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ANDATO TRASFORMANDO ATTRAVERSO MOLTE GENERAZIONI DI CANTORI CHE

NON SAPEVANO SCRIVERE e che si caratterizza per il ruolo fondamentale svolto dal

CONTESTO DELL’ENUNCIAZIONE E DALLA MEMORIA DEL CANTORE, oltre che per la

concomitanza temporale tra COMPOSIZIONE E TRASMISSIONE, che rende impossibile

apportare correzioni tornando indietro. Il contesto dell’enunciazione: mittente

e destinatario sono compresenti in una situazione interattiva e partecipata che consente al cantore di

modificare il racconto a seconda degli umori percepiti nell’uditorio, espandendolo e abbreviandolo

per non perdere ascoltatori e per attirarne di nuovi. Di fronte ha sempre individui reali, che

interagiscono sia con lui che tra di loro, incitando il cantore e indirizzandone il canto. Per

comunicare, suscitare interesse e coinvolgere, egli non dispone unicamente del linguaggio verbale:

essenziali sono i gesti, le espressioni del volto, i toni della voce, il suono e i silenzi ed eventualmente i

costumi e la danza. Inoltre la NARRATIVA ORALE non essendo fissata dalla scrittura può

sopravvivere soltanto grazie alla memoria umana. Deve dunque favorire questa memoria, assumendo

una forma che faciliti il ricordo. 6

COME FANNO I CANTORI ORALI AD IMPARARE TANTI RACCONTI E A SAPERLI

RIPETERE CON PRECISIONE DI PARTICOLARI? Milman Parry e Albert Lord cercarono di

capire come i cantori imparassero nuove storie e a tal fine tentarono un esperimento con un

GUSLAR di nome Avdo, il migliore che i due avessero mai incontrato. Lo portarono dove un altro

guslar stava cantando una storia a lui sconosciuta e quando questi ebbe finito gli chiesero se se la

sentisse di ripetere quanto aveva appena udito. Avdo rispose di si: non solo poteva ripeterla, ma

l’avrebbe fatto meglio dell’altro guslar. Era un canto lungo di svariate migliaia di versi che Avdo

allungò accumulando ornamenti e imprimendo maggiore intensità al racconto.I due studiosi

scoprirono, così, che i guslar (e presumibilmente anche gli aedi della Grecia e i cantori medievali)

imparavano un mestiere ascoltando un maestro, che accompagnavano ovunque egli andasse ad

eseguire i suoi canti. Non studiavano, ma apprendevano osservando e ascoltando il mastro.

Memorizzavano così, per lo più inconsapevolmente, storie, sintagmi, temi, interi brani narrativi che

andavano a dare corpo al loro futuro repertorio. Terminato l’apprendistato il giovane cantore aveva

nella sua memoria tanti pezzi di bricolage, da adattare e combinare in modo diverso ad ogni sua

esecuzione e nel corso della sua vita quel repertorio veniva ampliato e modificato dal momento che

egli maturava un linguaggio personale e un proprio stile. Avdo aveva quindi memorizzato tempo

prima una serie di frasi,di brani descrittivi,di tratti di carattere che gli servivano per i suoi canti e che

aveva utilizzato anche in questo caso per ripetere e migliorare il racconto. Egli in quella situazione

aveva dunque in realtà attinto dal suo repertorio verbale e non alle parole udite distrattamente una

volta sola. Quanto alla storia l’aveva solo RICONOSCIUTA, individuandone gli episodi che la

componevano e che gli erano già noti perché, come tutti gli episodi dei racconti orali, facevano parte

della tradizione. Si era limitato a RIPETERE o aveva creato, composto? In realtà ripetere per

l’individuo orale non significa ripetere le medesime parole e nulla distingue il ripetere dal creare o dal

comporre.

Dal momento che l’epica orale affida la sua sopravvivenza solo alla MEMORIA, questa veniva

sollecitata da tre elementi testuali:

 formule

 temi fissi

 schemi narrativi

sono proprio le caratteristiche di cui la narrativa si è progressivamente liberata. Le FORMULE sono

sintagmi che associano sempre le medesime parole e ricorrono in tutto il repertorio di un cantore

(facilitando la composizione all’impronta, cioè all’atto stesso dell’esecuzione) e nell’insieme della

Inno ad

tradizione, ai cui contenuti esse rimandano come link di una pagina web: nell’omerico

Ermes

, per esempio, il dio appena nato viene chiamato POTENTE UCCISORE DI ARGO anche

se evidentemente in quel momento non poteva averlo già ucciso. La formula si riferisce in realtà alla

piena identità del Dio, rimandando ad un altro canto della tradizione, dove appunto si narra di

quell’uccisione. Nell’Iliade Achille non è sempre in movimento, eppure viene definito fin dall’inizio

con la formula di PIE’ VELOCE. L’uso di formule che non ha attinenza con lo specifico canto, ma si

riferisce ad altre storie della tradizione, produce l’effetto di richiamare quelle medesime storie alla

memoria. Sono pezzi da incastro pronti per essere utilizzati velocemente e che costituiscono il

materiale base dell’epica orale: l’Odissea è costituita per un buon 90% da formule ed espressioni

formulaiche. I TEMI sono repertori di scene tipiche che variano entro limiti determinati. Un tema

molto comune nelle epiche orali è il banchetto-concilio-assemblea, che può essere di Dèi come 7

all’inizio dell’Odissea, o di popoli, come quello a cui partecipa Ulisse presso i Feaci. Temi sono

anche la vestizione delle armi da parte dell’eroe e il lamento per la morte. Hanno carattere fisso, nel

senso che si compongono di sequenze che tendono a ripetersi in ogni esecuzione. Si potrebbero

definire pezzi di bricolage più estesi delle formule. Gli SCHEMI NARRATIVI sono raggruppamenti

di temi tra loro associati sempre allo stesso modo per seguire disegni narrativi precisi: il matrimonio,

la liberazione, la cattura della città, il ritorno dell’eroe sono tutti schemi narrativi che organizzano il

procedere delle azioni in interi poemi. La cattura della città costituisce l’impianto dell’Iliade mentre il

ritorno dell’eroe, quello dell’Odissea.

Nel mondo dell’epica orale la scrittura non era sconosciuta ma non godeva di prestigio e la sua

conoscenza veniva lasciata agli strati più bassi della società. Questo atteggiamento spiega la lentezza

della sua diffusione e il ritardo nel fissare per iscritto i racconti della tradizione orale che furono

tramandati per molto tempo tramite la sola voce e che, anche dopo essere stati trascritti, non

cessarono subito di circolare oralmente. Lord chiese ai GUSLAR di cantare appositamente per la

trascrizione, in un contesto diverso dal solito, senza pubblico, interrompendosi spesso e ripetendo

per consentire di riportare tutte le parole su carta. Ne concluse che così dovevano essere avvenute le

trascrizioni dei poemi che sono dunque TESTI CHE FURONO DETTATI ORALMENTE. La

trascrizione di un racconto nato nell’oralità comportava, però, la perdita di quella parte di significato e

di effetto che l’esecuzione orale veicolava tramite i suoi molti elementi extraverbali. LA

PERFORMANCE ERA PARTE DEL SIGNIFICATO: le parole stesse in quel contesto acquistano

un significato pieno e compiuto perché accompagnate da gesti, da espressioni del volto e dei costumi,

dalla musica, dall’intonazione della voce, dalle pause e dai silenzi. La trascrizione riporta invece solo

le parole pronunciate causando una perdita significativa; ecco perché, leggendo oggi opere nate

nell’oralità, non si è in grado di apprezzarli. Ad ogni modo fu un processo graduale perché la

comunicazione narrativa non passò direttamente da un canale tutto sonoro ad uno esclusivamente

visivo, ma attraversò forme di commistione e nel tempo quote sempre più ampie di significato

venivano prese in carico dalla parola scritta. Diminuirono e poi sparirono le formule, poi toccò alle

sentenze e ai proverbi, poi ai temi fissi e infine alla struttura per episodi.

Avdo, come abbiamo già detto, non aveva ripetuto letteralmente il canto dell’altro guslar ma al

contrario aveva cambiato molte cose ( aveva spostato l’ordine degli eventi, allungato parti della storia,

aggiunto ornamenti). Eppure tutto questo al suo pubblico era apparso una semplice ripetizione. La

cultura a cui apparteneva Avdo non percepiva quelle modifiche come cambiamenti. Questo perché

l’epica orale si compone di tanti pezzi di bricolage che possono essere spostati nelle diverse

esecuzioni senza che ciò comporti la percezione di una reale differenza. Benché i temi conducano

l’uno all’altro per formare un canto con un inizio, un centro ed una fine, tuttavia le parti di questo

intero, cioè temi, hanno una loro vita semi-indipendente e non c’è un filo narrativo che non possa

essere abbandonato. Ne deriva che lo stile dell’ epica orale consente LE DIGRESSIONI.

Sarà l’ultima caratteristica legata all’oralità a scomparire. Considerata a lungo, insieme agli episodi, il

solo modo per inserire la VARIETA’ in un testo narrativo, da un certo momento in poi verrà

criticata per l’interruzione che provoca nel filo del racconto ed eliminata infine quando fu inventato il

romanzo. L’epica orale infatti ha un’impalcatura che non può essere uguale a quella del romanzo. Il

romanzo dovrà presentare storie sempre nuove, sconosciute al lettore e inattese per suscitare

curiosità, stimolare ipotesi e voglia di sapere come va a finire. Le storie che compongono un romanzo

non possono rimandare alla tradizione, non può RIPETERE come fa l’epica orale. Ciò che racconta

è UNITARIO e coeso, senza pezzi spostabili quali gli episodi e le digressioni, ed è NUOVO, creato 8

dal suo autore e che vale fintanto che non è conosciuto tutto il suo svolgimento e il lettore non ha

finito di leggerlo esaurendolo. Il più antico tra i romanzi greci e latini è il ROMANZO DI NINO

(GRECO, I-II secolo a.c); seguito dal SATYRICON di Petronio, più recente di circa un secolo e

mezzo e da CHEREA E CALLIROE di Caritone. Al II secolo d.c appartengono le

METAMORFOSI (l’asino d’oro) di Apuleio: una raccolta di favole milesie nate nell’oralità e quindi

originariamente trasmesse oralmente e poi raccolte e fissate da Apuleio. Ma anche dopo essere stato

messo per iscritto rimase un testo per pochi lettori che lo memorizzavano per poi rimetterlo

nell’oralità, raccontandolo a un uditorio. Insomma, era probabilmente una sorta di manuale ad uso

dei cantori.

LE ETIOPICHE di ELIODORO: Il romanzo greco dalla fortuna più longeva, riscoperto in epoca

rinascimentale e stampato a Basilea nel 1534. Fu presto tradotto dal greco in diverse lingue europee e

cominciò subito a esercitare un’influenza incisiva sulla narrativa. Dopo l'invenzione del ROMANZO

fu riconsiderato e ritenuto noioso, ingenuo e primitivo. Oggi le Etiopiche non riscuotono più il

consenso del grande pubblico e per questo il loro passato successo può apparire inspiegabile. Ma è

perché si dimentica che non venivano fruite ne

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
16 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/08 Archivistica, bibliografia e biblioteconomia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher swanrhcp di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del libro e dei sistemi editoriali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Montecchi Giorgio.