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Spinoza si oppone alla visione hobbesiana di uno Stato basato sul controllo rigoroso di un sovrano assoluto. Mentre Hobbes guarda dall’alto,
enfatizzando la necessità di una sovranità centrale per garantire ordine e stabilità, Spinoza parte dal basso, ponendosi dal punto di vista dell’individuo.
Il suo obiettivo è ridurre la passività degli uomini, permettendo loro di crescere collettivamente in potenza per resistere alle oppressioni e garantire la
libertà. La libertà come processo collettivo:
3.
Per Spinoza, la libertà e la razionalità non dipendono solo dalla volontà degli uomini, ma anche dalle circostanze esterne. Eventi improvvisi, come
catastrofi naturali o sociali, possono far regredire individui e comunità, limitando il progresso verso una società più razionale e libera.
Il ruolo della moltitudine:
4.
Il potere della moltitudine, se ben organizzato e coerente, può persino sostenere una monarchia. Tuttavia, in tale sistema, il potere del monarca deve
derivare dalla moltitudine stessa e rimanere subordinato alla sua forza collettiva. Spinoza non ammette un potere monarchico assoluto che agisca
indipendentemente dalla volontà collettiva.
L’origine dell’obbedienza:
5.
Spinoza sottolinea che anche l’obbedienza apparentemente spontanea è sempre stata inizialmente imposta dall’esterno, persino nel caso della servitù
volontaria. Questo rafforza la sua critica a qualsiasi forma di potere che si basi sulla sottomissione passiva.
1. La lince e la seppia
In Spinoza viene meno la concezione tradizionale secondo cui la politica è un’arte riservata a pochi eletti, perché il popolo sarebbe irrazionale,
passionale e incapace di autogoverno. La politica non è pensata per essere nascosta o dissimulata alla moltitudine, ma aperta e condivisa. Tuttavia,
nella riflessione politica barocca emerge l’importanza della dissimulazione (nascondere ciò che si è) e della simulazione (mostrare ciò che non si è),
che inaspettatamente favoriscono un miglioramento delle capacità introspettive dell’individuo. Dissimulando, si impara a conoscere meglio se stessi e
le proprie motivazioni, anche se questo approccio non rispecchia il metodo socratico, né quello di Spinoza.
La dissimulazione, però, non è perfetta: le passioni tradiscono chi tenta di nascondersi, e solo in rari casi qualcuno riesce a dominarle completamente.
Qui entra in gioco il contrasto con gli stoici, che puntavano a eliminare le passioni per raggiungere l’impassibilità e trasformarsi in esseri superiori.
Diversamente, la cultura barocca cerca di disciplinare le passioni, portandole a un controllo esteriore che si manifesta nel comportamento e
nell’espressione corporea, soprattutto nel volto. Il viso diventa uno strumento di comunicazione, la “finestra” attraverso cui si possono inviare messaggi
codificati e controllati. Questo processo, che non si basa su un cambiamento interno profondo, rende l’individuo simile a un attore che recita davanti a
un pubblico, contenendo le proprie emozioni ma senza eliminarle.
La lince e la seppia: due simboli della conoscenza e della simulazione
Nella cultura barocca emergono due allegorie fondamentali:
La lince rappresenta la capacità di penetrare le apparenze e ridurre gli inganni delle passioni, simbolo di una conoscenza acuta e di un
1.
giudizio affinato.
La seppia, invece, è emblema dell’occultamento e della manipolazione: il suo camuffarsi richiama la confusione tra verità e menzogna.
2.
Quando nell’interazione umana mancano fiducia e regole condivise, la semplice ragione non basta. Si afferma allora una sorta di “divinazione profana”,
che sostituisce il ragionamento metodico con l’intuizione rapida e istintiva, una scommessa sul significato nascosto dei segni. Questa visione, che
risale all’universo barocco e in particolare a Gracián, riflette uno stato intermedio in cui la società non è ancora completamente civilizzata e gli uomini
vivono in una condizione di costante incertezza. In questo contesto, Gracián offre il suo Oracolo manuale, una guida pratica per navigare nella
complessità del mondo, suggerendo come muoversi tra inganni e apparenze.
Verità e artificio
Gracián propone una visione della verità come frutto di strategie cognitive e di un’arte del compromesso. La verità, pericolosa nella sua forma pura, va
mescolata con il falso per creare un simulacro convincente, un “artefatto del vero” che sia utile nel contesto sociale. Questa capacità di simulare e
dissimulare non si limita all’inganno, ma stimola un potenziale conoscitivo importante: insegnare a distinguere, separare e articolare differenze e
somiglianze, trasformando ogni segno in un’occasione di scoperta.
L’osservatore attento, secondo Gracián, deve collocare ogni fenomeno entro una rete di corrispondenze aperte e dinamiche. La verità, quindi, non è
un’idea statica, ma un prodotto dell’ingegno umano, in cui l’artificio arricchisce la natura attraverso innovazioni. Questa visione non rinuncia alla ricerca
della verità, ma la interpreta come un processo creativo che richiede intelligenza e flessibilità.
L’importanza della varietà e della complessità
Gracián celebra la varietà, non solo come antidoto alla monotonia, ma anche come espressione di ciò che è più perfetto. La cultura diventa così il
terreno su cui si muove il pensiero, affrontando la complessità, l’ambiguità e la mutevolezza del reale. Tuttavia, ogni individuo deve trovare la propria
strada, perché nessun consiglio può essere valido in tutte le situazioni. La conoscenza del mondo, ottenuta viaggiando e osservando la diversità dei
costumi, aiuta a distinguere le sfumature determinanti e a muoversi in contesti sempre diversi.
1. Superstizione
La superstizione, secondo Spinoza, sorge spontaneamente nell’animo umano come risposta all’incertezza e alla paura. Quando gli uomini si trovano in
situazioni difficili o imprevedibili, e non sanno come agire, si rifugiano nella superstizione, che è frutto dell’immaginazione. Essa permette loro di
attribuire significato all’ignoto e di cercare sicurezza in un ordine percepito come superiore, guidato dalla paura e dalla speranza. Tuttavia, per Spinoza,
questa sicurezza è illusoria e temporanea: le pratiche superstiziose offrono solo un sollievo momentaneo, seguito dal ritorno dell’angoscia.
La superstizione si oppone alla ragione, che non può affermarsi pienamente senza una condizione di sicurezza. Per Spinoza, la ragione non nasce
dalla paura, come sostiene Hobbes, ma dalla sicurezza: un contesto stabile permette all’uomo di sviluppare la capacità razionale. La ragione, una volta
consolidata, non si limita a contrastare le passioni ma le trasforma, guidandole verso un’esistenza più potente e libera. Spinoza critica la superstizione
perché non è oggettiva né universale, ma varia a seconda delle circostanze storiche e sociali. Essa si basa su una coerenza interna
dell’immaginazione umana, che può essere superata solo attraverso il progresso della ragione.
Spinoza non nega Dio, ma trasforma la paura del divino in amore. Il suo Dio è un oggetto di amore razionale, che eleva l’uomo e lo conduce verso la
libertà. La ragione, o meglio la scienza intuitiva, non è fredda e distaccata: è animata dagli affetti più potenti, in grado di ordinare e accrescere la
potenza di esistere, sia individualmente che collettivamente. La ragione, quindi, non disciplina le passioni per reprimerle, ma le rende parte di un
processo di sviluppo che conduce a un’esistenza più perfetta.
Politicamente, Spinoza riconosce che la superstizione è uno strumento efficace per controllare le moltitudini. Tuttavia, egli ritiene possibile superarla, a
patto che le condizioni di vita delle persone siano sufficientemente sicure. Solo una società stabile e razionale può ridurre il dominio delle passioni e
della paura, consentendo il progresso collettivo. La pace, in questo contesto, non è semplice assenza di conflitti, ma uno stato attivo e positivo, basato
su rapporti razionali tra gli individui e tra gli stati. In definitiva, per Spinoza, il miglioramento dell’esistenza umana passa dalla trasformazione
dell’immaginazione in ragione e dalla crescita della potenza di esistere.
Marx, simile a Spinoza, critica la religione e la superstizione come forme di alienazione che nascono da situazioni di bisogno e insicurezza. Gli uomini
non abbandoneranno mai spontaneamente le loro credenze religiose o superstiziose solo perché dimostrate illusorie: prima occorre migliorare le loro
condizioni materiali, eliminando quelle paure e incertezze che li spingono a cercare consolazione nell’immaginazione. Solo in un contesto di maggiore
sicurezza essi potranno affrontare con apertura mentale le critiche alla religione e accettare un’alternativa razionale.
Freud, Marx e Spinoza vanno oltre l’apparente libertà dell’uomo, individuando i condizionamenti sociali e psicologici che alimentano paura, speranza e
passività. Tuttavia, queste non scompariranno automaticamente: ciò sarà possibile solo laddove gli uomini avranno una reale alternativa alla paura e
alla speranza, cioè un’esistenza sicura e un incremento della propria potenza di agire.
La moltitudine, secondo Spinoza, è particolarmente vulnerabile alla superstizione a causa delle sue condizioni di insicurezza, più difficili rispetto a chi
vive protetto da beni materiali o potere. Questa insicurezza alimenta le passioni irrazionali e le credenze illusorie. Tuttavia, ridurre la paura permette di
sviluppare sicurezza, e da questa nasce la ragione, che può retroattivamente indebolire sia la paura sia la speranza.
Spinoza, a differenza di libertini come Naudé, non disprezza il “volgo” per le sue credenze o passioni. Egli ritiene che la superstizione e la religione non
derivino da un’irrazionalità intrinseca, ma dalla condizione di impotenza e insicurezza che spinge gli uomini a sottomettersi a figure di autorità, umane o
divine. Per Spinoza, la religione e la superstizione non sono fondamentalmente diverse: entrambe si basano sull’obbedienza, spesso alimentata dal
timore o dalla speranza.
L’alternativa spinoziana non consiste nell’eliminare la religione con la forza, ma nel rendere gli uomini più sicuri e razionali, aumentando la loro potenza
di esistere e la capacità di vivere guidati dalla ragione. In questo modo, possono liberarsi progressivamente dalle illusioni e dalle alienazioni,
superando il dominio della paura e dell’incertezza.
1 itinerari,deviazioni,bivi
Spinoza critica profondamente sia lo stoicismo sia il pensiero di Cartesio, accomunat