e radicale con Nietzsche; già nella Seconda inattuale,
egli deplora la “malattia storica” diffusa nel suo tempo. Bisogna essere grati alla forza cicatrizzante
dell’oblio contro quanti si preoccupano della perdita dei ricordi. Nietzsche però non predica la
completa cancellazione della memoria storica, ma solo un buon uso dell’oblio. Tutto dipende dal
fatto che si sappia tanto bene dimenticare, quanto ricordare al momento giusto.
Nei frammenti postumi degli anni Ottanta, la storia europea apparirà sotto la décanence e del
nichilismo -> incapacità di giudicare gli eventi perché i vecchi valori si sono svalutati e quelli nuovi,
legati alla volontà di potenza, rischiano di naufragare a causa del prevalere dei mediocri.
Le tendenze attuali
Fallimento delle filosofie della storia, strategie:
scomposizione del testo storico -> l’impresa è iniziata da Hempel quando cerca riportare la
1. spiegazione degli eventi storici a leggi universali del tipo quelle della fisica. Questa teoria ha
aperto un lungo dibattito: per Dray non si possono creare leggi generali della storia, perché
sarebbero banali; per Danto bisogna porsi il problema dei criteri di selezione dell’evento e
cercare piuttosto la specificità nella natura delle due frasi narrative.
due strategie opposte e complementari: attraverso il ricorso a criteri neo-kantiani di razionalità
2. di tipo universalistico; oppure facendo appello al relativismo estremo di alcune concezioni
ermeneutiche, che difendono la tradizione e persino i pregiudizi che sono in essa.
mira a tradurre le filosofie della storia in tecniche e teorie narrative, avvicinando la storia a un
3. racconto vero. Ricollegandosi alla Politica di Aristotele, vari pensatori stabiliscono uno stretto
legamene tra storia e poesia, storia e arte e storia e racconto, così la storia perde il suo
carattere filosofico e assume natura letteraria.
Lyotard lancia una sfida -> sostiene che le filosofie della storia non sono solo racconti, ma méta-
récits (=schemi di organizzazione retorico-narrativi)-> racconti che rappresentano la favola per
adulti dell’emancipazione del soggetto umano in generale o la leggenda eroica di un popolo. Tali
narrazioni hanno una struttura, analoga a quella che è presente anche nella fiaba.
fiaba -> “c’era una volta”; protagonista obbligato a lasciare il punto della sua sicurezza; avventure
e combattimenti contro draghi e orchi; finale: mostosa dell’eroe = il suo ritorno a casa. E’ uno
schema triadico e si incontra in molte filosofie della storia moderne, sono una serie di lotte che si
concludono vittoriosamente, con un happy end.