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La descrizione dei fuorilegge e l'origine dei campi di concentramento

Arendt li descrive come fuorilegge che non erano colpevoli di aver trasgredito la legge ma che si trovavano oggettivamente fuori da essa, erano esclusi dalla sua protezione. Inoltre, è durante la grande guerra che l'espressione "campi di concentramento" entrò a far parte del vocabolario dei paesi occidentali. Essi nacquero e si moltiplicarono dall'esigenza di sistemare un numero crescente di prigionieri di guerra e divennero istituzioni stabili alle quali le autorità cercarono di attribuire una funzione sia disciplinare sia produttiva.

Paralisi della narrazione

Nelle testimonianze dei reduci della grande guerra, l'immagine della morte è uno dei momenti centrali della loro esperienza. Le trincee sono descritte come cimiteri, il paesaggio dopo la morte è paragonato all'inferno come lo sono anche i campi nazisti per i sopravvissuti. Anche altre somiglianze saltano agli occhi nella narrazione degli ex.

combattenti come ad esempio l’odore della morte ma, soprattutto il carattere indescrivibile dell’esperienza vissuta. Era impossibile farcapire la guerra a chi non l’aveva vissuta per cui i soldati si chiudevano nel silenzio, un silenzio che annunciava quello dei reduci dei campi di sterminio.

III. Vite senza valore
La prima grande guerra, gettò le basi per quelle che saranno le violenze messe in atto dai regimi totalitari e dagli architetti della ‘‘soluzione finale’’. Essa introdusse, un’assuefazione alla morte violenta e un’indifferenza nei confronti della vita umana che rimettevano in discussione alcune conquiste del processo di civilizzazione. La perdita di valore della vita umana legata alle pratiche della guerra moderna si accompagnava alla disumanizzazione del nemico promossa dalla propaganda militare, dalla stampa e persino dalla letteratura scientifica. La propaganda nazionalista abbandonava ogni argomentazione razionale circala legittimità del conflitto per fare appello al sentimento di appartenenza a una comunità minacciata e reclamare una fedeltà totale, cieca. Il nemico prendeva i tratti di una razza ostile, barbara e non degna di vivere. III. Un laboratorio del fascismo La disumanizzazione razzista del nemico e l'indifferenza crescente nei confronti del valore della vita umana si traducevano anche in un imbarbarimento della vita politica, la quale adottava un linguaggio guerriero e metodi di scontro ereditati dalla guerra di trincea. Il fascismo ad esempio, parlava della guerra come il momento supremo della vita ed esaltava il combattimento come momento di sfida alla morte. In Germania invece, la guerra era vissuta come un'esperienza interiore oppure secondo Carl Schmitt come il luogo di scontro fra l'amico e il nemico. Questa nuova visione della morte e della distruzione, segna una svolta decisiva nel processo di civilizzazione che apriva la strada ai genocidi del XX secolo.secolo.Riassumendo quindi, la grande guerra segna una svolta nel 900 europeo. L'esercitodivenne come una fabbrica in cui si applicavano i principi fordisti dell'autorità, dellagerarchia, della disciplina e della razionalità. I campi riservati ai prigionieri diguerra furono un anello di congiunzione indispensabile per il passaggio dal modellopanottico della prigione disciplinare ai campi di concentramento dei regimitotalitari. Con l'industrializzazione della guerra, la disumanizzazione del nemico e lasua distruzione pianificata fecero un decisivo salto in avanti, senza il quale lepratiche sterminatrici del nazionalsocialismo non sarebbero state immaginabili.Inoltre, la guerra totale tendeva a cancellare ogni distinzione fra militare e civilerivelando così il legame profondo fra guerra e genocidio che diventerà uno dei trattitipici del 900. La grande guerra fu una guerra che costituì il laboratorio di nuoveforme di propaganda tese nonsolo alla disumanizzazione ma anche alla definizione razzista del nemico. L'attenzione su alcuni stereotipi razziali da un lato indica il legame che esiste fra l'universo mentale del colonialismo e quello della grande guerra, dall'altro indica la posizione che occuperà il razzismo vent'anni dopo, nel nazismo. La combinazione di tutti questi aspetti nell'esperienza della grande guerra ne fa un momento di rottura nella storia d'Europa e l'anticamera del nazionalsocialismo. Classificare e reprimere IV. Giudeo bolscevismo In quanto portatori del bolscevismo e guide spirituali dell'idea comunista, gli ebrei sono il nostro nemico mortale. Questa è solo una delle citazioni tese a esaltare la guerra contro il giudeo bolscevismo come una lotta per l'esistenza del popolo tedesco e come una difesa della cultura europea contro l'inondazione asiatica-moscovita. Il mito del giudeo bolscevismo aveva conosciuto una larga diffusione.diffusione all'indomani della prima guerra mondiale, quando era diventato lo slogan dellarepressione contro la rivoluzione russa. La percezione del bolscevismo come una malattia contagiosa e la visione dell'ebreo come motore della rivoluzione e padrone dell'impero russo costituì uno dei fondamenti dell'ideologia nazista. Erede del nazionalismo volkisch, Hitler vedeva gli ebrei come un virus contagioso che occorreva estirpare e il bolscevismo nient'altro che la sua manifestazione esteriore. Queste percezioni poi si traducono anche in un linguaggio che assimila il comunismo a una tubercolosi razziale, gli ebrei a portatori del bolscevismo, a vermi in un corpo in putrefazione, a topi e vampiri. Il giudebolscevismo era presentato sempre con una metafora medica e la preferita di Hitler era quella di cancro contro cui il terzo reich aveva ingaggiato la politica igienista. Così come la politica ricorre a termini medici, anche i medici ricorrono a termini.politici e infatti per definire le cellule cancerogene, ricorrevano a termini come bolsceviche, anarchiche. IV. Razzismo di classe Se l'incontro fra la controrivoluzione e l'antisemitismo dà luogo al giudebolscevismo, che costituisce uno dei tratti più singolari dell'ideologia nazista, la definizione in termini di razza del nemico di classe, la visione della rivolta politica come una malattia del corpo sociale e la stigmatizzazione del rivoluzionario come portatore di un virus contagioso erano fenomeni più antichi. La nascita di nuove discipline, tra il 1860 e 1890, come la medicina, l'antropologia e la sociologia creava le basi di un amalgama tra scienze sociali e politica che si tradurrà in un approccio biologico ai comportamenti sociali e in una sorta di medicalizzazione delle strategie del potere. Lo stato si erigeva allora in biopotere, pronto a intervenire nella società come un chirurgo chiamato ad amputare la parte incancrenita di.

Un organismo malato. Questo biologismo sociale risale all'epoca della Rivoluzione industriale, quando le classi lavoratrici furono ridefinite in termini razziali e fisicamente separate dai ceti privilegiati. Lo Stato iniziò così a elaborare delle politiche igieniste tese a isolare sul piano spaziale le classi pericolose quindi la repressione politica appariva come l'estirpazione di un corpo estraneo alla civilizzazione e come una misura di igiene pubblica. La razza era usata come metafora indicante una classe temuta, una classe la cui alterità minacciosa era percepita in termini biologici, fisici, psicologici e morali per essere adeguatamente allontanata e se necessario schiacciata come accadde nel caso della sanguinosa repressione della Comune di Parigi. Il sentimento dominante nelle truppe non era quello di partecipare alla repressione di una rivolta politica bensì la volontà di liberare una città caduta nelle mani delle classi pericolose.

La controrivoluzione quindi si basava sull'idea secondo la quale la società era minacciata dalla degenerazione dei suoi elementi inferiori che in modo impersonale e pianificato, dovevano essere uccisi. Questi elementi, secondo alcuni intellettuali erano malati, prostitute e alcolizzati mentre Lombroso li definiva individui il cui sviluppo psicofisico si era arrestato (atavismo criminale). Lombroso, inoltre, distingueva la rivoluzione dalla rivolta. La prima derivava dalle ingiustizie sociali e quindi era anche legittima mentre la seconda era legata a una devianza criminale e a questa categoria apparteneva la Comune di Parigi.

La sintesi nazista

Le nuove discipline portarono alla scoperta e alla definizione di nuove malattie come l'isteria e la nevrosi che nel nazismo, furono percepiti come attributi degli ebrei, dei delinquenti e degli operai in sciopero. Sia l'alterità ebraica sia la sovversione sociale e politica erano quindi interpretate in chiave razziale.

senzatuttavia che fosse stabilito un nesso fra questi due fenomeni. La fusione di questi due stereotipi trovava la sua espressione nel giudeobolscevismo che nasce come prodotto della rivoluzione russa del 1917 e delle rivoluzioni tedesca e ungherese del 1918-19. Ciò che rende possibile questa fusione è il ruolo dirigente svolto da numerosi ebrei durante le rivoluzioni. A partire quindi dal 1917, l'isterico, il criminale, la belva della Comune assumono i tratti del rivoluzionario ebreo e per questo durante la guerra contro l'URSS, la distruzione del comunismo e lo sterminio degli ebrei erano concepiti come obiettivi assolutamente inseparabili. L'antisemitismo tedesco quindi nasce da un approccio razziale dell'alterità ebraica e da una biologizzazione della rivolta sociale e politica.

IV. Excursus: l'igiene della razza

La prima tappa dello sterminio biologico- razziale realizzato dal nazismo fu l'operazione T4 cioè l'eutanasia

dei malati mentali e di alcune categorie di handicappati. L'eliminazione di questi esseri umani, cosi come i massacri nei Lager nazisti, aveva come scopo il rimodellamento razziale dell'Europa. L'eutanasia dei malati mentali fu anche il laboratorio del genocidio degli ebrei dal momento che durante l'operazione T4 fu sperimentato il sistema di messa a morte per mezzo del gas che sarà poi utilizzato nei campi di sterminio. Queste operazioni erano giustificate in nome dell'eugenismo e dell'igiene razziale. Questi due concetti erano alla base della visione del mondo nazista ma, in realtà appartenevano a tutta la cultura occidentale ed è a partire da questa cultura che il nazismo formulò il suo antisemitismo scientifico che vedeva gli ebrei come un virus per la società per cui la loro eliminazione era una misura di pulizia. Sterminare: l'antisemitismo nazista V. L'ebreo come astrazione A partire dalla metà

Dell'Ottocento si diffonde la visione dell'ebreo come rappresentante della modernità.

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Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

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