Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
IL PONTEFICE MASSIMO
1. Era il capo del collegio dei sacerdoti che custodivano la religione romana
2. Teneva il calendario dello stato, infatti era suo compito la compilazione del calendario e
l’indicazioni dei giorni fasti e nefasti e, in base a questo calendario, veniva regolata anche l’attività
dei tribunali.
3. Custodiva la storia della città con la compilazione degli annales pontificum, nei quali erano riportati
tutti gli eventi importanti che avevano interessato Roma nell’anno precedente.
4. Non si comportava come un mago o un indovino, era piuttosto un tecnico, ebbe infatti per anni il
totale controllo del diritto romano umano e sacrale.
5. Stilavano i “Responsa”, dei parerei giuridici che indirizzavano la giustizia e che saranno poi stilati da
giuristi laici.
Il sacerdozio pontificale e le magistrature si congiungevano spesso nelle stesse persone, diò era dovuto,
secondo Cicerone alla divina inventiva degli antenati, infatti : “i cittadini più ragguardevoli e illustri
custodivano la religione amministrando bene la repubblica, e la repubblica, interpretando sapientemente la
religione”.
CONVENTIO IN MANUM
Si trattava di una pratica che accompagnava il matrimonio (e che in alcuni casi si fondeva con esso) con la
quale la domma usciva dalla propria famiglia di origine e si sottoponeva alla manus del marito o del
capofamiglia di lui. Di questa pratica ne esistevano tre tipi:
COEMPTIO e USUS rientravano esclusivamente nella sfera del diritto civile,
la conferratio invece rientrava anche nella sfera del diritto sacrale, infatti gli sposi si univano
“per mezzo dell’acqua e del fuoco e del farro mischiato al sale” ed è risaputo che il farro aveva una valenza
simbolica molto alta nella Roma arcaica. Non mancava la pronuncia di parole rituali.
UNA LINGUA DEI SEGNI
Le forme facevano parte di una cultura ermetica ed esoterica e solo i giuristi sapevano interpretarle.
Tuttavia queste forme non erano statiche, ma una stessa forma poteva servire a funzioni diverse.
La “in iure cessio” ad esempio, consisteva in un “rivindica” fittizia di un bene che si voleva acquistare
davanti al magistrato. In seguito lo stesso istituto fu utile anche a costituire un rapporto associativo, ad
un’adozione o a trasferire l’eredità. Anche la MANCIPATIO diventò un negozio astratto, non solo perché il
prezzo non veniva più pagato al momento del rito, ma anche perché diventò utile anche a compiere una
donazione, costituire una dote o garantire un debito, per affidare qualcosa in custodia o addirittura per
acquistare la potestà sulla moglie, tutte cose che fanno della Mancipatio un “negozio astratto”.
Dalla Mancipatio deriva anche un testamento mancipatorio, ovvero il testamentum per aes et libram,qui lì
alienante non tace, a differenza della Mancipatio vera e propria.
Dalla mancipatio deriva anche l’istituto dell’emancipazione, infatti secondo le XII Tavole un padre che
avesse venduto per tre volte il figlio non avrebbe più esercitato su di lui la patria potestas. Così il padre
vende il figlio ad un estraneo (che si presta al gioco) e questo per due volte lo manomette, facendolo
tornare nella potestà paterna. A conclusione della terza vendita il figlio non è più sottoposto alla potestà
del padre, ma a quella dell’acquirente, il quale ora, con una Mancipatio, lo vende al padre. Ora il figlio è
sottoposto al padre, ma non come figlio, il padre esercita su di lui il Mancipium, ovvero il generico potere
su persone o cose. A questo punto il padre lo “manomette” e l’atto è concluso.
Con questi esempi possiamo vedere che le forme sono entità stabili, ma che operano solamente da
archetipi, potendo servire ad una varietà di cose. Potremmo paragonare le forme alla natura: la sua
varietà creativa è immensa, ma a modellarsi e rimodellarsi sono solo un piccolo numero di forme
elementari.
CAPITOLO 5
CONTADINI E MERCANTI
1.
Roma non avvertì da subito il bisogno di diventare una potenza navale e commerciale. Infatti il primo
trattato con una potenza straniera (Cartagine) risale solo alla fine del VI secolo e rispecchiava più lo spirito
commerciale di Cartagine che quello di Roma e teneva conto più degli interessi delle città alleate di Roma
che di Roma stessa, tuttavia il trattato riguardava l’Urbe in prima persona. Solo nel II secolo, con la seconda
vittoria su Cartagine, Roma diviene una potenza marittima e commerciale.
Nel IV secolo la società romana vede al proprio vertice un’aristocrazia delle cariche, la cosiddetta nobilitas.
I patrizi vi rientravano senza ombra di dubbio, mentre quando era un plebeo a raggiungere una carica e ad
entrare a far parte della “nobilitas”, esso diventava un “uomo nuovo” e “nobilitava” se stesso e tutta la sua
famiglia per sempre.
IL DIRITTO COMMERCIALE
2.
Né nel mondo greco, né nel mondo romano si costituisce un diritto commerciale come ramo autonomo
dell’ordinamento giuridico; non si distingue un ius mercatorum come nel medioevo.
Detto questo, possiamo intendere come diritto commerciale romano un complesso normativo sorto per i
bisogni del traffico nell’area mediterranea, non applicabile solo ai mercanti ma utilizzato principalmente da
loro, questo complesso normativo risulta libero dai vincoli formalistici del diritto civile. Quest’insieme di
norme prenderà il nome di ius gentium e si andrà a contrapporre allo ius civile, anche se, guardando da un
altro punto di vista, risulta compreso in esso per le ragioni spiegate sopra.
IUS CIVILE IUS GENTIUM
Riguarda i cittadini di una città, gli stranieri ne sono Ha una vocazione universalistica, è quasi un diritto
esclusi internazionale, ma non nel senso moderno della
parola
Le leggi concorrono a formarlo, ma le sue origini si Non lo riguardano né la legge né la consuetudine. Si
perdono nel tempo e non vi è traccia di un atto forme da un insieme di pratiche della realtà viva
costitutivo
Lo ius gentium non ha quindi la sua fonte di diritto nelle leggi o nelle consuetudini di un popolo, ma ha la
sua fonte nella naturalis ratio, cioè l’innata capacità degli esseri umani al ragionamento.
Lo stesso Gaio, nelle sue Istituzioni ci parla dello ius gentium:
"Ciò che invece ha stabilito la naturalis ratio tra tutti gli uomini viene in eguale misura osservato presso tutti i popoli ed
è chiamato ius gentium, quasi come del diritto di cui si servono tutte le genti. E così il popolo romano si serve in parte
del diritto proprio, parte del diritto comune a tutte le genti"
LE REGOLE DEL GIOCO
3.
Con il diritto commerciale vengono quasi a mancare gli istituti formalistici arcaici (mancipatio ecc…),
poiché le antiche procedure non erano in grado di risolvere i problemi che la prassi poneva per la prima
volta, tuttavia questi antichi negozi non cadono in disuso, vengono semplicemente affiancati dalle
nuove pratiche. Una differenza sostanziale tra le antiche “forme” e le nuove pratiche è riscontrabile
nell’utilizzo della parola, infatti la parola ora diventa solo lo strumento o il veicolo della volontà, non è
più un dato assoluto. Tra le nuove figure negoziali troviamo:
LOCATIO CONDUCTIO: con questa pratica il locatore si obbliga a mettere a disposizione del conduttore
una determinata cosa, il conduttore, dopo averla manipolata, si obbliga a restituirla al locatore.
Secondo le varie ipotesi spetta all’una o all’altra parte una somma di denaro, la “merces”.
MANDATUM: il mandatario si obbliga a fare gratuitamente qualcosa per il mandante.
SOCIETAS: ve ne sono di due tipi: quella che nasce tra fratelli e quella che nasce tra liberi associati.
Riguardo alla prima, la loro posizione familiare giustifica la contitolarità del patrimonio e la rilevanza
per tutti dell’agire di ognuno dei soci.
La società che nasce tra liberi associati è qualcosa di diverso, i soci possono anche mettere in comune
tutto il loro patrimonio o perseguire insieme determinati scopi come l’esercizio di un’attività
economica, tuttavia il vincolo che tiene insieme i soci non trova la sua origine in uno status familiare,
ma dalla volontà, liberamente espressa di associarsi.
EMPTIO VENDITIO: si tratta di un atto di compravendita, tuttavia a differenza dei negozi arcaici “niente
muta nel mondo visibile”. Infatti con questo atto non vi è una immediata consegna della merce ed un
immediato pagamento del prezzo, ma il compratore si obbliga a pagare la somma di denaro ed il
venditore si impegna a consegnare la cosa. E’ un negozio basato sulla “buona fede” dei soggetti che lo
contraggono. Una pratica simile non è riscontrabile in nessuno dei diritti antichi, soprattutto in quello
greco (termine preferenziale di paragone). Infatti negli atti di compravendita previsti dal diritto greco,
bisognava che la merce ed il denaro venissero scambiati al momento stesso della conclusione dell’atto
di compravendita, senza che si venisse a creare nessun rapporto di tipo obbligatorio.
IL PRETORE PEREGRINO
Con l’espansione romana nel mediterraneo divenne necessario creare una figura che fosse preposta
all’amministrazione della giustizia qualora fossero sorte delle controversie tra cittadini romani e
stranieri: fu così che nel 242 a.C. fu istituita la carica di: Praetor Peregrinus.
Con la creazione di questa figura cambia anche una nuova procedura per quanto riguarda il processp,
infatti nel suo ufficio non si svolgeva più il processo formalistico arcaico, ma nasce un processo detto
“formulare”, che soppianterà il processo arcaico anche nell’ufficio del pretore urbano. Questo nuovo
tipo di processo conserva la divisione in due stadi o momenti (in iudicem e apud iudicem), tuttavia non
è vincolato alla rigidità delle legis actiones, il suo strumento è la “formula” (o“iudicium”) nella quale il
magistrato riassume in termini precisi la controversia e la consegna al giudice che la utilizzerà come
schema o programma della sua decisione.
IL PRETORE E L’EDITTO
4.
Al pretore (urbano o peregrino) era affidata una funzione normativa, cioè in un certo senso egli agiva
da legislatore, produceva cioè un insieme di norme che prendevano il nome di “diritto onorario
(o pretorio)” Infatti il pretore era investito dello ius edicendi, ovvero della facoltà di emanare editti
aventi forza di legge. L’editto del pretore aveva durata annuale come la carica del pretore stesso.
Nell’editto, il magistrato prefigurava le diverse ipotesi in cui avrebbe dovuto nominare un giudice a
coloro che si fossero rivolti a lui come parti di una co