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ARGOMENTO
L’intero dialogo si può suddividere in due parti nettamente distinte tra loro:
Procede in un discorso diretto che coinvolge Parmenide, Socrate e Zenone in una serrata discussione
Monologo indiretto portato avanti dal solo Parmenide.
Il confronto prende spunto da un testo di Zenone concepito come una difesa nei confronti del suo maestro contro
i detrattori della sua teoria riguardo l’unicità dell’essere: chi nega l’unicità del tutto cade nella contraddizione
immediata in cui l’insieme plurale degli elementi esistenti risulta essere insieme uno (in sé stesso e nella sua
totalità) e molteplice (negli elementi che compongono la molteplicità), simile (a sé stesso) e dissimile (rispetto a
tutti gli altri).
Se quindi è impossibile dimostrare la correttezza di una Tesi, questa va scartata a prescindere.
A queste affermazioni, Socrate risponde riproponendo la teoria delle Idee, vista qui come entità in sé e per sé,
corrispondenti a tutte le caratteristiche e qualità delle cose, e quindi adatte a sostenere che qualunque cosa
empirica partecipi contemporaneamente all’idea di somiglianza e di dissomiglianza: tra le cose empiriche e le idee
si crea una partecipazione grazie alla quale le cose ereditano dalle idee caratteristiche e qualità, non è quindi
impossibile che due qualità opposte tra loro partecipino ad una cosa.
A questo punto interviene Parmenide che pone diversi quesiti in merito a questa dottrina: il primo, piuttosto
marginale, riguarda qualità e quantità delle idee; anche le cose indegne o trascurabili hanno una loro idea di
riferimento? Socrate esclude questa possibilità, ma la sua risposta è piuttosto vaga.
Dubbio certamente più importante riguarda la partecipazione delle idee alle cose empiriche, e Parmenide lo
affronta presentando diverse possibilità:
Le idee partecipate sono presenti nelle cose nella loro totalità o solo parzialmente.
Ogni idea è pensata come unità intellegibile collocata al di là della molteplicità sensibile.
Le idee sono semplici pensieri che nascono nell’intelletto umano quando percepisce il mondo empirico.
La partecipazione delle idee consiste in una semplice somiglianza, paragonabile a quella di una copia
imperfetta rispetto all’originale.
Ovviamente nessuna di queste ipotesi è soddisfacente e il discorso si fa ancora più complicato nel momento in cui
l’attenzione di Parmenide si sposta dalla modalità di partecipazione alla sua natura vera e propria: come si può
conciliare il senso della partecipazione (che consiste nel mettere in relazione idee e le cose) con la convinzione che
i due mondi siano nettamente separati?
Se è vero che i due mondi sono separati, inevitabilmente le idee potranno mettersi in relazione solo tra loro così
come, dall’altro punto di vista, le cose empiriche; questo paradosso porta a gravi conseguenze perché, dato questo
scenario, l’uomo non potrà mai accedere ad un livello di conoscenza superiore a quello materiale impost odal
mondo empirico. 2
Queste critiche diventano in realtà uno stimolo da parte dell’Eleate per cambiare l’approccio alla teoria delle idee,
partendo proprio dalla metodologia argomentativa di Zenone; l’ordine di analisi che Socrate dovrebbe seguire
quindi prevede:
Assumere un’ipotesi in un primo momento in senso affermativo, in seguito in senso negativo
Trarne le naturali conseguenze, rispetto a sé stessa e a tutte le cose cui fa riferimento
Tornare solo alla fine al problema iniziale della definizione della realtà in sé
Per spiegare meglio questo difficile esercizio, Parmenide si propone di darne un esempio pratico scegliendo il
giovane Aristotele come interlocutore in una discussione inerente l’unità del tutto: dall’ipotesi iniziale avremo
quindi una serie di 8 deduzioni, di cui 4 affermative e 4 negative. Le prime esamineranno cosa accade nel caso in
cui “L’Uno è”, le altre nel caso in cui “L’Uno non è”.
AFFERMATIVE
1. L’UNO È RISPETTO A SÉ STESSO
2. L’UNO È RISPETTO A MOLTI
3. L’UNO È AI MOLTI RISPETTO ALL’UNO
4. L’UNO È ALL’UNO RISPETTO AI MOLTI (sé stesso)
NEGATIVE
1. L’UNO NON È A SÉ STESSO RISPETTO AI MOLTI
2. L’UNO NON È A SÉ STESSO RISPETTO A SÉ
3. L’UNO NON È AI MOLTI RISPETTO AI MOLTI
4. L’UNO NON È AI MOLTI RISPETTO ALL’UNO 1
Questo procedimento porta inevitabilmente ad un’aporia irrisolvibile che dimostra l’estrema difficoltà della
seconda parte del dialogo.
PERSONAGGI
La struttura del dialogo divide i personaggi presenti in due gruppi distinti, quelli “attuali”, Cefalo ed i suoi
concittadini, e quelli “passati”, Parmenide, Socrate e Zenone, i protagonisti di quanto raccontato.
Fra i primi incontriamo Cefalo, il narratore della storia (da non confondere col padre di Lisia, presente nella
Repubblica), di cui non sappiamo granché, a cui si affiancano i fratelli di Platone, Adimanto e Glaucone, ed infine
Antifonte, fratellastro dei due e unico testimone oculare di quanto raccontato.
I personaggi del passato invece sono 7:
Socrate – Qui ancora un giovane brillante, molto irruento
Pitodoro – Padrone di casa, probabilmente discepolo di Zenone
Parmenide
Zenone
Aristotele – Non il filosofo, ma probabilmente uno dei trenta tiranni
Due personaggi che restano anonimi
I problemi di interpretazione più grossi sono dati da Parmenide e Zenone, soprattutto perché Platone non è uno
storico della filosofia, quindi le descrizioni che fornisce di altri filosofi sono sempre frutto di adattamenti e probabili
interpretazioni.
Seguendo il dialogo vediamo che Zenone compone la sua opera come una difesa nei confronti delle accuse rivolte
al suo maestro, in particolar modo contro la teoria parmenidea dell’unicità dell’essere; per confutare la teoria
della molteplicità il ragionamento di Zenone afferma che se così fosse gli enti che la rappresentano sarebbero
1 Impossibilità di dare una risposta precisa ad un problema poiché ci si trova di fronte a due soluzioni che per 3
quanto opposte sembravano entrambe valide
caratterizzati da attributi opposti, rivelandosi così sia Uno che Molti, sia Simili che Dissimili: Questa
contraddizione conferma la teoria dell’unità.
L’unica tesi presente nel trattato dell’Eleate, quindi, sembra essere una semplice “Reductio ad absurdum” delle
teorie avversate: muovendo da un’ipotesi iniziale, Zenone esamina dialetticamente tutte le conseguenze possibili
in modo da ottenere una valutazione oggettiva: se una delle conseguenze appare paradossale, allora l’ipotesi va
scartata.
Secondo Platone questo metodo ha un indubbio valore filosofico, ma presenta un forte limite in merito al suo
campo di applicazione: Zenone si è limitato ad analizzare gli oggetti empirici ed il mondo sensibile. Unico modo
per superarlo, quindi, è estendere la ricerca anche alla dimensione della realtà attingibile col ragionamento.
Nel dialogo la figura di Parmenide è pesantemente ridotta alla singola teoria dell’unità del tutto, tanto che la
tematica introdotta più evidente è il capire su quali basi storiche sia basata la sua figura. A tal proposito una teoria
abbastanza solida tende a ridurre il personaggio Eleate in una semplice maschera, dal profilo però tanto
importante e profondo da rendersi autorevole nel momento in cui va a screditare un pilastro del pensiero
platonico.
STRUTTURA
La narrazione del dialogo, decisamente inusuale, si articola su 4 livelli:
1. Il pubblico ascolta una storia
2. Raccontata da Cefalo
3. Che parla di un resoconto ascoltato da Antifonte
4. Che ha appreso la storia da Polidoro che vi aveva assistito
Per portare avanti questa complessità è evidentemente necessaria una differenza stilistica tra le due parti che
compongono il dialogo: la prima ha un andamento circolare, caratterizzato da un continuo “botta e risposta” fra
tesi ed antitesi; la seconda invece rispetta un’analisi più analitica con un’attenta riflessione sulla teoria dell’unità,
considerata di per sé rispetto a tutte le molteplici conseguenze.
La struttura del Parmenide può quindi schematizzarsi in questo modo:
PRIMA PARTE
Formulazione delle tesi degli oppositori di Parmenide → “La molteplicità esiste”
Obiezione di Zenone → “Se gli enti sono tanti si creeranno molte contraddizioni: sarebbero
contemporaneamente uni e molti, simili e dissimili. La molteplicità quindi non può esistere”
Obiezione di Socrate → “Accettare il molteplice non è assurdo se si considerano vere alcune realtà in sé
e per sé, separate dal mondo empirico. Le cose del mondo sensibile partecipano loro acquisendone le
caratteristiche. Accettando la teoria delle idee è possibile sostenere che un ente sia uno e molteplice”
Obiezione di Parmenide → “la partecipazione compromette l’unità e l’identità delle idee con la
conseguenza che non potranno più essere uniche ma diverrebbero molteplici. Inoltre il concetto stesso di
Partecipazione è in contraddizione con la separazione delle idee dato che, se non possono essere in sé e
per sé, tantomeno non potranno essere in noi”
SECONDA PARTE
1. Parmenide illustra a Socrate l’esercizio dialettico che potrà aiutarlo a difendere la sua teoria: trarre 8 serie
di deduzioni muovendo dall’uno in sé è e dall’uno in sé non è in rigorosa sequenza analitica:
Ipotesi → “se l’uno è”:
1. Se l’uno è uno e non ammette pluralità, non potrà essere nulle oltre che l’uno, neppure
l’essere. Se privo dell’essere, quindi, l’uno non sarà.
2. Se l’uno è, bisogna necessariamente ammettere l’esistenza dell’essere. “uno” ed “essere”,
quindi, costituiscono due distinte parti del tutto. L’uno non è quindi uno, ma un tutto diviso
in più parti: il molteplice. 4
3. Se l’uno è, gli altri considerati partecipi ne condivideranno le stesse caratteristiche ed
andranno considerati un insieme molteplice composto da singole unità
4. Se l’uno è, gli altri considerati separati da esso non ne condivideranno nessuna caratteristica,
non potranno quindi essere considerati unità e non potranno quindi essere considerati
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