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La Frale usa tre prove a sostegno della sua tesi. Una traduzione francese di Dedrémery
circa un testo dello storico egiziano Al – Nuwayri riguardo l’accaduto della presa della
fortezza, un pubblicazione attribuita a Pul Riant conentuta nel numero 14 degli Archives de
l’Orient latin e infine un articolo di Malcolm Barber.
La prima fonte é troppo imprecisa poiché il traduttore non era riuscito a tradurre il nome
dell’idolo dei francesi che venne distrutto dal sultano. La seconda fonte non esiste proprio,
quella rivista non era mai arrivata alla sua quattordicesima pubblicazione in quell’anno, ci
arrivó anni dopo ma il nome dell’autore era Reinhold Rohricht; sembra quindi che la Frale si
sia limitata solo a copiare quello che aveva scritto Wilson su questo argomento ( Wilson
peró lo fece in un discorso diverso riferendosi al curatore collettivo del volume e non a quello
dell’autore dell’articolo ) infine la terza fonte risulta vera ma viene usata in modo improprio; il
testo di Barber é polemico nei confronti della teoria di Wilson riguardo a questo bassorilievo
poi citato anche dalla Frale. Barber afferma che per gli islamici ogni scultura cristiana era
intesa come idolatrica e che quindi il bassorilievo in questione poteva raffigurare ogni cosa.
Infine, riguardo alla parola non tradotta dal traduttore francese, si sarebbe potuto fare molto
di piú. Un edizione moderna dell’opera dello storico egiziano é stata stampata anni prima del
lavoro della Frale; qui la parola misteriosa é perfettamente leggibile e significa San Giorgio.
Il bassorilievo di Sephed era di San Giorgio dunque, il santo cavaliere a cui i Templari
riservarono sempre grandi onori.
3.2 – Sindone e sigilli templari
Per autenticare documenti e missive i dignitari dell’Ordine disponevano di sigilli recanti
scritte o immagini. Queste potevano essere molto varie e ce n’erano di diversi tipi; tuttavia
alcuni sigilli appartenuti a Maestri del Tempio tedeschi recano impresso sulla cera il viso di
un uomo con barba.
Su questi sigilli molti sindologi si sono particolarmente soffermati facendoli subito diventare
una copia del volto della Sindone. La Frale ha poi calcato la mano asserendo come questa
immagine fosse la stessa del bassorilievo di Sephed.
La dichiarata somiglianza tra le due immagini é assente anche ad uno sguardo superficiale:
nel sigillo il Cristo ha la corona di spine, gli occhi aperti e mostra bene il collo e parte delle
spalle ( la Frale asseriva che non vi fosse il collo ), tutte cose diverse e non presenti rispetto
al Cristo della Sindone.
Il particolare sigillo inoltre sembra riprendere le fattezze dal sigillo adoperato dall’ordine degli
Ospitalieri; quindi all’epoca dei Templari il modello di sigillo rotondo con al centro una testa
barbata era giá stato usato da altri e giá noto da oltre un secolo.
3.3 – Il pannello di Templecombe
In una legnaia del villaggio inglese di Templecombe, un giorno qualsiasi verso la fine della
seconda guerra mondiale, una signora, recandosi nella sua dépendancee, trovó per caso
quello che oggi viene chiamato il pannello di Templecombe. Un pannello di legno delle
misure di 144 x 83 cm e spesso 5 cm che raffigura quello che i sindonologisti affermano
essere un ritratto del Cristo che si rifá senza dubbio alla sacra Sindone di Torino.
Tra gli anni settanta e ottanta del Novecento migliaia di persone si sono interessate a questo
oggetto. Tra queste anche il sindonologo australiano Rex Morgan che nel 1987 arrivó ad
affermare come questo pannello fosse il coperchio della scatola che conteneva la Sindone
quando questa venne spostata in Inghilterra per salvarla da Filippo il Bello e dalle
persecuzioni. Geoffroy de Charny si sarebbe poi preoccupato di farla tornare in patria tra
1355 e il 1357 dopo essere venuto a conoscenza della sua ubicazione durante la sua
prigiona inglese. La storia é chiaramente soggetta a molte obiezioni, a partire dal fatto che
Geoffroy nei sui “soggiorni” si trovava sempre a non meno di 150 km dal pannello. Ma la
vera domanda é come fanno i sindonologi come Morgan e Wilson ad affermare con
sicurezza che questa é una copia del volto della Sindone?
É vero che questo villaggio fu fino al 1308 una precettoria templare e successivamente
passó sotto gli Ospitalieri fino al 1540 La casa del ritrovamento peró, a seguito di alcuni
scavi archeologi, risulta essere distante centinaia di metri dalle mura di quella che era la
precettoria dell’Ordine. É inoltre altamente improbabile che i Templari abbiano fissato al
soffitto con del filo di ferro il pannello e nessuno per seicento anni vi abbia mai messo le
mani sopra.
Anche la datazione del pannello porta ulteriori dubbi. La Frale assicura che sia datato tra il
1275 e il 1300; tuttavia la datazione fatta in laboratorio assicura che il legno era di un
periodo compreso tra il 1280 e il 1440, inoltre la datazione con il carbone 14 da informazioni
solo sul legno e non sul dipinto, che potrebbe essere stato fatto anche decenni piú tardi.
Infine i sindologi affermano senza esitazione che l’immagine raffiguri il volto di Cristo in una
forma pressoché identica a quella della Sindone. Alan Whanger ha addirittura trovato ben
125 punti di congruenza tra le due immagini se sovrapposte. Scoprendo che Whanger é un
noto sindologo questa sua affermazione perde non poco peso anche perché con un
semplice confronto tra le due immagini si notano evidenti differenze.
Barbara Frale, a proposito del pannello, afferma con sicurezza che la sua immagine si
rifaccia senza dubbio al Cristo dei sigilli del Maestri templari tedeschi. Anche in questo caso
le incogruenze tra le due immagini sono molteplici.
Un restauro abbastanza recente ha evidenziato come lo sfondo di questo pannello, in
origine, fosse uno sfondo blu stellato. Da questo, ma anche per altri motivi, non pochi sono
arrivati ad affermare che molto probabilmente il volto in questione sia quello di Giovanni
Battista. Questa spiegazione sembrerebbe avere una logica decisamente maggiore; spiega
la mancanza di segni identificativi del Cristo ( come l’aureola ) e combacia piú
verosimilmente con il periodo di tempo stabilito dalla radiodatazione.
3.4 – Il codice Pray
Codice Pray: manoscritto liturgico conservato nella Biblioteca Nazionale di Budapest.
Questo codice é l’insieme di due manoscritti dove successivamente furono inseriti quattro
disegni a penna, i sindologi mostrarono particolare interesse per il secondo, dove é presente
una miniatura divisa in due scene. Questa miniatura, disegnata nel 1210, secondo loro
poteva essere stata fatta solo da chi avesse visto la Sindone. Questo prova dunque la sua
esistenza giá prima di quella data.
I sindonologi esprimono anche le loro ipotesi attraverso una serie di punti di coincidenza tra i
due oggetti. Il corpo di Cristo é nudo come nella Sindone; Cirsto é adagiato su un lenzuolo
grande come quello sindonico; le dita nelle mani di Gesú nel dipinto sono allungate e non si
vede il pollice, come nella reliquia; sulla fronte di Gesú c’é un piccolo segno scuro che
sembra sangue, come nella Sindone.
Tutte queste prove additate dai sindologi appaiono abbastanza fragili e poco credibili. La
cosa che dovrebbe apparire subito lampante inoltre é come il miniaturista si sia preoccupato
di particolari cosi minimi nel ritratte il Cristo ma abbia tralasciato cose di importanza ben
maggiore e piú evidente. Ad esempio il Gesú del dipinto non ha baffi e barba, quello della
Sindone li ha, oppure il fatto che il miniaturista, se davvero abbia visto la Sindone, non abbia
riprodotto il vero miracolo nel suo dipinto: ossia l’immagine del Cristo impressa sul telo che
sarebbe arrivata poi fino ai giorni nostri.
3.5 – La cronaca di Saint – Denis
Secondo Ian Wilson anche nella suddetta cronaca troviamo un passo che fa riferimento
all’idolo idolatrato dai Templari. Anche la Frale si occupa di questo passo a suo modo,
intervendo direttamente sulla fonte e stravolgendo parte di essa. Nel suo libro la studiosa
indica come fonte il libro di Dupuy, Histoire de l’Ordre militaire des Templiers a pag. 26 – 28,
ma a quelle pagine in quel libro non si trova nulla. Questo perché l’autrice ha utilizzato si
Dupuy ma nella sua vecchia versione del 1654 che aveva anche un titolo diverso.
Comunque, con questo testo del 1654, la storica intendeva dimostrare come si parlasse di
due idoli diversi, di cui uno aveva proprio le sembianze della Sindone, ossia di una tela.
Peccato che essa di proposito ometta il testo intero e quindi il termine et comme ( che non
vuol dire oppure ma bensí come, uguale a ) nonostante fosse a conoscenza di questa
incongruenza grammaticale come d’altronde é ravvisabile nella sua inedita tesi.
Le sbagliate traduzioni derivano molto probabilmente dal tipo di fonte utilizzata circa il passo
della cronaca, ossia il testo seicentesco di Dupuy. A questo proposito sarebbe stato meglio
usare il testo ben piú moderno di Viard dove si trovano notevoli differenze sul passaggio in
questione; Viard parla infatti di una vecchia pelle imbalsamata e lisciata di bile: la bile aveva
il compito di conservazione e nel Medioevo era una sostanza adoperata appunto per
imbalsamare i cadaveri.
Tutto questo smentisce in pieno tutte le illazioni della Frale, ma per concludere é doveroso
riportare una scorrettezza fatta dalla storica. Benché essa abbia attinto ad un testo molto
vecchio, con errori di trascrizione e molte varianti, in esso l’autore fa riferimento in modo
abbastanza chiaro ad un oggetto tridimensionale a forma di testa, ricoperto da pelle umana,
con le cavitá degli occhi riempite da due pietre preziose. Anche Ian Wilson aveva utilizzato
questo documento facendo grossi tagli del testo, ma la sua traduzione appariva almeno
corretta; lo stesso Barber aveva fornito una traduzione dello stesso passo facendo
riferimento all’edizione di Viard e la Frale conosceva entrambe le edizioni ai quali fa piú volte
riferimento.
Infine prendere in esame una fonte secondaria come le Cronache di Saint – Denis potrebbe
essere fuorviante per due motivi: in primo luogo per la vicinanza della chiesa con i re di
Francia e in secondo luogo perché non sarebbe ammissibuile pensare che una fonte come
questa fosse piú informata circa la questione dell’idolo rispetto all’Inquisizione romana o allo
stesso re di Francia.
3.6 – La Sindone e i catari
Se davvero la Sindone fosse stata in possesso dei Templari almeno fino al 1307 ci si
domanda perché nel 1390 quando la famiglia degli Charny e i canonici di Lirey furono
accusati dal vescovo di Troyes di aver propagandato il culto di una falsa reliquia da loro
stessa creata non rivelarono la sua reale provenienza. Wilson credette che questo d