Riassunto esame Storia dell'arte medievale, prof Della Valle, libro consigliato Icone e Potere, Pentcheva
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, come presentava Singello, solo con l’Acheiropoietos di Cristo, la seconda
anche con il Maphorion-Croce divina-e panagia, vincendo i nemici e spegnendo
gli incendi a Sarbados e Chagnanos
Lo sviluppo delle icone come espressione del culto mariano a Costantinopoli
avviene in modo lento poiché essere erano state realizzate da mano umana e
non divina, e quindi non avevano un potere pari agli oggetti del divino o alle sue
parti, come gli Acheiropoietoi, che vennero sostituiti da icone nelle litaniai solo
nell’XI sec= in alcuni casi si inserisce la Panagia in pratiche già esistenti come la
processione del venerdì notte, mentre se ne creano di innovative come la
processione del martedì dall’Hodegon dell’Hodegetria; infatti nell’assedio dei
Russi del 860 la città venne salvata dall’intervento del Maphorion e nell’assedio
dei bulgari del 926 l’imperatore Romano I Lecapeno lo indossò per andare a
trattare con il capo bulgaro Simone e l’imperatore Alessio I Comneno ne
portava sempre con sé in battaglia un pezzo per assicurarsi la vittoria: la prima
manifestazione di una litana avviene nel 971, con l’ingresso della Mysia,
thetokos rubata dal capo russo Svjatoslav e riportata dall’imperatore Giovanni i
Zimisce, condotta in città su un carro con cavalli bianchi sulle vesti del nemico
sconfitto+ lo stesso racconto si ha in Scilitze (che racconta anche dell’assedio
Bulgaro del 926) modificando la provenienza dell’icona= Michele Psello descrive
questo passaggio all’espressione del culto per mezzo di un’icona tramite un
rapporto più personale; ovvero il 13/04/989 Basilio II uccise nel suo racconto
Barda Foca tenendo un’icona della Thetokos in mano (secondo Kaldellis è solo
legittimazione al vero assassinio per veleno)+ l’imperatore Romano II Arigio,
come racconta Psello, nella sua campagna contro i saraceni un giorno perse
coraggio ed abbandonò il campo, ritrovandolo depredato di tutto ma non
dell’icona della thetokos che aveva portato con sé ebbe nel cuore di nuovo la
motivazione per proseguire la battaglia: questo racconto è fondamentale perché
dipinge come gli imperatori portassero in battaglia icone della thetokos e ne
avessero un legame emotivo; altro esempio è Romano IV Diogene che alla
presenza dell’icona della Blachernitissa, portata in guerra dagli imperatori per la
protezione della città mentre l’Hodegon divenne Palladion cittadino, tagliò il
naso ad un soldato che aveva rubato un asino, condannandosi poiché l’icona gli
aveva dato l’immunità
I racconti sull’assedio degli Avari vedono nel VII sec la Vergine combattere in
Battaglia, nel X litanie con icone mariane e nell’XI, in particolare con termine
ante quem del 1075/98-9, la nascita della tradizione per cui l’icona salvatrice fu
quella dell’Hodegetria: testo di base a tal tradizione è quelloo dell’Anonymus
Tarragoniensis, in cui si dipinge Costantinopoli come città più ricca al mondo di
miracoli poiché creata da Costantino per la Madonna+ nella Lectio Triodii si ha
un’altra analogia tra la protezione data dalla Theotokos e l’Hodegetria, che
sviluppa una citazione della Digesis Ophelimos, dato che mentre in essa si parla
di una sola icona, nella Lectio si parla dell’icona della Theometeor Hodegetria e
del Legno della croce portati in processione dal Patriarca Sergio sotto le mura=
ulteriore rielaborazione si ha dal Doge e Storico Andrea Dandolo, che sostiene
come l’icona posta sul Corno d’Oro distrusse autonomamente le navi nemiche
passando sul mare durante l’assedio dei Saraceni del 718
III nel contesto bellico
La Theotokos viene sempre rappresentata come colei che dona il proprio figlio
in sacrificio per il mondo, elemento sfruttato per reclutare eserciti, e come
madre vergine: tal attributo venne da sempre sfruttato nel contesto bellico
facendola diventare simbolo ed ideologia bizantina, affiancata da altri introdotti
in battaglia come i santi guerrieri per la protezione dell’esercito; spesso la
Theometor appare come Strategos nella guerra= ha il santuario delle Blacherne
come luogo privilegiato di culto; Sincello infatti ricorda come durate l’assedio
degli avari da lì uccise nemici ed abbattè navi, alla fine del conflitto infatti
Eraclio allargò le mura per includerlo nella città+ nell’abside si hanno delle
iscrizioni riportate da Giorgio di Pisidia e dall’Antologia Palatina del X sec, che la
dipingono come colei che “rende gli scettri vittoriosi-allontana le catastrofi-
difende la città scendendo in campo a combattere”; secondo quest’iscrizione il
potere della Theotokos derivava dalla processione del venerdì, ma in realtà in
tempi antichi risaliva al potere della fonte di cancellare ogni torto e peccato la
veste prima del V sec non aveva poteri particolari, poi ne assunse di miracolosi
dopo la sua rideposizione nel Santuario dopo l’assedio degli Avari (era stata
Trasferita in Hagia Sophia) ed in particolare dopo l’iconoclastismo: la veste
passò da Esthes a Maphoprion (velo) e la Blachernitissa divenne la protettrice
dell’esercito in battaglia assumendo il ruolo di Vittoria detta “arma invincibile-
protettrice dell’esercito”
La maternità verginale di Maria è un potere nel mondo romano: segue infatti la
tradizione del potere di Atena, vergine e protettrice della città armata di tutto
punto , delle Amazzoni che combattevano fino a che erano pure, e delle vestali
che non potevano essere contaminate poiché avrebbero portato alla sconfitta in
battaglia (custodivano il fuoco sacro nel tempio di Atena); la verginità
coincideva con la forza di una donna, per questo Maria viene presentata con gli
attributi di Atena, come Parthenos (vergine) a combattere sulle mura della città
con portamento augusteo, come la descrive nel Chronichol Paschale, dal capo
nemico Kegan, ricordando la descrizione del 501 di Zosimo dell’assedio di
Atene del 396, in cui la dea ha le forme della statua Promachos (partenopea)
sotto gli occhi di Alarico alla Thetokos sono affiancati gli attributi di Parthenos
e Theometor e Giorgio di pisida afferma che chiunque voglia descrivere
l’assedio degli Avari debba cominciare dalla descrizione di Maria come vergine
che partorisce senza seme, dando alla maternità verginale di Maria particolare
importanza, vedendola come madre anche della città di Costantinopoli cui
garantisce sempre protezione e prosperità= nell’Akathistos subito dopo la
vittoria contro gli Avari venne aggiunta una seconda introduzione, in cui la
Thetokos viene presentata prima come combattiva e vittoriosa ed infine come
sposa non sposata “ che unisce verginità e figliolanza”, trasformando
l’attribuzione del potere di Maria da quello di vergine in senso romano a quello
di vergine e madre di dio: l’inno era cantato alla vigilia del 5° sabato di
quaresima per lodare la sua vittoria contro i barbari incidendo sulla coscienza
civica la sua immagine come vittoria in battaglia (era detta anche Torre
irremovibile e muro imprendibile)
Ciò appare anche nei successivi inni medio-bizantini, come preghiere prima
delle battaglie del X sec, commemorazioni sui caduti e nell’ufficio rogazionale
del Xi sec Parakletikos Kanon, in cui la vergine è esaltata per aver dato alla luce
il Logos: nella preghiera prima della battaglia la si invoca a protezione dei
soldati, e mostrando come vincano solo i capitani che lodano dio, di cui gli
eserciti sono incoronati dalle ghirlande della Parthenos Meter= qui assume
ufficialmente il ruolo di vittoria richiamando le iscrizioni nell’abside delle
Blacherne la maternità verginale di Maria è sfruttata anche nel caso delle
commemorazioni funebri dal X sec in poi ed in particolare è giustificazione della
sua natura bellicosa, poiché, come dimostra Giovanni Mauropo (vescovo di
Eucatia) nel Parakletikos Kanon, ella avendo partorito senza perdere la verginità
aveva sconvolto la natura e quindi poteva usare il suo potere soprannaturale
per sconfiggere i nemici= questa tradizionale rappresentazione di Maria viene
ripresa in vari testi medio-bizantini come nel caso di quello di Leone Diacono
sulla battaglia del 971 che presenta Maria come Strategos che invia il suo
guerriero Teodoro Stratilate, come vede in sogno una donna, per salvare
l’imperatore Zimisce+ lo stesso si ha nella descrizione della battaglia di
Miriocefalo del 1176 in cui la thetokos è ancora strategos, ma questa volta è
personificata in una sua icona mentre parla con san Giorgio e Teodoro per
cercare di salvare l’imperatore, nel tempio di Ciro nel sogno di un uomo bilingue
detto Mauropolo
La croce era uno dei simboli più importanti in battagli dopo la vittoria del ponte
Milvio di Costantino, poiché tramite il racconto del suo sogno , in cui Cristo
affermava che lo avrebbe portato alla vittoria se lui avesse combattuto nel
segno della croce, diede a tal simbolo sacralità e funzione di garante per la
vittoria in battaglia: nelle Omelie di Gregorio Nazarieno, in una miniatura
conservata alla Biblioteque national di Parigi, si ha la rappresentazione del
Sogno-uccisione di Massenzio in fuga con la lancia-trionfo di Costantino in 3
fasce verticali successive+ appunto con Costantino la croce assume un ruolo
che le darà sempre maggiore importanza fino al trasporto della vera Croce a
Costantinopoli, da Gerusalemme, nel 629= vennero poi costruiti croci gemmate
per le battaglie e da appendere al collo dei soldati, o addirittura armi per
trafiggerli come fossero lance con l’esempio della croce del monte Athos
(l’iscrizione nel retro precisa la funzione) del X sec esempi simili di croci
metalliche sono quella di Lahil del X sec (Georgia) in cui si ha la ripetizione per 4
volte nel braccio verticale del medaglione della Theotokos con il bambino e
quella di Brili del XI sec (Georgia) con l’immagine del Cristo in croce al centro e
sotto quella della Theotokos con bambino; altri esempi sono i dischi metallici
usati come puntali per gli stendardi, come quelli di Canieti (Georgia) del XIII sec
mostrati anche dal codice di Costantino di Manasse del XIV sec
Con il tempo vennero portate in battaglia icone della Theotokos, senza funzione
militare fino all’XI sec, come mostra l’icona tenuta in mano da Basilio II nello
scontro contro Foca nella battaglia di Abido del 989 ; essa è riconducibile a
quella presentata nelle monete da lui prodotte nel tardo regno, in cui Maria
teneva sul petto un medaglione con l’immagine di Cristo; nelle medaglie di
Romano III invece si presenta con il bambino in braccio nel verso con
l’imperatore nel recto con i simboli del potere + Romano II appunto portò la
Hodegetria nella campagna siriana del 1030 e Romano IV la Theotokos
Blachernitissa nelle sue battaglie (come quella dell’Icona del Sinai del XII sec)+
invece Giovanni II cercava di averne la pietà attraverso pianti e lamenti in
preghiera davanti alla sua figura prima di ogni battaglia e ponendo sul suo
sigillo del 1133 l’icona della Theotokos Orante ( come farà Manuele del 1167)
l’icona della Blachernitissa poteva avere 5 diverse rappresentazioni: 1°
Deomene orante, 2° deomene di profilo, 3° Theometor con bambino stretto al
collo, 4° Deomene con bambino in un medaglione, 5° Theotokos che tiene il
figlio davanti a sé (coinvolta nel miracolo consueto)= ‘icona della Deomene
richiama quella del mosaico dell’Abside di Hagia Sofia a Kiev del 1043, che
presenta la Vergine avvolta nel Maphorion in posizione orante, mentre sotto di
lei l’iscrizione del salmo 46 presenta come dio non la farà vacillare ( come con la
città); se ne ha identico schema nella chiesa di Nea Monì a Chio in cui venne
copiato lo schema della Blacherne e delle monete dell’epoca
Costantino IX sfruttò l’immagine della Theotokos Symmachos nelle sue monete
per avere la legittimazione al potere dato che non era né vittorioso in battaglia
né nato nella porpora ed era asceso al trono con il matrimonio con l’ultima
erede dei Macedoni: i suoi discendenti Teodora e Michele si impegnarono nella
diffusione delle immagini della Blachernitissa seguendo la sua tradizione=
Grabar fu il primo a distinguere le immagini in base al nome loro attribuito,
Toponimi come Batiotissa (dal monastero di Ta Basou di Costantinopoli., come
mostra il sigillo del vescovo Metimna) oppure nomi poetici come Nikopois e
Akatamachetos: il primo significa portatrice di Vittoria, ed infatti la si trova su
vari sigilli e descrizioni, come quella di Teodoro Prodromo del XII sec che la
vede come Co-generale affianco a Giovanni Comneno; secondo Kondakov il
culto di tal immagine, sempre affiancata a quella di Parthenos, venne portata in
oriente con Romano III sotto l’imperatore Maurizio nel VI sec, poiché ne ritrova
una raffigurazione sotto stucco e quindi antecedente all’iconoclastia (stessa
configurazione dell’Hodegetria) l’individuazione della figura poetica della
Nikopoios è problematica poiché anche l’icona della madonna con bambino
retto con mano sulla spalla e sulla coscia, di Venezia in San Marco (XII sec)
viene detta Nicopea in epoca controriformista, ma non presenta iscrizioni in oro
che lo dimostrino, facendola riconoscere come l’immagine rubata dai Crociati
secondo il racconto di Villehardouin+ i racconti di Gregora e Pseudo-codino del
XIV invece non parlano di icone ma di una cappella in cui la Hodegetria si
trasferiva annualmente
L’Akatamachetos invece significa invincibile e si identifica con l’icona mariana di
Costantino IX poiché si ha l’incisione di quest’appellativo sul suo sfondo con
iscrizione d’argento; tutta la rappresentazione gioca sul termine “battaglia” per
legittimare l’imperatore, mentre l’altra raffigurazione con tal nome, ovvero
quella del Museo Bizantino di Atene del XIV sec, presenta la madonna cullare il
Cristo con gesto benedicente sebbene Maria non si mai presentata in Armi è
riconosciuta in racconti come quello di Leone Diacono come il sommo
comandante dell’esercito di fedeli, avendo per la sua natura sovrannaturale
grado superiore a chiunque: la sua figura poi ha la funzione di intercessione
come dimostrano le molte Diesis in cui è presentata; la più antica è quella del
trittico in avorio del Palazzo di Venezia del X sec, in cui al centro, sopra 5 santi
guerrieri, si ha Cristo con il Battista a sinistra e la Vergine a destra, nella lastra
di Destra si hanno 4 santi guerrieri di cui un martire, san Severiano, e 3 padri
della chiesa, Basilio-Gregorio il Taumaturgo e Gregorio Nazarieno+
nell’iscrizione si presenta come Dio accolga l’intercessione e protegga
Costantino IX da ogni male, a patto che lui gli sottometta le terre conquistate;
nella parte di sinistra si hanno Clemente di Ancira-Agatonico-Nicola-Giovanni
Crisostomo, ed unico elemento bellico è la spada di Giovanni Stratilate, mentre
la Corona rimanda al potere imperiale dato dalla vittoria militare
Quest’intenzione di creare un’immagine parlante che porti Cristo ad inviare i
suoi santi in aiuto dell’imperatore è ripresa nel Trittico di Herbaville al Louvre,
del X/XI sec, che presenta sempre Cristo con la Diesis di Maria e Giovanni, ora
accompagnate da due vittorie in medaglioni e il trono gemmato su cui poggia il
signore; sotto di loro si hanno 5 santi in uniforme militare ed armi Teodoro
Stratilate (generale)- Teodoro Terone (guardia)-Giorgio-Eustazio-Mercurio con la
lancia e Panteleimone con la cassa medica+ nella parte retrostante si ha una
grande croce al centro con intorno 4 uccelli, un leone, una volpe e un cielo
stellato con sotto piante in movimento nel Menologio di Basilio II si ha una
Miniatura, nella biblioteca Marciana di Venezia, del XI sec che presenta
l’imperatore al centro come generale capo, incoronato dalla mano di Cristo che
dà una corona all’angelo alla destra mentre quello a sinistra lo arma con una
lancia; affianco a lui si hanno santi-guerrieri con le vesti di Dynatoi, classe
feudale ricca, che accettavano l’imperatore a loro capo poiché scelto da dio: alla
destra si hanno Teodoro-Demetrio ed alla sinistra Giorgio-procopio Mercurio, e
sotto di lui i nemici sconfitti adoranti+ dal X sec queste immagini sono molto
frequenti in Cappadocia, territorio di confine a cui serviva riconoscere la
protezione divina come avviene nella Piccionaia di Cavusin nel 964-5 con la
rappresentazione di 40 martiri e protettori personali+ lo stesso tipo di
raffigurazione si ha nell’icona a smalto del XII sec con l’arcangelo Gabriele, colui
che guida le schiere celesti, posto in cima al suppedaneum imperale pronto a
guidare l’esercito terreno con la posa della Vergine Strategos: nella cornice si
hanno i santi armati ed a coppie Demetrio-Nestore, Procopio-Giorgio, Teodoro
Terone-Stratilate
Fra gli esempi più antichi si ha un’icona del monte Sinai del Vi sec in cui la
Theotokos è assisa in trono con il bambino in braccio e affianco i santi Teodoro e
Demetrio: l’evoluzione della rappresentazione non tocca la figura di Maria, ma
quella dei santi al suo fianco che abbandonano gli abiti civili per assumere quelli
di guerrieri, militarizzandosi in base alle necessità contingenti l’epoca; esempio
è il trittico in avorio del Walter Art Museum del X/XI sec, in cui al centro si ha la
Theotokos come hodegetria e ai lati Demetrio-Procopio, Teodoro-Giorgio+ nel
Trittico del British Museum, del XI sec, si ha la rappresentazione della Theotokos
sotto un baldacchino con ai lati gli arcangeli Gabriele e Michele, sotto di loro
Nicola e Giovanni Crisostomo e i santi guerrieri Teodoro e Giorgio unici in armi
(si hanno la corona e la croce come simboli che danno legittimità alla vittoria
imperiale e fanno capire che sia proprio una commissione proprio di quel tipo)
lo stesso intento si ha nel ciclo musivo del monastero di Nea Monì a Chio,
costruito da Costantino IX per ricompensare i monaci che gli avevano predetto il
trono quando ancora era un aristocratico in esilio: egli da sempre ossessionato
dall’idea della Vittoria militare come legittimazione sceglie la Theotokos come
Symmachos, facendola diventare Akatamachetos, e la rappresenta qui alla
gestione delle schiere celesti, facendola affiancare da Patriarchi-profeti-martiri e
santi guerrieri di cui Bacco e Sergio in abiti civili con spada-scettro, Teodoro e
Oreste in abiti militari con spada-scudo (1°)e spada-scettro (2°)
Le immagini bizantine di Maria ebbero ampia diffusione in Georgia e nello
Svaneti come mostrano le 161 icone trovate da Cubinasvili, di cui 69 hanno
santi soldati: nella tavola di Labecina la Theotokos è su un trono con cuscini
ricamati ed intrecciati mentre regge il bambino sulla spalla e sulla coscia, si
hanno poi il Battista a destra e i santi Demetrio-Teodoro-Giorgio sul fondo tutti in
posa frontale e ieratica: venne commissionata dal signore feudale Vardan e
governatore regionale Jinjih per proteggere i loro soldati+ il Trittico si Seti, del
XIII sec trovato in Sveti (91x58), presenta la Theotokos al centro con ai lati gli
arcangeli Michele e Gabriele, sopra un Cristo maturo e sotto Barbara e Martina,
mentre nelle alte laterali si hanno Teodoro Terone e Giorgio e Teodoro Stratilate
e Demetrio (tutte hanno un cherubino in alto) e nella parte bassa si ha
un’iscrizione dedicatoria a Vakhtang e la moglie Marina dai figli Vardan
Inasaridze e figli= altri esempi georgiani cedono due trittici bizantini del XIII sec
con la Theotokos in uniforme militare, un’icona processionale (99x75) di Cipro
che mostra la Vergine con bambino davanti a sé e san Giacomo il persiano
dietro, un dittico del Sinai con la Panagia e bambino e san Procopio dietro
(1280) e due Steatiti del XVI sec del monastero di Vatopedi sul monte Athos, in
cui si ha un pannello in legno con la vergine nel recto e nel verso i santi a
cavallo Nestore-Mercurio-Giorgio-Procopio-Teodoro Terone-Demetrio con corazza
e lance Maria mantiene la sua immagine sempre legata alla legittimazione del
potere imperiale e della vittoria dell’impero in guerra, ma nell’esercito è anche
la figura che connota la dimensione necessaria di altruismo e sacrificio=
l’immagine della Hodegetria mostra infatti la Madonna offrire, contro ogni
affezione e desiderio di conservazione, il figlio alla passione per il salvataggio
del mondo; allo stesso modo dovrebbero fare le madri dei soldati offrendoli per
il bene della comunità
Primo esempio è nella chiesa di Staro Nagoricino in Macedonia (fondata dal re
Minulin per la vittoria contro i turchi del 1312) dedicata a san Giorgio
Tropaiophoros “apportatore di vittoria” e Diasoritis “salvatore”, qui
rappresentato come eretto guerriero con una lancia ed uno scudo, connotato da
un’espressione severa che contrasta la tenera e mesta espressione della
panagia al suo fianco, che regge il bambino all’apparenza giocoso, ma poi
identificato con un corpo deformato (collo-piedi nudi e capo riverso) anticipando
l’angoscia e la sofferenza della passione; il contrasto tra la sua posa contorta e
il volto sereno, in relazione con il volto della Madonna, trasmette il senso
profondo del dolore e dramma della sofferenza materna e filiale ( il sacrificio è di
entrambi), ma ponendo tali figure affiancate si lega il potere imperiale (San
Giorgio) con il sacro (Gesù)+ altro esempio è dato dalla Panagia Akatamachetos
dell’affresco di Arakou di Cipro del 1192, in cui la Vergine regge il bambino in
braccio mentre angeli le porgono gli strumenti della passione, il bambino poi
inneggia al messaggio pasquale essendo in posa semi-reclinata pari ad un
cucchiaio dell’Eucarestia e ricordando il sonno della morte ( dedicatoria al
committente Leone e la moglie Maria) lo stesso tipo di preghiera si ha per i
soldati defunti, alludendo, da parte di Foca ad un progetto di guerra Santa e
presentazione del caduto come martire, che sebbene fallì presenta in ogni caso
il sacrificio in guerra al pari di quello di Cristo, ovvero una prospettiva allettante
di Gloria: lo dimostra l’Enkolpion del XII/XIII sec al British Museum in cui nel
recto si ha la rappresentazione di san Demetrio con la prima parte di
un’iscrizione che afferma come essendo uniti del sangue e della mirra del santo
lo si avrebbe avuto come protettore in battaglia: infatti la parte retrostante
perduta doveva contenere le gocce di mirra trasudate dalla sepoltura del
santo= il sacrificio quindi diventa una realtà sempre più concreta in Bisanzio per
le numerose guerre che si susseguono, che portano nell’XI sec il comandante
Gregorio Pacuriano a raccontare come nessuno dei suoi amici sia morto nel suo
letto: la Theotokos quindi evolve la sua iconografia per essere Symmachos
imperiale e intercessore per l’umanità ed il singolo in battaglia, oltre che Vittoria
Parte seconda: le icone in pratica
Tra X/XII sec i santuari più importanti a Costantinopoli erano: 1° le Blacherne, di
antica fondazione e primo luogo di culto per la Theotokos; da essa partiva ogni
venerdì una processione con l’icona del Signos tes Presbeias raggiungendo la
Chalkoprateia, successivamente alla viglia detta Agrypnia, al pari di quanto
avveniva per la processione attuata a Gerusalemme andando dalla Hagia Sion
fino al Gethsemani, ultimo rituale post iconoclastia in esso fondato è quello del
Miracolo Consueto+ 2° l’Hodegon: santuario che ospita l’Hodegetria ed è sede
per la partenza della processione che ogni martedì raggiunge una chiesa della
città e vi celebra una messa, porta alla perdita del primato alle Blacherne+ 3°
Pantokrator, realizzato nel II° quarto del XIII sec da Giovanni II Comneno come
monumento funebre venne dedicato a contrario degli altri a Cristo e non alla
Vergine; con il suo potere l’imperatore impose che ogni settimana vi ci si
dovesse fermare la Presbeia e annualmente l’Hodegetria per avvalorare la sua
dinastia agli occhi del pubblico
IV L’icona dell’Hodegetria e la processione del martedì
Molte delle immagini portate in battaglia dai soldati hanno l’iconografia
dell’Hodegetria, ovvero quella dell’immagine che ipoteticamente venne
realizzata da San Luca alla vergine quando era ancora in vita, poi donata da
Eudocia alla sorella Pulcheria, imperatrice di Costantinopoli; venne posta nel
santuario dell’Hodegon, posto vicino al Grande palazzo dal lato del Bosforo,
fondato dopo l’iconoclastia nell’XI sec; l’immagine è legata all’assedio degli
avari nell’XI sec e poi nel XII venne utilizzata per le celebrazioni annuali in onore
dell’imperatore= la sua iconografia non ha una definizione specifica, anzi
assume una forma definita, come sostiene Pentcheva, dopo l’iconoclastia
nella sue prime rappresentazioni del VI/VII sec si presenta Maria che stringe il
corpo di Cristo con entrambe le mani non facendolo agire, ovvero trattenendolo
grazie all’instaurazione di un contatto fisico al posto di donarlo al mondo come
avrebbe dovuto fare secondo la tradizione cristiana; esempi tipici sono il
mosaico della chiesa della panagia Angelokisti a Kiti in Cipro (VII), quelle di
Santa Maria Maggiore e del Pantheon a Roma o nel dipinto ad encausto del Sinai
(VI) poi spostato a Kiev nel XIX sec, in cui addirittura la Madonna si volta di
spalle reggendo il bambino al piede con il braccio destro che lo regge e con la
mano sinistra della sua spalla ruotando il busto= si comunica così attraverso il
linguaggio corporeo il fatto che Maria non sia pronta a concedere suo figlio al
mondo, ma dopo l’Iconoclastia il suo abbraccio si apre, come testimonia
l’evoluzione del modello figurativo nelle icone e avori della Thetokos ( mentre in
monete e sigilli permane il vecchio modello fino all'XI sec), come mostra un
dipinto del monastero di santa Caterina del Sinai in cui Maria regge in braccio il
bambino con il braccio sinistro e con la mano destra attua un gesto verso di lui,
indicando la via al pubblico, ma anche creando un corrispondente al gesto
benedicente del bambino: si ha quindi l’offerta di Cristo al mondo come
testimonia l’avorio di Utrecht del XI/XII sec in cui nella faccia retrostante (per
fedeltà al modello dell’Hodegetria) si ha una Crocifissione e in quella frontale la
Panagia che regge il bambino offrendolo al popolo, dato che anche nello
spessore lui si stacca dalla tavola e lei rimena mero panneggio di poco in rilievo
su essa
Il fine teologico di questa rappresentazione, come mostra Giovanni di Eucatia
nel XI sec nel testo scritto per l’imperatore Costantino IX Monomaco, è
determinare come l’unico modo per il fedele di far espiare le sue colpe e
ottenere il soddisfacimento delle proprie preghiere è pregare la vergine affinché
interceda verso dio, dato che lui vincolato dall’amore filiale risponde sempre
positivamente alle Diesis in cui è coinvolta la madre= l’iconografia si modifica
anche per delle necessità pratiche, ovvero convogliare nella medesima
rappresentazione l’intercessione e la risposta positiva di Cristo per
tranquillizzare la popolazione, ma in ogni caso si presenta o in iconografiche che
presentano l’icona vera e propria (Utrecht) o che ne presentano un sostituto con
citazione del nome nello sfondo (medaglione a smalto di Santa Maria alla scala
a Siena) l’Hodegetria, distrutta nel 1453 nella conquista della città dagli
arabi, può essere conosciuta solo tramite resoconti scritti, come quello di Pero
Tafur del 1437 che la presenta come un’icona con una crocefissione nella parte
posteriore e rappresentazione di Cristo e Maria nella parte anteriore, oppure
dalle prime riproduzioni: esempio più antico è quella del 3° quarto del XII sec
nella chiesa della Theotokos Peribleptos di Ohrid in Macedonia= qui si ha nella
parte frontale la rappresentazione di Maria che tine Cristo sul braccio sinistro
avvicinando la mano sinistra al suo piede ma rimanendo staccata e attuando
con la mano destra un gesto di intercessione e di indicazione della direzione per
il fedele, puntando le dita verso l’alto e verso il Bambino; tal gesto era replicato
dai fedeli durante le processione e le invocazioni in preghiera poiché proprio alla
vergine e quindi sempre in grado di raggiungerla: Cristo risponde con un gesto
benedicente con la mano destra e reggendo nella sinistra il rotolo della legge+
si ha così la costruzione del dipinto con una mano parlante per personaggio e
l’altra (la sinistra) impegnata a reggere il Logos; nella parte retrostante si
presenta Maria con la mano destra nel medesimo atteggiamento e la sinistra
stretta al petto come se implorasse Cristo di risorgere in fretta per toglierle il
dolore, mentre Cristo le risponde con il corpo, ancora bello e flessibile sebbene
appeso alla croce e privato della sua dignità e “corpo” dato da Maria attraverso
la vestizione con la copertina di porpora fatta con la cortina del tempio
(simboleggiava l’incarnazione), poiché è nudo= l’immagine quindi sintetizza la
storia divina dall’incarnazione alla crocifissione
L’Hodegetria divenne famosa dall’IX sec per la nascita della sua leggenda
letteraria, che ha primo testo base nella Storia Ecclesiastica di Teodoro
Anagoste del VI sec, che descrive come Pulcheria la riceva da Eudocia come
ritratto fatto alla Vergine da San Luca in Antiochia; venne donato ai santuari da
lei realizzati, Hodegon-Blacherne-San Lorenzo-Chalkoprateia, dopo la sua morte
con molte altre opere: si tratta però di un’interpolazione successiva poiché non
si hanno citazioni del testo in altri fino al XIII sec e solo San Lorenzo venne
davvero fondato dall’imperatrice Pulcheria+ nel XIV sec la Storia Ecclesiastica
venne però completata da Niceforo callisto Xanthopoulos interpolando un passo
in cui Pulcheria regalava la reliquia della veste della Vergine alla Chalkoprateia
(litania del Mercoledì), l’Hodegetria all’Hodegon e materiali alle Blacherne= non
vi sono tracce dell’Hodegon prima dell’Iconoclastismo, viene solo citato nel IX
sec nella Patria, in cui si racconta che venne fondato come cappella da Michele
III dove vi era la fonte della Louma che risanava i ciechi e nella lettera ai tre
patriarchi, falso del IX sec, in cui si racconta che vi abitasse vicino il lettore della
Hagia Sofia+ Teofane Continuato racconta che Cesare Barda nel 866 vi tenne un
discorso in cui raccontava del fatto che gli fosse caduto il mantello poco prima
di raggiungerlo, cattivo presagio sulla spedizione a Creta contro i persiani con
Michele III prima testimonianza dell’Icona si ha però nella Vita di santa
Tomaide di Lesbo, che racconta come la santa seguita la processione del
martedì si recò a pregare davanti all’icona ( si attribuisce il testo non al X sec
identificando l’imperatore Romano con Romano II; ma all’XI da Kazhadan poiché
non si nomina la santa nel Synaxarion del X sec e si fa riferimento al monastero
di S.Ankourios fondato nell’XI sec)= si ha in questo periodo il cambiamento del
nome del santuario in base alla sempre maggior popolarità dell’immagine, come
giustifica il paragone con l’icona della Chalkoprateia detta Romaia, secondo una
storia del 1036 menzionata da Staurkio, il Spatharokandidatos di Basilio II, che
raccontava come l’Hodegetria dovesse raggiungere tutte le chiese nella
processione + nella Recensione C della Patria ( scriptore originarium
Costantinopolitanarium), raccolta topografia di Costantinopoli, si parla del
santuario come Hodegetria mostrando il cambio di nomenclatura nel XI sec
all’epoca di Alessio I Comneno e si descrive il percorso di evoluzione da
Cappella fondata alla fonte nel VIII/IX sec, poi resa monastero da Michele III e
poi luogo che ospita la reliquia come dimostrano le coeve Vita di Santa Tomaide
e Revisione C della Patria
L’icona ormai diventata famosa aveva bisogno di una giustificazione sacra e
perciò venne detta dipinta dall’apostolo ed evangelista Luca, descritto nel
Synaxarion nel 18/10, giorno della sua festa come pittore che aveva studiato da
medico; la leggenda del VIII secolo nasceva ipotizzando, come mostrano le fonti
di Andrea Da Creta (terza prova della validità delle immagini sacre era la
creazione da san Luca delle immagini di Cristo e Maria quando erano ancora in
vita), Lettera ai 3 patriarchi (luca aveva realizzato il ritratto della Vergine nella
santa Sion e lei lo aveva benedetto ed affidato a Gerusalemme) tutte del
periodo iconoclasta, oppure i testi storici successivi del XI/XII sec come quello
della Vita di Michele Singello ( 3° quarto del IX sec che presenta una lettera del
Patriarca Leone V di Gerusalemme che descrive Luca come il primo a realizzare
icone per la Città) o Simeone Metafraste che racconta come Luca realizzò un
ritratto di Cristo, senza dire come fosse o dove fosse, ma solo rivelando
l’intenzione di Cristo di mostrarsi ai suoi fedeli nell’XI sec il mito dell’icona di
san Luca e dell’Hodegetria si unirono grazie a due testi di pellegrini racchiusi
nelle Descriptione Costantinopoli I/II: il primo è quello dell’Anonymus Mercati, in
cui un pellegrino inglese tra il 1063-81 ( traduzione tra l’1089-1120), descrisse il
suo viaggio a Costantinopoli e l’icona della chiesa detta Hodegetria di fianco al
Grande Palazzo, parlando dell’origine della chiesa (racconto dei due Ciechi che
giungendo all’icona recuperarono la vista), dell’icona, trattando della
processione del Martedì unendo tutti i fili della rappresentazione diede origine al
termine ante quem iscrivere il collegamento tra le tradizioni = il secondo testo è
quello dell’Anonymus Terragonensis, composto tra il 1077-98/9, tradotto nel
XII/XIII sec in cui si dà una descrizione di tutte le icone principali della Theotokos
nella civilità bizantina (intento dei monaci cistercensi che conservarono il
manoscritto) dedicando spazio anche all’Hodegetria
Il culto si diffuse con ritardo a Costantinopoli, toccando inizialmente solo Roma e
Gerusalemme nelle attribuzioni della paternità delle immagini a San Luca,
poiché l’Hodegon venne connesso al Patriarcato di Antiochia nel 970 e
l’iconoclastia non permise la venerazione di immagini come in Occidente in tali
territori, portando così ad un ritardo nell’estensione a Costantinopoli della
ricerca dell’attribuzione delle immagini, tipica dei iconofili greci in occidente,
che si manifestò in oriente solo dal 1054, dopo lo scisma il riconoscimento di
Pulcheria come prima donna a Costantinopoli a possedere l’Hodegetria
attraverso il dono della sorella Eudocia serviva solo a dare una radice imperiale
al santuario dell’Hodegon, che fondato come quello delle Blacherne e
Chalcoprateia negli anni 70 del V non avrebbe mai potuto vedere l’imperatrice
del 414 come committente, per renderlo pari al Pantokrator dei Comneni= tal
pretesa viene presentata alla fine del XIV/inizio XV sec nel Patriografico Logos
Digematikos, in cui si racconta come la moglie di Marciano e madre di Teodosio
appena ricevuti i doni della sorella li pose sull’altare del santuario della
Theotokos e diede origine alla processione del martedì in cui era insieme alle
vergini, in prima fila, con capo velato e piedi scalzi a reggere ceri; così
l’Hodegetria diviene scudo per gli indifesi (episkepsis), consolazione al
sofferente(paramythia), aiuto a tutti coloro che si trovano in difficoltà (boethia),
dando così il compito alla sovrana di realizzare anche gli altri due santuari
La processione del martedì del periodo medio-bizantino viene conosciuta
attraverso testimonianze del periodo tardo-bizantino, in cui la prassi era stata
ormai modificata, come dimostrano gli affreschi dei monasteri di Decani-Mateic-
Markov che si riferisco all’Akathistos, mentre più vicino alle pratiche antiche è
quello del santuario delle Blacherne ad Arta in Grecia: oggetti di culto essenziali
in tali processioni erano le croci in argento delle Litanikoi Stauroi, come quella
conservata nel museo di Cluny del XI/XII che nel fronte presenta una Diesis
gerarchizzata in cui al centro sta la Vergine, ai lati gli arcangeli Michele e
Gabriele e sullo sfondo il battista; nel retro si presenta la ragione di questa
funzione di intercessione di Maria, mostrando al centro la Madonna con in
braccio il bambino, sotto la nutrizione dall’angelo con la manna, a destra la fuga
in Egitto, a sinistra l’Annunciazione ed in alto la Crocifissione in cui attraverso le
ultime parole di dio viene sia detta umana, affidandole Giovanni come figlio, che
divina tramite l’incarnazione di Cristo+ oltre alle croci si hanno altre diverse
suppellettili, rappresentate solo dopo l’XI sec come mostrano i Menalogia
illustrati al pari di quello di Basilio II, in cui in una Miniatura si presentano ceri ed
una Croce retta da un diacono mentre un patriarca legge seguito da sacerdoti
verso il santuario delle Blacherne+ si aggiungono anche Icone rette da bastoni
con coppa in metallo o sacca in cuoio appese al collo di chi le trasportava
nell’affresco della Blacherne di Arta del 1282-4 si presenta l’Hodegetria con
lungo Podeum, panno attaccato alla parte inferiore, trasportata sulle spalle di un
uomo con le braccia aperte come un crocifisso e bendato, con al seguito la
confraternita dell’icona: il racconto è di Stefano Novgorod del 1348/9, che
presenta dietro di lui uomini con ceri, donne velate e sotto un porticato con le
mani alzate al cielo, tutti in contrasto con i fruttivendoli in primo piano: tal
cerimonia è molto diversa da quella dell’Età dei Paleologi poiché in essa il
bendato doveva girare 50 volte intorno alla piazza inseguito dalla folla che
voleva toccare l’icona spesso inciampando e andando contro i muri, come
descrivono Cavijo nel 1403 e Tafur nel 1437
Nel resoconto dell’Anonymus Terragonesis incentrato sull’Hodegetria la si
presenta in una processione con donne velate di seta, giovani con meravigliose
voci e ceri, e nei suoi tanti miracoli tipico era quello di voltarsi,
indipendentemente da chi la portava, appena entrava nella chiesa del Santo
Salvatore (chalke) verso l’immagine del figlio posta vicino all’ingresso grazie al
suo amore materno+ in una miniatura del Manoscritto di Kokkiinobaphos del II
sec alla Biblioteca apostolica Cristiana si ha la rappresentazione dell’esodo di
Maria a 3 anni verso il tempio, seguita da Anna e Gioacchino e la folla ed
anticipata da giovani ebrei con candele, con un movimento da sinistra a destra,
e sotto l’apertura della folla, che riprende il suo gesto, ad imbuto in una
rappresentazione impostata dal basso per essere percepita in modo corretto
durante le processione= le due rappresentazioni sono molto simili, per questo
fatto e quello che nelle processioni dell’XI sec i bizantini erano soliti iscrivere
parte della loro vita quotidiana, si possono affiancare le processioni tipiche del
periodo con le rappresentazioni dell’Esodos di Maria la più antica è quella
della copertina in avorio del libro conservato nel tesoro della cattedrale di
Milano, in cui si ha Maria affiancata da un angelo all’ingresso del tempio mentre
le indica una stella ( senza paramenti della festa in suo onore: istituita dal
patriarca Germanio I nel VIII sec)+ per il fatto che sia l’Hodegetria che Maria
permangono nel Santo dei Santi in onore della festa della sua celebrazione si
hanno moltissime rappresentazioni simili in Cappadocia, ed una placca in avorio
in cui si hanno Anna e Gioacchino a sinistra e a destra Zaccaria che rivolge le
braccia alla vergine che entra con 9 fanciulle e nella parte alta è presentata
ricevere la manna+ nel Menologio di Basilio II la scena vede le fanciulle a
sinistra, Anna e Gioacchino che presentano la figlia a Zaccaria che nasconde
tremore ed eccitazione nella veste scomposta e nell’estremità destra Maria
ricevere la manna+ se nel mosaico di dafni ci si concentra sull’armonia del
gruppo delle vergini, nella miniatura delle Omelie di Giacomo di Kokkinobaphos
si presenta Maria come raggio di sole che illumina il cielo tra le stelle= il
paragone con l’Hodegetria è forte poiché anch’essa è seguita dalle ancelle, ma
qui Maria seguita dai genitori raggiunge le porte del tempio accolta da Zaccaria,
che non le oltrepassa andando dove è concesso di stare ai profani ed in modo
paradossale si presenta già oltre in basso a sinistra
Sempre nelle Omelie di Kokkinobaphos si ha una rappresentazione incentrata
nella luce: Zaccaria deve infatti reggere in alto sopra la testa un lume per
guidare la popolazione, ricollegandosi alla parabola delle Vergini sagge letta il
martedì santo; in essa 5 vergini sagge preparavano con attenzione i loro lumi
per raggiungere la notte della festa di nozze la casa dello sposo per esservi
accolte, mentre altre 5 dimenticandosi vennero lasciate fuori di casa poiché non
riconosciute: si ha quindi un parallelo con le candele e le icone portate in mano
nelle processioni del martedì dalla vergini che sfilavano dietro la Thetokos, qui
Hodegetria poiché appunto “guida”= nelle Litanai lo stretto legame con
l’Eisodos di Maria si presenta nell’immagine della Chiesa di Peribleptos di Ohrid
in Macedonia, dipinto appunto omonimo “ammirata da tutti coloro che la
guardano” che aveva tal tipo di Thetokos presentata sulla parte anteriore e
l’Esodos di Maria in quella Posteriore, dato che era volta a celebrare la
fondazione della chiesa proprio il 21/11+ questa tradizione permane anche in
epoca Tardo-bizantina, concretizzata dalla doppia processione dell’Hodegetria
fatta nel 1422 durante l’assedio di Murad II a Costantinopoli, come racconta il
sermone del XV sec di Giuseppe Brienno, in cui l’icona venne portata
dall’Hodegon fino alla Chora e poi indietro: si ha un richiamo ad archetipi antico-
testamentari, legando tal processione a quella dell’arca dell’alleanza, che
seguendo il ballo di Davide ispirato dallo spirito santo giunse al Santo dei Santi
come tabernacolo della legge; lo stesso avviene nelle processioni dell’Eisodos di
Maria e della processione del Martedì dell’Hodegetria, mostrando come
l’immagine passi dal profano (Chora) e torni nel sacro (Hodegetria) guidata da
persone comuni ma anche dall’imperatore con sacerdote Oikomene
V la risposta delle Blacherne, l’Icona del “miracolo consueto”
Appunto prima della grande fama dell’Hodegon il santuario più importante in
città per il culto mariano era quello delle Blacherne, che già prima
dell’Iconoclastia aveva una processione sacra detta Presbeia con litania e
Agrypnia, raggiungendo la Chalkoprateia; dopo l’iconoclastia la processione
portava la sconosciuta icona del Signon Tes Presbeia, molto diversa da quella
del miracolo consueto detta Synethes Thauma: essa concretizzava il simbolo
della nuova iconografia mariana presentata dalle Blacherne, che vedeva Maria
con un medaglione con all’interno Cristo, presentandolo tra le sue mani o
davanti a lei mentre era in posizione orante= così si aveva un’invocazione di
Maria mentre il figlio le rispondeva con il gesto benedicente, creando
l’iconografia detta Episkepsis (protezione-visitazione), secondo la definizione in
base al suo utilizzo e luogo di provenienza: verrà infatti poi detta Panagiotissa
dopo il periodo post-bizantino e Znemenie, parola russa per “segno” nel XV sec
e poi Playtera tou ouranou “più ampio del cielo” nel XVII l’icona trova
rappresentazione nelle monete di Zoe e Teodora, imperatrici del 1042, in quelle
dell’imperatore Alessio I Comeneno (1081-92) o di Andronico I Comneno (1183-
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