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IL PORFIDO, MARMO DEGLI IMPERATORI
Il porfido, marmo color rosso porpora estratto dalle cave del deserto egiziano, era riservato alle divinità e all’imperatore, per il
fatto che il colore era considerato regale. Le cave già usate dai faraoni e poi dai Tolomei, furono scoperte dai romani al tempo
di Tiberio (14-37 d.C), l’impiego del porfido fu sempre maggiore con Diocleziano e poi Costantino per definire la loro posizione
a metà tra regalità e divinità. Verso la metà del V sec le cave sono abbandonate; la lavorazione avveniva ad Alessandria ma a
volte sul luogo di destinazione.
I Tetrarchi di Venezia
L’arredo del Philadelphion, grande slargo che segnava la biforcazione della Mese, aveva molte sculture di porfido celebranti
Costantino e la sua famiglia (pilastro con rilievi ispirati alla vita di C, gruppo statuario con i suoi figli ecc.) come le statue dei figli
che si abbracciano all’indomani della morte del padre; quest’ultimo gruppo poteva essere riconosciuto nei Tetrarchi veneziani
(fu ritrovato un frammento di piede nel Foro di Teodosio che completa il gruppo). Oggi le 2 coppie di figure si trovano ai lati
del Tesoro di San Marco all’ingresso del Palazzo dei Dogi (di certo facevano parte dl bottino di marmi portati a Venezia nel
XIII). Ogni coppia era posta su una mensola modanata sporfente da una colonna con superficie curvilinea (analoga struttura si
trova nella via colonnata a Parlmira in Siria). (nb. Altra coppia proveniente dal Tempio del Sole è in Vaticano).
Le figure si uniscono il un simbolico abbraccio che celebrava l’unità della Tetrarchia. Discusse sono l’identità dei soggetti
(idealizzati, importa sottolineare rango sociale), la provenienza e la datazione. Sembrano provenire dall’Egitto e datarsi 305-
312; le vaticane e le veneziane hanno differenze di stile: le prime esprimono un’energia primitiva, quasi brutale mentre le
seconde più pathos. Entrambe le coppie comprendono una figura glabra con barba leggera, simili sono le calotte compatte dei
capelli, le rughe in fronte, grandezza occhi chie fissano con pupille dilatate, bocca piccola, abito militare con tunica manicata,
la corazza con cinturone gemmato e il paludamentum sulla spalla dx. Gemmate anche le scarpe e i foderi di spde con
impugnatura a testa d’aquila, copricapo cilindrico (berretto pannonico) con fori per corona.
Parte del bottino anche una testa diademata in porfido oggi sulla balconata della Basilica di S. Marco (i veneziani lo
identificano come il condottiero Carmagnola, decapitato nel 1432) potrebbe essere, con sguardo quasi diabolico, naso di
forma insolita mancante di parte sporgente, Giustiniano II, imperatore del 685, al quale fu amputato il naso, altri dicono
Giustiniano I.
I sarcofagi imperiali
Per suo volere Costantino venne deposto nel mausoleo dei S. Apostoli. Secondo le fonti l’edificio aveva pianta centrale, era
simile al mausole di Diocleziano a Spalato e quello di Massenzio in via Appia. L’interno, con nicchie, erano decorato in marmo e
il soffitto dorato, al centro un altare. Il sarcofago era nella nicchia mediana davanti l’ingresso, altri sarcofagi di imperatori
erano nelle altre nicchie. Erano in porfido, documentati già oer Nerone (68 d.C.), Adriano (135), Settimio Severo (211),
Diocleziano e quindi Costantino, ciò si legava al rito di ricoprire di porpora il catafalco e la maschera di cera della cerimonia.
Per la madre di Costantino fu usato un sarcofago in porfido con scene di battaglia (oggi al Vaticano); idem per la figlia,
collocato nel mausole in S. Agnese (via Nomentana) ma oggi ai musei vaticani. Il coperchio è decorato con festoni e protomi
umane, la cassa con foglie di acanto e uva con vendemmianti, pavoni e altri animali.
Fino al 1028 i sarcofagi di tutte le figure imperiali erano posti in mausolei e stoai in S. Apostoli, quelli in porfido erano 9,
l’ultimo in porfido fu di Marciano (457) ma gli imperatori continuarono spesso ad essere “porfirogeniti” per essere nati nella
stanza di porfido (pareti/pavimenti) del Grande Palazzo a Costantinopoli.
In porfido era la rota in S. Sofia dove l’imperatore era consacrato, come il pavimento della Magnatura (sala del trono) o la rota
nel vestibolo, dove pregava l’imperatore. Alcune rotae si sono conservate poiché riutilizzate dai sultani, come anche i
sarcofaghi dopo la conquista ottomana (ornamento di moschee/palazzo sultano/vasche fontana ecc): ne sono 8 a Istanbul,
non possiamo attribuirli perché le epigrafi sono disperese (tranne quello di Giuliano).
Esisteva anche il tipo “a cassapanca”, trovato uno nel cortile di S. Irene: la cassa è liscia, il coperchio a doppio spiovente,
timpani laterali decorati con croce il cui braccio superiore è sostiuito da un disco con chrismon (simbolo vita);
In occidente il porfido fu utilizzato per i sepolcri regali di Valentiniano II e l’ostrogoto Teodorico.
L’IPPODROMO
Intorno all’agorà dell’antica Bisanzio, Costantino costruì il Senato e il complesso del palazzo imperiale, ampliò L’ippodromo
costruito da Settimio Severo, ispirandosi al Circo Massimo. Per la natura del terreno si costruirono possenti sostruzioni per
colmare il dislivello. Come per le tradizioni imperiali tetrarchiche fu aggiunta una loggia imperiale, struttura a due piani che
comunicava col palazzo: era un collegamento tra sovrano e sudditi. Si inaugurò la città nell’ippodromo l’11 maggio 330, e
anche qui ci fu la rivolta Nika. Molte opere d’arte fatte trasportare da Costantino e successori furono poste nei portici sopra le
gradinate, restano in situ il Colosso Obelisco in muratura forse del tempo di Costanzo II (337), l’obelisco fatto erigere da
(
Teodosio I (390) e il frammento di un tripode bronzeo anguiforme. (Questo era dedicato dai Greci al santuario di Apollo a Delfi,
per vittoria contro i persiani nel 479 a.C., ne abbiamo disegni di de Vos, il tripode si conservò integrò fino al XVIII quando fu
vittima di superstizione popolare) . Oggi rimane il supporto formato dalle spire di 3 serpenti. Della collezione facevano parte
anche le basi di statue di aurighi e il gruppo dei cavalli di S. Marco a Venezia (di bronzo stavano sopra una torre e furono presi
dai Veneziani nel 1204). Già nel XIII l’Ippodromo cadde in rovina, divenne cava di materiali per gli ottomani.
L’OBELISCO DI TEODOSIO I
Nel 390 viene eretto nell’Ippodromo l’obelisco di Teodosio I, di granito rosa, quasi 20 m, che oggi manca 1/3 dell’altezza, lo
sappiamo per il suo gemello ancora in un tempio a Tebe (celebravano vittorie faraone).
Si erge sopra un doppio basamento di marmo, ma non poggia su di questo, bensì su 4 cubi di bronzo che danno stabilità. La
base inferiore ha una rientranza decorata con motivo baccellato, agli angoli vi sono 4 blocchi di granito rosa. Ha inoltre due
iscrizioni, una latina e una greca, celebrano la Vittoria di Teodosio I sugli usurpatori Massimo e Vittorio e la sua discendenza
(ossia Arcadio). Sui lati sono rappresentati l’erezione dell’obelisco e le corse dei carri nell’ippodromo. La 1° scena è divisa in 2
parti dall’obelisco sotto cui passano corde, alcuni personaggi sorvegliano l’operazione, dietro ci sono gruppi musicanti, sulla dx
l’obelisco è alzato e operai tagliano le corde; nella 2° scena l’ippodromo con i suoi monumenti, si sta svolgendo la corsa delle
quadrighe.
Il basamento superiore è un parallelepipedo perché ha lati disuguali. Vi sono scolpiti Imperatori (Teodosio I, Valentiniano II,
Arcadio e Onorio) che presenziano i giochi. Lo schema compositivo delle scene è analogo: tutte le 4 scene sono divise in 2
registri da un parapetto. Sul lato N-O ci sono 4 figure maschili in prospetto con la tunica manicata e un rotolo (forse allude alla
loro autorità giudiziaria), solo 3 hanno l’acconciatura a caschetto cinto da diadema (sono augusti e il 4° è un caesar). Nel
registro ingeriore ci sono tribù barbariche occidentali (con vesti di pelli) e orientali ( berretto frigio e tuniche persiane), recano
omaggio agli imperatori.
Il rilievo mostra la loggia del kathisma, struttura a più piani collegata al palazzo imperiale (con sale ricevimento), e la stama,
piattaforma con portico dove l’imperatore premiava i vincitori.
I panneggi sono fluidi e ci sono raffinati effetti chiaroscurali, come ricercata è la caratterizzazione delle teste, con piani
morbidi, ognuna un vero e proprio ritratto.
Sul lato S-O (fig.10) c’è la presentazuibe del gruppo imperiale entro una loggia, ai lati ci sono guardie e dignitari, sotto due
figure al lati di una scalinata che collegava kathisma e stama. A DX e SX spettatori che incintano i carri. Queste morbide figure
richiamano il missorium.
Sul lato S-E (fig.13) invece la scena è affollata, in una loggia architravata, nella stama l’imperatore porge una corona. Accanto
un fanciullo togato e uno clamidato, con intensa espressione, in 2° piano 3 guardie e 1 uomo calvo. (fig14-15). Ai lati della
loggia 3 figure togate per parte e infondo 6 guardie per parte; i volti hanno occhi grandi, lineamenti regolari, bocca piccola. Le
teste erano fatte in un 2° momento. NB. In origine i rilievi erano policromi. Nel registro inferiore ci sono danzatori al suono di
vari strumenti.
Sul lato N-E (fig.17) il kathisma accoglie solo un imperatore clamidato con 2 dignitari e 1 guardia, ai lati della loggia 3 dignitari
togati e 4 guardie. Il solo simbolo cristiano sul monumento è il Chi Ro (fig.19). Sono identificabili gli imperatori tranne quello
solitario, forse Teodosio I, e i fanciulli Onorio e suo nipote o ultimogenito.
Discussa la datazione, la critica recente dice che i rilievi sono stati scolpiti nel 392, quindi è probabile che i rilievi siano opera di
più mani, ma queste piccole differenze di stile non invadono le rigorose composizioni che celebrano la dinastia
dell’imperatore. Le figure sono impostate simmetricamente, convergono verso l’imperatore frontale. Disinteresse per la
prospettiva, essa è innaturale, questo estrae le figure dal tempo e dallo spazio, (scene reali, non realistiche), e dà un senso di
trascendenza. Come il Missorium di Madrid, esprimo l’essenza della teocrazia bizantina, una semantica sacra, con significati
insiti nell’icona imperiale. (nb. immagine evoca concetti complessi)
Il MISSORIUM DI TEODOSIO I
E’ un grande piatto d’argento conservato nella Real Academia de la Historia di Madrid, scoperto nel 1847; era stato tagliato a
metà con una lama. Un’iscrizione lungo il bordo un po’ rialzato, indica che esso venne realizzato nel 388 a Tessalonica per
celebrare il 10° anno di regno di Teodosio I.
Vi è rappresentata a sbalzo una teofania imperiale (stile simile a obelisco). Teodosio è al centro (vestito preziosamente con
tunica di ricami, fissata sulla spalla da una preziosa fibula con pendenti di perle, ai piedi stivaletti ticamati) seduto