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I

Il presente capitolo si propone di rispondere al crescente bisogno di una nuova agenda di lavoro

per la teoria sociale alla luce delle recenti scoperte in campo neuroscientifico, in particolar modo

del contributo della neurobiologia delle emozioni.

Sono sempre più numerose, infatti, le discipline impegnate in un dialogo serrato con la

prospettiva neuroscientifica.

Da una parte la neurobiologia fa avvicinare a forme di terapia di prevenzione adeguate, anche in

considerazione dell'interazione con fattori sociali elaborati dal cervello che possono condizionare

la malattia.

Dall'altra parte si guarda alla crescente aspettativa sociale per quanto riguarda i più recenti studi

sul cervello umano. II

Il cambiamento che alla luce delle nuove scoperte neuroscientifiche sta avvenendo si potrebbe

rivelare un'occasione preziosa per ripensare correttamente il rapporto tra cervello, mente e vita

spirituale.

L’avversione nei confronti di una smodata medicalizzazione dei processi vitali più intimi è da

tempo nell'aria: la gente sta finalmente iniziando a capire che il dualismo corpo/mente non è più

appropriato, non soltanto per descrivere l'orientamento attuale della ricerca scientifica più

avanzata, ma anche per ricondurre l'esperienza concretamente vissuta, alla nostra autentica

dimensione quotidiana.

Corpo e mente vanno considerate nell'ottica di una reciproca apertura volta al raggiungimento di

una corretta comprensione dell’essere umano, della sua relazione con gli altri e col mondo

circostante.

A tal proposito Damasio nel libro “L'errore di Cartesio” ha mostrato in modo convincente che

bisogni cambiare la concezione della rapporto tra mente e cervello. Oggi abbiamo una visione più

obiettiva che considera i processi neuronali come la struttura biologica sottesa a qualsiasi

operazione mentale. L'aspetto fondamentale da mettere in rilievo è che il corpo così come viene

rappresentato nel cervello costituisce il necessario presupposto di fondo per ogni attività che

avvertiamo normalmente come processo mentale. È il nostro corpo che rende materialmente

possibile la costruzione del mondo circostante che elaboriamo cognitivamente. Senza il corpo la

mente non potrebbe esistere e non sarebbe mai esistita; la mente c'è ed è presente solo nella

cornice di un corpo per quel corpo. III

Fino a non molto tempo fa in ambito scientifico era ritenuto del tutto affidabile un certo modo di

vedere il cervello: si tratta dell'idea di una rigida suddivisione in aree celebrali specializzate. In alto

vi sarebbero volontà e ragione e, in basso, l'emozione. Al di là dell’impronta gerarchica e di alcune

espressioni scorrette, a questo modello deve essere riconosciuto la correttezza dell'attribuzione

delle rispettive competenze delle due aree cerebrali.

La neocorteccia e le relative funzioni superiori esistono nel corpo e per il corpo e non lo

abbandonano mai. In tutta la loro dimensione umana anima e spirito vanno considerati stati

ideativi, unici e complessi, del corpo vivente.

Negli ultimi anni hanno iniziato a registrare un significativo successo tutti quegli approcci la cui

idea di fondo è che a regolare l'elaborazione dell'esperienza cognitiva, e quindi unire tra loro

corpo e mente, siano le emozioni.

In base ai risultati delle più recenti indagini non si può più sostenere che le strutture emotive

risiedano soltanto nelle sedi più antiche nel cervello, e neanche che le competenze cognitive non

dipendano strettamente dalla corrispondente base biologica.

Oltre che sulle condizioni di salute, di malattia e su vari altri aspetti delle nostre esperienze, le

emozioni incidono concretamente sul rendimento della nostra memoria, e dunque anche sul

modo in cui facciamo scienza. Se non disponessimo di un filtro emozionale per discriminare fra

ciò che il nostro complesso corpo/mente ritiene importante, tralasciando tutto il resto, il nostro

cervello verrebbe investito da una quantità ingestibile di sollecitazioni.

IV

Per quasi tutto il Novecento gli scienziati non prestarono particolare attenzione all'emozione. La si

riteneva l'esatto contrario della ragione, che era del tutto indipendente dall’emozione (quest'ultima

venne relegata negli strati cerebrali inferiori).

Alla luce delle attuali conoscenze all'emozione viene giustamente assegnata la sostanziale

valenza cognitiva che le compete e cioè di conoscere il mondo che ci circonda.

Come sostiene Damasio la tonalità dell'esperienza emotiva assume un ruolo fondamentale

nell'ambito dei processi decisionali; esso va considerata come una forma di intelligenza

consapevole che sulla base di esperienze, ci guida internamente per la decisione attuale e più in

generale rispetto al rapporto tra il singolo e il contesto sociale che lo circonda.

movimento da,

Damasio parla anche dell'etimologia della parola “emozione”: ovvero al procedere

verso l'esterno a partire dal corpo.

La cosa davvero importante su cui focalizzarsi è che l'emozione parte del complesso apparato

della ragione e che quindi essa concorre al processo di ragionamento invece di essere di

ostacolo. A questo proposito l'esperienza clinica è chiara: se l'emozione viene esclusa dal

ragionamento, la ragione stessa si scopre ancora più fallace, rispetto a quando l'emozione si

insinua nelle nostre decisioni provocando in noi comportamenti non particolarmente consoni.

Bisogna considerare la reciproca dinamica cooperante fra le due componenti. L'emozione

sostiene e indirizza il nostro ragionamento quando si tratta di prendere decisioni che riguardano

questioni personali e sociali, soprattutto là dove queste ci espongono a rischi e conflitti.

V

Bisogna ora fare distinzione fra emozione e sentimento. Il sentimento fa si che emozione e

ragione si coordinino armonicamente fra loro. L'emozione consiste in quei cambiamenti che si

verificano tanto nel cervello quanto nel corpo. Il sentimento che ne consegue è la percezione

effettiva e diretta del verificarsi di questi cambiamenti. Diversamente dalle emozioni che

riguardano cambiamenti dello stato corporeo visibili pubblicamente da altri, i sentimenti

rimangono privati e nascosti. Sebbene siano collegati, le emozioni si verificano prima dei

sentimenti corrispondenti. Il sistema nervoso sollecitato dall’emozione costruisce e organizza le

mappe delle strutture del corpo. Trasforma quindi le configurazioni neurali contenute in quelle

stesse mappe in idee ( configurazioni mentali ).

I sentimenti sono l’espressione del benessere o della sofferenza, sono rivelazioni dello stato vitale.

Se si tenesse presente che pensieri inducono le emozioni che a loro volta diventano sentimenti,

non solo ci sarebbe giovamento a livello di benessere individuale ma saremmo vicini ad una

visione teorico ideativa nella quale il corpo non apparirebbe come un mosaico frammentato di

organini privo di interiorità. A partire da questa integrità ed unicità si potrebbero attuare strategie e

cure efficaci per fronteggiare alcune tra le principali cause della sofferenza umana:

tossicodipendenza, depressione, analfabetismo emotivo… ed anche immaginare nuove traiettorie

per la creatività ed il pensiero astratto.

Per la neurobiologia i sentimenti sono la base per ciò che da millenni l’umanità descrive come

animo o spirito e che si intreccia con l’ideazione del corpo con la sua interezza e integrità.

VI

Le emozioni ( estroverse ) per mezzo dei sentimenti ( introversi ) influenzano l'attività della mente.

Tuttavia è indispensabile la presenza della coscienza ( fondamentale per far durare i sentimenti )

poiché solo da un preciso senso del sé l’individuo è in grado di percepire consapevolmente i

propri sentimenti.

Quale è il problema della coscienza per la neurobiologia?

Il problema è come cambia il senso di sé quando apprende qualcosa dall’interazione con un

oggetto esterno.

Emozione e coscienza sono separabili solo da un punto di vista puramente concettuale: se viene

danneggiato o intaccato l’una lo è di fatto anche l’altra.

Per Damasio il genere più semplice di coscienza è quella nucleare. Essa mette a disposizione un

preciso senso del sé nell’ambito di un raggio di estensione estremamente limitato. La coscienza

nucleare non ha orizzonte nel futuro e per quel che riguarda il passato ci consente di scorgere

unicamente l’istante appena trascorso ( configura una dimensione senza spazio ne tempo ).

Mentre la coscienza estesa dà all’individuo una conoscenza puntuale del mondo che lo circonda

rendendolo consapevole di ciò che ha vissuto nel passato e delle possibili aspettative future.

La coscienza estesa nonostante permetta di accedere alle più elevate competenze cognitive non

è una forma indipendente di coscienza ma si sviluppa sulle basi indispensabili della coscienza

nucleare.

Queste due forme di coscienza corrispondono a due differenti caratterizzazioni del sé.

La prima è quella del “sé nucleare”, una forma transitoria che si crea ogni qualvolta il nostro

cervello interagisce con un oggetto.

L’identità corrisponde però a quelle caratteristiche che coincidono con la raccolta delle qualità

specifiche di una persona ( non estemporanee ).

Ci si riferisce quindi al sé “autobiografico” cioè quell’insieme di ricordi organizzati

( nell’apprendimento dei quali la coscienza nucleare ha preso parte ), cioè il nostro nome, chi sono

i nostri genitori, il luogo dove siamo nati, le nostre preferenze o inclinazioni…

A questo proposito l’espressione più appropriata è quella di memoria autobiografica.

Esistono ideologie che pretendono di spiegare la coscienza senza partire dalla base biologica su

cui si regge come se la coscienza fosse limitata da alcuni aspetti particolarmente evidenti della

coscienza estesa.

In sintesi ci occupiamo di qualcosa che ha a che fare con l’acquisizione di conoscenza derivante

dalla relazione del corpo con un oggetto e che, nell’ambito della medesima relazione, determina

un cambiamento sensibilmente significativo nel corpo stesso.

Il punto cruciale è: la coscienza affiora nel momento in cui l’interazione casuale con un oggetto

esterno che cambia lo stato del corpo può essere raccontato attraverso i segnali non verbali

( corporei ) così che alla fine il Sé emerge come sentimento di un sentimento. La coscienza ha lo

scopo di indirizzare l’intero apparato del comportamento e della cognizione verso

l’autoconservazione, per far sì che potessimo conoscere realmente la “vita” che attraversa il

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Publisher
A.A. 2018-2019
13 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Thomas Shape di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dell'educazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Manfrè Giorgio.