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(AB).

− sintagma soggettivo chiuso: forse il più frequente, implicherà la successione di tre immagini

(ABA).

− sintagma successivo alternato : si fonderà invece almeno su 4 inquadrature (ABAB...).

− sintagma soggettivo rovesciato: implicherà l'inversione delle posizioni di A e B, secondo una

successione che prima mostra l'immagine soggettiva e poi quella oggettiva (BA).

− sintagma soggettivo differito: in cui fra A e B si inseriscono altre inquadrature che di fatto

ritardano l'enunciazione della soggettiva vera e propria (ACDB).

Per identificarsi con un personaggio lo spettatore ha bisogno di vedere quel personaggio, di

scrutarne il volto per potervi riconoscere quei sentimenti e quelle emozioni che deve fare propri. La

soggettiva, come insegna Hitchcock, facilita l'identificazione solo nel momento in cui si

accompagna a delle oggettive del personaggio col quale dobbiamo identificarci. È proprio la

mancanza di queste oggettive del volto del personaggio a causare l'allontanamento dello spettatore

dalla storia narrata.

Esempi

Hitchcock ha fatto spesso ricorso alla figura espressiva del sintagma soggettivo alternato. Ne è un

esempio la lunga sequenza de Gli uccelli (1963), più di quattro minuti, in cui Melanie porta a casa

di Mitch una gabbietta con due uccellini ed una lettera che lascia su un tavolino: la donna vuole

lasciare il suo regalo senza essere vista dall'uomo. Il percorso di Melanie, prima in barca e poi a

piedi, sia all'andata sia al ritorno, è pressoché tutto, con pochissime e motivate eccezioni, costruito

su un'alternanza di oggettive della donna e soggettive del suo sguardo, in modo da creare una forte

partecipazione dello spettatore ai sentimenti di Melanie (e al suo timore di essere scorta da Mitch:

qia).

Dichiarato epigone di Hitchcock, Brian De Palma, riprende questa stessa figura in alcuni dei suoi

film, fra cui la sequenza girata al Philadelphia Museum of Art, di Vestito per uccidere (1980) in cui

l'incontro fra un uomo e una donna e il loro inseguirsi lungo le sale del museo, è quasi interamente,

anche qua le eccezioni sono pochissime e ben motivate, costruito su un alternanza di oggettive e

soggettive della donna, che si protrae per quasi sei minuti. Uso delle soggettive interiori: mostrano

il sentimento e lo stato d'animo del personaggio. La donna verrà poi uccisa dopo un incontro erotico

con l'uomo in questione. La soggettiva è parte di un sintagma.

Tipico esempio di una soggettiva stilistica è Halloween (Carpenter, 1978). All'inizio del film la

macchina da presa si avvicina a una casa, spia una ragazza e suo amico, poi scorge una maschera e

se la infila. A partire da questo momento il carattere soggettivo della visione si accentua

ulteriormente, sia sul piano visivo (vediamo attraverso gli “occhi” della maschera) che su quello

sonoro (sentiamo un respiro che si fa più affannoso). Poi il coltello, l'omicidio della ragazza, la

fuga, l'arrivo di alcune persone, la loro sorpresa, la maschera strappata e, a concludere, il famoso

controcampo: l'assassino non è che un bambino. Il prologo del film è esemplare di un certo uso

della soggettività teso a celare, a mettere fuori campo, il personaggio portatore dello sguardo per

accrescere la suspense del film e l'attesa dello spettatore.

Ritorniamo ora a Psycho di Hitchcock. Marion ha appena rubato un'ingente somma di denaro ed è

in fuga, sulla sua macchina, diretta verso la cittadina dove vive il fidanzato. La donna si è fermata

riposare sul ciglio della strada. La sequenza si apre con un campo medio dell'auto in sosta. Il primo

piano, sulla sinistra e in basso dell'inquadratura, un cespuglio di rovi è mosso dal vento. Arriva

un'auto della polizia da cui scende un uomo. Il film ritarda l'enunciazione del suo volto, prima

mostrandocelo da lontano e poi inquadrandolo di profilo, celando così l'aspetto più significativo del

suo apparire che scopriremo solo qualche istante dopo. L'uomo sveglia la donna e questa, vedendo

l'agente al suo fianco, spalanca gli occhi in un'espressione di paura. È venuto il momento in cui

finalmente possiamo vedere il volto del poliziotto, di cui ci colpiscono i tratti scultorei e soprattutto

il paio di occhiali da sole che ne nascondono lo sguardo. Sono i sentimenti di paura, angoscia e

colpa vissuti da Marion a conquistare così un ruolo di primo piano. Più che un personaggio reale il

poliziotto sembra essere una proiezione dei fantasmi della donna. Gli occhiali da sole dell'agente ne

nascondono lo sguardo, rendendo indecifrabile la sua espressione e ciò che da essa è possibile

intuire: il senso di minaccia del suo primissimo piano è così ulteriormente accentuato. All'assenza di

sguardo del poliziotto si contrappone la trasparenza dello sguardo di Marion: uno sguardo che

esprime senza ombra di dubbio un sentimento di paura e di colpa che non a caso insospettirà

l'agente. Il conflitto fra i due sguardi non fa che definire con maggior forza i contrapposti ruoli

narrativi dei due personaggi: una donna che ha commesso un crimine e un uomo che ha il compito

di far rispettare la legge. Dopo aver controllato la targa dell'auto, il poliziotto restituisce i documenti

alla donna e la lascia andare. Il resto della sequenza gioca su un motivo esplicito: quello

dell'incertezza in merito alle vere intenzioni dell'agente. Ora è il polizziotto a tenere in mano le

redini del gioco e né noi né Marion siamo in grado di azzardare una qualche ipotesi sulle sue

decisioni: ha veramente deciso di lasciare andare la donna o si appresterà a seguirla?

− oggettiva: MPP (mezzo primo piano) di Marion. Sullo sfondo l'auto del poliziotto

− soggettiva: la strada

− oggettiva: MPP di Marion che sposta lo sguardo dalla strada allo specchietto retrovisore.

Sullo sfondo l'auto del poliziotto

− soggettiva: lo specchietto retrovisore che riflette l'auto del poliziotto

− oggettiva: MPP di Marion che sposta lo sguardo dello specchietto retrovisore alla strada.

Sullo sfondo l'auto del poliziotto

− soggettiva: un bivio

− oggettiva: MPP di Marion che sposta lo sguardo dalla strada allo specchietto retrovisore.

Sullo sfondo l'auto del poliziotto

− soggettiva: lo specchietto retrovisore che riflette l'auto del poliziotto

− oggettiva: MPP di Marion che sposta lo sguardo dallo specchietto retrovisore alla strada.

Sullo sfondo l'auto del poliziotto

− soggettiva: la strada con un cartello che annuncia un bivio

− oggettiva: MPP di Marion che sposta lo sguardo dalla strada allo specchietto retrovisore.

Sullo sfondo l'auto del poliziotto

− soggettiva: lo specchietto retrovisore che riflette l'auto del poliziotto

− oggettiva: MPP di Marion che sposta lo sguardo dallo specchietto retrovisore. Sullo sfondo

vediamo l'auto del poliziotto prendere un'altra direzione. Un'espressione di sollievo si

dipinge sul volto di Marion.

Si alternano così tre serie di immagini ben precise: i mezzi primi piani di Marion, le sue soggettive

sulla strada e quelle sullo specchietto retrovisore, tre serie di immagini ma due tipi di inquadrature,

le oggettive e le soggettiva, che si alternano rigorosamente sulla base di una struttura 1 a 1. La

centralità dello sguardo di Marion è ulteriormente ribadita dall'uso di una struttura complessiva

della scena in cui le inquadrature soggettive sono sempre precedute da oggettive dove Marion

sposta lo sguardo dalla strada verso lo specchietto o viceversa e seguire da altre oggettive in cui lo

sguardo compie il percorso opposto. In sostanza ciò che conta di tutto questo segmento non è tanto

l'evento in sé, ma ciò che esso significa per uno dei personaggi che vi prende parte, i cui sentimenti

lo spettatore è invitato a sposare. La narrazione è filtrata attraverso la soggettiva di un personaggio.

Non ci sono campi totali che ci mostrano le due macchine una dietro l'altra, e non c'è alcun piano

del poliziotto. Se ciò fosse accaduto sarebbe venuta meno quell'assoluta identificazione che qui si

crea fra la donna e lo spettatore, attraverso l'alternanza di oggettive e soggettive che piegano

l'evento rappresentato al punto di vista effettivo di Marion.

Lo sguardo di Marion ci permette di leggere cosa si muova dentro di lei. In questa scena abbiamo

un forte uso del sintagma soggettivo alternato. È proprio lo sguardo l'elemento che determina la

successione delle immagini e delle inquadrature (si parla di raccordo di sguardo). Hitchcock riduce

al minimo il lessico cinematografico creando comunque una massima vicinanza possibile tra

spettatore e personaggio. Noi capiamo i sentimenti della donna anche solo dal suo sguardo e dei

suoi movimenti che sono molto tesi.

2.2.5 I movimenti di macchina

Il movimento di macchina è un modo attraverso il quale possiamo dividere le diverse inquadrature

di un film (non abbiamo quindi solo la scala dei piani, le inquadrature soggettive e oggettive, le

stretture centrifughe e centripete, il rapporto tra campo e fuoricampo etc... ). Un'inquadratura quindi

può essere definita non solo a partire dalla sua distanza, altezza, inclinazione e angolazioni in

rapporto al rappresentato, dal suo rinviare o meno a uno spazio fuori campo, dal suo caratterizzarsi

come oggettiva o soggettiva ma anche dal suo essere statica o dinamica, indipendentemente da ciò

che accede sul piano profilmico. A determinare la dinamicità del filmico sono, a un primo livello, i

movimenti di macchina. È attraverso essi che noi spettatori abbiamo l'impressione di muoverci

nello spazio rappresentato, che può acquistare così una maggiore profondità. I movimenti di

macchina aumentato così le nostre informazioni sullo spazio rappresentato, danno ai soggetti e alla

loro posizione una dimensione più vivida e definita, ne sottolineano la natura tridimensionale

(specie quando ruotano intorno ad essi). I primi movimenti di macchina sono attribuiti ad alcuni

operatori Lumiere, fra cui Alexandre Promio che, nel suo Le Grand canal à Venise (1897), per

filmare le facciate dei palazzi affacciati sul Canal Grande, collocò la sua macchina da presa su una

chiatta in movimento. I primi movimenti della cinepresa avveniva in quanto questa era posta su dei

mezzi di locomozione, soprattutto dei treni, come accadeva, ad esempio, in The Kiss in the Tunnel

(Smith, 1899). Possiamo dunque distinguere tra:

− inquadrature fisse o statiche

− inquadrature basate e costruite su una dinamicità profilmica (il punto di vista è in

movimento)

Vediamo ora di definire i principali movimenti di macchina e le loro caratteristiche essenziali sul

piano tecn

Dettagli
A.A. 2014-2015
73 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessandro.lora-1993 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del cinema e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Tomasi Dario.