Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
I BASSIFONDI DEL BAROCCO
La Roma del vizio e della miseria
Catalogo
1. Bacchino malato Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, olio su tela, 1593.
Con l’autoritratto in veste di Bacco il pittore rivela una precoce riflessione sulla propria attività e propone
una celebrazione originale dell’ispirazione artistica. La scelta del giovane Caravaggio è singolare sotto molti
aspetti. Il soggetto, prima di tutto è un autoritratto eseguito a inizio carriera (cosa poco comune). Singolare
è anche la preferenza per un autoritratto in veste di figura mitologica: qui Caravaggio si richiama al
rapporto fra il dio del vino e la creazione artistica, che si basa su un ricco patrimonio di riferimenti dalle
accademie letterarie e artistiche e dagli artisti stessi.
Caravaggio si riallaccia al dio che ha inventato il vino, inserendo al centro della sua composizione il gesto
inaugurale di tale creazione: il grappolo d’uva spremuto da Bacco. Il gesto lievemente contratto del braccio
che tende i muscoli per spremere delicatamente l’uva con le dita, in direzione della bocca del dio, è
parallelo al piano del quadro ed è stato evidentemente studiato a lungo. Lo si potrebbe interpretare altresì
come un atto di “riverenza” verso il Bacco di Michelangelo Buonarroti [fig. 2 p.26].
Caravaggio evocherebbe, invertendola, non tanto la posa del dio, ma quella del satiro che l’accompagna,
nascosto dietro le sue gambe, che presenta lo stesso braccio contratto e la mano che accosta
delicatamente l’uva alla bocca per gustarne il nettare. Il gesto inaugurale dell’invenzione del vino si
accompagna alla corona di edera del pittore-Bacco prepotente, sfacciata, quasi farsesca, che ricorda il
travestimento ma anche le aspirazioni dell’artista.
Ai primi anni della permanenza di Caravaggio a Roma risalgono due dipinti raffiguranti Bacco: il Bacchino
malato della Galleria Borghese e il Bacco con la coppa di vino degli Uffizi. II primo fu eseguito nella bottega
del cavalier d’Arpino, dove il giovane pittore lombardo operò per qualche tempo, specializzandosi
provvisoriamente nella realizzazione di nature morte e di mezze figure intorno al 1593. Dopo un periodo
trascorso presso il Cavalier d’Arpino Caravaggio “provò a stare da sé stesso, e fece alcuni quadretti da lui
nello specchio ritratti. E fu un Bacco con alcuni grappoli d’uve diverse, con gran diligenza fatte, ma di
maniera un poco secca”. Quasi la totalità degli studiosi concorda nel ritenere che l’artista abbia dipinto il
proprio volto sulla tela con l’ausilio di uno specchio, metodo del tutto convenzionale che ha permesso la
creazione di quello che si reputa il più famoso degli autoritratti in veste di Bacco. Nel Bacchino malato, il
pallore del personaggio sarebbe indizio del cattivo stato di salute dell’artista, che avrebbe eseguito il
dipinto dopo un periodo di ricovero. Si hanno diversi punti di vista riguardo a quest’opera, alcuni
sottolineano il realismo pittorico, altri cercano significati cristologici, mentre Kristina Hermann Fiore è stata
la prima a distinguere un omaggio all’ispirazione artistica.
La mimetica nella resa materica degli oggetti, nella rappresentazione dei riflessi e della luce, delle figure e
degli elementi del decoro, è certamente frutto di una riflessione approfondita sulla pittura. Presentano una
messa in scena del tutto artificiale e non sono riducibili al naturalismo dei particolari o alla pura realtà
quotidiana (alla quale pure rimandarci, richiedendo, anche a questo solo titolo, una lettura che vada oltre la
mera osservazione visiva e il referente mimetico. 15
Il Bacchino malato deriverebbe dalle immagini della Madonna col Bambino in cui il piccolo Gesù ha un
grappolo d’uva in mano; il tavolo di pietra davanti a lui raffigurerebbe il sepolcro Cristo; la posizione delle
gambe, l’uva e la corona di edera alluderebbero alla Resurrezione. In questo modo il quadro
rappresenterebbe, più che un Bacco, un autoritratto votivo e gratulatorio eseguito all’uscita dall’ospedale,
con il quale l’artista avrebbe dipinto sé stesso in veste di imitatore di Cristo sotto il segno della
Resurrezione; quanto alle pesche, sostituirebbero la mela quale evocazione del peccato originale
trasformata in simbolo di salvezza. Il fatto che Cristo venga rappresentato sotto l’aspetto di un giovane
mezzo nudo, effeminato e ammiccante non sembra creare nessun problema.
Kristina Hermann Fiore non pretende di riconoscere Cristo sotto le fattezze del giovane, ma individua in
quest’ultimo un trasferimento del tema della Passione su un piano più artistico che religioso. Potrebbe
infine essere opportuno ricordare che l’edera, che cinge vistosamente il capo del giovane non è solo uno
degli attributi più noti di Bacco ma è anche di un simbolo dell’ispirazione poetica, della gloria letteraria e
del duro impegno che comporta.
L’origine lombarda di Caravaggio potrebbe avergli consentito di familiarizzare con pratiche parodiche e
linguistiche: tenendo conto di ciò, le pesche rappresentate in primo piano sembrerebbero un’offerta
connesse con il tema cristiano della redenzione, risultano invece un’allusione alle natiche, per la
somiglianza di forma.
Per alcuni anni Caravaggio visse insieme al collega Mario Minniti che utilizzò spesso come modello. Gli atti
di processo contro Caravaggio lasciano intendere che omosessualità e bisessualità fossero pratiche correnti
negli ambienti artistici romani, così come numerosi dipinti possono suscitare riflessioni in tal senso.
Alcuni studiosi ritengono che i due Bacco, Ragazzo con la canestra di frutta e il Suonatore di liuto hanno lo
stesso tipo fisico di fanciulli effemminati, seminudi, sensuali e languidi, con lo sguardo provocante puntato
sullo spettatore, probabilmente sono stati ispirati dalle riunioni e dagli spettacoli musicali e teatrali di alcuni
cardinali romani. Infine nei due Bacco troviamo un riferimento all’omosessualità.
È stato detto che nel Bacco degli Uffizi all’idea di lussuria rappresentata dal giovane languido e ammiccante
si associa il concetto di vanitas richiamato dalla presenza di frutta molto matura nella cesta e nei grappoli,
nonché dalla policromia delle foglie di vite della corona, atta a evocare la parabola del loro ciclo biologico.
La stessa combinazione ricorre infatti nel Bacchino malato, dove il grappolo è afferrato con entrambe le
mani, in un gesto che potrebbe suggerire sia l’idea dell’offerta sia quella della pressatura dell’uva, in altre
parole dell’appagamento del piacere, se non fosse per alcuni acini già marci.
2. Bacco e un bevitore Bartolomeo Manfredi, olio su tela, 1621-22.
Questo, come tanti altri quadri in seguito, avrà delle difficoltà ad essere associato immediatamente al vero
artista.
La composizione mira a un sottile gioco di combinazioni: le due figure sono speculari e sembrano unite da
un lieve moto rotatorio che accentua la voluta ambiguità della tematica. Questa specularità, evidentissima
nella definizione del Bacco potrebbe trovare conferma nell’idea che Manfredi si sia rifatto a un prototipo di
Bacco di Caravaggio eseguito allo specchio. Anche il movimento del braccio destro alzato, contribuisce a
imprimere il senso rotatorio all’immagine, accentuato proprio dal gesto della spremitura dell’uva. ln questo
16
movimento e soprattutto nel gioco del doppio richiama anche il Narciso della Galleria Nazionale di Arte
Antica di Palazzo Barberini.
Manfredi non dipinge tuttavia un Bacco giovinetto ma lo raffigura più adulto. II giovane uomo di spalle,
definito come “soldato” rappresenta in verità il protagonista del tempo presente, che si contrappone con
vivacità alla figura mitologica. L’abito ricco con farsetto di damasco bianco e ampie maniche rosse, è quello
in uso in quegli anni, così come il copricapo nero con la piuma bianca visibile in tanti quadri degli anni
romani di Caravaggio.
Il mondo del mito si contrappone e si mescola all’attualità della vita quotidiana in una rappresentazione di
quello che avviene nella taverna, dove soldati e gentiluomini si intrattengono uniti dal piacere del bere, qui
rappresentato da Bacco.
Manfredi contrappone nel giovane uomo una fisionomia dai tratti più compendiari, con ombre decise e non
sfumate. Inoltre vi è l’idea che nell’immagine possa essere raffigurato l’autunno, o il mese di ottobre. Nel
quadro emerge l’alta qualità dell’esecuzione nel gioco di luci e ombre, ma anche in alcuni accorgimenti
sofisticati come l’andamento delle braccia dei due personaggi, parallele tra loro, che segnano il fulcro
dell’immagine, culminante nel movimento delle due mani contrapposte intente a spremere l’uva e a
reggere il bicchiere in bilico.
L’uso del colore è morbido e smagliante allo stesso tempo.
3. Bacco giovane Pseudo-Salini, olio su tela, 1620 ca.
Nel giovane protagonista della raffigurazione sono condensati, in uno schema compositivo originale,
attributi e caratteri che la tradizione classica associa inequivocabilmente all’immagine di Bacco: il capo
cinto dalla corona di pampini, le mani che ghermiscono i rigogliosi tralci di vite, la nudità glabra, la mollezza
un poco effeminata della posa, in cui forse possono leggersi, nella proiezione laterale delle braccia e nella
leggera torsione del bacino, echi della statuaria greco-romana.
Tuttavia la possibilità di comparazioni dirette ha chiarito come esso non sia pertinente con il contesto del
primo naturalismo napoletano: la composizione s’inserisce bene in un gruppo nutrito e piuttosto coerente
di opere di ambito romano, spesso di soggetto bacchico o genericamente agreste. Fra i pezzi più
strettamente legati al dipinto in esame, hanno in comune il tipo e l’espressione beffarda dei volti, le
anatomie arrotondate, il profilo schematico delle ombre; inoltre, i morbidi trapassi luminosi, quasi vellutati,
delle epidermidi.
4. Fauno con uva e flauto Seguace di Bartolomeo Manfredi, olio su tela, 1620 ca.
L’opera viene esposta alla mostra del 1954-1955 con il riferimento a un seguace olandese di Bartolomeo
Manfredi. Vi è una stretta affinità con la tela Bacco e un bevitore [cat.2]: entrambe le scene rientrano in
quella produzione di formato medio con soggetti vari e pittoreschi tra cui interni di osterie, zingari, 17
giocatori, mendicanti, musici, allegorie e altro ancora, ispirati alle tele di Caravaggio, che era assai richiesta
proprio per la singolarità dei temi anche dopo la sua partenza da Roma e poi la sua scomparsa nel 1610.
La tela presenta la figura centrale che emerge dall’oscurità dello sfondo con la testa rovesciata all’indietro
incorniciata da un serto di foglie di vite, la bocca dischiusa a raccogliere l’uva scura che ti