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PERSONE E FAMIGLIA NEL PERIODO ANTICO
Nel periodo antico si configurò lo status libertatis et civitatis, prima concepito come unico poi diviso. La libertà era condizione indispensabile per la cittadinanza romana. Si configurò poi lo status familiae, come composizione della persona in una data familia.
Liberi e schiavi
Le istituzioni di Gaio dicono che la summa divisio de iure personarum è tra liberi o schiavi. Lo schiavo non poteva essere titolare di alcuna situazione giuridica, il potere su di lui del padrone era permanente ed ereditario. Il numero degli schiavi nel periodo antico era modesto. Nel campo della religione lo schiavo era quasi pari a un libero, partecipando a sacra familiaria, valore vincolante del suo giuramento e natura religiosa del suolo in cui veniva sepolto. L'integrità fisica dello schiavo era tutelata, in quanto le XII Tavole punirono la rottura di un suo osso con sanzione pecuniaria. Se uno schiavo veniva colto in flagrante a rubare poteva
esser buttato giù da una rupe; se furto non flagrante era comminata al libero una pena pecuniaria, il padrone dello schiavo era tenuto a noxae dederee, ossia a mettere lo schiavo a disposizione del derubato, oppur poteva sostenerne l’innocenza.
Lo schiavo non poteva essere parte in un processo; sia chi, vivendo come schiavo, voleva dimostrare in un processo contro padrone di esser libero, sia chi vivendo come libero, era rivendicato come schiavo, aveva bisogno di adsertor in libertatem. Processo ispirato a favor libertatis: il rex/magistrato dopo i due sacramenta lasciava libera la persona fino alla sentenza, se dopo questa era negata la libertà, erano possibili altre vindicationes in libertatem.
Costituzione della schiavitù:
- Nascita da madre schiava al momento nascita
- Prigionia di guerra (captivitas) e cattura in territorio romano di individuo appartenente a comunità in guerra con Roma. La captivitas era considerata non definitiva, se il cittadino romano,
Divenuto schiavo, riusciva a fuggire e rientrava in territorio romano, egli riacquistava libertà e cittadinanza.
- Deditio di un individuo effettuata da comunità straniera a Roma, in violazione di regole giuridico-religiose internazionali
- Cittadino romano diveniva schiavo di stranieri, nessun cittadino romano poteva divenire schiavo a Roma, tranne che per gravi comportamenti delittuosi:
- Debitore insolvente che ha subito manus iniectio
- Disertore e renitente leva militare
- Chi non si sottoponeva al censimento
La schiavitù era uno stato permanente, poteva cessare solo con atto volontario di liberazione da parte del padrone → manumissio, di 3 tipi:
- Manumissio vindicta → Finto processo di libertà, l'adsertor libertatis affermava solennemente tenendo in mano una becchetta (vindicta) che lo schiavo era libero, mentre il padrone taceva e si ritirava in accordo con adsertor; rex/magistrato rendeva efficace con addictio l'affermazione
• Manumissio censu→ Poteva avvenire ogni 5 anni, con il censimento, e consisteva nelladichiarazione della propria appartenza alla civitas (come cittadino e quindi necessariamente libero)fatta su autorizzazione del padrone.
• Manumissio testamento→ Clausola inserita nel testamento, il testatore disponeva che dopo la suamorte lo schiavo fosse libero. Forse introdotta o confermata da XII Tavole. 29
La manomissione rendeva lo schiavo libero e cittadino romano. Libertà e cittadinanza strettamenteconnesse. Il manomesso non era equiparato a nato libero (ingenuo), era libertus, legato da vincolo disubordinazione all’antico padrone, ora considerato come suo adgnatus proximus.
Cittadini e stranieri
La cittadinanza romana era il 2° requisito dopo la libertà per poter essere pienamente titolari di situazionigiuridiche. Una protezione più specifica ed estesa, consentendogli anche prolungato soggiorno in territorioromano, poteva
essere conferita a stranieri/clausole di foedus (trattato) eventualmente concluso tra loro comunità e Roma o per effetto dell'hospitium concesso da Roma ad altre comunità o singolo straniero.
L'accordo comportava il diritto di soggiornare, di ricevere erogazioni in denaro/natura, di essere assistito in eventuali liti. In mancanza lo straniero poteva fare appello al potere protettivo di un patronus, divenendo suo cliens.
I Latini costituirono una lega latina, divenuta una specie di unità federale. Le singole comunità latine erano indipendenti con proprio governo, diritto, religione, esercito, ma svolgevano insieme varie attività di carattere religioso, politico, militare. I Latini avevano in Roma uno statuto speciale, sopravvissuto anche dopo lo scioglimento della lega latina e stabilì la sua egemonia sulle comunità latine rimaste. Lo statuto dei Latini comprendeva:
- Diritto di trasferirsi a Roma, assumendo cittadinanza romana (ius migrandi)
Diritto di votare nei comizi se il Latino si trovava a Roma il giorno delle votazioni (ius suffragii)
Diritto di compiere atti traslativi (mancipium) e forse contrattuali (nexum, mancipatio, pes aes etlibram) regolati da diritto romano (ius commercii)
Diritto di contrarre valido matrimonio con romano/a (ius connubi) → il marito aveva sulla romana ipoteri assegnati al marito dal proprio sistema giuridico e non la manus.
Acquisto cittadinanza:
- Per nascita, bisogna distinguere:
- Iustum matrimonium → nato cittadino romano se il marito della madre aveva la cittadinanza romana al momento del concepimento, qualunque fosse la cittadinanza della madre
- Fuori dal matrimonio → nato cittadino romano se tale era la madre al momento della nascita, la cittadinanza del padre naturale non contava
- Conferita a straniero/comunità con disposizione del re/legge votata da comizi
- Annessione territorio conquistato, rendendo ager Romanus tale territorio; alcune
persone sottoposte a lui
- Familia communi iure, tutti gli adgnati entro 6/7° (famiglia agnatizia)
A favore dell’unità della famiglia agnatizia si adduce brano di Istituzioni di Gaio, da cui si apprende che inantico, morto il pater, permaneva tra i figli una particolare società (consortium ercto non cito), per cui ibeni ereditari rimanevano fra essi indivisi e goduti in comune. La famiglia romana era formazione sociale digrande rilievo, saldamente organizzata intorno a capo autocratico, con proprio culto, propria attivitàeconomica.
La struttura autoritaria si esprime nel potere del pater familias su tutti i componenti, qualificati come alieniiuris, sottoposti a potere altrui. La patria potestas permetteva di impartire ai sottoposti qualsiasi ordine, didisporre di essi sia materialmente che giuridicamente; il pater poteva venderli a titolo definitivo/scopo digaranzia, poteva ucciderli o infliggere pene corporali. Potere poi limitato, Romano stabilisce
che i padri dovevano allevare tutti i figli maschi e femmine primogenite, non uccidere figli minori di 3 anni, salvo imperfetti/mostruosi. All'assolutezza dei poteri del pater si contrappone l'assenza di diritti dei filii, che non potevano essere titolari di situazioni giuridiche nel campo del diritto privato. La patria potestas spettava all'ascendente vivo più anziano sui nati ex iustis nuptiis, al momento stesso della loro nascita. Altrimenti si acquistava anche mediante apposito atto giuridico, molto antico: adrogatio, che serviva a sottomettere a un pater familias (arrogante) un altro pater familias (arrogato) con tutto il suo complesso di persone e beni a lui facenti capo, era l'assorbimento di una familia in altra familia. L'atto comprendeva il voto dei comizi curiati e la loro convocazione da parte del pontificie massimo. Gli effetti della adrogatio erano sottoporre l'arrogato al potere dell'arrogante, trasformandolo in alieni iuris.lungo tempo la patria potestà non si poté estinguere se non per morte o perdita libertà. Non esisteva un atto con cui il pater familias potesse volontariamente rinunziare alla sua potestà. Rinunzia volontaria totale impossibile, ma possibile quella relativa a singolo filius familias tramite emancipatio, se il padre ha venduto il figlio 3 volte, il figlio sia libero dal padre. La vendita a cui si riferiscono le XII Tavole era quella del mancipium, intendeva punire il padre per abuso di patria potestas e proteggere il figlio. Tre volte perché si pensa all'eventualità che il terzo l'avesse comprato fiduciae causa, a scopo di garanzia/lavoro con l'obbligo di riemanciparlo al padre o manomettendolo, il pater si riservava potere di riscatto, e limitava potere di disporre del compratore, impedendogli in pratica di rendere sui iuris il figlio con la manomissione e di sottrarlo definitivamente al pater. Le XII Tavole stabilirono che il paterPoteva rivendere il filius solomassimo due volte, alla terza vendita il figlio era libero. I pontefici suggerirono al pater, che desiderassenon avere più patria potestas, il compimento di complesso di atti d'accordo con un amico di fiducia e conpartecipazione di un magistrato. Il pater effettuava 3 mancipationes successive all'amico, che lomanometteva vindicta e dopo la terza lo riemancipava al pater, che lo aveva in mancipio e lo manomettevarimanendone patrono. Per figlie e nipoti bastava una sola mancipatio. Si poteva poi avere adoptio, primadell'ultima manumissio, un terzo rivendicava tale persona come proprio filius e grazie a preventivo accordootteneva che addictio del magistrato lo facesse considerare suo effettivo filius familias.La manus sulla moglie si differenziava dalla patria potestas. Si diceva che la moglie in manu del pater erapresso di lui come una filia e che la moglie del figlio era come una nipote; se la donna che si sposava era suiiuris e
Aveva beni propri, questi passavano in blocco al pater che acquistava la manus su di lei. Per la costituzione della manus erano previsti 3