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CONSUMI E CREDITO AL CONSUMO
Il ricorso al credito al consumo può rappresentare da un lato una tipologia di sperpero che impegna il reddito prima
che esso sia percepito, mentre dall’altro può costituire una modalità sicura di accumulazione finalizzata ad acquistare
beni e servizi diversamente non ottenibili.
La nascita della società dei consumi aggiunge una ulteriore connotazione negativa al credito al consumo, connotazione
che deriva soprattutto dal dibattito sull’induzione del consumo stesso, ovvero dalla capacità da parte della società di
stravolgere i bisogni e di coinvolgere gli individui nella corsa a beni sempre più numerosi, complessi e differenziati,
dilatando all’infinito i desideri e spingendo i consumatori ad indebitarsi.
Soprattutto negli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale, la popolazione americana, che
disponeva in maggioranza di un reddito superiore al minimo vitale, fu protesa a consumare beni fino a quel momento
considerati di lusso e a recuperare i sacrifici imposti dalla guerra. Gli acquisti a rate e la carta di credito diventarono, a
partire da quegli anni, gli strumenti privilegiati dell’achievment della classe media statunitense che può “consumare
per risparmiare” sulla base di una diffusa fiducia sulla crescita economica e sul welfare.
In Europa, dove invece le pregiudiziali ideologiche hanno svolto un ruolo assai importante, per quasi tutto il 1800 i
Monti di Pietà ed i prestatori su pegno hanno rappresentato la parte più cospicua delle opportunità di accedere al
credito. Il credito al consumo di tipo americano compare solo verso la fine del 1800 con gli acquisti a riscatto e con gli
acquisti a rate offerti dai neonati grandi magazzini.
Capitolo 2 – Alcuni contributi della sociologia classica allo studio del consumo
VEBLEN E LA LEISURE CLASS
La sociologia dei consumi prende le mosse da alcuni contributi elaborati a partire dal diciannovesimo secolo, riflessioni
che provengono da autori con Veblen, che hanno saputo influenzare il pensiero sociologico sui consumi.
Il contributo di Veblen alla sociologia dei consumi consiste nell’analisi del prestigio pecuniario come criterio di
stratificazione sociale e nell’utilizzo del tempo e dei beni come manifestazione dello status.
Veblen elabora un concetto di classe che è legato a quello di occupazione; la società risulta composta di classi nobili,
caratterizzate da occupazioni improduttive, e da classi ignobili che svolgono occupazioni produttive.
Facendo un excursus storico a partire dalle comunità arcaiche Veblen ha dedotto che il possesso di ricchezza
conferisce onore, e le cose possedute verrebbero considerate non tanto come prova di razzia o conquista, ma di
superiorità del detentore dei beni su altri individui all’interno della propria comunità. Dopo il coraggio e la gesta, il
possesso della ricchezza sarebbe quindi diventato la base ordinaria dell’acquisto di rispettabilità e di una posizione
sociale irreprensibile. Lo studioso ha motivato questa situazione psicologicamente, in quanto a suo avviso la base
usuale del rispetto di sé consiste nel rispetto concesso dai propri vicini, quindi è necessario per la pace del suo spirito
che un individuo possieda tanti beni quanti ne posseggono gli altri con i quali è solito classificare sé stesso e sarebbe
cosa estremamente lusinghiera possedere qualcosa in più degli altri.
La conseguenza di questa gara porterà l’individuo a vivere in uno stato di cronica scontentezza fin quando il paragone
non gli sarà chiaramente favorevole; ma una volta raggiunto il livello “normale” della sua classe di riferimento
cercherà di stabilire un intervallo sempre più ampio finanziario fra sé stesso e quello che è da lui considerato il livello
medio.
Nel motivare il consumo come ostentazione (o consumo vistoso) Veblen evidenzia i tratti principali dell’evoluzione di
questo fenomeno. In un primo momento, nella cosiddetta civiltà di rapina, la classe dei guerrieri, ovvero gli uomini
liberi, consumano quello che produce la classe operaia, rappresentata da donne, bambini e servi. Passando allo stadio
quasi pacifico dell’industria la vile classe industriosa può consumare solo ciò che occorre al suo sostentamento,
mentre è logico che generi di lusso e comodità di vita appartengano alla classe agiata.
Quando le società vanno pacificandosi il “gentiluomo” agiato si specializza per ciò che riguarda la qualità dei beni
consumati, e in questo processo di miglioramento dei generi di consumo si ricerca una maggiore efficienza ed
elaborazione di questi per il conforto e benessere personali, oltre che per la già citata rispettabilità, dove l’incapacità
di consumare nella dovuta quantità e qualità diviene segno di inferiorità e demerito.
DENARO, IMITAZIONE E MODA
Il problema dell’imitazione nei consumi e delle sue conseguenze è affrontato anche da Simmel nel qudro delle sue
analisi sul ruolo del denaro nella società moderna e sulla moda.
Il fenomeno del consumo vistoso, specie nelle metropoli industriali, finisce per coinvolgere l’intera popolazione, dove
come per Simmel i gruppi inferiori non fanno che imitare quelli superiori, acquistando non appena possibile le stesse
merci, che perdono così il loro potere distintivo e vengono abbandonate dai gruppi superiori che troveranno a loro
volta nuovi oggetti capaci di testimoniare il loro primato sociale e culturale.
Ne La filosofia del denaro, l’autore analizza il percorso del denaro verso la modernità, durante il quale il denaro stesso
perde progressivamente il suo valore materiale ed intrinseco per assumerne uno astratto e funzionale. Il valore delle
cose dipende dalla valutazione soggettiva che ne dà l’individuo ed è dunque indipendente dalle loro proprietà
materiali nonché dal lavoro che essi incorporano.
Il denaro è lo strumento attraverso il quale si possono costruire relazioni sociali e, al contempo, si può attribuire un
valore quantitativo al valore. Tuttavia Simmel rileva una polarità interna all’essenza del denaro consistente nel fatto
che, in quanto mezzo per il raggiungimento di qualsiasi fine, tende esso stesso a trasformarsi in fine. Da servitore
universale, il denaro si trasforma in strumento di asservimento dell’uomo al mondo degli oggetti e presenta dunque
due facce: quella della liberazione e quella della schiavitù per l’individuo.
Specialmente negli ambienti urbani in cui si concentra la modernità, l’insieme ampio e variegato di stimoli commerciali
e di possibilità di scelta, porta gli individui ad aumentare i ritmi di vita ed a rincorrere via via nuovi e diversi oggetti che
solleticano i sensi; per questo l’individuo ha bisogno di rincorrere la differenziazione e cerca di raggiungerla attraverso
la moda, che rappresenta lo strumento con cui le classi sociali, cercando l’omogeneità nell’apparire, segnalano la
coesione interna e la differenziazione verso l’esterno.
GRUPPO E COMPORTAMENTO DI CONSUMO
La teoria dei gruppi di riferimento, che rappresenta un’ulteriore prospettiva interpretativa del comportamento di
consumo, è stata sviluppata da Merton; si basa sull’assunto per cui l’individuo che appartiene a certi gruppi orienta il
proprio comportamento in base a criteri di altri gruppi.
I gruppi di riferimento svolgono anche la funzione di definire, o ridefinire, i canoni di valutazione della qualità dei beni.
Questi tuttavia non coincidono soltanto con le classi o gli strati superiori, in quanto anche altri tipi di gruppo possono
orientare le scelte di consumo in modo talora molto marcato. Un esempio tipico è costituito dal gruppo generazionale
dei giovani che è riferimento per molti consumi, dall’abbigliamento al tempo libero.
Si possono individuare due tipi fondamentali di gruppo di riferimento: il gruppo normativo, che definisce e mantiene
gli standard dell’individuo, e il gruppo comparativo, che offre un quadro di paragone per la valutazione che l’individuo
esprime su se stesso o sugli altri.
Infine, i gruppi di riferimento possono essere positivi e negativi. Il gruppo positivo è quello in cui le norme e standard
sono adottati dall’individuo come fondamento dell’autovalutazione; viceversa il gruppo di riferimento negativo
implica il rifiuto di tali norme e standard. In questo caso, il gruppo di riferimento negativo è quello rispetto al quale
l’individuo vuole differenziarsi e distinguersi.
GRUPPI DI RIFERIMENTO E CONSUMI
Sulla base della teoria mertoniana, Fabris ha elaborato alcune riflessioni sul rapporto tra gruppi di riferimento e
consumi. In particolare egli elabora una tipologia dei gruppi di riferimento, riunendo sotto questa definizione gruppi di
appartenenza e di riferimento, collettività e categorie sociali.
I gruppi di appartenenza rispetto ai quali gli individui modellano i propri giudizi e il proprio comportamento sono
quelli di appartenenza diretta, in cui si sviluppano relazioni affettive, e quelli di appartenenza attuale, in cui non è
presente il dato di associazione personale.
I gruppi di appartenenza diretta coincidono con i gruppi primari, all’interno dei quali gli individui intrattengono
rapporti faccia a faccia, e hanno una influenza diretta sui consumi, che assume grande rilevanza sia perché i modelli di
consumo del gruppo sono immediatamente visibili e percepibili, sia perché l’intensità dei rapporti favorisce il flusso di
informazioni.
I gruppi di appartenenza attuale sono quelli in cui i rapporti tra i membri non sono molto intensi. Tali gruppi hanno
un’influenza sui consumi meno forte di quella del gruppo primario ma possono modificare i modelli di comportamento
fungendo da riferimento per la destinazione della spesa e per la scelta dei prodotti.
Oltre ai gruppi, anche gli individui costituiscono un riferimento per il comportamento di altri individui; i divi, ad
esempio, possono essere considerati come i successori della classe agiata di Veblen, pur non coincidendovi
pienamente. Oltre ai divi, altri individui possono fungere da riferimento per i consumi: si tratta degli opinion leaders
individuati da Lazarsfeld, che influenzano l’acquisto di determinati beni agendo all’interno del gruppo e non solo sulla
direttrice verticale della stratificazione sociale.
Capitolo 3 – Bisogni e consumi
Una buona parte dei contributi provenienti dalle scienze sociali è collocabile all’interno di una prospettiva che
considera il consumo come risposta a un bisogno.
In primo luogo esistono bisogni riconducibili alla natura umana e quindi generali e astratti; in secondo luogo tali
bisogni sono organizzati secondo una gerarchia in modo tale che l’insorgenza del bisogno di ordine superiore si
determina solo q