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FISICA:

Tale epistemologia si comprende meglio riconducendola alle nozioni elementari

di fisica, che si inserisce nel solco di una tradizione atomistica, legata ai nomi

di Leucippo e ancora Democrito. Nucleo fondamentale si comprende nella

Epistola a Erodoto, dove vengono presentati e discussi gli elementi

assolutamente ultimi e immutabili della realtà, gli atomi irriducibili, senza

trascurare l’altro vero principio epicureo, il vuoto.

Vuoto da intendersi come concetto generico, ‘natura intangibile’, una sorta di

spazio geometrico o estensione tridimensionale che sussiste in tre modi: a)

occupato da un corpo, b) non occupato, c) percorso dai corpi.

Inoltre, attenta determinazione della struttura degli atomi e delle loro proprietà

o qualità primarie: forma, peso e grandezza. In questo ambito, differenze con

Democrito: 1. indica come finito il numero dei tipi di atomi (per evitare di dover

ammettere l’esistenza di atomi che superino la soglia della visibilità) pur

riconoscendo che di ogni tipo vi sono esemplari infiniti; 2. ammette, accanto ad

una indivisibilità fisica, una divisibilità teorica degli atomi, che tuttavia

troverebbe fine nella postulazione (antizenoniana) dei minima, i minimi non più

divisibili neppure dal pensiero (per Democrito gli atomi sono elementi primi

irriducibili).

Trattazione relativa al moto atomico: dato che tanto il vuoto quanto gli atomi

sono da sempre e per sempre, sarebbe del tutto inutile porsi la questione del

principio del movimento. In questa eternità neppure avrebbe senso cercare una

giustificazione del perché del moto, caratteristica intrinseca e innegabile delle

particelle atomiche se pensate nel vuoto. (E. portato a spiegare per motivi di

chiarezza) Nell’Epistola ad Erodoto vengono indicati due tipi di movimento

(caduta verso il basso e rimbalzo), ma grazie al De rerum natura di Lucrezio,

oltre al moto rettilineo nella verticale per caduta dovuta al peso che

rischierebbe di impedire qualsiasi contatto tra atomi e quello del rimbalzo,

garanzia del reciproco agganciarsi degli atomi per produrre aggregati, vi è la

‘declinazione’ (clinamen), un minimo, spontaneo, casuale movimento

dell’atomo in caduta. Quest’ultimo movimento serve a combattere in modo

radicale ogni forma di determinismo fisico (ma questo argomento a favore del

clinamen viene addotto da Lucrezio), a vantaggio di una visione

indeterministica e a garanzia del libero arbitrio umano, secondo una teoria

fisica ed etica (cfr.). La dottrina del clinamen aggiunge un elemento di

irrazionalità in una fisica molto meccanica e per questo spesso criticata:

sembra un’ipotesi ad hoc senza altro scopo che quello di giustificare un

problema altrimenti insolubile. Per alcuni tale dottrina sarebbe invece un

remoto predecessore del principio di indeterminazione di Heisenberg.

Sulla base di questi principi Epicuro procede all’esame dettagliato dei singoli

fenomeni, primi fra tutti i fenomeni celesti, secondo un procedimento fisico-

meccanico (oggetto dell’Epistola a Pitocle).

Epicuro ritiene produttivo il criterio delle ‘spiegazioni multiple’, tutte

egualmente degne di essere ascoltate, a patto che si muovano in accordo con i

fenomeni, nel senso di essere attestate dalle sensazioni o almeno non smentite

da queste.

La teoria fisica epicurea appare giustificabile solo funzionalmente rispetto

all’etica, in direzione e in dipendenza del vero obiettivo cui mirare: il

raggiungimento di una felicità intesa come piacere puro, assicurato dalla

contemporanea assenza di turbamento nell’anima e di dolore nel corpo.

Studiare la ‘natura del tutto’ ha senso se aiuta l’uomo a liberarsi da alcuni

timori: quello relativo agli dei e alla morte. Allo stesso tempo una fisica genuina

e utile riesce a persuaderci della conquistabilità del piacere e della tranquilla

sopportabilità del dolore.

ANIMA E DEI:

Come approccia Epicuro ad alcuni argomenti in cui sembrano appropriate

spiegazioni non materialistiche come l’anima e gli dei?

Epicuro non nega la loro esistenza, l’anima infatti non può non esistere, perché

si tratta del principio responsabile delle funzioni vitali.

L’esistenza degli dei è invece garantita dal fatto che vi è un comune consenso

a riguardo e dalle apparizioni.

Ma come spiegare la natura di anima e dei senza venire meno al suo

materialismo?

La materialità dell’anima è resa necessaria dal fatto che non potrebbe subire

né patire alcunché. E’ un composto di atomi e dunque è mortale in quanto

soggetta a disgregazione.

Ma come può un’anima così fatta ad essere presente in ogni parte del nostro

corpo? Epicuro spiega che è composta da atomi particolarmente leggeri e sottili

come il fuoco, il vento e l’aria (Lettera a Erodoto).

Per quanto riguarda gli dei, secondo le rappresentazioni tradizionali essi sono

beati ed immortali, ma se anche essi sono materiali e composti da atomi,

perché non patiscono la disgregazione e la morte? La risposta a questa

domanda dipende da un passo di Cicerone tratto dal De natura deorum di

difficile interpretazione: per Epicuro gli dei sarebbero una sorta di immagine,

pellicole atomiche simili a quelle che si staccano dai corpi (cfr.), senza però che

vi sia un corpo corrispondente. Gli dei non devono la loro esistenza al copro,

altrimenti sarebbero corruttibili come tutti gli altri enti, ma al persistere della

forma. La loro immortalità è data dal fatto che essi mantengono sempre la

stessa forma mediante un continuo ricambio di immagini. La teoria del

continuo ricambio di atomi è resa necessaria dal fatto che Epicuro,

diversamente da Platone e Aristotele, non ha alcun mezzo non materialistico

per spiegare l’immutabilità e l’eternità di qualcosa come la forma.

La cosa che ad Epicuro interessa di più della teologia è il movente etico: gli dei

non si occupano delle vicende umane. Polemizza qui con la tradizione greca,

specialmente con il concetto di provvidenza enunciato nel Timeo e portato alle

sue estreme conseguenze dagli stoici. Il loro interesse agli uomini

comprometterebbe la loro perfetta beatitudine (modello di felicità per gli

uomini).

Lucrezio aggiunge due argomenti. Uno introduce il problema della teodicea

(l’operato di Dio). Le calamità accadono specialmente agli innocenti, se gli dei

beati si occupassero degli uomini questo non dovrebbe accadere. Inoltre gli dei

vivono negli intermundia (spazi esistenti tra un mondo e l’altro). Per Epicuro

infatti così come gli atomi e il vuoto, anche i mondi sono infiniti.

ETICA:

Filosofia= ricerca della felicità: somiglianza con la prospettiva socratico-

platonica. Due differenze:

1.etica del tutto indipendente dalla politica;

2.il modello di felicità proposto non ha bisogno di fondazioni metafisiche.

La felicità infatti coincide con il piacere: Epicuro si schiera a favore

dell’edonismo nel dibattito tra le ultime opere platoniche e gli accademici.

Il piacere è strettamente legato con l’atarassia, l’assenza di turbamento, che si

ottiene tramite una vita altamente morigerata.

In che modo Epicuro intende il piacere? Distinzione: piaceri in movimento

(cinetici), soddisfazione attiva di un bisogno, e piaceri in quiete (catastematici),

stato di quiete dopo la soddisfazione di un bisogno.

Ipotesi più probabile: quando Epicuro indicava il piacere come massimo bene

doveva controbattere alcune obiezioni, come l’idea che il piacere comporti in

ogni caso forti turbamenti. Epicuro però si impegna a definire il piacere come

assenza di dolore e questo piacere lieve è rappresentato nel modo migliore da

uno stato di quiete dopo la soddisfazione di un bisogno. Per provare piacere

dunque una certa attività è indispensabile.

Il piacere è un bene, ma non ogni piacere merita di essere scelto. Divisione dei

piaceri:

- naturali e necessari: sufficienti a produrre la felicità e a disposizione di tutti;

- naturali e non necessari: non utili ad aumentare la felicità (amore come

sentimento)

- non naturali e non necessari: desideri che devono essere rifiutati.

Il saggio epicureo è colui che sceglie in modo corretto quali piaceri può

procurarsi. Vi è dunque una nuova figura del sophos: non più irraggiungibile

come il mitico saggio stoico.

Importante non è l’eu zen (vivere bene), ma il facilmente raggiungibile zen

(vivere).

Recupero della dimensione temporale del presente, con ridimensionamento del

peso angosciante del futuro.

Se la felicità è assenza di turbamento, non ci si può solo limitare a selezionare

piaceri utili, ma bisogna anche tenere lontane dall’animo le preoccupazioni

come la paura della morte e degli dei.

Morte: non è nulla per noi, perché quando c’è la morte non ci siamo noi e

viceversa.

Dolore fisico o morale gratuito: se è lieve è sopportabile, se è grave porterà alla

morte.

Dei: tutti gli eventi si possono spiegare in base a cause naturali, il retto

ragionamento porta a concludere che gli dei non si occupano di noi.

Principi filosofici e regole pratiche riassunte nel celebre tetrapharmakos, un

quadruplice rimedio su cui spesso torna Epicuro, illustrato nell’Epistola a

Meneceo, i cui precetti sono: gli dei non fanno paura, la morte non dà

preoccupazione, è facile procurarsi il bene, è facile evitare il male.

Tutto ciò si basa sul presupposto che l’uomo sia libero di impostare come

desidera le sue scelte e la sua vita. Critica infatti il determinismo dei filosofi

naturalisti, ma la sua stessa filosofia è a rischio essendo così vicina al

determinismo dell’atomismo democriteo.

Epicuro deve quindi rompere il nesso tra determinismo ed atomismo.

La deviazione degli atomi produrrebbe una sorta di indeterminismo in cui si

inscriverebbe la libertà umana, ma in realtà il clinamen potrebbe sostituire la

necessità con il caso non con la libertà, o non con il nostro ambizioso concetto

di libertà.

POLITICA:

Diversamente da Platone ed Aristotele, per Epicuro l’uomo non trova la sua

felicità solo all’interno della comunità civile.

Ma se il filosofo vive in uno Stato in cui le norme vigenti non gli consentono di

ricercare l’atarassia, collaborerà per migliorarne la costituzione.

Concezione pragmatica anche della giustizia: le comunità si fondando

principalmente sull’utile degli individui. La giustizia è la virtù che deve porre un

rimedio a tutto ciò. Per Epicuro l’ingiustizia non è un male di per sé, ma p

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
49 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ele.pi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia antica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Bonazzi Mauro.