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[VEDERE BENE SUL LIBRO]
2. “Montaggio formale” si impone per la sua natura grafica e ritmica.
3. “Montaggio discontinuo” nega apertamente i modelli di continuità
senza pero ̀
sostituirli in una prospettiva di tipo semantico o estetico.
Alla base dell’intera concezione ejzenstejniana del montaggio c’e il conflitto , la
̀
collisione tra due inquadrature che si trovano l’una accanto all’altra. Tali conflitti possono
darsi non solo nel passaggio da un piano all’altro ma anche all’interno di una stessa
inquadratura. Esistono, quindi, diversi tipi di conflitto, eccone alcuni:
a) Il conflitto delle direzioni grafiche (delle linee)
b) Il conflitto dei piani (tra loro)
c) Il conflitto dei volumi
d) Il conflitto delle masse ( volumi sottoposti a diversa intensita luminosa)
̀
e) Il conflitto degli spazi
f) Ecc..
3.3.3 Il montaggio formale (193-200)
La funzione estetica del montaggio e quella che tende a porre in primo piano degli effetti di
̀
tipo formale, attraverso l’accostamento di immagini che instaurano fra loro un rapporto di
volumi, superfici, linee, punti, al di la della natura concreta degli elementi rappresentati.
“Analogia” e “Contrasto” sono i due parametri su cui si costituiscono gli effetti di
montaggio grafico.
3.3.4 Il montaggio discontinuo (200-204)
E l’ultima categoria di montaggio che rifiuta i codici della continuita hollywoodiana
̀ ̀
senza pero rientrare nell’ambito di quelle soluzioni connotative, grafiche e ritmiche che
̀
caratterizzano i modelli di montaggio alternativi gia analizzati. Un evidente modo di dar vita
̀
a varie forme di discontinuita spaziale e quello della violazione del “sistema a 180°”. Un
̀ ̀
altro modo e quello chiamato dagli americani “jump cut” che si divide in ulteriori due
̀
parti: la prima vuole che due inquadrature dello stesso personaggio siano
sufficientemente differenziate sul piano dell’angolazione (almeno 30°) e della
distanza; la seconda e quella in cui piu piani dello stesso personaggio si succedono
̀ ̀
mostrandocelo in luoghi e tempi diversi. Un altro tipo e l’” overlapping editing” in cui
̀
l’inquadratura B non inizia laddove finisce A, ma un po’ prima. Infine ci sono gli stacchi
quali i “flashback” e “flashforward”.
3.4 Il montaggio proibito: profondita di campo e piano sequenza (204-221) Il critico e
̀
teorico Andere Bazin arriva a parlare di “montaggio proibito” ogni volta che l’essenziale
́
di un avvenimento dipende dalla presenza simultanea di due o piu fattori
̀
dell’azione, ovvero quando il cinema classico ricorre a soluzioni quali quelle del campo e
controcampo o del montaggio alternato. Affiorano due modalita espressive di importanza
̀
primaria nell’ambito dei parametri che costituiscono il linguaggio cinematografico: la
“profondita di campo” e il “piano sequenza” . “Profondita di campo”e un immagine in cui
̀ ̀ ̀
tutti gli elementi rappresentati, sia quelli in primo piano che quelli di sfondo, sono
perfettamente a fuoco. (Per messa in scena in profondita si intende, di conseguenza, la
̀
disposizione di oggetti e personaggi su piu piani e il loro reciproco interagire). “Piano
̀
sequenza” e un piano che da solo svolge le funzioni di sequenza o scena.
̀
Rappresenta un evento o una serie di eventi caratterizzati da una relativa autonomia nel
contesto narrativo complessivo del film... l’equivalente di una somma di inquadrature
su cui si articola una sequenza.
Se noi europei tendiamo ad utilizzare l’espressione “piano sequenza” , gli americani
preferiscono quella piu duttile di “long take” (lunga ripresa). Con “long take” possiamo
̀
intendere quelle inquadrature che, pur non esaurendo per forza di cose un intero
episodio, esibiscono nel loro perdurare un’evidente volonta di rifiuto del montaggio.
̀
IL SUONO, L'IMMAGINE
Il cinema nasce come semplice successione d’immagini, privo
dell’accompagnamento di suono registrato. Gia nei suoi primi anni di vita, tuttavia, si
̀
avvertiva l’esigenza di una presenza sonora, in particolare di quella musicale. Molteplici
possono essere le ragioni di una tale esigenza: il bisogno di vincere la cosiddetta
“terribilita del silenzio” , o quello di coprire il fastidioso rumore delle macchine di
̀
proiezione o, ancora, il voler aggiungere a quelle immagini cosi vere la dimensione che
̀
mancava, quella “sonora” (gli storici ne stanno ancora dibattendo).
L’affermarsi del sonoro determinò
, a livello della produzione media, un grave
arretramento rispetto alle conquiste linguistiche ed espressive a cui era giunto il cinema
muto.
4.1 Le funzioni del suono (226-240) La percezione visiva influenza quella sonora, cosi ̀
come quella sonora incide su quella visiva. Non si “vede” la stessa cosa se anche la si
sente, cosi come non si “sente” la stessa cosa anche la si vede.
̀
Un’immagine, nel momento in cui e accostata a un suono, puo produrre un
̀ ̀
significato diverso da quello che essa produce quando ne e ancora priva.
̀
“Valore aggiunto” Il valore aggiunto e inteso come valore espressivo e informativo di
̀
cui un suono arricchisce un’immagine data, sino a far credere, nell’impressione
immediata che se ne ha o nel ricordo che si conserva, che questa informazione o
espressione, si liberi naturalmente da cio che si vede e sia gia contenuta nella sola
̀ ̀
immagine.
Suo funzione chiave e infatti quella di giocare un ruolo determinate nell’ unificare il
̀
flusso delle immagini, nell’attutire quell’effetto di brusca rottura sempre implicito in
ogni stacco. Talvolta puo muoversi in direzioni diverse: nel cinema classico, un
̀
particolare evento drammatico viene enfatizzato tramite un brusco contrasto audio-visivo;
nel cinema moderno, un esplicito gioco di conflitti sonori al fine di rendere il piu evidente
̀
possibile il carattere di artificialita.
̀
Come accade per le immagini anche il suono e sottoposto a un processo di selezione e
̀
combinazione, dando vita a un vero e proprio “montaggio sonoro”.
4.1.1 Suono e spazio (230-237)
Nell’ambito del montaggio audiovisivo possiamo pensare a due grandi ordini di
rapporti fra suono e immagine e, in senso piu ampio, fra suono e racconto. Il primo
̀
riguarda lo “spazio”, il secondo il “tempo”. Dal punto di vista dello spazio possiamo
innanzitutto distinguere il “suono diegetico” e il “suono extradiegetico”: con la prima
espressione possiamo intendere tutti quei suoni che provengono direttamente dalla
diegesi vera e propria del film, come la voce di un personaggio; con il secondo termine,
intendiamo quel tipo di sonoro che udiamo noi spettatori ma non i personaggi del film, e il
̀
caso della cosiddetta musica di accompagnamento o della voce dell’istanza narrante.
Il “suono diegetico” puo essere a sua volta distinto in “suono in campo” e “suono fuori
̀
campo”: nel primo caso la fonte sonora e all’interno dell’inquadratura, nel secondo e al di
̀ ̀
fuori di essa. Sono stati, pero, individuati tre tipi di suoni che creano non poche perplessita
̀ ̀
a riguardo della loro collocazione fra campo e fuori campo: il “suono ambiente”, il
“suono interno” e il “suono on air”.
“Il suono ambiente” e quel suono inglobante che avvolge una scena nella quale
̀
diventerebbe assurdo chiedersi se il cinguettio d’uccelli, che sentiamo, sia in campo o fuori
campo sulla base del fatto che si vedono o no gli uccelli in volo o sui rami degli alberi.
“Il suono interno” si oppone a quello esterno. Quest’ultimo e quello che ha origine da una
̀
sorgente fisica bene precisa, il primo invece proviene dalla realta interna del personaggio.
̀
“Il suono on air”e quello che sentiamo in quanto trasmesso da strumenti quali una radio,
̀
un altoparlante, un telefono, ecc... La loro sorgente ultima puo essere benissimo in campo,
̀
ma fuori campo ne e la sorgente primaria.
̀
Il problema che si e imposto e quello della “direzione”. Sino a non molti anni fa gli
̀ ̀
altoparlanti tramite cui si diffondeva la colonna sonora di un film erano sistemati
esclusivamente dietro lo schermo. Ogni suono, diegetico o extradiegetici, in campo o fuori
campo che fosse, proveniva da una stessa direzione. Recentemente la diffusione del
suono stereofonico e di altri sistemi multi canalizzati ha ampliato la possibilita ̀
espressive del suono al cinema (dolby).
4.1.2 Suono e Tempo (237-240)
“Suono simultaneo”si realizza quando il sonoro e l’immagine si danno in uno stesso
tempo narrativo. “Suono non simultaneo” e costituito da quell’effetto sonoro che anticipa
̀
o segue le immagini che noi stiamo vedendo in un momento dato (es. flashback). Un caso
relativamente frequente di non simultaneita e quello del cosiddetto “ponte sonoro” (sound
̀
bridge): si tratta di quelle brevi anticipazioni sonore in cui le parole, le musiche o i rumori
della scena immediatamente successiva a quella presente sullo schermo iniziano gia a
̀
sentirsi prima che se ne vedano le immagini.
Un’altra particolarita di rapporti fra suono e tempo e dato dalla distinzione “suono
̀ ̀
acusmatico” e “suono visualizzato”. A partire da essa possiamo individuare due tipi di
percorso diversi: da una parte, il suono visualizzato che poi si fa acusmatico e, dall’altra, il
suono acusmatico che diventa visualizzato. Il primo caso e quello in cui, inizialmente,
̀
un’immagine e associata a un suono. In un secondo momento, poi, sara solo il suono a
̀ ̀
comparire, ma ecco che questo suono potra evocare nella mente dello spettatore
̀
quell’immagine a cui era precedentemente associato. Il secondo caso e invece quello
̀
tipico di molti racconti del mistero in cui si preserva a lungo il segreto della causa di un
suono, di chi lo produce.
4.2 Suono e racconto: il punto d’ascolto (240-253) Come esiste un punto di vista visivo
e possibile parlare di un punto di vista sonoro, ovvero di un “punto d’ascolto”. Al cinema,
̀
prima dell’avvento della stereofonia, tutti i suoni provenivano solamente dagli
altoparlanti posti dietro lo schermo. In questo modo la sorgente del suono non poteva
essere localizzata in un punto ben preciso, bensi dietro una superficie che non cambiava
̀
mai. Il punto d’ascolto ha trovato poi nel suono stereofonico e