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Il futuro della grand strategy americana

Washington di poter programmare una grand strategy rispetto ai settori che nel prossimo futuro diverranno strategici negli equilibri geo-economici globali e che già rappresentano il clou del know-how americano: energia, finanza e tecnologia. La strapotenza militare americana, dovuta soprattutto alla maggiore capacità proiettiva su scala planetaria – le squadre tattiche di portaerei rappresentano sin dalla battaglia delle Midway il fulcro del seapower americano – relegano ancora la Cina ad attore principalmente regionale, in grado sì di avanzare pretese piuttosto aggressive nel Mar Cinese Meridionale, ma deficitario dal punto di vista del sostegno diplomatico rispetto alla rete americana. Per quanto riguarda le strategie di soft power, nonostante gli sforzi cinesi volti a migliorare il proprio branding nazionale, la cultura americana rimane ancora quella di riferimento, eccezionale e duratura per la sua portata globalizzante (dalle ONG al primato indiscusso).

delle università americane). Lo stesso sistema politico cinese, refrattario ad accettare il pluralismo d'opinione e informativo, è un freno all'espansione del potere di persuasione del suo modello di sviluppo: la propaganda e il ferreo controllo del partito comunista strozzano la potenzialità creativa di una società civile libera da restrizioni, vera ricetta per il successo del soft power. Quali saranno le priorità americane nei confronti della Cina? Il pivot to Asia e la strategia di rebalance di Obama hanno inaugurato secondo Nye quello che potrebbe definirsi una politica di "realismo e integrazione": da una parte la stretta interdipendenza fra i due paesi in termini economico-finanziari, dall'altra la comune partecipazione ai consessi di governance globale - WTO, FMI e ONU - legano indissolubilmente i due paesi nelle prossime vicende internazionali. Un conflitto è tutt'altro che inevitabile. ÈTuttavia più ragionevole, seguendo le argomentazioni di Nye, prevedere una possibile "coesistenza pacifica"? Di certo non spetterà alla Cina nei decenni futuri l'ultima parola sul destino del secolo americano. Avviandosi verso la parte conclusiva, l'autore affronta un argomento altrettanto delicato e complesso, ovvero lo stato di salute della politica e della società americana, da sempre punti di forza della salienza normativa del messaggio democratico yankee. Lungi dal farsi contagiare dall'isteria declinista, anche Nye non sottovaluta la posizione di molti detrattori che vedono nella crisi delle istituzioni e dei valori americani un fatto che acclara la plausibilità di un declino. Questo declino assoluto potrebbe a sua volta determinare il declino relativo - quindi esterno - degli Stati Uniti? In risposta a questa domanda (anche se un precedente storico esiste ed è rappresentato dall'implosione dell'Impero.

Nel libro "La crisi della comunità statunitense" (autore: Romano) vengono illustrati e demistificati i vari sintomi della certo non recente, seppur acuitasi, crisi della comunità statunitense. La cultura americana è indubbiamente attraversata da alcune fratture: dal peggioramento delle condizioni di vita della middle class, alla conseguente polarizzazione ideologica dei due partiti, il che rende sempre più instabile il sistema politico e difficoltosa la compatibilità tra il Congresso e il Presidente. L'immigrazione diventa un tema sempre più caldo, foriero di razzismo e discriminazioni sociali, ma nulla in confronto agli anni delle "guerre culturali" che rimangono l'apice della conflittualità sociale nella storia americana. Nonostante la crisi del 2008, l'economia statunitense ha sì subito un rallentamento, ma ha superato la prova della tenuta del complesso finanziario, grazie al robusto intervento della Federal Reserve. Primi in termini di competitività economica globale,

Gli Stati Uniti mettono in campo migliore expertise e ingenti investimenti in progetti di ricerca, sviluppo e merchandising, soprattutto nei settori all'avanguardia. La scoperta dello shale gas e del tight oil gettano le basi per una futura indipendenza energetica e sono il "frutto della combinazione dell'imprenditorialità, diritti di proprietà e mercati di capitali: le fondamenta su cui poggia da sempre l'economia americana" (p. 82). L'isteria da deficit che ossessiona la politica monetaria europea è invece meno influente negli Stati Uniti, dove regna una maggiore fiducia sulle possibilità di gestione del debito pubblico. Le preoccupazioni sull'efficacia dell'istruzione primaria e secondaria sono messe in secondo piano rispetto al livello raggiunto dalle università americane, le quali rappresentano la punta di diamante del passato e attuale soft power. Il tasso di fiducia nelle istituzioni democratiche e la

Rinnovata partecipazione elettorale costituiscono un buon segnale e l'elevata diversificazione etnica della società americana, in costante crescita, è un ulteriore valore aggiunto. Una vitalità e un pluralismo che non possono che giovare, secondo Nye, alla produttività e alla creatività di una cultura, il melting pot americano, estremamente aperta e solidale e supportata da un sistema federale che garantisce il dispiegarsi del suo potenziale innovativo. Certo, il libro edito nel 2015 non poteva prevedere l'elezione di Trump e l'ascesa di un leader così distante dall'universo ideologico dell'autore; resta il fatto che, nonostante il populismo galoppante, l'America ha sì "molti problemi [...]" ma non stanno provocando quel declino assoluto capace di far finire il secolo americano" (p.92). In un recentissimo articolo pubblicato su "Foreign Affairs" e intitolato Will the Liberal Order Survive?

The History of an Idea, Joseph Nye non fa cheriprendere la riflessione che nel libro qui trattato propone come parteconclusiva della sua esposizione. Il secolo americano non può ancora esserestoricizzato, in quanto soggetto a mutamento, ma l'egemonia americana non è minacciata in quanto mai davvero esistita. La fine del bipolarismo e dellacontrapposizione dei due blocchi, come nomos attraverso il quale regolarel'equilibrio del potere globale, aveva sì elevato il sistema liberal-democraticocome idea trionfante e principale fonte di "beni pubblici globali", ma ha a suavolta favorito una progressiva entropia del potere, frutto della proliferazionedi nuovi attori non-statali, mettendo in crisi, attraverso l'effetto penetrantedella globalizzazione, la stessa capacità degli Stati Uniti di porsi comesupremo arbitro dell'ordine internazionale. Ciò ha incoraggiato nuovepotenze emergenti come la Cina ad avventurarsi verso la

Costruzione di un mondo multipolare, ma allo stesso tempo ha acuito la complessità di questa transizione di potere: non più solo gli Stati, ma nuove organizzazioni si sono imposte quali legittimi concorrenti. Nye parla di "reti di cooperazione" come l'unica e necessaria risposta per governare questo disordine e, tanto più gli Stati Uniti saranno capaci di costruirle in concerto con le altre potenze, maggiore sarà il beneficio che essi trarranno. In un'epoca di interdipendenza globale, che ha messo in discussione il paradigma weberiano del potere, diventa fondamentale concepire la politica mondiale nei termini del soft power piuttosto che affidarsi esclusivamente all'hard power. Collaborazione e cooperazione sono le chiavi che Nye individua per affrontare sfide globali - terrorismo, climate change, crisi finanziarie - che non richiedono l'unilateralismo degli Stati Uniti per essere risolte, ma la necessaria consapevolezza.

che la preminenza americana non sia terminata o indiscussa, ma che debba soltanto adeguarsi ed assumere un aspetto differente: "Il secolo americano continuerà [...] in termini di potere degli Stati Uniti con gli altri. Su molte issues transnazionali, far crescere il potere degli altri potrà aiutare gli Stati Uniti a raggiungere i propri obiettivi" (p. 111). Parlare di età post-americana non significa necessariamente intendere l'inevitabilità del declino statunitense. La stessa campagna elettorale presidenziale recente ha mostrato quanto questa "paura di cadere" abbia lanciato il ritorno della grandezza americana attraverso lo slogan di Trump "Make America Great Again". È una tensione che si manifesta ogniqualvolta il sistema di potere americano si sente minacciato dall'esterno e in questo caso ha prodotto, esasperando i termini del declino, tutto quello che Nye avrebbe sicuramente voluto non vedere realizzato. Sel'eccezionalismo americano delle origini doveva essere tutto quello che fosse il contrario del nefasto imperialismo europeo, questo timore ha prodotto, già con la rinascita neoconservatrice e l'unilateralismo della prima decade del XXI secolo, proprio quei fantasmi che la democrazia americana voleva scongiurare. Le tesi decliniste si fondano principalmente sui passi falsi della politica estera americana nel post 11 Settembre, mentre l'argomentazione di Nye si impone di decostruire e problematizzare queste accuse. Il libro è senz'altro una rassegna ragionata di tutti i dubbi che si possono avanzare sulla salute dell'egemonia americana; Nye non nasconde, ma affronta con grandissima onestà intellettuale i problemi interni agli Stati Uniti contestualizzandoli rispetto all'indiscutibile predominanza statunitense in termini di hard power - comunque in ridimensionamento relativo - ma soprattutto rispetto al suo soft power. La leadership

americana quale strumento di risoluzione dei problemi globali rappresenta un dato di fatto anche di fronte alle nuove forme di esercizio del potere nell'epoca globale, comunque congeniali rispetto alla crescita degli Stati Uniti. Dunque una transizione di egemonia rimane un'eventualità non plausibile, e chiunque vorrà imporre la propria influenza dovrà necessariamente fare i conti con la potenza americana, la quale non potrà crogiolarsi nella sua posizione confortevole, ma dovrà adoperarsi in diverse direzioni: rafforzando le istituzioni e i network economico-politici, perseguendo la promozione di beni pubblici globali, rinsaldando le alleanze storiche ed accettando un nuovo equilibrio multipolare.

Seconda recensione: Tanti e troppi, anche nel nostro paese, si aspettano una decadenza del lungo e grande potere americano a livello planetario. Parrebbe che l'ombrello sotto cui si sono riparati i paesi più civili del pianeta stia per lasciare

il passo anuove, emergenti, forze. A uno sguardo tr
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Publisher
A.A. 2018-2019
12 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ginevra2201 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Terenzi Paolo.