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Il potere si afferma spesso simbolicamente insistendo sul diritto a singolarizzare
un oggetto (ecco perché re e capi africani si riservano il privilegio su certi
prodotti animali). Molte cose singolari possono tuttavia valere talmente poco da
non possedere un valore di scambio pubblicamente riconosciuto (es. un
fiammifero offerto). Essere una non-merce significa quindi non avere prezzo. La
mercificazione finale, invece, preclude forzatamente un ulteriore scambio, come
nel caso dei medicamenti venduti dagli stregoni, efficaci solo per il paziente per
cui sono stati preparati, o come le indulgenze della Chiesa, acquistabili ma non
rivendibili.
In periodi di scarsità dovuti alla guerra, tuttavia, ogni bene diventa una
potenziale scorta e circola sul mercato. I beni durevoli sviluppano invece un
mercato dell’usato, ma rimangono potenzialmente merci “disattivate” anche una
volta estromessi dal circuito di scambio. Se un oggetto decorato può essere
considerato un oggetto non vendibile, esiste anche il fenomeno opposto del
“mercificatore ideologico” che vende terreni pubblici allo scopo di equilibrare il
bilancio. In ogni società, quindi, l’individuo si trova stretto tra la struttura
culturale della mercificazione e i tentativi personali di dare un ordine di valore
all’universo delle cose, che si presta a infinite classificazioni.
Nelle società precoloniali, cultura ed economia erano in armonia, poiché la
seconda seguiva le classificazioni della prima, che soddisfacevano i bisogni
cognitivi di differenziazione dell’individuo. Nella società commercializzata,
monetizzata e ampiamente mercificata, l’impulso all’omogeneizzazione del valore
caratteristica del sistema di scambio incontra l’opposizione di cultura e coscienza.
Le sfere di scambio sono più evidenti in società non commerciali e non
monetizzate. Nella nostra società, alcune sfere di scambio distinte sono
unanimemente accettate e approvate: oggetti materiali e persone sono infatti
separate in modo inflessibile. La sfera di scambio di favori politici e accademici,
per esempio, è generalmente accettata, ma l’idea di monetizzarla è considerata
inconcepibile. Una donazione diretta in denaro risulterebbe sempre sospetta e
verrebbe interpretata come un tentativo di comprare l’influenza, tanto che esse
sono normalmente postume o anonime.
Trasformare la donazione in un edificio congela, invece, il dono, in un’evidente
irrevocabilità; apporre il nome del donatore sulla costruzione, oltre a onorarlo,
libera da vincoli durevoli. I valori alla base di queste transizioni sono condivisi
dall’intera società o quantomeno sostenute dai gruppi che detengono l’egemonia
culturale nella nostra società e definiscono la cultura pubblica. Valori
singolarizzati sono invece difesi da gruppi ristretti con precise sfere di scambio
riconosciute da segmenti della società come gruppi professionali, che
sottoscrivono un codice culturale comune e una morale specifica. 30 anni fa,
l’arte africana raccolta casualmente nel corso della ricerca sul campo era posta in
una sfera chiusa con caratteristiche di sacralità. Simili oggetti, acquistati di
seconda mano, erano considerati corrotti per il fatto di aver circolato in una sfera
mercificata monetizzata.
Era tuttavia permesso scambiarli con altri oggetti africani, ovvero in una
omogenea area di contenuto, ma non potevano essere messi in vendita se non a
un museo. Solo l’estremo bisogno giustificava la “liquidazione” sul mercato d’arte
commerciale. Douglas e Isherwood dimostrano che la cultura pubblica nelle
società complesse fornisce a beni e servizi dei contrassegni di valore, ovvero
delle classificazioni distintive costantemente in competizione con quelle
individuali.
Mentre prima la cultura professionale decretava il valore sentimentale, esso è ora
determinato da una scelta individuale. Restrizioni e regole sono quindi definite al
variare degli interessi di chi le origina: le regole della cultura professionale sono
infatti diventate meno rigide a partire dagli anni 60, in cui si diffuse il rifiuto
dell’idea di barriere culturali. La differenza tra società complesse e di piccola
scala non si basa tuttavia sull’estensione della mercificazione, ma dal fatto che in
quelle complesse, essa lavora fianco a fianco con schemi di valutazione.
Nelle società complesse, il forte desiderio di singolarizzazione viene soddisfatto a
livello individuale attraverso la singolarizzazione privata, basata su principi che
rendono, ad esempio, i cimeli di famiglia dei beni insostituibili, poiché la relazione
li rende parte integrante della persona. Gran parte della singolarizzazione
collettiva dipende dal trascorrere del tempo: si pensi alle auto che perdono valore
invecchiando, finché entrano nella categoria dell’antiquariato e aumentano di
valore ad ogni anno che passa.
Ciò che per qualcuno è un cimelio di famiglia rimane, per un gioielliere, una
merce: egli attribuirà un valore a un cimelio senza prezzo, sovrastimando il suo
valore come merce, confondendo il sistema di valore del mercato e degli oggetti
singolarizzati, che convergono in quell’oggetto. Laddove una lattina di birra sia
resa maggiormente singolare, la si rende valutabile, essa acquista un prezzo e
diventa merce, così che la sua singolarità risulta indebolita. La pubblicità di ‘futuri
oggetti da collezione’ si appella infatti all’avidità, invitando ad acquistare l’oggetto
finché esso è una merce, prima che diventi un bene da collezione singolare che
ne aumenterà il valore.
La singolarizzazione degli oggetti da parte dei gruppi permette all’oggetto di
assumere il peso della sacralità culturale, grazie all’approvazione collettiva delle
“istituzioni pubbliche della singolarizzazione”. Nelle società liberali, esse sono le
più importanti agenzie non governative o paragovernative, come le commissioni
storiche, i comitati e le organizzazioni di quartiere. Singolarizzazione e
mercificazione erano investiti di significato morale, così che il conflitto tra di esse
si realizza tra gli individui che conservano una visione privata della gerarchia
delle sfere di scambio, proveniente da estetica, morale, religione o interessi
professionali specialistici.
Gli oggetti a cui si dà il nome di “arte” o “beni storici” sono superiori al mondo del
commercio, poiché l’alto valore non risiede nel sistema di scambio in sé e non
può essere monetario. Tuttavia, l’”oggettivo” valore inestimabile di un Picasso
può essere confermato senza ambiguità soltanto dal suo immenso prezzo di
mercato o stabilito dall’assicurazione. Quando la merce è al di fuori della sfera
delle merci, il suo status è ambiguo e aperto alle alterne fasi degli eventi e dei
desideri.
Esso è infatti mescolato al flusso della vita sociale, in cui è esposto a una varietà
infinita di tentativi di singolarizzazione transitori. Anche gli oggetti portatori di un
valore di scambio assorbono un valore non monetario che corrisponde all’aspetto
mancante non-economico di ciò che Marx chiama feticismo delle merci,
determinato dalle relazioni sociali della loro produzione.
Il sistema di scambio rende il processo produttivo distante e maschera il vero
valore della merce, socialmente dotata di un potere quasi feticistico non legato al
vero valore, ma attribuito alle merci dopo la produzione attraverso un processo
cognitivo e culturale autonomo di singolarizzazione.
Le persone rappresentano la riserva naturale dell’individualizzazione e gli oggetti
come il campo naturale della mercificazione: tale separazione diventa
culturalmente significativa con l’inizio della modernità europea, che nega la
schiavitù, considerato tuttavia un problema intellettuale e morale pressoché solo
in Occidente. I giapponesi, infatti, riconoscono ai bambini abortiti lo status di
misogo (anime perse), ma non si fanno molti problemi circa l’aborto in sé.
Anche la mercificazione di organi umani e la capacità riproduttiva femminile crea
un disagio concettuale dovuto alla sovrapposizione tra persona e merce, tanto
che nel moderno Occidente, l’adozione su compenso è considerata una vendita di
bambini con implicita mercificazione.
I tribunali hanno eliminato anche la mercificazione dei contratti di atleti e attori in
quanto esso costringerebbe il lavoratore, in caso di trasferimento, a lavorare per
qualcuno che non ha scelto. La mercificazione di prestazioni sessuali da parte di
un fornitore immediato è considerata meno riprovevole della commercializzazione
da parte di mezzani, così come la possibilità di vendita di ovuli umani è
moralmente più accettabile di un traffico commerciale.
E’ ugualmente accettato che una madre surrogata riceva un indennizzo per i
disagi causati alla famiglia e il rischio implicito, mentre le provviste di sangue
nella pratica medica americana dipendono da un mercato della materia prima
(contrariamente a quanto avviene nella maggioranza dei Paesi europei). Lo
sperma viene invece mercificato da tempo senza che ciò abbia acceso un grande
dibattito, in quanto gli occidentali considerano la generazione della vita come la
fertilizzazione dell’ovulo da parte dello sperma, anziché come l’unione di due
elementi.
Cultura e individuo spingono a differenziazione, classificazione, comparazione e
sacralizzazione: la cultura si oppone alla mercificazione in quanto
omogeneizzazione dei valori di scambio e l’individuo alla completa
singolarizzazione degli oggetti. Nelle società di piccola scala non
commercializzate, l’assenza di un sistema monetario sviluppato lasciava spazio
alla categorizzazione culturale del valore di scambio degli oggetti, solitamente
sotto forma di sfere di scambio chiuse, soddisfacendo i bisogni cognitivi
individuali di classificazione.
Nelle società di larga scala, commercializzate e monetizzate, l’economia è
totalmente aperta all’inondazione della mercificazione, che invade ogni aspetto
dell’esistenza. I progressi tecnologici soprattutto in campo medico aprono nuove
aree alla possibilità di scambio. L’appiattimento dei valori che segue la
mercificazione e l’incapacità di cultura collettiva di fargli fonte genera frustrazione
a livello individuale e lascia spazio a una pluralità di classificazioni che
mantengono una valenza privata in quanto prive di supporto pubblico. Le
economie delle società complesse esibiscono un sistema di valutazione bifronte,
composto dall’area omogenea delle merci e da quella variegat