Anteprima
Vedrai una selezione di 6 pagine su 21
Riassunto esame Sociologia dei processi culturali, prof. Mattioli, libro consigliato La sociologia visuale, Che cosa è come si fa, Mattioli Pag. 1 Riassunto esame Sociologia dei processi culturali, prof. Mattioli, libro consigliato La sociologia visuale, Che cosa è come si fa, Mattioli Pag. 2
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Sociologia dei processi culturali, prof. Mattioli, libro consigliato La sociologia visuale, Che cosa è come si fa, Mattioli Pag. 6
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Sociologia dei processi culturali, prof. Mattioli, libro consigliato La sociologia visuale, Che cosa è come si fa, Mattioli Pag. 11
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Sociologia dei processi culturali, prof. Mattioli, libro consigliato La sociologia visuale, Che cosa è come si fa, Mattioli Pag. 16
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Sociologia dei processi culturali, prof. Mattioli, libro consigliato La sociologia visuale, Che cosa è come si fa, Mattioli Pag. 21
1 su 21
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

TELEVISIONE

3.1. ALLA RICERCA DEI MOVIMENTI DELL’UOMO

L’invenzione della pellicola a rullo consentì ai fratelli Lumière di inventare il cinema. Il

cinema era stato pensato per la scienza. Il cinema si rivelava fin dall’inizio come

spettacolo di massa e quella proiezione sanciva la nascita dell’industria cinematografica.

Chi fece diventare da subito il cinema uno spettacolo di massa fu George Mélies. Fondò

una produzione cinematografica (Pathè Frères), si affidò al regista Ferdinand Zecca e

iniziò a introdurre sul mercato i primi lungometraggi. Il cinema d’allora non aveva

sonoro, era accompagnato nei locali da un pianista.

3.2. NASCITA DEL FILM ETNOGRAFICO

L’esplosione del cinema commerciale non impedì lo sviluppo di un film scientifico di

tipo etnografico.

Il precursore del film di ricerca sociale è Félix Louis Régnault, che già nel 1895

aveva presentato la sequenza cronofotografica all’Esposizione dell’Africa

Occidentale.

Il primo lavoro cinematografico sul campo si deve a Alfred Haddon che è

considerato il fondatore della cosiddetta urgent anthropology, che intende

conservare il patrimonio culturale delle popolazioni in via di estinzione. Altri

ricercatori seguirono il suo esempio: Spencer, Poch. Haddon, Spencer, Poch e

Régnault costituirono una prima scuola etnografica, anche se l’uso della

cinematografia è sempre subordinato a quello della fotografia.

3.3. COSTRUIRE LA VERITA’, DIRE LA VERITA’

In quegli anni emerge anche un altro modo di fare cinema, il documentario. Questo

genere fece sentire la sua presenza soprattutto durante le guerre, divenendo con la

Seconda Guerra Mondiale strumento di propaganda bellica e ideologica in tutti i paesi.

All’alba degli anni ’20 vi è la svolta del cinema a sfondo etnoantropologico: la

“spettacolarizzazione” dell’esotico; l’attenzione verso la povertà e le altre forme di

disagio sociale, come era avvenuto già con la fotografia. Ecco che esce sulle scene Robert

Flaherty, il quale trascorse molto tempo con la famiglia di un eschimese per

documentare la vita quotidiana, Nanook of the North, che riscosse grande successo e

considerato ancora oggi un classico del documentario etnografico.

Oltre a Flaherty, altri film-maker ebbero un certo successo ma si verifica una

sovrapposizione tra intento documentaristico e fiction. Si tratta di autori che, pur

sensibili alle problematiche sociali e al fascino dell’esotico, dovevano guardare con un

occhio al mercato aggiungendo anche una buona dose di drammatizzazione. In quegli

stessi anni si delinea una scuola che si propone di registrare la realtà sociale così come si

presenta dinanzi all’obbiettivo. Vertov, importante personaggio del cinema russo,

riafferma che la cinepresa deve operare come un occhio più perfezionato di quello

umano. Vetrov insiste su due punti: primo, sull’idea di movimento, che rende la

cinematografia completamente diversa dalla fotografia; secondo, è rappresentato

dall’enfasi sulla realtà senza concessione alcuna alla fiction, alla messinscena. Vetrov può

essere considerato quindi il fondatore del cosiddetto cinema-verità, diverso dal cinema

ibrido. Solo con l’introduzione di cineprese portatili come la Sept e la Kinamo, alla fine

degli anni ’20, si resero effettivamente praticabili tutte le possibilità attribuite al cine-

occhio.

3.4. LA CINEMATOGRAFIA FRA LE DUE GUERRE: FILM DI FATTI O

CELEBRAZIONE LIRICA DELLA CONDIZIONE UMANA?

Il cinema di fiction fino alla Seconda Guerra Mondiale raramente trasse ispirazione dai

problemi sociali. Qualche segnale più significativo provenne dal film Io sono un evaso, di

Melvyn Leroy e del famoso Tempi moderni di Charlie Chaplin.

L’immagine sociale viene affidata quasi esclusivamente al film antropologico e alla scuola

russa che ha il compito di descrivere la trasformazione e lo sviluppo dello stato sovietico

e di esaltare i miti e i personaggi della rivoluzione. In Germania e in Italia il regime

fascista indirizzò la produzione cinematografica documentaria verso obiettivi di

propaganda. In Gran Bretagna si sviluppa una scuola documentaristica molto solida. A

partire dal 1936 si realizzano documentari più impegnati sul piano sociale. Rotha

introduce il cosiddetto “film di fatti”, con commento parlato. Anche in questo caso si

tratta di ricostruzioni. Negli Stati Uniti il documentario di argomento sociale si deve alla

cosiddetta scuola di New York che cammina di pari passo con quella fotografia attenta ai

problemi della società che si era delineata con l’esperienza della FSA. La scuola di New

York propone una sorta di cinema-verità, si avverte la lunga tradizione del giornalismo

americano corcerned. Il cinema francese e quello spagnolo dal canto loro si

caratterizzano per un taglio particolarmente critico più pronto ala denuncia, come nel

caso della fotografia, gli anni ’30 segnano anche per la cinematografia un risveglio

dell’attenzione per le problematiche sociali. Dal 1929 il cinema si è avvalso del sonoro.

All’inizio solo Rotha adoperò la “presa diretta” un’operazione abbastanza complessa che

soltanto nel dopoguerra, con l’introduzione dei registratori audio sul nastro magnetico e

nuovi sofisticati apparecchi di sincronizzazione si diffonderà nel documentario a sfondo

sociale. Una forma di documentarismo sociale si ritrova anche nei cinegiornali, il pubblico

vedeva gli eventi svolgersi sotto i suoi occhi, che si trattasse di un episodio bellico o di un

evento mondano. Neppure l’avvento e il rapido successo della radio, a partire degli anni

’20, poté mettere in discussione il crescente successo dei cinegiornali che finirono per

assumere un’importanza strategica nella comunicazione di massa e divennero veicolo

privilegiato di propaganda per i regimi totalitari del tempo. Anche il cinegiornale, come

stava avvenendo per i rotocalchi, finì per subire la forte concorrenza della televisione,

con i suoi telegiornali quotidiani e con i suoi fatti in diretta che chiunque poteva seguire

comodamente da casa. Resi rapidamente obsoleti, nei primissimi anni ’60 i cinegiornali

spariscono dalla programmazione in sala.

3.5. IL CINEMA CONCERNED E MILITANTE DEL SECONDO

DOPOGUERRA

La Seconda Guerra mondiale costituisce uno spartiacque, cinema, fotografia e società

hanno camminato insieme per tutto il ventesimo secolo. Due i fattori di questo

passaggio: da un alto, lo sviluppo della tecnologia; dall’altro, il nuovo clima ideologico del

dopoguerra. Nel cinema di fiction si verifica un’inversione di tendenza, e questo nuovo

orizzonte vede il cinema italiano in prima fila. Il Neorealismo italiano infatti non soltanto

interpreta il disagio sociale del immediato dopo guerra, ma inaugura un rapporto più

stretto tra cinema società. I classici del neorealismo italiano come Roma città aperta di

Rossellini e Ladri di biciclette di De Sica, descrivono gravi problemi sociali ma guardano

con speranza al futuro. Nei successivi anni 60 l’attenzione si sposta di nuovo sul film

d’evasione e di puro spettacolo, tuttavia maturano anche le condizione del grande

scontro sulle contraddizioni dello sviluppo con veri e propri film di denuncia sociale. Una

sorta di cinema verità. La lezione italiana venne appresa anche altrove, negli stati uniti

con opere che coniugano la spettacolarità hollywoodiana con al volontà di denunciare.

Ma non erano certo opere di analisi giornalistica o scientifica, dovendo sottostare alla

sintassi dello spettacolo filmico. Il documentario sociale nel nostro paese, nella maggior

parte dei casi, si tratta di lavori a tema, prodotti esplicitamente militanti. C’ è in verità un

certo impegno nel “far parlare i fatti”, ma spesso sono il montaggio, la selezione delle

scene, i commenti fuori campo, le parole suggerite ai testimoni a rendere questo

materiale pressoché inutilizzabile in una prospettiva a sfondo sociale, resta fermo ai

valori postbellici della resistenza e della ricostruzione. Il documentarismo statunitense

manifesta un sempre maggiore taglio critico, radicale. L’introduzione sul mercato delle

nuove maneggevoli cineprese permetteva ai cineoperatori di muoversi rapidamente sulla

scena. Ma anche questa tendenza entra in crisi. Una buona fiction con una trama

avvincente, una colonna sonora all’altezza e, soprattutto, personaggi ben caratterizzati

da qualche stella del firmamento hollywoodiano, funziona benissimo per far riflettere il

pubblico più e meglio di un documentario.

3.6. IL FATTO IN DIRETTA: LO SPECIFICO TELEVISIVO

La televisione è fenomeno del secondo dopoguerra. Il suo sviluppo, soprattutto a partire

dai primi anni ’50, fu impressionante. Per diversi anni la produzione televisiva rimase

limitata ai programmi creati in studio. I problemi tecnici, all’inizio, non mancavano: ad

esempio le difficoltà di sincronizzazione tra telecamera e videoregistratore. Una svolta

tecnologica fu il passaggio dei videoregistratori a bobina a quelli a cassetta. Fino a quel

momento, la telecamera e il videoregistratore erano due apparecchi diversi, che

dovevano essere sintonizzati fra loro, mediante un cavo. Così la vera rivoluzione fu quella

introdotta dalla Sony che propose le prime camcorder. C’è da dire che fino alla fine degli

anni ’60 la televisione è stata soprattutto un “mezzo” di diffusione delle immagini

cinematografiche del sociale: documentari, inchieste filmate. La televisione si distingueva

dal cinema soprattutto perché offriva la “diretta”, che si trattasse di uno spettacolo o di

un evento. Negli Stati Uniti, già negli anni ’60, utilizzando cineprese portatili da 16mm, si

avvaleva di reportages fatti fra la gente in virtù della maneggevolezza delle macchine.

Quegli anni sono cruciali per lo sviluppo del reportage televisivo. Il documentario-

inchiesta televisivo assume caratteri diversi da quello cinematografico. È più

sincronizzato con l’attualità, alterna le immagini alle interviste chiama in studio esperti in

grado di commentarle. Emblematica, a riguardo, l’evoluzione della produzione RAI dei

programmi rivolti al sociale. Nel 1957 va in onda il primo documentario a puntate. Un

primo “dibattito in studio” si avvera nel 1962. Nel 1963, compare TV7 che introduce il

documentario-inchiesta. Dalla seconda metà degli anni ’60 si compie la definitiva

consacrazione del servizio-inchiesta televisivo, adattando la candid camera americana

all’analisi dei costumi di casa nostra. Nel 1977 viene introdotto il colore nella televisione

italiana che contribuisce a modificare ulteriormente la fision

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
21 pagine
2 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Lucas_89 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dei processi culturali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Mattioli Francesco.