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L'istituzionalismo e il comportamento intenzionale
L'istituzionalismo non esclude che vi sia un comportamento intenzionale orientato a scegliere le alternative più convenienti, ma sostiene che questo calcolo razionale avviene in condizioni diverse da quelle ipotizzate dalla teoria economica.
Azione e decisione. L'istituzionalismo afferma la pluralità dei livelli di coscienza nell'individuo. Vi è un livello intenzionale, che porta l'attore a fare scelte, a prendere decisioni, a optare per i comportamenti più convenienti, e vi è un livello di coscienza non intenzionale, spontaneo, automatico in cui l'attore assume certi comportamenti in quanto normativamente dovuti (si comporta così, perché così si fa).
La teoria economica, e più in generale, la teoria della scelta razionale partono dall'assunzione che sottostante a ogni azione vi sia una decisione, e così facendo identificano l'attore con un decisore. Ciò significa che tutte
le interazioni sociali sono oggetto di continuo negoziazione da parte degli individui che ne sono coinvolti e nulla viene dato per scontato. L'attore economico sta sempre scegliendo, sulla base di una valutazione utilitaristica, quel rapporto di autorità, quella tradizione, quella routine, quella specifica "regola del gioco", che sono costantemente instabili. Ne consegue che la stabilità, la persistenza e l'inerzia, non sono oggetto specifico di analisi, ma sono viste semplicemente come assenza di cambiamento. L'istituzionalismo ribalta questa situazione e assume che la continuità, la persistenza, la stabilità, l'inerzia, la resistenza al cambiamento, siano gli aspetti più rilevanti della vita sociale e debbano essere spiegati come fenomeni sé autonomi e specifici. Ciò a cui si assiste è un duplice processo. Da un lato, queste relazioni sociali si istituzionalizzano e vengono rispettate dagli attori inquantodate per acquisite e assunte valide in sé, dall'altro, invece, gruppi di attori cercano di utilizzare questi modelli istituzionalizzati per perseguire i loro obbiettivi, dando loro nuovi significati e utilizzandoli per fini diversi da quelli per cui erano stati pensati. I due livelli di coscienza (intenzionale e istituzionale) si alternano e assumono una differente rilevanza a seconda della fase storica considerata e della posizione che gli attori hanno all'interno dell'ordine politico e sociale. Comportamento intenzionale e comportamento finalizzato. Ino secondo luogo, occorre fare una distinzione tra comportamento (goal oriented), finalizzato cioè orientato alla realizzazione di fini dati a (purposive), priori; e comportamento intenzionale cioè orientato alla realizzazione di obiettivi che possono anche non essere dati a priori. Per l'istituzionalismo il comportamento individuale è intenzionale, ma non è necessariamente finalizzato. Infatti,
L'individuo scopre durante l'azione e l'interazione con gli altri i propri obiettivi, ridefinisce le proprie mete sulla base delle opportunità e dei vincoli che incontra, diventa cosciente del significato che viene attribuito ai suoi comportamenti e alle sue azioni dagli altri e rimodula le sue azioni sulla base di questi elementi.
Il modello di attore della teoria istituzionale, rispetto a quella economica, appare depotenziato, indeterminato, in quanto non si assume a priori quali siano i suoi obiettivi, i suoi interessi e le sue mete. Ma è questo il suo punto di forza, perché è proprio lasciando questi margini di indeterminatezza che si conferisce all'attore una reale scelta, una reale decisione. Nella teoria economica, infatti, la scelta è solo una finzione, in quanto una volta date le preferenze, i vincoli e i criteri di decisione, le scelte dell'attore sono obbligate e determinabili a priori. Sono delle scelte non scelte.
È solo dando negli assunti teorici dei modelli la presenza di margini di indeterminatezza dell’azione che si può effettivamente parlare di decisione.
Incertezza radicale. Altro punto della teoria istituzionalista è il concetto di incertezza radicale o genuina. La teoria economica si occupa da tempo del problema della decisione in condizioni di incertezza. Nel fare questo compie tuttavia un’operazione teorica curiosa: quanto più il contesto ambientale viene assunto come complesso, turbolento, imprevedibile e difficile da decifrare, tanto più nella elaborazione del modello viene accresciuta la capacità di calcolo dell’attore. L’incertezza diventa una mera finzione, in quanto l’inserimento di imprevedibilità ambientali viene automaticamente compensato e neutralizzato dalle accresciute capacità previsionali dell’attore. Aumenta il grado di incertezza del contesto nel quale l’attore agisce, ma aumenta
anche la capacità dell'individuo di effettuare calcoli e previsioni attraverso strumenti logici, matematici e statistici. L'istituzionalismo invece assume che vi sia incertezza radicale e genuina: - Ipotizza che l'attore debba fronteggiare non solo l'imprevedibilità dell'ambiente in cui agisce, ma anche i suoi limiti, ossia la sua limitata capacità di acquisire ed elaborare dati e informazioni. - Entrambi questi elementi debbano essere incorporati nel modello teorico. L'attore non solo non è in grado di prevedere che probabilità hanno di verificarsi determinati eventi futuri, ma non è in grado nemmeno di prevedere quali eventi si verificheranno e di stabilire il grado di affidabilità dell'informazione che riesce ad acquisire intorno ad essi. In poche parole, la razionalità del comportamento, che per la teoria economica è un assunto, per la teoria istituzionale diventa un costrutto sociale.istituzionale: quanto più gli attori sono in grado di rendere prevedibili le loro interazioni, attraverso la costruzione di istituzioni (institution building), tanto più potranno strutturare piani d'azione affidabili, coerenti e articolati nel lungo periodo, cioè potranno essere razionali. Causazione cumulativa, paradigma processuale e analisi longitudinale Le istituzioni da un lato plasmano l'azione, le preferenze, le motivazioni, i comportamenti degli individui e, dall'altro, si riproducono attraverso l'azione degli individui stessi. Questa interazione tra azione e istituzione (gli uomini fanno le regole e le regole fanno gli uomini), porta ad un processo di causazione cumulativa e circolare secondo cui quella che al tempo T è una variabile indipendente, al tempo T+1 è una variabile dipendente. Questo meccanismo ha una rilevanza fondamentale nella logica esplicativa dell'istituzionalismo in quanto consente di attribuire unRuolo dinamico alle istituzioni, pur riconoscendo la loro funzione di stabilizzazione dei comportamenti e delle aspettative sociali. Se è vero che le istituzioni stabilizzano l'azione, conferendo prevedibilità e certezza ai rapporti sociali, tuttavia "la situazione di oggi plasma le istituzioni di domani attraverso un processo selettivo e coercitivo, agendo sulla visione abituale che gli uomini hanno delle cose, alternando o rafforzando un punto di vista o un'attitudine presa dal passato". Quella delle istituzioni è quindi una stabilità apparente: stabilizzano certi comportamenti e, nel fare ciò, plasmano anche le caratteristiche dell'azione. I meccanismi di causazione cumulativa danno luogo a circoli viziosi o virtuosi, cioè a percorsi causali retroattivi tra azione e istituzione in cui una data istituzione genera determinati comportamenti i quali a loro volta richiedono un ulteriore rafforzamento dei caratteri istituzionali.
che hanno generato quelle specifiche forme d'azione, dando così il via a processi involutivi (circoli viziosi) o evolutivi (circoli virtuosi). Il funzionamento delle istituzioni non è interpretabile secondo il modello dell'equilibrio (la società è un insieme di individui che operano delle scelte da soli e indipendenti, sulla base della convenienza. Le relazioni sociali sono generate dalla combinazione delle singole decisioni individuali), ma secondo il modello della riproduzione (società è l'insieme delle relazioni, politiche, sociali e culturali che legano gli individui e che condizionano le scelte che essi poi fanno.) L'azione degli attori non è quindi interpretabile come orientata a massimizzare l'utilità, attraverso scelte più o meno convenienti, quanto piuttosto a garantire, o ostacolare, la riproduzione di queste relazioni. Secondo il modello dell'equilibrio, una volta "scelto" uncerto assetto istituzionale, a meno che non intervengano dei mutamenti esogeni, gli attori non hanno più interesse a metterlo in discussione e quindi l'assetto istituzionale si perpetua autonomamente. Se non ci sono attori che hanno la forza contrattuale di ribaltarlo, allora è nell'interesse di tutti mantenere quel dato assetto istituzionale, che si configura così come un equilibrio. Più è stabile l'equilibrio, più persiste quel dato assetto istituzionale. Per il modello della riproduzione, invece, gli assetti istituzionali non sono neutrali, ma emergono come esito dei rapporti tra l'azione di alcuni attori che impongono un certo modello, e di altri che accettano la conformità a questi modelli. Ne consegue che la persistenza di un dato ordine istituzionale non è imputabile alla sua efficienza o alla stabilità del suo equilibrio. Il tratto distintivo dell'analisi istituzionale è l'adozione.Del paradigma processuale. La visione della società che ricaviamo dalla teoria economica è una rigida successione di fasi di equilibrio strutturale: il mutamento è solo il passaggio da una fase di equilibrio ad un'altra. Per l'istituzionalismo, invece, la società deve essere vista come l'intrecciarsi di processi di causazione cumulativa in continua evoluzione. L'adozione del paradigma processuale implica che l'analisi istituzionale assuma un carattere eminentemente storico e longitudinale.
Nella teoria economica gli attori agiscono teleologicamente in base alla previsione di benefici futuri; nella teoria istituzionalista, invece, agiscono deontologicamente in base ai vincoli, alle pendenze (legacy) e agli impegni (inheritance) ereditati dal passato.
Origine e causa dei fenomeni. In primo luogo, a lunghi periodi di stasi istituzionale si alternano brevi fasi di creazione istituzionale.