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Classificazione dei regimi non democratici
Linz e Stepan propongono un'essenziale classificazione dei regimi non democratici, distinguendoli:
- Regimi autoritari
- Regimi totalitari
- Regimi post-totalitari
- Regimi sultanistici
Il sultanismo configura una situazione in cui permane una confusione tra il patrimonio privato e l'arbitrio del capo e il patrimonio e i poteri pubblici. È caratteristico della fase di passaggio tra l'affermazione iniziale dello stato moderno e l'autonomizzarsi della macchina pubblica. Il sultanismo è stato riscontrato ad Haiti con i Duvalier, in Iran con lo shah e nella Corea del Nord con Kim Il Sung.
Lungi dall'essere scomparso, tale tipo di regime sembra ripresentarsi ancora in quelle aree del mondo (Africa, Centro-America, Medio-Oriente) in cui è storicamente assente una tradizione democratico-parlamentare.
I regimi autoritari ricomprendono i regimi di dominio personale e i regimi post-totalitari di paesi ex-comunisti non ancora democratici, e si estendono ad almeno...
gruppo ristretto di leader detiene il potere in modo autoritario. Ecco come potrebbe essere formattato il testo utilizzando tag html:altre quattro situazioni:
- Regimi autoritari burocratico-militari, particolarmente diffusi in America Latina
- Regimi a statalismo organico, una variante del tipo precedente, in cui il controllo della società passa attraverso l'azione di organizzazioni corporative di matrice clerico-fascista
- Regimi autoritari di mobilitazione delle società post-democratiche, di cui sono esempi storici il fascismo italiano e per certi versi il franchismo spagnolo
- Regimi autoritari di mobilitazione dopo l'indipendenza, che caratterizzano i paesi appena usciti dal dominio coloniale.
Linz descrive i regimi autoritari come sistemi a pluralismo politico limitato, la cui classe politica non rende conto del proprio operato, che non sono basati su un'ideologia guida articolata, ma sono caratterizzati da mentalità specifiche, dove non esiste una mobilitazione politica capillare e su vasta scala, salvo in alcuni momenti del loro sviluppo, e in cui un leader o a volte un gruppo ristretto di leader detiene il potere in modo autoritario.
piccolo gruppo, esercita il potere entro limiti mal definiti sul piano formale, ma in effetti piuttosto prevedibili.I regimi totalitari accentuando rispetto ai regimi autoritari l'aspetto repressivo, si connotano per la pervasività e il controllo dell'ideologia politica su tutti gli ambiti della vita. L'essenza del totalitarismo sta nel fatto che esso annulla ogni distinzione tra lo stato e i gruppi sociali, e perfino tra lo stato e la personalità individuale. Talmon sostiene non a caso che il totalitarismo si basa sulla assunzione di un'unica ed esclusiva verità in politica.
Friedrich attribuisce allo stato totalitario le seguenti sei caratteristiche:
- Un'ideologia onnicomprensiva
- Un partito unico guidato da un solo uomo
- Un potere di polizia fondato sul terrore
- Il monopolio dei mezzi di comunicazione
- La subordinazione completa delle forze armate al potere politico
- Un sistema centralizzato di pianificazione economica e il
1. Includono un modello residuale o liberale, che è per definizione borderline rispetto alla concezione forte dello stato sociale
2. Non consentono di apprezzare pienamente l'articolazione non sempre univoca delle risposte istituzionali.
Se si esclude la forma di intervento assistenziale-residuale per i casi di indigenza estrema, il finanziamento e la titolarità dei diritti di godimento del welfare system si presentano sotto due fattispecie principali:
1. Il finanziamento dipende dai contributi dei laboratori e delle aziende, e a fruire dei benefici sono sostanzialmente gli stessi lavoratori che versano i contributi (modello d'origine bismarckiana).
2. Il finanziamento è tratto dal gettito fiscale generale, e i benefici vanno a tutti i cittadini, e in alcuni casi (emergenza sanitaria) a tutti gli individui compresi i non cittadini (modello scandinavo e beveridgiano).
Ferrera haHo sviluppato una quadripartizione che si articola in due modelli (occupazionale o universalistico) e due varianti (tipo puro o misto). Mentre il modello è individuato dalla fattispecie del finanziamento e dei destinatari (occupazionale: contributivo e per soli lavoratori, universalistico: fiscale e a tutela di tutti), la variante dipende dall'univocità del criterio adottato o dalla forma mista, che può rappresentare una contaminazione universalistica dell'originale modello occupazionale o viceversa. Negli ultimi anni del Novecento, mentre da un lato la pressione dei movimenti sociali induce a auspicare l'estensione su vasta scala del modello universalistico puro, dall'altro esplodono tre fattori di crisi che mettono in discussione l'assetto consolidato di welfare state: 1. La radicale trasformazione dei problemi sociali e all'emersione di bisogni del tutto nuovi (specie post materiali) che rendono inadeguata la gestione centralistica delle risposte. 2. [Inserire qui il testo del secondo punto] E così via...La progressiva difficoltà economica a far fronte ai costi crescenti del welfare, talvolta in concomitanza con sistemi tributari lacunosi.
Un'onda liberista che muove dal presupposto che una società troppo assistita favorisca il parassitismo sociale e mini i meccanismi di riproduzione della ricchezza.
Lo stato sociale dei primi anni del Duemila sta vivendo un duplice aggiustamento: da un lato le modalità di finanziamento si vanno configurando sempre di più in forma mista (imposta + contribuzioni), dall'altro, si registra ormai il passaggio dalla formula del welfare state a quella del welfare mix. Si sta pervenendo a una diversa distribuzione dei ruoli, che vede il settore pubblico pianificare, cofinanziare e controllare le prestazioni sociali e il terzo settore e/o il mercato, progettare e gestire più flessibilmente le risposte ai bisogni diversificati della popolazione. - L'impatto della globalizzazione sulla politica, lo Stato e
Con la parola globalizzazione si intende quel processo che altera e comprime radicalmente le coordinate spazio-temporali del mondo, per effetto della tendenziale apertura di un unico mercato mondiale e dello sviluppo della tecnologia, specie nel campo delle comunicazioni, sia tradizionali che telematiche. La globalizzazione sta modificando in profondità le principali modalità dell'organizzazione sociale e del lavoro, rivoluzionando i quadri culturali di riferimento, ibridando gli stili di vita, i gusti e gli orientamenti che nella originaria singolarità fungevano da spie del riconoscimento delle identità locali e individuali.
Il globalismo è invece un'ideologia il cui nucleo risiede nel fatto che in esso viene liquidata una differenza fondamentale della prima modernità, e cioè quella tra politica ed economia. Con il globalismo si tenta di sostituire il primato dell'azione politica con il dominio del mercato.
mondiale, affermando sostanzialmente gli imperativi dell'ideologia neoliberista. Tra il XV e il XVII secolo la politica porta a compimento un percorso di autonomizzazione e di sovraordinazione rispetto alle altre sfere della società sia nei confronti della dimensione religiosa, sia rispetto alla dimensione economica. Mentre l'economia ed il mercato ispirano azioni e comportamenti a un sostanziale criterio di valorizzazione del capitale, il potere politico trova la sua ragion d'essere in una legittimazione superiore e persegue esplicitamente il fine del bene comune. La globalizzazione, ma soprattutto il globalismo, minano alla radice proprio questo assetto consolidato, rovesciando il rapporto di potere tra politica ed economia a favore di quest'ultima. Nella teoria classica lo stato si caratterizza come soggetto dotato di sovranità, che viene esercitata in un ambito territoriale, garantito e delimitato da confini. La globalizzazione destruttura tale impianto.
più le reti di telecomunicazione. Questo ha permesso una maggiore velocità e facilità nello scambio di informazioni e nella gestione delle transazioni finanziarie. Inoltre, la mobilità dei capitali ha favorito la globalizzazione dell'economia, consentendo alle imprese di espandersi a livello internazionale e di accedere a nuovi mercati. Il secondo livello è di tipo teorico. La mobilità dei capitali e dei flussi di comunicazione ha portato alla nascita di nuove teorie economiche, come ad esempio la teoria della globalizzazione. Questa teoria sostiene che la mobilità dei capitali e dei flussi di comunicazione ha reso il mondo sempre più interconnesso e interdipendente, creando una rete globale di scambi e relazioni economiche. In conclusione, la mobilità dei capitali e dei flussi di comunicazione ha avuto un impatto significativo sull'economia globale. Ha favorito la crescita economica, la diffusione delle conoscenze e l'interconnessione tra i diversi paesi. Tuttavia, ha anche creato nuove sfide, come ad esempio la volatilità dei mercati finanziari e la diffusione di informazioni false o manipolate. Pertanto, è importante trovare un equilibrio tra la mobilità dei capitali e dei flussi di comunicazione e la stabilità economica e sociale.