Anteprima
Vedrai una selezione di 4 pagine su 11
Riassunto esame Sociologia visuale, prof. Mattioli,libro consigliato La sociologia visuale, Francesco Mattioli Pag. 1 Riassunto esame Sociologia visuale, prof. Mattioli,libro consigliato La sociologia visuale, Francesco Mattioli Pag. 2
Anteprima di 4 pagg. su 11.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Sociologia visuale, prof. Mattioli,libro consigliato La sociologia visuale, Francesco Mattioli Pag. 6
Anteprima di 4 pagg. su 11.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Sociologia visuale, prof. Mattioli,libro consigliato La sociologia visuale, Francesco Mattioli Pag. 11
1 su 11
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

I. cala in un mondo misero e ignorato.

“fotografia filantropica”(Riis e Hine) il fotografo è un operatore sociale che denuncia le

II. contraddizioni dello sviluppo e spinge l’opinione pubblica. Il lavoro filantropico migliore

è quello svolto dalla FSA.

“fotografia di solidarietà” il fotografo comincia a condividere lo stato d’animo degli

III. emarginati (Agenzia Magnum) e si ricollega alla malinconia di sinistra ovvero

nonostante il fotografo appartenga alla classe borghese assimila la lotta al disagio.

“fotografia di intervento” il fotografo è un testimonial della lotta, scende in piazza ed è

IV. pienamente partecipe.

3.La tradizione precedente: Cinematografia e Televisione

La prima idea di cinema consisteva nella capacità di scattare una sequenza di fotografie più

ravvicinate possibili che erano in grado di creare un movimento continuato

(cronofotografia)Muybridge e Marey

Il vero e proprio cinema però fu inventato dai fratelli Lumière che utilizzarono per la prima

volta la pellicola a rullo. Il cinema come la fotografia era stato pensato con uno scopo

prettamente scientifico e successivamente si rivelò come elemento di spettacolo di massa. Il

primo a sviluppare l’industria del cinema fu invece George Mèlies che fondò una prima società

di produzione cinematografica. Un lato in cui si sviluppo il cinema fu l’etnografia, infatti

personaggi come Haddon, Spencer e Poch svilupparono la branca del cinema etnografico il

quale si focalizzava sullo studio degli usi e costumi di alcune popolazioni, soprattutto di quelle

che stavano per estinguersi. A partire dal 1912 si diffondono i film coloniali che venivano usati

da un determinato paese per autoesaltarsi agli occhi dei colonizzati e successivamente questa

tipologia di video vennero usati in campo propagandistico. Si sviluppò il modello del

documentario che voleva rappresentare in maniera fedele la realtà. Tra i primi a sperimentare

il documentario di tipo sociale ci fu Robert Flaherty che trascorse molto tempo con una

famiglia di eschimesi per cercare di dare vita a un documentario che rappresentasse

fedelmente la loro vita. Più tardi questi documentari vennero fusi insieme al genere della fiction

e assorbirono caratteristiche tipiche delle scene romanzate e che più che rappresentare la

realtà volevano attirare l’attenzione attraverso la rappresentazione di pathos. Un’altra scuola di

pensiero con a capo il russo Vertov credeva nella rappresentazione del reale così com’era.

Perciò affermava che i suoi elaborati erano frutto solamente di quello che il “cine-occhio”

riprendeva.

Durante la Seconda Guerra Mondiale l’immagine sociale viene affidata al film antropolgico e

alla scuola russa vogliosi di raffigurare la realtà. In Russia nasce il documentario “governativo”

con lo scopo di esaltare i miti della rivoluzione; in Germania si sviluppa invece il documentario

che svolgeva un’analisi comparata delle varie forme di vita quotidiana che poi fu sostituito

dalla propaganda hitleriana come in Italia (1925Istituto LUCE). In Gran Bretagna si sviluppa

una scuola documentaristica molto forte con lo scopo riformistico e quindi di ricerca del

consenso; mentre negli Stati Uniti il documentario sociale si crea grazie alla Scuola di New

York in cui cinema e fotografia vanno di pari passo. La scuola della Frontier Film subiva sia

l’influenza originaria di Vertov sia la tradizione pratica e pragmatica del giornalismo americano.

diffusione cinegiornalismo (anni 30/50)

Dopo la guerra il cinema subisce dei cambiamenti a causa di due fattori:

→ rivoluzione tecnologica (colore, suono, inchiesta sociale)

→ impegno delle nazioni nel ricostruire il morale distrutto dalla guerra

Proprio in questo ambiente si sviluppa in Italia il neorealismo italiano, una forma di cinema il

cui intento era quello di esprimere il folclore popolare e il disagio delle periferie con un’ottica di

speranza nel futuro. Con l’arrivo della televisione aumentò il modo di approcciarsi alle notizie.

Infatti ciò che la distingueva dal cinema era proprio la possibilità di fruire di un determinato

evento sociale in “diretta” comodamente dalla propria abitazione. Inoltre innovazioni come la

camcorder (camera e registratore uniti) agevolarono la ripresa di questi eventi. La forza della

televisione oltre che nella diretta si ritrova anche nell’interattività, quindi nella possibilità di

immersione totale nel problema da parte del pubblico attraverso gli opinionisti, i commenti e gli

schemi allegati alla diretta.

4.Comunicazione visiva e scienza sociale: un rapporto a geometria variabile

Quindi la nascita dell’antropologia visuale si deve alla cinematografia il cui vero padre del film

etnografico è Franz Boas che nel 1930 riprende in prima persona una popolazione

colombiana. Il lavoro sul campo appartiene a Mead e Bateson i quali non credevano che

attraverso le immagini o filmati si potesse esprimere il sentimento di un popolo, mentre

attraverso una produzione di immagini a tappeto si potevano scorgere tutti i particolari che

distinguono un popolo dall’altro.

1952 crea il CIFE

In Germania si stabiliscono una serie di norme per la giusta produzione di un film etnografico

tra cui l’analisi da un piano puramente scientifico e il film maker deve avere un approccio

oggettivo senza distorcere la realtà; differentemente in Olanda e Francia non si predilige

questo approccio distaccato. Negli USA invece Sol Worth e John Adair intraprendono un film

antropologico sulla tribù dei Navajo che nel momento della fruizione di questo documentario

non ci si riconoscono. Perciò i due studiosi decidono di lasciare la ripresa del progetto agli

stessi elementi della tribù. Così si distinguono due linee: la prima che vede il progetto come

studio scientifico preciso e oggetto di mera inchiesta, mentre la seconda che vede l’incontro

tra necessità estetica e scientifica. In Italia nel 1959 si fonda il Festival dei Popoli, una

rassegna di film antropologici e documentari che determina la biforcazione di alcune ideologie.

Da una parte l’avvicinamento di cineasti e scienziati per rendere ancora più precisi questi

documentari; dall’altra parte l’uso del cinema come riscatto per le popolazioni emarginate.

I tipi di film che abbiamo incontrato possono essere classificati in questo modo:

film di natura scientifica: materiale di ricerca sviluppato in maniera grezza (vd.

 Mead,Worth e Adair)

film documentario: scopo sociale che mette in mostra i problemi della società e ha una

 finalità commerciale, di divulgazione e informazione o a scopo didattico

film di fiction: ha carattere narrativo e si ispira a problemi sociali o ad ambienti esotici

 con un messaggio drammatico

5.La sociologia visuale: disciplina, tecnica o cosa?

Si hanno due idee della sociologia visuale:

1. Sociologia “debole” non si hanno dei limiti ben precisi, ma il concetto deve comprendere la

dimensione sociale quindi tutto ciò che riguarda l’uomo e i suoi prodotti e l’esperienza

visuale ovvero quella che comprende l’uso di tecniche fotografiche e cinematografiche.

Questa concezione fa parte dei visual studies quindi di tutti quegli orientamenti di ricerca

che si occupano dell’esperienza visiva.

2. Sociologia “forte” questo concezione vede la sociologia visuale come produzione di

immagini che devono avere un significato autonomo e aggiuntivo e non devono essere da

cornice ad un messaggio testuale. Inoltre la sociologia richiede un rigoroso esame

metodologico ed essa stessa non si vede come disciplina, bensì come tecnica.

Per quanto riguarda la metodologia che viene usata si rifà completamente ad un metodo scientifico

ed è proprio qui che si determina una diatriba poiché da una parte la sociologia ha la pretesa di

essere trattata come una scienza vera e propria, mentre dall’altra la sociologia visuale ha la

pretesa di creare una nuova metodologia. Tra la sociologia “debole” e quella “forte” bisogna trovare

un compromesso, ma non sempre risulta essere l’opzione più corretta per esempio per quanto

riguarda la presenza di un aspetto soggettivo poiché la visione di un’immagine determina nel

fruitore una forte vena empatica. Spesse volte può capitare che il fotografo immortali qualcosa dal

suo punto di vista ed è per questo che è necessario che analizzi accuratamente l’ambiente

circostante. In questo ambiente si sviluppa la grounded theory che prevede la circoscrizione di un

evento o ambiente da analizzare.

Nel complesso è difficile capire se la sociologia visuale sia una disciplina o una tecnica, in sintesi è

complicato definirla. Tra le definizioni più rilevanti abbiamo quella di John Grady che definisce la

sociologia visuale come “pragmatica”: egli ritiene che ciò che accomuna i sociologi visuali sia l’uso

delle immagini nello studio della società. La sociologia visuale sarebbe così composta da tre

dimensioni: seeing, studio dei processi visivi; il communicating, studio delle modalità con cui

vengono scambiate le informazioni visive; il doing sociology visually, fare investigazione empirica

dei fenomeni sociali. La vera essenza della sociologia è da ricercare all’interno della terza fase che

a sua volta si divide in: visualizzazione, ricerca scientifica, produzione d’immagini, interpretazione

e spiegazione ed infine insegnamento. sociologia visuale come tecnica di ricerca

Una posizione simile è quella di Luigi Frudà che ritiene che identificare la sociologia visuale

vorrebbe dire farla assomigliare troppo a quelli che sono i visual studies. Però la definisce nel

campo limitato del “forte” e dice che si dovrebbe parlare di visual analysis piuttosto che visual

sociology.

Un terzo contributo è quello di Costantino Cipolla che pensa alla visual sociology come una branca

della sociologia generale. Differentemente da questi tre pensieri si pone Haward Becker che ritiene

che la sociologia visuale abbia delle caratteristiche più propriamente letterarie, nel senso che la

produzione d’immagini a fini scientifici deve comunque prescindere da quelle che sono le

esperienze soggettive ed estetiche.

Si definisce disciplina un insieme omogeneo di conoscenze che si riferisce a una particolare

categoria di fenomeni e segue una metodologia di ricerca e di sperimentazione secondo

determinati canoni. In una disciplina si definisce quindi una metodologia di ricerca di tipo induttivo

e deduttivo che serve a creare ipotesi per poterle poi verificare ed inoltre all’interno di una

disciplina si evidenziano delle sotto-discipline che hanno degli interessi e oggetti di

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
11 pagine
12 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Laurarafa02 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dei processi culturali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Mattioli Francesco.