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4. ARCHEOLOGIA DELLE CAMPAGNE MEDIEVALI
4.1 Le campagne nell’età tardoantica (IV-VII secolo)
Le ultime ville. E la loro fine: a partire dal IV secolo le ville modificano il loro assetto planimetrico. Si
diffondono sempre di più le aule absidate, ovvero luoghi dove il dominus si intrattiene con gli interlocutori.
Le aule absidate e le altre stanze si dispongono attorno ad un peristilio centrale; inoltre, si affermano anche
nuovi tipi di decorazioni come i mosaici in opus sectile.
Molte sono le ville costruite nel IV secolo, ma poche di esse vengono ristrutturate durante il secolo
successivo: un esempio può essere quello di San Giovanni di Ruoti (Basilicata), una villa di I secolo a.C. che
nel 460 viene trasformata in un complesso compatto oppure la villa di Faragola (Puglia), costruita tra III e
l’inizia del IV secolo e abbandonata verso la metà del IV secolo e ristrutturata nel V. Spicca una monumentale
cenatio (sala da pranzo) che possiede pavimenti in opus sectile e uno stibadium, ovvero un divano in muratura
a forma semicircolare.
A partire dal VI secolo non si costruiscono più complessi del genere. In alcune ville si continua ad abitare
sino al VII secolo come nel caso della villa di San Giovanni di Ruoti: alcuni ambienti vengono abbandonati,
mentre in altri si continua ad abitare, almeno sino alla metà del VII secolo.
Molti complessi risultano essere abbandonate già a partire dal VI secolo. Alcuni ambienti vengono occupati
da complessi produttivi: è il caso della villa di Aiano a San Gimignano dove tra la metà del V e la metà del VI
secolo si installano officine dedite alla lavorazione del metallo, del vetro e forse della ceramica, le quali
vengono successivamente abbandonate verso la metà del VII secolo.
Le altre forme dell’insediamento: nelle campagne non vi erano solo le ville, ma esistevano anche altre forme
di insediamento.
Tra tutte spiccano i vici. Si tratta di agglomerati di case non difesi da mura e con un apparato monumentale
non troppo pronunciato e con un assetto viario interno. Ma non solo: infatti, oltre ai vici c’erano anche
fattorie più o meno isolate, le quali però risultano ancora poco indagate. Una tra esse è stata rinvenuta a
Podere San Marino, vicino Volterra: si tratta di un edificio a pianta rettangolare con cortile e cisterna che
sopravvive sino al V secolo e che successivamente viene rimpiazzato da costruzioni in materiale deperibile
che verranno abbandonate durante il VI secolo.
Nelle campagne sono presenti anche le mansiones, ovvero stazioni di sosta disposte lungo i tracciati viari.
Una delle mansio maggiormente indagate è quella di Ad Baccanas, nel Lazio: si tratta di un abitato aperto
con una piazza colonnata con tabernae e terme che resta attivo sino al V secolo.
Un paesaggio militarizzato: le fortificazioni: all’interno delle campagne non manca la dimensione militare
con la presenza dei castra (fortezze). È un fenomeno che prende avvio tra il III e il IV secolo e tra il V e il VII
secolo raggiunge il suo apice a causa delle continue lotte che interessano la penisola italiana: prima quelle
che portano allo stanziamento dei Goti, poi quelle che combattono gli stessi Goti contro i Bizantini e infine
quelle tra questi ultimi e i Longobardi.
I castra possono far parte di un più articolato sistema difensivo come quello che fanno parte di quella rete di
fortificazioni che interessava il territorio vicino alle Alpi oppure quello che si trovava in Friuli e che viene
anche citato da Paolo Diacono nell’VIII secolo.
Nella maggior parte dei casi queste fortezze sfruttano le difese naturali presenti sul territorio affiancando
anche difese artificiali come cinte murarie e/o fossati.
Le ricerche hanno messo in luce anche una loro eterogeneità per quanto concerne le dimensioni, le quali
possono variare fino ad arrivare a 10 ettari.
Oltre alle difese sopra menzionate (le cinte murarie, i fossati, a cui si aggiungono anche le torri), i castra al
loro interno dovevano essere forniti di caserme, di un quartier generale e di spazi adibiti al ristoro e alla
conservazione degli alimenti. Purtroppo, non abbiamo molte informazioni circa questi edifici: un’eccezione
è costituita dal contesto di Monte Barro, in Lombardia, dove è stato rinvenuto un grande edificio articolato
attorno ad un cortile centrale e costituito da tre ali, identificato con molta probabilità come il quartier
generale del castrum. Il complesso doveva essere articolato su più piani e doveva possedere anche la sala
dove il comandante espletava le sue funzioni.
Il modello del complesso di Monte Barro è mutuata da un altro palazzo del potere, ovvero quello dei duchi
goti e longobardi a Brescia; a sua volta il palazzo di Brescia eredita la sua planimetria dall’architettura militare
romana basta sui principia (luogo in cui risiedevano le insegne e la legione) e sui praetoria (luogo in cui
risiedevano i comandanti).
Qual è l’autorità che costruisce queste fortezze? Ovviamente si tratta dello stato (romano o bizantino, goto
o longobardo) che tuttavia può delegare anche altre autorità a provvedere alla costruzione di questi castra,
in primis quelle ecclesiastiche.
Un paesaggio ideologizzato: le chiese rurali: a partire dal V secolo (in alcuni casi anche dal IV) si iniziano a
cogliere le tracce delle prime chiese all’interno del paesaggio rurale che risultano essere una diretta
conseguenza della progressiva conversione degli abitanti di queste aree. Perciò la necessità di somministrare
loro la “cura animarum”, ovvero i sacramenti o funzioni fondamentali come per esempio il battesimo, fanno
sì che le chiese inizino sempre più a proliferare nelle campagne.
In questa fase non è solo la Chiesa che costruisce questi edifici, ma anche i membri dell’aristocrazia
promuovono la costruzione di queste strutture. Ovviamente, dietro questo evergetismo si può cogliere la
volontà dei membri più facoltosi del periodo di possedere un controllo sulle popolazioni rurali attraverso i
nuovi edifici di culto.
I contesti all’interno dei quali le nuove chiese si inseriscono sono assai vari.
In primis ci sono le ville. Molto spesso vi sono edifici di culto che tendono ad occupare lo spazio di un’antica
villa abbandonata del tutto o solo in maniera parziale. Alle volte può accadere che le ville vengono
abbandonate e le chiese costituiscono il nuovo polo di attrazione per una nuova rioccupazione di quel
territorio: è ciò che accade a Monte Gelato (Lazio), dove all’inizio del V secolo una piccola chiesa viene
costruita all’interno di alcuni spazi appartenenti ad un villa di III secolo d.C.. Tale struttura sarebbe dunque
nota per svolgere le sue funzioni per gli abitanti di un nuovo insediamento nato presso la villa o, tuttalpiù,
per un insediamento vicino. Il rapporto chiesa-villa può dunque configurarsi in vari modi: gli edifici di culto
possono sorgere all’interno di essa, ad una breve distanza oppure la chiesa con il suo nucleo cimiteriale
può essere situata in una posizione più distante e i due nuclei si mantengono così separati.
Le chiese possono essere fondate anche all’interno dei vici, come nel caso di Muralto dove viene costruita
una grande basilica a tre navate durante il V secolo con annesso cimitero.
Anche altri insediamenti iniziano ad ospitare chiese al loro interno: un esempio ci è fornito dalla mansio di
Ad Baccanas che a partire dal IV secolo ospita un santuario dedicato ad Alessandro.
Le chiese possono ritrovarsi anche all’ interno dei castra. Non è atipico che alcuni edifici di culto si inseriscono
all’interno di alcune fortezze già a partire dal V secolo. Le piante di queste chiese sono molto spesso piccole,
ma possono avere anche dimensioni considerevoli come quella di S. Giovanni a Castelseprio, la quale era
anche affiancata da un battistero.
Infine, alcune chiese possono trovarsi totalmente isolate come nel caso di S. Giorgio ad Argenta (Emilia-
Romagna): una cappella funeraria gota di fine V – inizio VI secolo viene trasformata in una chiesa alla metà
del VI secolo per volontà dell’arcivescovo di Ravenna.
Un’ulteriore questione è quella legata alle diocesi rurali, le quali si sviluppano a partire dal V secolo e sono
legate e allo sviluppo di una sede vescovile extra-urbana.
Uno dei casi più importanti di diocesi rurale è quella di San Giusto (Foggia), luogo in cui tra V e VI secolo
vengono costruite due grandi chiese che occupano uno spazio precedentemente occupato da una villa
romana. Accanto a queste chiese venne anche costruito un battistero.
Un ultima sfumatura del paesaggio rurale è costituita dai monasteri rurali. Il monachesimo si diffonde a
partire dal IV secolo, ma abbiamo pochissime tracce archeologiche di questa primitiva fase dal momento che
l’architettura monastica non possiede ancora una sua forma codificata. Infatti, tra IV e VII secolo non vi sono
planimetrie ricorrenti, ma le soluzioni adottate dei monaci sono le più disparate.
Uno recente scoperta è stata fatta ad Alatri, nel Lazio: è infatti venuto alla luce il monastero di San Sebastiano
citato da Gregorio Magno nel VI secolo. La struttura è composta da una chiese senza abside, una cappella
triabsidata e un edificio adibito a dormitorio.
Nuovi orizzonti: il VII secolo e la conquista delle alture: durante il VII secolo si consolidano i fenomeni ce
hanno preso il via nel secolo precedente. All’interno del territorio vi è la crescente affermazione delle fortezze
come centri amministrativi.
Si continua con la costruzione delle chiese sebbene si tratti di edifici di dimensioni più contenute rispetto a
quelli edificati in precedenza. In Italia centro-settentrionale i committenti di questi edifici sono gli esponenti
dell’aristocrazia territoriale longobarda e la loro funzione principale è quella di chiese funerarie. Si tratta
dunque di edifici di carattere privato che sono edificati sui terreni degli stessi committenti.
Inoltre, durante il VII secolo si fa largo una tendenza che va sempre più consolidandosi, ovvero quella di
stabilire degli insediamenti al di sopra delle alture.
In tal senso, una delle evidenze più importanti di questo tipo è quella di Montarrenti, vicino Siena. Nel corso
del VII secolo nasce un villaggio formato da case in materiale deperibile con pavimenti in terra battuta e con
tetti di paglia. Inoltre, vi sono due palizzate che difendono la parte alta e quella bassa dell’ abitato.
Un’ulteriore evidenza è costituita dall’abitato di Scarlino, in provincia di Grosseto: nel corso del VII secolo su
un’altura, dove in seguito verrà costruito un castello, trovano spazio alcune case in legno che sfruttano la
presenza di resti di età romana.
Montarrenti e Scarlino possiedono una differenza specifica, ovvero la presenza di elementi