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Ciò che prevale, alla fine, è garantire la vocalità dei cantanti, senza preoccuparsi del realismo. I per-
sonaggi ripetono tre-quattro volte i passaggi, sprezzandosene della verosimiglianza, pur di esibire il
loro ventaglio vocale. Il concertato finale del primo atto è un montaggio di battute dove le parole si
riducono a meri fonemi (dindin, bumbum, crà crà, tac tà). Stendhal, estasiato, la definì “follia orga-
nizzata”.
Stendhal definì Rossini una sorta di Napoleone, per la sfolgorante carriera. Compone L'italiana in
Algeri e Il barbiere di Siviglia tra i 21 e i 24 anni. A trent'anni è osannato a Vienna. Poi in Francia,
dove morirà a Parigi, colmato di onori. Francesizza opere italiane e produce un kolossal, Guglielmo
Tell (1829), che inaugura il genere del grand-opèra.
Muore nel 1868, restando in silenzio creativo per quarant'anni, forse per depressione o per avversio-
ne verso la nuova civiltà romantica, lui che si è formato nell'Ancien Régime.
Il melodramma romantico nasce in una direzione che non è quella di Rossini, ma della coppia Belli-
ni-Donizetti. Il romanticismo italiano ha caratteri più attenuati di quello tedesco. Non c'è sensibilità
per l'interazione tra individuo e natura. La musica italiana dell'Ottocento ignora la musica della na-
tura. E manca anche il nesso stringente con miti e religione, che si trova in Wagner. Predomina l'a-
more e la passione sentimentale, senza il sostrato filosofico, per esempio, del Tristano e Isotta di
Wagner.
I Puritani di Vincenzo Bellini (1801-1835), in scena a Parigi nel 1835, ha sullo sfondo la lotta tra i
seguaci di Cromwell e la Corona inglese, ma l'impressione è di una vicenda senza tempo, con l'a -
more tra Arturo ed Elvira, contrastato da Riccardo, che segue lo schema classico: tenore e soprano
da un lato e il baritono antagonista dall'altro.
Bellini ha prodotto poco. Non solo perché morto giovane, ma perché determinato a definire una sua
poetica. Norma (1831), che il librettista Felice Romani trae da una tragedia francese, è un primo
modello di libretto romantico. Si svolge nella Gallia al tempo dei romani. Norma, sacerdotessa cel-
tica, ha una relazione col console Pollione, da cui nascono due figli. La foresta gallica discende dal -
la sensibilità romantica, ma romantica è anche la scelta della figura femminile destino di passione e
morte. Norma, lasciata da Pollione per un'altra, cerca vendetta, ma alla fine sacrifica se stessa, in un
finale che piacque anche a Wagner.
Altro modello capitale è Lucia di Lammermoor (1835) di Gaetano Donizetti (1797-1848). Un va-
ghissimo scontro tra famiglie scozzesi del Settecento fa da sfondo a una vicenda passionale: Lucia
ed Edgardo si amano, ostacolati dal di lei fratello Enrico, che la vuole sposata al suo alleato politico
Arturo. Edgardo sottolinea come l'amore ha il sopravvento sulle rivalità familiari, cosa che però
conduce alla morte: Lucia muore di dolore dopo aver pugnalato il marito sposato a forza ed Edgar-
do si suicida. Ancora una donna sacrificata e l'exemplum dell'eroe romantico in Edgardo.
Lucia di Lammermoor non è un unicum. In Lucrezia Borgia (1833) e Maria Stuarda (1834) ripropo-
ne la figura dell'amante infelice. Non mancano note involontariamente comiche.
Nella creatività di Donizetti c'è una vena ironica, che gli fa creare opere comiche che sono capola-
vori. Ne L'elisir d'amore (1832) il contadino ingenuo Nemorino ricorre ad un elisir, vendutogli da
un ciarlatano, per conquistare la fredda Adina. Donizetti introduce una novità: l'allegria non è data
dalla carica energetica della musica (come in Rossini), ma dal personaggio, che non è solo mac-
chietta. Nemorino ha anche una sua grazia commovente, che spiega la conversione finale di Adina.
Donizetti e Bellini sono un duo di reciproche influenze, disegnando mezzo Ottocento, raccoglien-
dolo da Rossini e consegnandolo a Verdi. In Giuseppe Verdi (1813-1901) non risuona la passione
d'amore, ma un timbro virile, che coincide con la passione politica, tipica del Risorgimento. Alcuni
suoi cori sono percepiti come canti patriottici. In realtà Verdi era un liberale nazionalista, simpatiz-
zante di Mazzini, per poi avvicinarsi a Cavour, che gli chiese di entrate in Parlamento. Curioso che
il Va' pensiero del Nabucco (1842) sia diventato inno del partito separatista Lega Nord.
Verdi raggiunge maturità col grande trittico degli anni Cinquanta (Rigoletto, 1851; Il Trovatore,
1853; La traviata, 1853). Il melodramma amoroso si allarga agli affetti paterni e materni purificati
dal dolore. Nel Rigoletto il protagonista è un buffone di corte, la cui figlia è amata dal sovrano, ed è
il dolore a dare umanità al freddo profilo del buffone. Nel Trovatore crea un romanticismo notturno
raro nella cultura italiana. La notte esalta il personaggio della zingara Azucena, impazzita di dolore
per la morte del figlio Manrico, il trovatore, ma felice per aver vendicato sua madre, arsa viva dal
padre del Conte di Luna, rivale in amore di Manrico. Nella Traviata si ha una storia d'amore infeli-
ce, ma articolata psicologicamente e socialmente. Infatti qui Verdi riprende il dramma di Dumas fi-
glio La signora delle camelie, che miscela abilmente romanticismo e condizionamenti sociali.
Verdi si muove dentro una società meno laica di quella francese, quindi deve moralizzare e camuf-
fare. La traviata è la donna corrotta, immorale, visto che è una prostituta. È la traduzione di fille
perdue di Dumas. Ma rispetto all'originale Verdi non indietreggia. Verdi apre il sipario su un interno
borghese, conservando l'approccio sociologicamente aspro di Dumas: il borghese non ha soldi per
mantenere la cortigiana, la quale si mantiene prostituendosi con gli amanti aristocratici. Il padre di
Violetta è molto presente in Verdi, a differenza di Dumas. La musica di Verdi martella quando il pa-
dre impone alla figlia di rompere la relazione, dandole del tu, quando sia prima che dopo le dà del
voi. Questo in Dumas non è presente.
Per mettere a fuoco le pulsioni edonistiche della élite sociale, inventa un doppio coro, quello fem-
minile e quello maschile. Il realismo che Verdi introduce nel melodramma è un motivo del fiasco
della prima veneziana del 1853. Il pubblico borghese percepisce le allusioni e le critiche ai costumi
e alle ipocrisie dell'alta società. L'anno successivo è invece accolta con successo, quando Verdi
l'ambienta in pieno Settecento, lontana dalla realtà contemporanea.
Verdi rimane fedele allo spirito del melodramma italiano: conflitti chiari, semplici ed esemplari. È
questa energica rappresentazione del personaggio che consente a Verdi di raccogliere con l'opera li-
rica un pubblico vasto, popolare, colto e incolto. La sua trilogia viene definita romantica o popola-
re. È con Verdi che il melodramma diventa espressione nazional-popolare.
Verdi si dà anche alla sperimentazione, con Otello (1887) e Falstaff (1893), entrambi con il libretto
scritto da Arrigo Boito. C'è una ricchezza orchestrale notevole, con gli strumenti che agiscono da
personaggi. A qualcuno parve che con queste opere Verdi mostrasse di andare incontro a Wagner.
Giacomo Puccini (1858-1924) è l'ultimo interprete del melodramma italiano. Per i critici ha uno
spirito piccolo-borghese, con melodie facili per un pubblico vasto. Ha comunque dei meriti. Tallona
i suoi librettisti (Giuseppe Giacosa e Luigi Illica) per ottenere l'effetto migliore. È aperto nelle scel-
te, tra il quotidiana e un Oriente esotico.
La Bohème (1896) è un melodramma-manifesto del Verismo. È la storia di quattro bohémiens squat-
trinati che vivono nella Parigi del 1830. Non c'è trama, ma il pàthos e comico eroismo della vita
quotidiana: un cambiamento rispetto alla gloria del melodramma tradizionale. Non manca l'amore.
Madama Butterfly (1904) è ambientata in Giappone. È la tragica storia di una giapponese che si in-
namora di un tenente americano, che l'abbandona salvo poi tornare con la moglie americana per to-
glierle il figlio, condannandola ad harakiri. Incompiuta è Turandot, andata comunque in scena nel
1926 diretta da Arturo Toscanini. Ambientata in Cina, una regina uccide i suoi pretendenti per poi
innamorarsi di Calaf. Qui Puccini si apre a suggestione diverse, turbate.
La novità di Puccini è la morbosità con cui affronta il nodo tenerezza/erotismo, arrivando al sadi-
smo e masochismo, come nella Tosca (1900, da un dramma di Sardou), ambientato a Roma nel giu-
gno del 1800. Lotta politica che si intreccia con gli amori del pittore Mario Cavaradossi e della can-
tante Floria Tosca, che è desiderata dal capo della polizia papalina Scarpia. Moriranno tutti. Ad affa-
scinare Puccini è il legame tra violenza politica e violenza sessuale. Scarpia tortura Cavaradossi nel-
la stanza accanto al suo studio, dove c'è Tosca che aspetta di essere violentata. In Sardou, quando lei
vede il suo amante sanguinante, si lancia verso di lui, baciandolo. In Puccini, invece, si copre il vol-
to per un attimo e solo dopo, vergognandosi della sua debolezza, lo bacia. Puccini coglie una verità
profonda, ovvero che ogni violenza fisica non è altro che violenza sessuale.
L'opera lirica francese, che ha subito l'influsso del melodramma italiano, nell'Ottocento si muove da
sola. Se il melodramma italiano ricerca le lacrime con la passione, quello francese esprime il buon
gusto, l'eleganza, l'intelligenza. Due generi sono tipicamente francesi: l'opéra-comique e il grand-o-
pèra.
L'opéra-comique, nata nel Settecento, è caratterizzata dall'alternanza di dialoghi in prosa e parti mu-
sicate e cantate. Il carattere è comico ed è sempre a lieto fine. Anche musicisti italiani si cimentano
in questo campo, come Donizetti con La figlia del reggimento (1840).
Il grand-opéra è più recente, tra 1828 e anni '70. Quasi sempre in cinque atti (minimo quattro), ha
un allestimento sfarzoso, una corografia imponente e scene di massa. La trama è romanzesche, sullo
sfondo di conflitti storici o religiosi. Un contributo a questo genere fu il Guglielmo Tell di Rossini,
in francese. Anche altri (Donizetti e Verdi) produssero opere di questo genere.
All'opéra-comique appartiene Carmen, capolavoro di Georges Bizet (1838-1875), che fece inva-
ghire Nietzsche. Ambientata a Siviglia, Carmen è un'operaia in un'industria di tabacco, e la sua cari-
ca erotica attrae i militari Zuniga e José e il torero Escamillo. José, per lei, diserta e diventa contrab-
bandiere, fino ad accoltellarla a morte quando lei lo lascia per il torero. Alla prima il pubb