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4. DAL DECRETO DINI AL RISANAMENTO DI PEPE
chiama direttamente in causa la Banca d’Italia per aver oggettivamente scoraggiato gli interlocutori
Minervini
e sollecita il Governatore Fazio perché si faccia promotore presso il Tesoro di un intervento volto ad
affiancare la partecipazione delle banche e quella della Fondazione.
Di contro, egli viene informato da Dini dell’imminente presentazione di un d.l., che penalizza gli azionisti
(cioè la Fondazione) poiché, senza riconoscere nessun avviamento alla banca, impone il pegno delle azioni
del diritto di voto; di fatto il decreto disconosce il ruolo dell’azionista di
della Fondazione, con trasferimento
maggioranza e riassegna lo stesso al Tesoro, in virtù della prevista capitalizzazione di cui questi si fa carico.
Intanto Pace si dimette da presidente della spa, ufficialmente perché candidato nelle liste di An, ma in realtà
le motivazioni sono altre, in particolare il timore di responsabilità civili e penali a sottoscrivere il bilancio 1995
(alla luce delle risultanze dell’ispezione) e lo scontro con il dg Pepe, con cui è in disaccordo.
Il 29 marzo 1996 viene emanato il d.l. di salvataggio del Banco, due giorni prima dell’assemblea di
approvazione del bilancio, che dovrebbe chiudere con un deficit record tra i 2500 e i 3500 miliardi: lo scopo è
proprio quello di evitare una fuga dei depositi, una crisi di liquidità e problemi conseguenti all’intero sistema
bancario.
L’intervento diretto del Tesoro in sostanza richiede la cessione in pegno delle azioni della Fondazione e il
relativo trasferimento del diritto di voto; l’intervento è accolto con favore da più parti, ma non da Minervini,
che denuncia l’esproprio del controllo dell’Istituto da parte del Tesoro e la penalizzazione degli azionisti; in
particolare denuncia il rifiuto del Tesoro di portare ad evidenza contabile il valore di avviamento della banca
valutato circa 2-3000 miliardi, cosa che consentirebbe di mantenere la partecipazione della Fondazione
vicina a quella del Tesoro, ma non completamente annullata.
D.L. 27 marzo 1996 n. 163 per il risanamento, la ristrutturazione e la privatizzazione del Banco di
Napoli spa
Prevede l’autorizzazione al ministero del Tesoro a sottoscrivere uno o più aumenti di capitale del Banco, fino
al limite massimo di 2000 miliardi, unitamente all’intervento finanziario di una o più banche ed altri investitori
istituzionali al fine di risanare, ristrutturare e privatizzare la banca.
La ricapitalizzazione è subordinata al verificarsi di 3 condizioni:
1) accertamento della situazione patrimoniale al 31/3/1996
2) deliberazione di un piano di risanamento aziendale approvato dalla Banca d’Italia
3) accordo sindacale per una riduzione del costo del lavoro, fino al raggiungimento del valore medio
nazionale del sistema.
Agli attuali azionisti viene offerto, di fronte all’azzeramento di valore delle proprie partecipazioni,
- la retrocessione delle eventuali plusvalenze emergenti in occasione della dismissione da parte del Tesoro,
azioni del Banco risanato (diritto di opzione sull’acquisto delle
- il diritto di acquistare, al valore nominale,
nuove azioni). attraverso un’asta pubblica, in coerenza con le direttive
Obiettivo finale è la privatizzazione della banca UE,
con inizio a partire dal 31/12/1997.
Una parte rilevante della perdita 1995 del Banco, quasi 400 miliardi, è dovuta alla quota parte della perdita
lunga ispezione della Banca d’Italia, il cui esito è
della controllata Isveimer. Anche questa ha subito una
fortemente negativo: patrimonio non integro in quanto le perdite su crediti eccedono i fondi rischi, elevato
livello dei costi operativi (in particolare spese per il personale), situazione di illiquidità, disfunzioni nel
comparto crediti, scarsa trasparenza nell’area finanza, carenze diffuse nell’assetto organizzativo, perdita
d’esercizio che supera i 600 miliardi.
Il bilancio del Banco mette in luce una perdita di esercizio di oltre 3000 miliardi, tripla rispetto all’anno
precedente, tuttavia le operazioni finanziarie tornano a segnare un saldo positivo per la graduale
ma l’aspetto più delicato riguarda i quasi 3500
sterilizzazione di posizioni speculative, si riducono le spese,
miliardi di rettifiche su crediti e accantonamenti, su cui è forte il condizionamento dell’ispezione della Banca
d’Italia.
Collegata al decreto di salvataggio del Banco è la decisione di porre in liquidazione l’Isveimer; in un clima
che vede la fine dell’intervento straordinario per il Sud con la soppressione della Cassa del Mezzogiorno e
l’annaspare di molti enti collegati causato da incapacità e condizionamenti politici, a fronte dell’elevato
indebitamento e le quasi nulle possibilità di ripresa, l’attività dell’ente viene interrotta, nonostante
l’opposizione dei sindacati e dei dipendenti dell’Isveimer.
proprio il fronte
E’ sindacale della battaglia per la riduzione del costo del lavoro quello più caldo per il Banco,
visto che è una delle condizioni richieste per l’intervento del Tesoro; è un fronte delicato perché il Banco
rappresenta un modello negativo caratterizzato, rispetto alla media del sistema bancario, da alti stipendi,
elevata incidenza sul CE degli squilibri di carriera e numero sproporzionato di dirigenti e capi-ufficio; agli
elevati costi del personale, spesso in esubero, si aggiunge inoltre un basso livello di efficienza.
assume l’incarico di ministro del Tesoro Ciampi, il
Con la vittoria elettorale del 21 aprile del centro-sinistra,
quale affida la presidenza del Banco a Giuseppe Falcone, uomo di grande esperienza bancaria e uscente dg
della Cassa depositi e prestiti. Si rafforza così la linea del dg Pepe, contrariamente a quanto sarebbe potuto
in cui l’ex presidente Pace, sfruttando la vocazione meridionalista
accadere con la vittoria del centro-destra,
riportare l’attenzione del governo sul problema del credito al Sud e dunque nuove
di An, avrebbe potuto
risorse per il Banco.
Da questo momento l’azione delle Fondazione si intreccia con l’emanazione dei decreti, più volte reiterati,
fino alla conversione in legge del 4° decreto nel novembre 1996.
Già dal 1° decreto, il Cda della Fondazione ritiene l’atteggiamento del Tesoro punitivo ed improntato a un
rigore eccessivo, parere che viene espresso in pubblico anche dal vicepresidente della Fondazione,
l’obiettivo di una modifica del decreto; ha così inizio la trattativa
Marrama, che dichiara praticabile con il
per un’intesa sul problema del pegno delle azioni
nuovo ministro del Tesoro del governo Prodi, Ciampi,
richiesto nel decreto.
Alla fine però, le richieste di Minervini (facoltà per la Fondazione di partecipare alla ricapitalizzazione del
Banco per una quota non superiore al 3% del capitale sociale, diritto di prelazione per l’acquisto di azioni fino
al 7% del capitale sociale in caso di dismissione della partecipazione del Tesoro nel Banco) non verranno
inserite nel decreto.
Con il d.l. 163/96 la Fondazione cede il diritto di voto al Tesoro e crea le premesse per l’azzeramento del
capitale del Banco e per la conseguente sua scomparsa dall’azionariato.
Il decreto prevede la vendita della partecipazione del Banco di Napoli spa tramite asta; Rothschild è
incaricata dal ministero del Tesoro di assistere il Banco nella preparazione del piano di ristrutturazione
propedeutico all’intervento di ricapitalizzazione.
Pertanto, dati i tempi ristretti, sulla base di quanto già sviluppato dalla direzione generale, Rothschild
predispone alcune integrazioni suppletive in grado di rassicurare Tesoro e banche intervenienti sull’effettiva
possibilità di riuscita del risanamento.
Il documento, chiaro e conciso, evidenzia le problematiche del Banco (cultura più di istituzione che di
impresa, regolamenti anacronistici, eccesso di burocratizzazione, inadeguata crescita professionale dei
dipendenti per via di meccanismi di carriera tipici del settore pubblico, gestione condizionata da interferenze
politiche e dalla pressione di gruppi interni e del potere sindacale) ed individua obiettivi e strategie di fondo
del piano, che coincidono in gran parte con quelli già annunciati dal dg: equilibrio finanziario, patrimoniale e
reddituale per primi, radicamento nel sud, equilibrata dimensione aziendale, politica commerciale, del credito
e delle risorse in secondo luogo.
Le linee guida del piano, già note, riguardano la revisione degli sportelli, la dismissione di partecipazioni,
l’alienazione di immobili, la cessione di crediti l’esodo del
(in sostanza la drastica riduzione delle attività),
personale e la politica delle risorse umane, la riorganizzazione dell’area commerciale, la politica e il recupero
dei crediti, i costi in particolare quello del lavoro, il sistema informativo contabile.
Tale piano, basato sullo sviluppo di un modello di analisi finanziaria per il periodo 1996-99 che punta a
valutare gli effetti dello stesso in termini di redditività e patrimonializzazione, prevede il ritorno agli utili già a
partire dal 1998. (sempre sospendendo l’applicazione delle norme
Il decreto di salvataggio del Banco verrà reiterato 4 volte
del Codice Civile che, dato il dissesto del Banco, avrebbe comportato l’invio dei libri in tribunale e la
fino all’approvazione definitiva del Parlamento nel novembre 1996.
liquidazione coatta amministrativa), La
gestazione del decreto fu lunga per diversi motivi: le numerose audizioni informali, il duro ostruzionismo
dell’opposizione (in particolare della Lega) dopo la bocciatura della richiesta di una commissione
parlamentare d’inchiesta e che porterà alla presentazione di centinaia di emendamenti, i confronti con i
sindacati per la trattativa sulla riduzione del costo del lavoro, le ripetute (e vane) richieste di Minervini e della
Fondazione di far inserire in bilancio l’avviamento.
L’unica modifica di rilievo del d.l. finale è l’anticipo di un anno (al 31/12/1996) dell’inizio delle operazioni per
la privatizzazione, disponendo così l’la vendita della partecipazione proprio all’inizio dell’esercizio in cui la
società avrebbe ripreso a guadagnare; in sede politica, l’anticipo di un anno viene accolto con soddisfazione.
Il 30 luglio l’assemblea del Banco è chiamata a decidere sull’azione di responsabilità nei confronti degli
amministratori della passata gestione, ma anche a creare le condizioni per l’attuazione del d.l. di salvataggio
con la polemica assenza della Fondazione (per protesta contro l’azzeramento del valore delle
della società;
vecchie azioni per il non riconoscimento dell&rsquo