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Il secondo stadio è il centralismo mitigato dall’avvio dei processi di regionalizzazione degli

anni settanta. Il rapporto centro-periferia inizia a cambiare. È il periodo in cui si stringono i

grandi patti sociali e un’élite nazionale negoziale riconosce nuovamente l’importanza delle

autonomie.

Federalismo e governo multilivello

Il terzo stadio del rapporto tra centro e periferia è caratterizzato dal decentramento e l

governo multilivello, che maturano nella Seconda repubblica sotto il cartello federalista, che

taglia trasversalmente la destra e la sinistra, il rapporto centro-periferia si complica per il

forte potere intrusivo della globalizzazione e riemergono le forze policentriche.

Il mezzogiorno fa modello a sé, in quanto il centralismo debole ha fatto correre un

neonotabilato professionale locale mobilitato attorno alla gestione del consenso; ne è

risultata una depressione della qualità politico amministrativa e civica.

Identikit della casta politica diffusa

da alcuni dati è emerso che la stagione del rinnovamento (primo quinquennio degli anni

Novanta) ha avuto breve durata e gradualmente ha subito il ritorno della politica che, con i

suoi apparati professionalizzati e personalizzati, ha riproposto una selezione dei candidati e

degli eletti basata sulle fedeltà e le appartenenze più che sul genere, l’età e la competenza. Il

barrage (barriere) generazionale è dunque tuttora operante ed è correlato con il ruolo

degli incarichi elettivi e con la dimensione demografica dell’ente locale o

gerarchico

regionale: tanto più il ruolo sarà apicale e l’ente demograficamente importante tanto più il

barrage nei confronti dei giovani e delle donne sarà attivo.

Il 40,2 % degli eletti nelle regioni proviene da professioni liberali, tecniche e scientifiche,

con una marcata presenza di docenti universitari, avvocati, commercialisti, ingegneri e

medici. Resta rilevante anche il gruppo di professioni amministrative, quindi la provenienza

dalla burocrazia amministrativa, che è la componente più consistente tra gli eletti nelle

amministrazioni municipali di dimensioni inferiori. Tra le élite locali è inoltre presente una

all’aumentare dei

discreta schiera di persone in condizioni non professionali che diminuisce

livelli di governo.

La composizione sociale degli eletti regionali in più di trent’anni di storia delle regioni, è

cambiata e si è differenziata tra aree regionali in base a tre fattori di mutamento: delle

professioni, dei contesti territoriali, della trasformazione dei modelli politici di

reclutamento.

A partire dagli anni Settanta si è notata una quota ascendente di classi medie e una presenza

rilevante dei “professionisti della politica” (funzionari di partito, dirigenti sindacali).

Oltre questi due modelli preponderanti, ce n’è un terzo dei notabili, proprio non solo dei

partiti minori, ma anche del Mezzogiorno.

Con Tangentopoli inoltre, irrompe tra gli eletti regionali, una quota sempre maggiore

d’imprenditori, di dirigenti e di professioni liberali e si verifica una contemporanea

riduzione di insegnati e impiegati.

Tuttavia, dal 1990, aumentano le differenze territoriali nella composizione sociale degli

eletti. Là dove il modello e il radicamento del partito rimangono forti e strutturati i partiti

continuano a selezionare, tra gli eletti regionali, attingendo in prevalenza dalla componente

di classe media e quella dei politici di professione ,compensando il suo calo nelle altre zone

del paese. nel mezzogiorno, con la ripresa del neonotabilato clientelare,i professionisti

assumono un ruolo di primo piano spegnendo la timida crescita dei professionisti della

politica.

Questi dati compongono uno scenario in cui al declino dei professionisti della politica tra gli

eletti, corrisponde un po' ovunque, ma soprattutto nel Mezzogiorno, una ripresa del

notabilato che costringe i partiti a un ruolo di “certificazione del personale politico” che

proviene da carriere “esterne”. La ripresa del notabilato attesta la crescente attenzione

politica verso quelle personalità che dispongono di un notevole capitale sociale individuale:

le capacità relazionali infatti divengono essenziali per la formazione delle net-élite che al

omento esercitano una notevole egemonia sulle élite nazionali e internazionali.

Le élite cerniera

La forza e le carriere delle élite politiche locali e regionali, da alcuni anni, hanno consentito

una relativa maggiore autonomia da parte della politica locale e della sua classe dirigente

elettorale e composizione dell’élite candidata

nel determinare struttura della competizione

ed eletta, smarcandosi da una stretta dipendenza dalle logiche nazionali. Questa relativa

autonomia di “centro”, unita ai processi di riforma degli enti locali/regionali che

attribuiscono loro ambiti poteri, ha favorito una certa bi-direzionalità delle tappe della

carriera politica instaurando un plastico flusso tra incarichi nazional e quelli apicali negli

enti municipali e regionali. Alla classica scalata ai vertici nazionali patendo da incarichi di

“periferia”, si associa un’attenzione da parte dei leader nazionali per i principali incarichi in

periferia.

I casi recenti di Vendola e Renzi, dimostrano che ormai l’importanza di alcuni

“palcoscenici” provinciali consente di esercitare un peso politico notevole anche sulla

politica nazionale tanto da essere assimilati a élite politiche nazionali con capacità traente o

addirittura a leader. In breve, come risultato di questa fluidità bi-direzionale delle carriere

politiche, si è formata un’élite che svolge il delicato ruolo di cerniera tra incarichi periferici

e nazionali.

Costi e performance: la disfatta delle autonomie regionali

La crescita d’autonomia dei poteri locali e regionali ha consentito alle proprie élite politiche

nazionali dimostrando di curare soprattutto gruppi d’interesse,

di assimilare i vizi delle élite

stabilendo una sorta di neocorporativismo locale, in cui il ceto politico, mediante governo

del consenso, appare sempre più impegnato a riprodurre se stesso, senza dare priorità alle

strategie funzionali allo sviluppo socioeconomico territoriale.

La reputazione delle élite locali è precipitata agli occhi di una popolazione preoccupata per i

loro ingenti costi e sprechi, tanto da procurare numerose campagne di protesta, grazie alle

quali le élite politiche nazionali approfittandone, hanno imposto pesanti tagli alle élite

politiche regionali nei trasferimenti di risorse da parte dello stato. Si tratta di misure di

austerity che hanno l’effetto di creare problemi concreti nell’offerta di servizi ai cittadini,

intaccando ulteriormente la reputazione e la fiducia verso le istituzioni e le élite politiche

locali e regionali.

Ad alta disoccupazione e basso Pil pro capite nei territori corrispondono maggiori indennità

dei consiglieri regionali. Non c’è relazione tra grado di benessere di un territorio e

remunerazioni del suo ceto politico regionale.

Le recenti contrazioni di risorse trasferite dello stato a regioni ed enti locali hanno

incrementato le disparità territoriali nell’offerta di servizi di welfare perché solo le

amministrazioni delle regioni con Pil più elevato riescono a compensare i tagli con risorse

proprie, garantendo un buon standard di servizi.

Policentrismo caotico

Le élite politiche locali e in particolare regionali, appaiono invecchiate e a sesso unico

maschile; la loro composizione sociale sta subendo tuttavia una profonda metamorfosi

anche in virtù della crescente attrattività delle principali cariche sociali.

Quest’attrazione per alcune poltrone apicali do grandi città e d’importanti regioni, ha

rimodellato i processi di carriera politica, spezzando l’unidirezionalità dei percorsi della

periferia al centro: di conseguenza tra le principali cariche politiche locali e regionali cresce

il peso dei leader on profilo politico nazionale.

aumentata l’importanza della componente personalità e appare avvantaggiato il

È

professionista ricco di risorse reazionali, di notorietà e di prestigio personale spendibile sul

mercato politico locale. È in declino, di conseguenza, la componente popolare del ceto

politico locale, che un tempo era puntellata dai partiti di massa. è invece aumentata,

l’incidenza degli imprenditori prestati alla politica, in specie nazionale e regionale.

Sono da considerare i gravi aspetti che hanno accompagnato la crescita quantitativa delle

élite locali. In primo luogo, la politica ha ampliato il suo raggio d’azione e u suo mercato a

livello locale e regionale, si è rafforzata come potere politico locale, ma solo raramente ha

risvegliato il pubblico interesse tra i cittadini. in secondo luogo, questa sfiducia ha preso

campo per la bassa capacità performativa dei ceti politici locali e regionali. In altri termini,

essi non si occupano a sufficienza dei problemi di fondo che intrecciano le vicende dei

territori ai desini nazionale ed europeo. In terzo luogo, i ceti politici locali hanno assimilato

dai loro fratelli maggiori nazionali la vocazione all’autoreferenzialità.

L’evanescenza del federalismo

Le élite politiche ormai da anni attraversano un profonda metamorfosi. L’espansione del

cariche elettive e l’importanza

numero delle resiliente del mercato politico sottolineano che

oggi le élite politiche sono strutturate con un potere organizzato a più livelli. La crisi

politica riguarda la qualità del rapporto rappresentanti-rappresentati, ma certo non i numeri

profonda con un’espansione dell’offerta

che al contrario attestano la metamorfosi

multilivello di classi dirigenti europee e regionali postnazionali. Mai in precedenza le élite

politiche italiane avevano potuto contare su un esercito così ampio di professionisti tra

cariche elettive, enti pubblici locali, assistenti, consulenti, funzionari dipartito…

In realtà, questo cerchio elitario, ne include uno più piccolo, pari a un suo decimo circa: si

tratta della cosiddetta élite politica traente, in grado di intercettare e partecipare alle

principali decisioni d’importanza sovraregionale riguardanti il proprio territorio, esercitando

un significativo potere di proposta o di veto. C’è anche un cerchio più piccolo, superiore,

più ristretto di leader locali-regionali che hanno visibilità non solo sullo scenario politico

regionale, ma anche nazionale ed europeo.

C’è stata una transizione verso una nuova forma di offerta istituzio

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
34 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/09 Sociologia dei processi economici e del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher spinax di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Politecnica delle Marche - Ancona o del prof Carboni Carlo.