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LO SPAZIO
divisione spaziale del lavoro integrazione spaziale
LO STATO
rigidità flessibilità
L’IDEOLOGIA
consumo di massa di beni durevoli di consumo: individualizzazione; la società dello “spettacolo”
la società dei consumi
2. Il sistema sociale fordista
Il modello di produzione egemone nel periodo dell’affermazione dell’industrialismo è quello fordista che deve
la sua denominazione alla storia delle industrie automobilistiche Ford di Detroit e che si manifesta nella sua
forma più esplicita e durevole durante i “trenta gloriosi” anni tra le due guerre. A partire dai primi anni del
1900 all’interno dell’azienda Ford trovano applicazione i metodi di lavoro di Taylor, il quale aveva elaborato
i principi di un’organizzazione della produzione adatti ad ottimizzare le prestazioni di una forza lavoro
dequalificata e disomogenea come quella statunitense, nella quale le differenze etniche, culturali e linguistiche
erano assai profonde. Nell’organizzazione tayloristica del lavoro esiste una rigida divisione tra compiti
decisionali e compiti esecutivi. L’intero processo di lavorazione veniva smontato in operazioni semplici,
ognuna delle quali trovava corrispondenza in un posto di lavoro. Ogni operazione poteva essere standardizzata
attraverso la fissazione di tempi e metodi e diventava così prevedibile. Tale fissazione si fondava sul “one best
way” (unico modo migliore) per svolgere l’operazione. Le tecniche di valutazione e di selezione
individuavano l’”uomo giusto”, la cui remunerazione veniva fissata in base alla mansione svolta.
Il taylorismo permise di aumentare l’efficienza produttiva (alla crescita dei volumi di produzione dei singoli
beni, corrispondeva una diminuzione del costo unitario dei beni stessi ed un aumento delle vendite).
Il sistema fordista fu in grado di creare le condizioni per la diffusione del benessere presso ampissimi strati
sociali attraverso la produzione standardizzata di massa e la creazione contemporanea della domanda.
Problema del controllo del ciclo economico. Soluzione: lo Stato, attraverso il prelievo fiscale, garantiva il
controllo del ciclo economico, infondeva fiducia nelle imprese e sosteneva il benessere dei cittadini attraverso
il sistema di garanzie. In questo modo il potere politico centrale-lo Stato- si assumeva numerosi doveri che,
nel oro insieme, andavano della direzione della stabilizzazione della domanda.
Molti beni, fino ad allora esclusi dal paniere dei lavoratori, giunsero alla portata della maggior parte dei
lavoratori salariati i quali erano contemporaneamente produttori e consumatori.
I livelli di benessere delle classi più basse aumentava e parallelamente si allargava il mercato delle imprese,
le quali producevano le merci e i loro consumatori.
3. La norma di consumo fordista
All’interno del sistema fordista si verificava un’elevata corrispondenza tra modi di produzione e modi di
consumo. Aglietta mostra tale corrispondenza a partire dalla definizione di consumo come processo (= insieme
organizzato di attività prevalentemente private ma sottoposte ad una logica generale di ricostituzione e di
salvaguardia di energie, capacità e attitudini coinvolte nelle relazioni sociali di vario tipo).
Rispetto alla situazione del primo industrialismo, che non aveva permesso la stabilizzazione dei costumi di
consumo della classe lavoratrice, il fordismo ha invece fornito ai cittadini delle nazioni industrializzate una
norma di consumo fondata sulla proprietà individuale delle merci. L’affermazione di questa norma di consumo
della classe lavoratrice ed il controllo della sua evoluzione sono, secondo Aglietta, il risultato di un conflitto
e della costituzione di forme di controllo sociale assai rigide. Il fordismo risolve il problema del restringimento
del tempo lavorativo con l’incremento dell’intensità di lavoro e la drastica riduzione del tempo sprecato. Se
alle ore di lavoro si aggiunge il tempo del trasporto da e per la fabbrica, il consumo individuale si trova ad
essere compresso in un ristretto spazio di tempo e nella casa. La norma di consumo fordista risulta così
governata da 2 merci: l’alloggio standardizzato e l’automobile, che sono beni durevoli il cui costo è superiore
del potere d’acquisto dei salari. Un costume di spesa che incorpori questi necessita, a monte,
l’omogeneizzazione dei salari ed una serie di garanzie legislative ed assicurative, nonché la riduzione della
famiglia alla forma nucleare.
La norma di consumo è sostenuta dalla diffusione del lavoro dipendente maschile a tempo pieno e
indeterminato che permette alla famiglia nucleare di costituirsi precocemente, di mantenersi stabile nel tempo
e di riprodursi.
Il consumo continua a possedere una dimensione collettiva che si esprime in 2 modalità differenti:
appartenenza;
dinamica tra gruppi: gli stili di vita dei diversi gruppi sociali sono bene definiti e l’adozione di stili di vita più
agiati segna il passaggio da una posizione sociale all’altra all’interno di una generalizzata crescita del
benessere e di una mobilità sociale consentita dallo sviluppo economico.
Il periodo dell’affermazione del sistema sociale fordista è quello che vede la trasformazione della società dei
mercati di massa in società dei consumi di massa.
La diversificazione dei prodotti si impone per aumentare la crescita produttiva e tale diversificazione implica
una nuova centralità del marketing e forti investimenti in questa funzione, come mostra uno degli esempi più
importanti di impresa: la General Motors. A differenza della Ford che si era concentrata sulle fasce basse di
mercato, dominandole pressoché completamente, la General Motors viene organizzata in divisioni che si
rivolgono a fasce di mercato diverse.
Creazione di un più ampio ceto medio.
Gli stili di vita rappresentano lo strumento per interpretare la crescita e la differenziazione dei consumi e
contemporaneamente per rapportare i consumi stessi alla struttura delle diseguaglianze sociali. Una élite
ristretta continua a consumare il lusso artigianale ma la produzione industriale di massa non è più sinonimo
assoluto di standardizzazione.
4. Lavoro e consumo
Il sistema sociale fordista è il contesto in cui la centralità del lavoro si consolida al termine di un lungo percorso
etico ed economico iniziato con la rivoluzione industriale.
Il lavoro, a qualunque livello gerarchico si collochi, è intriso di moralità. Nelle fabbriche di Ford
l’amorevolezza e i benefici rivolti ai lavoratori si mescolano con una serie di restrizioni e di regole di vita da
rispettare dentro e fuori dal luogo di lavoro: lavoro come ambito di elaborazione di modelli di comportamento
conformi all’etica della produzione e del consumo. Ma passaggio dall’etica del lavoro alla concezione
strumentale del lavoro stesso inteso semplicemente come mezzo per conquistare una quota maggiore di
ricchezza dalla quale derivano il prestigio e la posizione sociale. Sottraendo al lavoro la possibilità di
rappresentare l’ambito dell’autonomia e monetarizzando il valore degli individui, la società industriale ha
costretto i suoi appartenenti a proiettare le aspirazioni di libertà nella sfera del consumo.
L’unione di capitale e lavoro realizzata dal fordismo è un legame forte in quanto basato su interessi reciproci:
mantenimento di una forza lavoro efficiente da parte dei capitalisti e mantenimento del posto di lavoro e del
salario da parte dei lavoratori. L’ampiezza del Welfare e la contrattazione collettiva dei lavoratori garantiscono
questo legame.
Primi esempi di luoghi di consumo moderno: grandi magazzini che sorgono nei centri urbani di maggiori
dimensioni.
3 elementi rappresentanti altrettanti cardini dell’espansione dei consumi: la marca, la pubblicità e l’attenzione
al packaging.
La società dei consumi di massa che si afferma nel periodo fordista opera una trasformazione culturale di
grande ampiezza che consiste nell’indicare il benessere e la crescita dei consumi come criterio di misurazione
del progresso e della felicità individuale. Si tratta di una trasformazione culturale che investe le norme e i
valori orientandoli al consumo e che attacca e distrugge valori tradizionali: il risparmio, la sobrietà, le strategie
individuali di lungo periodo, l’attenzione allo spreco. Consumare (subito) è il comportamento indicato dalla
cultura per gli appartenenti ad una società dominata da valori ormai materialistici e da un’economia
dell’abbondanza. In questa prospettiva, lo Stato adotta politiche redistributive e garantisce i beni e i servizi
essenziali (sicurezza economica, sanità, istruzione, assistenza) secondo logiche non di mercato ma ispirate
alla giustizia sociale. Si afferma così il welfarestate fondato sulla solidarietà sociale (= principio della
condivisione della cittadinanza sociale) e sul riconoscimento del diritto ad essere oggetto di intervento
pubblico per tutti i cittadini appartenenti alla società industriale.
Boyer delinea il circolo virtuoso della crescita fordista e delle sue condizioni: la crescita del prodotto consente
di aumentare i guadagni di produttività e parallelamente i salari sono legati alla crescita della produttività e
all’evoluzione dei prezzi al consumo. L’apertura dei mercati e la loro internazionalizzazione, che
rappresentano il passo successivo dell’organizzazione capitalistica, determinano un sottodimensionamento
dell’importanza del mercato interno. Accanto ad un segmento di consumi di lusso che sono oggetto di
lavorazione artigianale, cresce e si espande il segmento dei beni industriali che vengono acquisiti da strati più
ampi della popolazione mentre i beni prodotti all’interno dell’economia domestica diminuiscono
progressivamente.
5. Dal fordismo all’accumulazione flessibile
A partire dalla metà degli anni ’60 negli Stati Uniti e poi nel successivo decennio anche in Europa, il sistema
fordista e le politiche keynesiane si mostrano incapaci di tenere sotto controllo le contraddizioni del
capitalismo. I tentativi di superare il lungo periodo di stagflazione e poi la recessione dei primi anni ’70,
accentuata dallo choc petrolifero, si articolano intorno a forme di sperimentazione sia nel campo
dell’organizzazione industriale sia nel campo della vita politica e sociale. Tali forme possono essere ricondotte
all’”accumulazione flessibile”. In primo luogo cambia l’organizzazione del lavoro nell’industria e tale
cambiamento è indotto dalla differenziazione dei mercati e dallo loro instabilità.
La nuova organizzazione del lavoro è stata definita come sistema Toyota in quanto nelle fabbriche
automobilistiche giapponesi della