Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Il viaggio di liberazione dell’Italia inaugurato da “Paisà” si trasforma in viaggio di liberazione dall’Italia;
subentra la ricerca del lavoro, succedono i toni melodrammatici dolorosi e catartici. L’accentuazione dei
caratteri popolari dell’Italia comporta l’immersione nei dialetti, è attribuita ad essa la funzione di restituire,
riflettere ed esplorare le culture regionalistiche e marginali del paese, realizzando la sua unità identitaria
attraverso un dialogo costante tra le diversità e i particolarismi, esso viene utilizzato secondo due modalità
differenti:▸ Come strumento conoscitivo di una dimensione antropologica e sociale.▸ Come effetto di
spettacolarizzazione del linguaggio popolare, tradizionalmente più vivo di quello della comunicazione
corrente.
Paisà: Intreccia le parlate dialettali dei personaggi italiani con l’inglese degli alleati e il tedesco degli
occupanti, Rossellini è interessato a rappresentare la difficoltà di comunicazione tra culture diverse e
l’aspetto vivo e multiforme di un paese che non è stato cancellato, ma occultato dal cinema precedente. Con
il suo aspetto polifonico mira a ricreare un’autentica dimensione fisiologica del linguaggio, che aderisca al
corpo dei personaggi, alla loro esistenza materiale e al loro pensiero, senza sembrare un artificio elaborato
dagli sceneggiatori. L’effetto di autenticità del materiale linguistico spesso viene raggiunto mediante il ricorso
a un’illusorietà di tipo naturalistico, affidata ai codici della verosimiglianza come il doppiaggio; adotta infatti
una logica combinatoria unendo la presa diretta e la post-sincronizzazione. La discesa rosselliniana
nell’oralità è vera e fittizia insieme.Visconti, al contrario, nel suo “La terra trema” predilige l’espressivo e
l’ideologico, il suo film adopera un dialetto così stretto e incomprensibile che il distributore pretenderà di
doppiarlo in italiano sicilianizzato per farlo uscire sul mercato, avendo l’autore escluso persino i sottotitoli.
Un’inclinazione epico-lirica porta Visconti a utilizzare il dialetto come uno spartito musicale, sottolineandone
gli elementi di fissità rituale e compiendo un tortuoso lavoro sui dialoghi; questo porta alla creazione di un
laboratorio linguistico che si articola in cinque momenti:
6. Elabora uno schema degli interventi, ispirandosi a “I Malavoglia”.
7. Si incontra con gli attori ai quali sottopone lo schema e dai quali ricava indicazioni e parole chiave.
8. Mette a punto la versione definitiva del testo.
9. La passa a Franco Zeffirelli perché la faccia tradurre da alcuni vecchi di Aci Trezza per ottenere le
coloriture più arcaiche.
10. Il testo tradotto viene adattato ad ogni interprete, ritrascritto e imparato a memoria dagli attori, seguiti e
controllati sempre da Zeffirelli.
La lingua de “La terra trema” nasce dall’interazione di tre sistemi diversi e passa attraverso cinque fasi di
gestazione-realizzazione, nelle prime tre si costituisce l’inventio ( italo-siciliana ) nelle ultime due c’è la parte
esecutiva ( dialettale ).Presentato al Festival di Venezia del 1946, la narrazione della guerra e della
Resistenza adotta un registro polifonico, centrando l’attenzione sul rapporto tra uomo e territorio, sulla
difficoltà di comunicazione tra culture diverse che appartiene alla fisionomia storica dell’Italia, Rossellini
spinge la tensione al massimo per allargare l’orizzonte comunicativo del cinema facendo di Paisà un punto di
incontro e di scontro fra etnie, classi e culture eterogenee.La storia non si dispiega come lotta tra le forze del
bene e le forze del male, né come disegno provvidenziale o castigo divino, ma si presenta all’insegna del
travaglio dell’esistenza. Dal punto di vista ideologico e politico, l’intenzione del regista mira a rinsaldare e
celebrare i legami sentimentali e culturali tra le due nazioni. L’oggetto del film neorealista, afferma Rossellini
nel 1952, non è la storia ma il mondo che si apre davanti ai nostri occhi, in Paisà il regista si affida al primato
della ripresa cinematografica sull’intreccio e la forza vivificante del set naturale, non completamente
strutturato per una messa in scena stabilita in anticipo.Tutti gli episodi di Paisà si definiscono nel loro corso,
le sei storie che compongono il film non sono né del tutto inventate né del tutto vere; nascono da una osmosi
costante tra il lavoro preparatorio degli sceneggiatori ed il rapporto singolare che si instaura sia con gli
ambienti sia con i corpi che animano il set. Questa spirale di vita e invenzione, di osservazione e creatività
che presiede alla realizzazione di Paisà, ha scoperto che si può affrontare il cinema con la stessa libertà e
leggerezza con cui si disegna o si scrive, come un’avventura meravigliosa da vivere e simultaneamente da
raccontare, con la sensazione di essere spettatore e attore nello stesso tempo. Paisà è una forma in
perenne costruzione, un happening continuo tra la vita e la rappresentazione di essa. Secondo Fellini vede
Rossellini situarsi in un punto impalpabile e inconfondibile tra l’indifferenza del distacco e la goffaggine
dell’adesione, dove la realtà può essere guardata contemporaneamente dal di dentro e dal di fuori per
essere offerta allo stesso tempo come testimonianza e narrazione.Il film si muove in quell’ottica
fenomenologia messa acutamente in rilievo per primi dai critici francesi, l’estetica neorealista del regista non
prevede naturalmente che le cose “parlino da sole”, il modello baziniano della restituzione e della
trasparenza risulta uno schema formale, al pari di quello dell’irrealismo, fondato su precisi codici stilistici. La
“realtà” del cinema è sempre il risultato di un’operazione artistica, come ben sanno si Bazin ( « il realismo in
arte non può evidentemente derivare che da artifici » ) sia Rossellini ( « per ottenere il “realismo” ci vogliono
dei trucchi » ). Nelle sue espressioni più radicali in neorealismo tende alla disintegrazione della forma
narrativa tradizionale, le mediazioni dell’intreccio sono considerate un ostacolo, un diaframma che si
frappone tra la macchina da presa e il mondo circostante, liberarsi della “dittatura” del racconto, secondo le
parole di Zavattini, significa sperimentare attraverso il cinema una nuova modalità di conoscenza del mondo.
Attraversi un’estrema spoliazione dell’immagine da ogni regola drammaturgia già convalidata, Paisà assume
la forza del documento diretto, della pagina di storia che sembra scritta nel suo stesso accadere. L’originalità
della costruzione narrativa viene acutamente messa in rilievo, dalla critica francese: Bazin e Altaman
paragonano la sua tecnica cinegiornalistica allo stile diretto e asciutto della letteratura americana degli anni
trenta e quaranta; Bazin ritiene la pellicola come un genere assolutamente nuovo, che rielabora la formula
del film a episodi, per diventare una raccolta di novelle cinematografiche, l’esatto equivalente delle opere
letterarie più moderne, che ricorda spesso i maggiori scrittori di racconti americani.Il respiro del film coincide
con il suo ritmo sincopato, l’unità strutturale di esso è dovuta più alla tecnica narrativa che alla natura dei
singoli racconti, si tratta di un’unità stilistica oltre che tematica. Il suo sguardo d’insieme privilegia l’insieme
rispetto al dettaglio e sacrifica i nessi logici tra le inquadrature, procedendo per fulminee sintesi anziché per
analitiche concatenazioni tra cause ed effetti.La composizione di Paisà si presta perfettamente a una lettura
La corazzata Potemkin
strutturale del tipo di quella che Ejzenstein ha applicato al suo possiede un alto grado
di rappresentatività storica, offrendo lo stesso intreccio profondo tra improvvisazione e costruzione, cronaca
e simbolo. L’organicità della sua composizione è dovuta alla dinamica conflittuale del montaggio che
presiede sia alla struttura delle singole parti sia alla loro organizzazione in un complesso unitario.Paisà
procede per accelerazioni, stasi, rovesciamenti repentini, improvvisi arresti. I rimandi fra le parti e la loro
configurazione oppositiva sono evidenti e permettono di mettere in luce un sistema di rime incrociate e di
riflessi strutturali.
Temi e figure:
Il neorealismo cinematografico non sarebbe mai nato senza la caduta del fascismo; esso rappresenta
l’antifascismo italiano, è la Resistenza, la nascita della democrazia, il momento più alto nell’arte è l’Italia che
di gloria
si ribella contro tutte le oppressioni e i soprusi.Giorni riunisce materiali di diversa natura e
provenienza, forniti dai partigiani piemontesi e romagnoli, dagli operatori americani, dall’Istituto Luce; il cuore
del film è costituito dalle riprese documentate da Luchino Visconti e Marcello Pagliero realizzate nel corso
sole sorge ancora
del 1944 dopo la liberazione di Roma.Il ha i tratti e l’energia di un’opera militante e
collettiva, resi possibili anche dalla sua produzione indipendente, dal finanziamento e dal controllo dell’ANPI;
tutto il film è intessuto da un intreccio di rime e di ritorni circolari, come volesse evocare il ritmo di una
ballata, la narrazione assume un taglio epico, quasi di derivazione sovietica, soprattutto nella famosa scena
dell’esecuzione del prete e del partigiano; il film coniuga in forme decisamente spettacolari l’urgenza della
Vivere in
testimonianza e l’etica di uno stile che cerca la giusta via del cinema italiano: quella del realismo.
pace è un film ecumenico fin dal titolo, che alle ideologie delle parti in lotta contrappone i valori superiori
della fratellanza e della carità. Nell’immediato dopoguerra lo spettacolo delle macerie è all’origine di un
radicale cambiamento iconografico nel sistema delle arti, il cinema diventa in questo periodo il testimone e
l’interprete privilegiato di un nuovo paesaggio della modernità costituito da un ammasso infinito di detriti,
frantumi, ruderi e calcinacci; rappresenta un trauma che abbaglia e seduce gli occhi.
Germania anno zero:
Berlino diventa l’icona più emblematica dell’infranto evocato da Benjamin, una città che ha assunto le forme
di uno spettro, una necropoli, ricordando la similarità figurativa tra la passeggiata del protagonista Edmund
tra le macerie della capitale tedesca e quella coppia di coniugi stranieri tra i ruderi di Pompei in “Viaggio in
Italia”. L’immersione di Rossellini nella materia di distruzione è diretta, ma sembra filtrata attraverso una
lastra di vetro. Adesione e distacco c