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La disponibilità, quindi, non è più rivolta alla realtà esterna, ma riversata

sul sé, riducendo l’area di interazione del soggetto per ricostruire

l’ambiente, investendo affettivamente su di sé, nella ricerca di uno stato

di benessere concreto, che si traduce nella pura e semplice

sopravvivenza, nella difesa del vero Io di cui, secondo Marcuse, noi non

sentiamo che un residuo avvizzito di un sentimento che nell’infanzia abbracciava

l’universo intero.

Pertanto, egli sostiene che il narcisismo possa dare vita ad un nuovo

principio di realtà, in cui la carica libidica dell’io diventa fonte di cariche

libidiche del mondo oggettivo, raggiungendo quello che, secondo Brown,

è lo scopo dell’Eros: l’unione con oggetti esterni. Ciò che l’uomo cerca,

quindi, è un mondo da amare come ama se stesso, attraverso uno slancio

verso realtà permeate della stessa sostanza della vita, con cui ricostruire

una continuità con il mondo, percepito come un prolungamento della

vita. Grunberger afferma, infatti, che come tendere verso qualcosa

significa essere la cosa stessa, l’unione narcisistica espande il Sé e

rappresenta, quindi, la felicità (basti pensare a come i genitori, attraverso il

figlio, sospendono l’opera delle acquisizioni culturali per recuperare il narcisismo

abbandonato). L’estensione dell’equilibrio individuale nelle relazioni tra

individui, quindi, permette di vivere nell’ambiente senza individuarvi un

valore da idealizzare, ma trovando la propria concretezza nel vissuto

individuale.

Tale linea di pensiero è condivisa anche da Touraine, che sottolinea come,

sebbene per ritornare a sé stessi l’uomo non possa che partire dalla relazione col

proprio corpo (ponendo l’innamorato ad attendere in solitudine la risposta

dell’amato), laddove non sia costretto per tradizione o interesse, né sia

richiamato all’ordine dei progetti e del matrimonio, l’amore perde la sua forma

sociale.

Allo stesso modo, Quignard, identificherà un altro ostacolo alla socializzazione

proprio nell’amore che si oppone ai criteri tradizionali e alle logiche del buon

senso, mettendo in discussione l’importanza delle differenze. In questo caso, la

coscienza collettiva viene oscurata dalla presenza di Eros, dalla forma non sociale

dell’amore: gli amanti, infatti, diventano ambiente l’uno per l’altro, entrano in

simbiosi lontano dalla collettività, al punto che ciò che la persona rappresenta a

livello sociale non importa più. Se costruirsi sull’altro per salvare sé stessi implica

la rimozione dell’Eros in favore di relazioni tra un gran numero di persone,

nell’amore sessuale le due persone coinvolte non hanno nessun interesse per il

mondo esterno: la coppia basta a sé stessa.

Secondo Freud, l’amore è percepito come qualcosa da preservare a colui o colei

che lo merita, poiché condivide dei tratti della mia persona che mi consentono di

amare me stesso in lui.

Come afferma Brown, infatti, l’amore veramente felice è quello in cui

libido narcisistica e libido per gli oggetti non possono essere distinte,

poiché in tal modo il narcisismo non si esaurisce al suo interno, ma si

estende a creare una realtà da amare come ama sé stessa.

Ecco perché, secondo lo storico e sociologo Lasch, il narcisismo si realizza allo

stesso tempo nel desiderio di unione con gli altri nell’amore romantico e nel

desiderio di indipendenza dell’Io minimo come tentativo di ritornare

all’onnipotenza originaria priva di fonti di gratificazione esterne.

Allo stesso modo, la vera sensibilità musicale non ha bisogno di

confrontarsi né con le altre vite musicali sensibili, né con le norme socio-

musicali, poiché acquista un senso soltanto in base alla sua capacità di

tutelare e promuovere la vita. Gli eventi musicali che sembrano

rappresentare una fuga immaginaria dal sociale non fanno che

testimoniare il bisogno di un distacco da società iperelazionante, che

consenta di ricomporre una forma di energia sonora avvolgente che ci

ricordi il senso di unicità e soddisfazione provato nel primo involucro-

vita, creando un ambiente protettivo, che tiene lontano i disturbi

provenienti dall’esterno e mette in condizione l’individuo di trovare la

propria dimensione in cui vivere veramente.

- L’esclusione

Così la vita umana si compie, ma diventa ostacolo alle relazioni sociali,

che impongono divieti all’espressione di un narcisismo che appare come

infantilismo da correggere attraverso un intervento di “chirurgia

mentale” negli individui che si rifiutano di diventare adulti per restare

nei propri confini.

Il senso di inadeguatezza dell’uomo dovuto al rischio della non

accettazione diventa permanente quando la vita incontra una forma di

alterità che non ama la vita, impedendo ad essa di integrarsi,

costringendola a sottrarsi alla vista della realtà esterna, imprimendo in

essa la consapevolezza della sua totale estraneità alla logica sociale. è

questo il caso di Anna Frank, che incontra un’alterità che stabilisce che la sua

natura è inaccettabile e, non potendo essere creata, rimane se stessa, in un

ambiente devoto che rafforza la protezione della vita nei confronti della

sofferenza (che resta impressa nella memoria come condizione che costringe la

vita a nascondersi), aprendo un dialogo con sé stessa attraverso il diario.

Ma, come sostenuto da Enriquez, in realtà, partendo dal presupposto che

noi esistiamo in quanto qualcuno ci guarda, è la civiltà stessa che

incoraggia il manifestarsi dell’aggressività verso i gruppi diversi, a cui

noi attribuiamo lo status di nemici inferiori per rafforzare il legame tra i

membri e impedire che nascano ostilità all’interno del gruppo stesso.

Anche lo scrittore e filosofo Koestler sottolinea come le lotte, innescate

dalle parole, che scatenano reazioni a catena nella psicologia del gruppo,

non siano generate dall’aggressività individuale, quanto dalla dedizione

al gruppo sociale difeso.

E così la morte diventa una componente distruttiva più forte della pulsione di vita

perché ci fa paura. L’impossibilità di vivere entro i confini del nostro ambiente

naturale, la frustrazione di non poter essere sé stessi e di essere costretti a

vivere la vita di un altro genera il rifiuto della morte. Per Brown, l’uomo resta

indeciso su cosa fare della propria morte repressa, sospeso in un vuoto

esistenziale in cui non vive a pieno, ma non può morire, ed in cui l’altro appare

sempre come un ostacolo al ritorno nel proprio ambiente.

Anche nella società borghese, secondo Marcuse, in cui l’ultimo serve ad

aumentare il primo e la creatività individuale viene soppiantata dal valore di

mercato o chiamata a servire la razionalità e il profitto, l’individuo, inteso come

autentico Sé stesso, non può che apparire come un oppositore della società, con

la quale crea un conflitto in quanto estraneo e squalificato.

Gli individui che non vogliono omologarsi, quindi, così come quelli che

rifiutano di creare un’identità sull’appartenenza ad un gruppo diverso da

un altro, conoscono la violenza, frutto dell’insegnamento di un modo di

pensare la vita che ha dimenticato l’inviolabilità della specificità umana.

Ecco che la società interviene sulla vita per correggerla, premiando

l’individuo per ogni rinuncia che lo costruisce secondo le aspettative

della realtà esterna e del gruppo sociale a cui essa vuole che l’individuo

si leghi. I contenuti presenti nell’ambito culturale decidono se una vita

ha i requisiti per essere rispettata dalla società o deve esserne esclusa,

condannando l’individuo ad un’esistenza mediocre. Il corpo troppo poco

propenso a diventare come gli altri, l’individualità incapace di innalzarsi

al di sopra della propria condizione biologica è destinata a subire la

violenza, come se l’attaccamento alla vita diventasse un’imperfezione o

una debolezza, in confronto al modello ideale di integrazione sociale.

Chi vive nella “solitudine essenziale” descritta dallo scrittore e filosofo

Blanchot, in una condizione esistenziale che ignora la ricerca della

differenza, nell’isolamento di una vita condotta lontano dagli schemi

sociali, viene aggredito. L’involucro che protegge la solitudine

dall’esterno viene spezzato, per rendere essa oggetto di correzione. Il

mondo è una realtà coercitiva per una vita semplice, che rifiuta l’aggiustamento

proposto dalla società e si propone di ritornare all’ambiente, finendo per trovare

sollievo soltanto nel vivere lontano dal mondo.

L’identità musicale, al pari della specificità dell’individuo, non può

affidarsi ad alcuna azione di tutela nei confronti di una società in cui la

costante presenza di musica sembra voler compensare paure ed

incertezze, cercando di attribuire ad essa un senso relazionale che possa

svolgere un’azione di cambiamento nell’uomo stesso, al punto da

riconoscersi in opere musicali ed adattarsi alle componenti identificative

del genere musicale corrispondente, creando con tali valori una “pelle”

che si finisce per credere essere nostra.

L’ascolto di molti generi, inoltre, come, ad esempio, l’heavy metal o il

rock, basati sulla superiorità del leader rispetto al gruppo di “sfondo”,

portano l’individuo ad assumere una classificazione gerarchica delle

varie identità musicali che genera, spesso, un vero e proprio astio nei

confronti degli amanti di generi musicali considerati inferiori o

addirittura non riconosciuti come esperienza musicale vera e propria,

cercando di indurre, in tal modo, il soggetto, a mutare la sua identità

musicale. Tutto ciò, in realtà, ha ben poco a che fare con il nostro essere

umani sensibili alla musica, ma le pressioni della società, spingendoci a

cambiare “sostanza”, non fanno che chiuderci nel “giro musicale

tossico”, illudendoci di trovarci ora in una posizione più elevata sulla

scala dei ruoli socio-culturali. Più è forte il modello proposto, e più esso,

creando un senso di appartenenza forte, promuove atti di socializzazione

competitivi che fanno sì che laddove la sua natura non sia omologabile,

laddove l’individuo non voglia cucirsi addosso un abito musicale sociale

differente, gli vengano attribuiti valori, o per meglio dire, disvalori,

c

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
7 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GiovannaUrb di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Stauder Paolo.