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NEOPOSITIVISTA
dal positivismo fino ai giorni nostri, la cui unità è data dalla centralità della scienza
moderna e dai suoi principi, e quello , che comprende orientamenti
ERMENEUTICO
molti diversi tra loro (come lo storicismo, l’interazionismo simbolico, la
fenomenologia o gli approcci dialettici) che non accettano il metodo scientifico dal
positivismo imposto e che si avvicinano così a culture umanistiche; quest’ultimo
nasce originariamente in ambito religioso per spiegare i testi sacri e viene poi
riplasmato nel campo delle scienze sociali per decodificare le motivazioni poste alla
base delle azioni sociali e per scoprire il vero e proprio funzionamento di un
fenomeno. Tra i massimi esponenti del programma positivista vi furono Durkheim e
Parsons, mentre per quello neopositivista Merton. Fondamentale differenza tra i due
approcci consiste nell’importanza assegnata alla soggettività dell’attore sociale;
mentre per i positivisti essa non viene trattata poiché il singolo individuo viene
considerato come parte di un meccanismo (olismo sociologico Durkheimiano), ossia
la società, per i neopositivisti essa assume più importanza. Per comprendere meglio
questi due programmi, li analizzeremo attraverso tre dimensioni: ontologica,
epistemologica e metodologica.
POSITIVISMO
Dimensione ontologica: come sono i fenomeni? Qual è la loro natura e realtà?
Realismo ingenuo, la realtà esiste ed è percepibile attraverso i nostri sensi. I fenomeni
sono così come ci appaiono immediatamente, nella loro materialità; studio quindi del
fenomeno in quanto tale.
Dimensione epistemologica: entro quali limiti posso conoscere questa realtà?
I positivisti ritengono che la realtà sia pienamente conoscibile all’uomo. L’oggetto
conosciuto o ancora da conoscere, ossia il fenomeno, esiste indipendentemente dal
soggetto conoscitore, ossia la mente, colui che conosce la realtà di un fenomeno
(realtà esistente, l’uomo deve solo conoscerla).
Dimensione metodologica: quali procedimenti posso utilizzare per interrogare la
realtà e per produrne un sapere scientifico?
Per i positivisti unica fonte di conoscenza valida è quella scientifica cui metodo
dev’essere però empirico induttivista, ossia basato sull’osservazione e l’esperimento
(dal particolare al generale)
NEOPOSITIVISMO
Dimensione ontologica: Realismo critico, ossia la realtà dei fenomeni esiste ed è
conoscibile, ma parzialmente e non a tutti; la realtà è infatti conoscibile solo mediante
l’uso della mente, della ragione e della logica.
Dimensione epistemologica: la realtà è conoscibile all’uomo che fa uso della ragione
e della logica, ma limitatamente; il processo scientifico infatti, considerato unico
metodo per il raggiungimento di conoscenze attraverso l’uso della ragione, può
condurre solo a risposte approssimate della realtà di un fenomeno.
Dimensione metodologica: metodo scientifico sperimentale è ancora considerato
però unico metodo valido e di riferimento, tuttavia esso non si basa più su di una
logica induttivista, ma su di una deduttivista. La teoria viene infatti elaborata dagli
scienziati mentre la prova sperimentale è solo in grado di dimostrare che non esistono
ragioni per criticarla (dal generale al particolare).
ERMENEUTICO
Dimensione ontologica: la realtà è strettamente costruita attraverso l’azione e il
pensiero di donne e uomini e non esiste quindi indipendentemente da loro.
Dimensione epistemologica: vi è una stretta unità tra soggetto conoscitore e soggetto
conosciuto. Non è possibile produrre una conoscenza obiettiva, ossia influenzata
dall’ambito storicosociale.
Dimensione metodologica: ricorrere a categorie teoriche per comprendere e
costruire le motivazioni alla base dei fatti sociali.
Così come i programmi di ricerca risolvono questioni di tipo ontologico,
epistemologico e metodologico, la scelta delle tecniche di ricerca serve a risolvere le
questioni pratiche della ricerca. Le tecniche di ricerca sociale (insieme di procedure
attraverso le quali raccogliamo informazioni sui fenomeni sotto osservazione ed
elaboriamo i dati che ne conseguono) possono essere di tipo quantitativo, ossia che
si basano su una matematizzazione di delle informazioni, che forniscono dati espressi
in un linguaggio statistico ( ), o di tipo qualitativo, ossia che si basano
ISTAT
sull’utilizzo di un linguaggio per descrivere il mondo sociale, rifiutando la
matematica. L’approccio quantitativo è tipico di un programma di ricerca neoclassico
mentre quello qualitativo di un approccio ermeneutico.
Il rapporto tra teoria e ricerca sociale e Merton
Come abbiamo già visto, vi è uno stretto rapporto tra teoria e ricerca sociale. Per
molti sociologi bisogna infatti trovare un consenso e una definizione condivisa a quei
fatti che poi si intendono studiare. Queste definizioni da una comunità scientifica
condivisa, vanno poi a costituire letteralmente il fenomeno o fatto che stiamo
studiando, per avere così già una buona base di partenza per l’analisi. Ad esempio
prima di studiare il fenomeno della disoccupazione, bisognerà prima darne una
definizione completa e precisa con tutte le sue sfaccettature e sfumature, in tal modo
da poterlo studiare profondamente. Queste definizioni verranno infine chiamate
meta-dati.
Sempre nell’ambito teorico, il sociologo americano Merton (che abbiamo già
studiato prima con la distinzione tra funzioni manifeste e funzioni latenti e poi con
l’ethos della ricerca sociale) afferma che mentre la teoria è tipica della sociologia
poiché ha come oggetto di studio anche alcuni aspetti dell’interazione sociale tra gli
uomini, la metodologia è un semplice e puro procedimento scientifico e non è quindi
qualcosa di unicamente sociologico. Egli distingue in più la teoria sociologica da ciò
che sembra teoria ma in realtà, non lo è. Queste attività teoriche diverse dalla teoria
sociologica vera e propria sono: : indica uno schema generale dei fenomeni e
ORIENTAMENTI SOCIOLOGICI GENERALI
delle loro caratteristiche senza però considerarne le relazioni che tra loro
intercorrono. : categorie attraverso il quale un fenomeno è descritto ed è
CONCETTI SOCIOLOGICI
dunque studiabile; tuttavia formulare un fenomeno in concetti sociologi non implica
che tutto ciò che c’è da sapere di esso sia in queste definizioni contenuto.
: rifiutare l’approccio induttivo poiché puramente
INTERPRETAZIONI POSTFACTUM
illustrativo, poiché è come se il risultato precedesse lo studio.
: Merton distingue in questo genere due categorie: la
GENERALIZZAZIONI EMPIRICHE
generalizzazione empirica e le leggi scientifiche. La prima consiste
nell’individuazione di una regolarità di rapporto tra due varianti (età/crimine), la
seconda una relazione invariabile tra due varianti. La prima è poco significativa se
non accompagnata da una teoria, la seconda è quasi assente all’interno del campo
sociologico.
La sua critica così, si rivolge anche a Talcott Parsons e alla sua teoria sociologica
generale sulla ricerca empirica, poiché troppo astratta per essere utilizzata in una
disciplina che, come la sociologia, è orientata da criteri scientifici e poiché piena di
ipotesi e postulati (assunti) non dimostrabili e utilizzabili. Egli individua tre tipi
particolari di postulati, che sono: : non tutti gli elementi di una cultura e le
POSTULATO DELL’UNITA’ FUNZIONALE
attività sociali sono funzionali per la società. non tutto ciò che esiste ha una
POSTULATO DEL FUNZIONALISMO UNIVERSALE:
funzione positiva per la società. contrario dell’organicismo, non tutte le parti
POSTULATO DELL’INDISPENSABILITA’:
della società hanno un ruolo fondamentale.
Ma come deve presentarsi allora una teoria sociologica per Merton? Egli propone
l’idea di teoria a medio raggio, ossia teorie logiche e coerenti empiricamente
controllate, utilizzate nella ricerca sociologica, pur avendo un’aspirazione generale.
Vengono così criticate quelle teorie generali prima da Durkheim e poi da Parsons
formulate poiché fin troppo vaghe e generali e poiché, come già detto, carichi di
temi/postulati non dimostrabili. Viene così fondato da Merton anche un nuovo
metodo di ricerca ed analisi dei fenomeni sociologici totalmente differente da quello
formulato da Parsons e Durkheim, composto da sei diverse fasi:
Esatta definizione dei sistemi sociali oggetto dell’analisi: i fenomeni collettivi si
sviluppano in contesti sociali più ampi. Ad esempio per studiare la disoccupazione,
bisognerà prima studiare il sistema economico (sistema sociale).
Spiegazione del contesto sociale in cui si presenta il sistema in questione: i
fenomeni e i sistemi sociali studiati andranno poi contestualizzati nella società e
nell’epoca in cui si collocano. Proseguendo con l’esempio della disoccupazione, per
studiare essa bisognerà prima analizzare le caratteristiche economiche di una
determina società in quel determinato periodo.
Elenco delle alternative strutturali che possono fungere da equivalenti
funzionali: individuazione di meccanismi e strutture che possono produrre gli stessi
effetti.
Motivazioni che spingono gli attori sociali alla conformità o alla devianza:
importanza della soggettività degli attori sociali per comprendere le motivazioni che
li portano ad essere conformisti o devianti.
Analisi delle funzioni manifeste e latenti: individuare gli effetti ufficiali e non
ufficiali presenti nel sistema analizzato.
Calcolo di un bilancio netto di funzioni e disfunzioni del sistema: calcolo dei
risultati positivi e negativi di quel sistema analizzato. La disoccupazione si produce
poiché vi è una cattiva divisione del lavoro.
Struttura e status sociale
La vita sociale prevede dei comportamenti codificati, modelli ricorrenti di
comportamento che i sociologi chiamano struttura sociale. In altre parole il
comportamento è condizionato dalla nostra conoscenza della struttura sociale. Essa
vincola il comportamento sociale ponendone dei limiti, ma lo agevola anche,
mettendo a disposizione delle persone dei modelli di comportamento in cui possono
interagire. Anche se la struttura sociale condiziona il nostro comportamento,
possiamo conservare comunque la capacità di operare indipendentemente dai vincoli
sociali. Conosciamo tutti la struttura sociale in cui viviamo e acquisiamo queste
conoscenze durante il processo di socializzazione, mediante il