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Trattati di Parigi del 1946-1947

I trattati vennero firmati tra gli alleati vincitori (Stati Uniti, Unione Sovietica, Regno Unito, Francia, Polonia, Jugoslavia, Albania, Cecoslovacchia, Grecia e altri) e gli alleati sconfitti (Germania, Italia, Romania, Ungheria, Bulgaria, Finlandia). L'esclusione della Germania dalle nazioni firmatarie, in seguito all'occupazione totale del suo intero territorio e alla conseguente soppressione di qualsiasi governo, non era più un soggetto di diritto internazionale e pertanto non poteva firmare alcun trattato, essendo le sue sorti, anche territoriali, affidate a semplici ordinanze militari delle quattro potenze occupanti. In particolare questi trattati riguardarono i trasferimenti territoriali (l'Italia, oltre a restituire territori francesi, jugoslavi e greci occupati durante la guerra, cedeva alla Jugoslavia Fiume, il territorio di Zara, gran parte dell'Istria, del Carso triestino e goriziano, e l'alta valle dell'Isonzo).oltre tutte le sue colonie alla Grecia, alla Cina, alla Libia, alla Somalia italiana, l'Eritrea, l'Etiopia, l'Albania tornava indipendente) e le riparazioni di guerra e le clausole politiche: le nazioni sconfitte si impegnarono a prendere tutte le misure necessarie per garantire alle persone al di sotto della loro giurisdizione, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione, il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali, compresa la libertà di espressione, stampa e pubblicazione, culto, opinione politica e pubblica riunione; nessuna sanzione poteva essere presa contro cittadini che, fin dall'inizio della guerra e alla fine di questa, avevano appoggiato gli Alleati o avevano svolto azioni partigiane. I Governi delle nazioni sconfitte si impegnarono inoltre a prevenire il riemergere di organizzazioni fasciste o di qualunque altro tipo, sia politiche che militari o semi-militari. L'economia nel dopoguerra Nel periodo 1948-1950 presel'avvio la grande fase di boom economico internazionale dell'epoca che stiamo considerando. Fu una crescita basata sulla libera iniziativa, bilanciata dal ruolo dello stabilizzatore della spesa pubblica e del welfare state, che riuscirono ad allargare i mercati e i consumi privati: si instaurò insomma una sorta di embedded liberalism, un liberalismo limitato e controllato con la riduzione progressiva delle tariffe doganali, dei contingentamenti e di altri limiti al commercio, ma in modo lento, la sorveglianza nella produzione della massa monetaria mondiale e l'istituzione del General Agreement on Tariffs and Trade (GATT), che avviò una sorta di negoziato permanente tra gli Stati. Il nuovo sistema monetario internazionale si impose dopo una serie di pesanti svalutazioni delle monete europee: la base del sistema non era più direttamente l'oro ma il dollaro. Si parlò quindi di Gold Exchange Standard, basato su rapporti di cambio fissi tra le valute.

tutte agganciate al dollaro, il quale a sua volta agganciato all'oro; le altre monete importanti riuscirono a mantenere cambi abbastanza stabili. Il Fondo monetario internazionale doveva approvare le variazioni di cambio e la convertibilità delle monete, e ciò disincentivava i governi a chiederle. Nel mondo del dopoguerra, insomma, non era più possibile seguire il nazionalismo economico rigoroso ed esclusivista degli anni '30. Proprio grazie a questa crescita, si è parlato di "un'età dell'oro" dell'occidente capitalista.

I problemi coloniali

Nel dopoguerra ci furono anche una serie di problemi coloniali, a partire dalla questione indiana: Londra dovette concedere l'indipendenza dell'India nel 1947; se ciò venne svolto in maniera indolore per gli inglesi, non fu lo stesso per gli indiani, che videro la sanguinosa spartizione dell'ex territorio britannico in due Stati divisi da criteri

a rafforzare il proprio controllo sulle colonie africane e asiatiche, cercando di mantenere il loro status di potenza coloniale. Tuttavia, l'ascesa del nazionalismo e dei movimenti indipendentisti in queste colonie portò alla decolonizzazione e all'indipendenza di molti paesi. In conclusione, la fine della Seconda Guerra Mondiale portò a cambiamenti significativi nella politica internazionale. L'emergere di nuove potenze come gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, la creazione di organizzazioni internazionali come l'ONU e la decolonizzazione delle colonie europee furono solo alcune delle conseguenze di questo conflitto. Questi eventi hanno plasmato il mondo in cui viviamo oggi e hanno avuto un impatto duraturo sulla politica internazionale.a ripristinare il controllo co-Union Françaiseloniale nelle forme appena più moderate di un' che non riconosceva molta au-tonomia ai territori dipendenti. Tale tentativo provocò una serie di crisi: nel 1946 iniziò una guerriglia in Indocina, nel 1947 una rivolta in Madagascar e si accesero anche forti tensioni in Africa settentrionale, seguite dall'abbandono delle truppe francesi in Siria e in Libano. La guerra fredda Si può dire che la guerra fredda iniziò come una nuova fase della "guerra civile europea". Già nel marzo del 1946, l'ex premier britannico Churchill lanciò l'allarme attorno alla divi-sione dell'Europa: una "cortina di ferro" era stata calata da Stettino a Trieste per coprire l'inglobamento dell'Europa orientale nelle dit-tature comuniste. Il vero punto di non ritorno nel peggioramento rapido dei rapporti tra le superpotenze fu la crisi del 1947: sidefinì nel corso di quest'anno una contrapposizione non più solo politico-ideologica, ma anche istituzionale dei due "mondi", cominciando dalla parte occidentale. Il giornalista americano Lippmann coniò la stessa espressione "guerra fredda": il concetto, che riprendeva una definizione medievale dei rapporti cristianità-islam, indicava uno stato di alta tensione internazionale, con uno scontro globale ai limiti della guerra tra le due superpotenze e i due "blocchi" a esse collegati, con ideologie differenti. Di qui i caratteri quasi "religiosi" del conflitto, l'impossibilità di mediazione, la convinzione che soltanto la distruzione di uno degli avversari avrebbe potuto porre fine allo scontro. Il concetto di "superpotenza" nacque proprio per distinguere le "grandi potenze" europee tradizionali: erano Stati di dimensione e potenzialità demografiche ed.

Economiche almeno semi-continentali, con un raggio di azione globale e disegni politico-ideologici di portata complessiva, capaci proprio per questa somma di caratteristiche di gerarchizzare gli altri Stati attorno alle proprie mete: la prima e vera "superpotenza" erano gli Stati Uniti d'America: la situazione economica del paese continuò a essere florida per parecchi anni insieme a un nuovo slancio demografico e il mondo che stava di fronte alla superpotenza americana era ulteriormente "piccolo" e controllabile, grazie ai nuovi progressi della tecnologia in campo radiofonico ed aeronautico; sul continente europeo, però, gli Stati Uniti dovevano fare i conti con "l'altra" superpotenza, l'Urss. La situazione nel paese sovietico post guerra non era delle migliori: le spese militari furono ridotte ma non tagliate, e l'Armata Rossa continuò a tenere sotto le armi tre milioni di uomini; la scelta dell'isolamento

economico internazionale fu ulteriore conseguenza diretta. In termini territoriali, le conquiste del 1939 furono estese con l'inglobamento nella stessa Urss di nuovi territori strategici o simbolici (la Rutenia e il lembo della Prussia orientale comprendente Kaliningrad). La costruzione di una sfera d'influenza nell'Europa centrale orientale era il secondo obiettivo, decisivo per Stalin. Inizialmente cercò di realizzarlo senza rompere con gli occidentali, ma le cose precipitarono soprattutto per le resistenze antirusse locali, la scarsità di risorse disponibili e le debolezze della cultura politica bolscevica nel gestire ogni diversità storica. L'azione sovietica divenne quindi rapida, appoggiandosi sull'occupazione militare dell'Armata Rossa. Là dove le elezioni indicavano tendenze pericolose, furono usate pressioni e condizionamenti. La svolta del 1947-1948 Dal punto di vista pubblico, un passaggio cruciale dellaconsapevolezza della guerra fredda fu l'enunciazione della cosiddetta "dottrina Truman", nel marzo del 1947, con la quale il presidente americano pose l'esigenza del "contenimento": gli Stati Uniti promettevano di aiutare tutti i "popoli liberi" che intendessero opporsi "ai tentativi di asservimento compiuti da minoranze armate o da pressioni che provengano dall'esterno". Questa politica si realizzò con: - Il piano Marshall: si metteva a disposizione notevoli fondi americani per i paesi che fossero disposti a cooperare tra loro per la ricostruzione integrata dell'Europa. Da una parte faceva parte della logica di contenimento del comunismo, dall'altra voleva "limitare la penetrazione dei comunisti". Ovviamente l'iniziativa doveva riguardare anche gli sconfitti, per reinserirli nel sistema (e infatti le zone occidentali occupate della Germania furono raggiunte dagli aiuti). Naturalmente inviare in

Europe materie prime e prodotti industriali finanziati dal governo serviva anche a sostenere l'economia americana: ciascuno aveva quindi il suo vantaggio. Nacque anche un organismo "occidentale" per la gestione degli aiuti Marshall, poi strutturato nell'Organizzazione per la cooperazione economica europea (OECE), anche se rimase un debolissimo organismo di supervisione, scarsamente in grado di intervenire sulle politiche economiche nazionali.

Il patto di Bruxelles sigillato a marzo del 1948, accordo di autodifesa che univa Francia e Gran Bretagna a Belgio, Olanda e Lussemburgo.

Il patto atlantico, proposto dagli Stati Uniti e che univa i paesi del patto di Bruxelles, gli Stati Uniti e il Canada nell'aprile del 1949, esteso poi anche a Italia, Norvegia, Portogallo, Danimarca e Islanda. Si trattava dunque di un'alleanza difensiva contro il nemico pericoloso con un impegno di reciproco soccorso.

Il piano Schuman: crebbe fortemente la pressione

americana perché si arrivasse a riutilizzare anche il potenziale tedesco per la di

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A.A. 2016-2017
98 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mlaulm di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) o del prof De Giuseppe Massimo.