vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Fu canonizzato nel 1173.
3) La potenza sacerdotale e i suoi limiti
3.1 – Le ambiguità della ierocrazia
Il cristianesimo latino del pieno e tardo Medioevo è un cristianesimo politico frutto della svolta
avvenuta sotto Gregorio VII. Due sono le spinte di fondo: il processo di sacralizzazione della realtà
in quanto condizione della libertas ecclesiae e l’esaltazione della potenza sacerdotale.
Secondo il Decreto di Graziano due sono le autorità dalle quali il mondo viene retto: quella regale e
quella sacerdotale. Tale definizione sanciva una netta separazione tra le due sfere di potere e tra
questi due mondi, separazione che qualche decennio più tardi venne a incrinarsi nel momento in
cui il papa si proclamava vero imperatore e nel momento in cui trapelava con sempre più forza una
condizione di sottomissione dei poteri temporali nei confronti di quelli spirituali.
Queste pretese si scontravano con la realtà delle cose che vedeva i due poteri sorreggersi
reciprocamente. La potenza sacrale del sacerdotium voleva estendersi alla cristianità tutta, tuttavia
necessitava del supporto di chi possedeva la forza armata per garantire il rispetto formale delle
norme religiose.
La ierocrazia di conseguenza si nutriva del confronto/scontro con impero e regni, necessitava di
essi e dei loro ordinamenti stabili, consolidati e soprattutto pacifici.
Nel XIII secolo lo scontro papato e impero si combatte in modo molto aspro, soprattutto a partire
dal 1221 quando Federico II fece della Sicilia il centro forte ed evidente della presenza imperiale
nella penisola italiana. La Chiesa di Roma che aveva sostenuto lo Svevo nella lotta per la corona
temeva ora di essere accerchiata. Il culmine di questa lotta fu nel 1245 quando Innocenzo IV riuscì
a convocare un concilio ecumenico nella città di Lione dove vennero elencate le principali offese
subite dagli uomini di chiesa e venne conseguentemente dichiarato deposto Federico II.
In questo conflitto la Chiesa aveva abbondantemente superato i suoi limiti. A partire dal Duecento,
sotto Innocenzo III, la ierocrazia si era sempre più venuta a configurare come dominio politico e
temporale, dunque carnale, il cui fine ultimo era la sottomissione del mondo. Proprio in questo
consisteva il più grande limite di questa dottrina, non erano pochi infatti coloro che vedevano nel
papa il successore di Costantino più che quello di San Pietro. La ierocrazia dava pure accesso in
modo illimitato a tutta una serie di armi spirituali di cui i papi se ne servirono in modo spregiudicato.
La stessa accusa di eresia subì nel tempo un estensione del termine vero e proprio, essa diveniva
disobbedienza a qualsiasi livello nei confronti del papa. Proprio nel momento in cui la ierocrazia
sembrava giungere al suo apice iniziavano anche a venire alla luce le prime crepe del suo sistema.
Alla fine del secolo, con l’elezione di Bonifacio VIII, che seguí quella di Celestino V, si riacutizzò la
crisi in particolare con il regno di Francia e con Filippo il Bello e agli inizi del secolo successivo
chiare erano le intenzioni della Chiesa di Francia di liberarsi del pontefice e della sua egemonia.
Il Trecento segna anche l’inizio della cattività avignonese, ed é proprio nei primi decenni di questo
periodo che si registra il tentativo da parte di Ludovico il Bavaro di affrancarsi in modo decido dal
papato e dalla Chiesa di Roma.
Il XIV secolo più in generale segna la fine definitiva di quel sogno che prevedeva la formazione di
una società cristiana a guida sacerdotale.
3.2 – La sconfitta degli eretici e i nuovi ordini religiosi
1208, Innocenzo III bandisce la crociata contro gli albigesi. Perché? Quali sono i motivi?
Verso la fine del XII secolo gli eretici venivano equiparati agli infedeli di Terrasanta, combatterli
dunque avrebbe procurato gli stessi privilegi di coloro che andavano a liberare Gerusalemme.
Questa equiparazione, stabilita inizialmente nel terzo concilio lateranense del 1179, venne
definitivamente ribadita e approvata dal quarto concilio lateranense del 1215 con il canone
Excommunicamus.
Innocenzo III nel suo pontificato bandì numerose crociate contro gli eretici: alcune andate a buon
fine altre invece restarono solo progetti su carta.
La crociata contro gli eretici all’interno della cristianitá stessa rappresentava una novitá e diventava
uno strumento della ierocrazia. Con il canone del 1199 ( vergentis in senium ) l’eresia veniva
definita come crimine di lesa maestà diventando cosi una violazione di natura pubblica. Ai
crocesegnati che partecipavano a queste imprese e trovavano la morte veniva garantita la
salvezza ultraterrena, agli eretici la dannazione eterna. Per gli eretici non vi era nessuna pietà:
donne, vecchi e bambini dovevano trovare tutti la morte se dichiarati eretici da pontefice. Non vi
era dunque piú spazio alcuno per forme repressive che risparmiavano la vita agli eretici.
Nei primi decenni del XIII secolo, in particolar modo dal 1227 sotto Gregorio IX, affianco alla milizia
crocesegnata si affiancavano i primi inquisitori papali, in genere frati Predicatori, con compiti
specifici di ricerca ed individuazione di forme di dissenso religioso. L’Inquisizione, intesa come
tribunale della fede, entra in funzione quando ormai il destino degli eretici è già segnato. Essa non
rappresenta l’inizio della repressione ma bensì la sua regolarizzazione e il suo disciplinamento
attraverso una normativa via via sempre più articolata.
Il papato di Innocenzo III inizia nel 1198 e segna anche una svolta netta nella lotta agli eretici. Egli
opera in due direzioni: assimilazione verso chi si pente dei propri peccati e repressione cruenta nei
confronti di chi rifiuta la prima opzione.
La sua principale azione fu rivolta verso il mezzogiorno di Francia; i suoi succesori ( Onorio III e
Gregorio IX ) portarono a termine le sue iniziative.
La repressione violenta non era ovviamente l’unica strada adottata e nemmeno quella preferita;
soprattutto inizialmente Innocenzo III cercò sempre di inquadrare il dissenso religioso e portarlo
dalla propria parte tramite fondazioni di ordini religiosi che a lui rispondevano.
È il caso del movimento valdese, oppure di quello degli umiliati che subisce una tripartizione, o
ancora quello dei frati Predicatori raccoltisi intorno a Domenico da Caleruega, canonico spagnolo
in cerca di una via di santificazione della vita del fedele. Caso a parte, ma pur sempre inscrivibile
nella vicenda religiosa di questi anni, è quello di Francesco d’Assisi e della comunità che si
raccoglie attorno a lui. Costui, dopo avere richiesto ed ottenuto il riconoscimento pontificio nel
1209, si pone a capo di una comunità riconosciuta dal pontefice che si estranea dal mondo pur
rimanendo sempre entro i limiti della società cristiana.
L’affermazione dell’ordine dei frati Predicatori e in particolar modo la parabola di Francesco
d’Assisi mettono in crisi definitiva il vecchio monachesimo ancora all’idea dell’isolamento e del far
divenire il mondo un chiostro, l’idea di Francesco era diametralmente opposta. Inoltre questi nuovi
ordini religiosi non puntano più sui proventi dei diritti signorili per sopravvivere ma bensì vivono di
offerte in denaro e principalmente essi trovano sede nelle grandi città.
Il papato romano riesce senza colpo ferire ad integrare e piegare questi ordini alle sue esigenze.
Essi si strutturano infatti in modo centralizzato cosa che li rende più gestibili e meno imprevedibili.
Gli stessi frates sono membri di un ordine ben preciso e non di un luogo conventuale, cosi da non
essere troppo condizionati dalle varie realtá locali.
L’esistenza dei frati Minori risultò nel tempo più travagliata perche attraversata da due correnti
diverse di pensiero: la prima sostenuta da Francesco era riluttante all’idea che i frati si integrassero
nel corpo ecclesiastico, la secondo invece, sostenuta dal papato, aveva una visione opposta.
Ovviamente l’ordine dei frati Minori non si strutturò unicamente attorno alla figura di San
Francesco, esso ebbe molteplici rami e varianti. Basti pensare al gran numero di frati coinvolti nel
moto dell’Alleluia che investi l’Italia centro – settentrionale nel 1233, scopo ultimo di questa azione
era la pacificazione di città e regni nel ambito dell’ortodossia cattolica. Il moto dell’Alleluia unito alla
campagna militare nel sud della Francia spezzarono definitivamente l’eresia in queste terre
aprendo la strada alla presenza di questi frati quali nuovi rappresentanti del potere papale romano.
Predicatori e Minori si configuravano infatti come nuovi rappresentanti della potenza papale; frati
questi di azione e soprattutto di parola, erano loro la nuova militia Christi che si stava sempre piú
affermando in queste terre per sostenere l’azione politica e religiosa del papato.
3.3 – Cultura elitaria, studi superiori e nuova pastorale
Al volgere dal XII al XIII secolo il papato stesso comprende l’importanza dei centri di studi superiori
nel quadro di una rinnovata istruzione culturale dei chierici. Gli stessi ordini dei frati Minori e
Predicatori subiscono un evoluzione in tal senso passando da gente illetterata e ignorante a
monaci illustri e culturalmente preparati come è possibile leggere in alcune deliberazioni del
capitolo generale dei Minori nel 1239.
Gli stessi papi, capendo l’importanza dei centri di studi superiori, si preoccupano di dare vita a
varie università in cui andare a formare i futuri vescovi e chierici e a partire dai primi decenni del
XIII secolo si può parlare di una vera e propria politica universitaria del papato. Questo rinnovato
interesse verso gli studi aveva il compito di rinvigorire la pastorale cattolica persino in quei luoghi in
cui forte era l’influsso eretico. Alle Universitá veniva garantita piena autonomia di giurisdizione dal
pontefice in persona.
È proprio da queste università che provengono le migliori intelligenze che vanno poi a formare i
quadri dirigenti dei nuovi ordini religiosi. I frati Predicatori appartengono al corpo della Chiesa e di
conseguenza devono presentare una cultura scolastica intensa ed elevata. Lo stesso Domenico
da Caleruega indirizza i suoi confratelli verso le varie università.
Più problematico era il discorso relativo ai frati Minori per i quali Francesco d’Assisi non prevedeva
una particolare istruzione.
Tuttavia frati dotati di una cultura superiore contribuirono non poco alla modificazione genetica
dell’ordine. Un esempio è possibile vederlo riguardo al significato della povertà intorno al quale si
giocano decisive interpretazioni del messaggio cristiano. La questione era al centro di aspri dibattiti
non solo all’interno dello stesso ordine dei Minori ma anche all’interno dell&rsqu