Anteprima
Vedrai una selezione di 5 pagine su 17
Riassunto esame Sociologia della comunicazione, prof. Mazzoli, libro consigliato Cross-news, Mazzoli Pag. 1 Riassunto esame Sociologia della comunicazione, prof. Mazzoli, libro consigliato Cross-news, Mazzoli Pag. 2
Anteprima di 5 pagg. su 17.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Sociologia della comunicazione, prof. Mazzoli, libro consigliato Cross-news, Mazzoli Pag. 6
Anteprima di 5 pagg. su 17.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Sociologia della comunicazione, prof. Mazzoli, libro consigliato Cross-news, Mazzoli Pag. 11
Anteprima di 5 pagg. su 17.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Sociologia della comunicazione, prof. Mazzoli, libro consigliato Cross-news, Mazzoli Pag. 16
1 su 17
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Boccia Artieri, contribuisce infatti al rovesciamento del senso della posizione nella

comunicazione dei pubblici. Molte testate hanno chiuso le versioni cartacee dei

giornali per tenere in vita quelle online, così come le tv stanno puntando sulla

trasmissione in streaming. Se per i prodotti riprodotti in serie, Benjamin parlava

di perdita dell’aura e di un’alienazione vicina a quella descritta da Marx, i prodotti

della rete, condivisi e ripresi, perdono completamente l’autonomia intellettuale.

Se, come sostenuto da McLuhan, il medium fosse il messaggio, la mescolanza di

diversi frame può quindi distrarre e portare ad attribuire sensi diversi. La

definizione di homo democraticus si appoggia sulla spinta all’iperconsumo, ma

sottolinea il bisogno di autocostruzione e gestione dei singoli, anche attraverso le

loro abitudini di consumo. La presa di posizione delle persone e l’ampliata

possibilità di far sentire la propria voce è resa evidente dalla possibilità di

scegliere e usare le informazioni per determinare la propria identità. Essendo

riformulate in ulteriori informazioni, si dà vita a una catena informativa

partecipativa e creativa. La condivisione permette infatti il passaggio di prodotti e

informazioni, purché i due attori siano presenti nello stesso luogo: nella rete,

tuttavia vengono spezzati i confini fra luoghi ed eliminati i tempi, creando un

ambiente unico abitabile da tutti. Turkle sottolinea come ciò spinga a costruire

rapporti fittizi in rete, basati su valori effimeri (come il numero di contatti e “mi

piace” su Facebook) e identità multiple non autentiche. Gli individui diventano

quindi produttori di contenuti mediali incarnandone tecniche e logiche fino,

secondo Boccia Artieri, a “farsi media”.

Ogni medium è caratterizzato da regole interne proprie, secondo cui si

sperimentano varie forme di identità e metodi di gestione dell’informazione. Gli

individui si propongono non come singolo sé, ma come “sistema multiplo definito”

di sé, ovvero come più identità legate a account diversi e appartenenti a una

finestra diversa, attualizzando possibilità che prima rimanevano in potenza grazie

alla connessione con altri sé multipli. L’idea di network si basa infatti sulla

possibilità di tutti gli attori di essere nodi della rete, comunicando non più da uno

a molti, ma da nodo a nodo. Le gerarchie si annullano, pur mantenendo dei punti

focali, ovvero nodi più ampi con più connessioni. La Teoria del mondo piccolo di

Milgram spiega infatti come ogni persona possa connettersi a chiunque altro

ricorrendo a non più di 5,5 intermediari. Se fino a qualche anno fa i tg

rappresentavano la primaria fonte di informazione, oggi i tg, con servizi chiusi e

statici che forniscono informazioni limitate per numero, durata e possibilità di

approfondimento, sono affiancati da numerose fonti online. La tv viene quindi

utilizzata come strumento di approfondimento, ad esempio grazie ai talk show.

Tre sono le fasi dell’affermazione di internet: la prima è quella entusiastica

(analizzata da Rheingold), in cui troviamo una grande enfasi della libertà di

espressione offerta da tale strumento aperto, orizzontale e democratico, che

scardina il sistema tradizionale dei media. La seconda fase è invece quella dello

scetticismo, dovuto ai rischi di isolamento dei singoli in un mondo virtuale

staccato dalla realtà. La dicotomia reale/virtuale – vero/falso si fondava infatti sul

rischio di isolamento e omofilia, ossia della tendenza a scegliere informazioni

simili ai propri interessi o posizioni.

Lazarsfeld evidenziava come ciò sia ancora più forte quando gli opinion leaders,

ovvero i soggetti-nodi che la compongono, hanno pochi contatti con l’esterno e si

confrontano con un numero limitato di opinioni e fonti, nonostante la rete porti

oggi a stringere sempre più relazioni. Merton distingue, inoltre, l’opinion leader

locale (con molti contatti) e il cosmopolita, che vanta conoscenze specifiche.

Granovetter sottolinea invece come il punto di forza della rete sia rappresentato

dai legami deboli tra individui più lontani, che permettono di raggiungere

contenuti diversi da quelli già posseduti. Farrell, Sides e Lawrence analizzano

invece la comunicazione politica, sostenendo che i lettori di blog sono più

propensi a scegliere autori in rete dal pensiero simile al loro, riguardo ciò che

ritengono importante e alle modalità di interpretazione degli eventi, cercando

argomenti con cui pensano di poter essere d’accordo.

I consumi di notizie di stampo politico sono condizionati anche dai soggetti ai

quali attribuiamo il ruolo di fonte, in quanto l’identificazione di persone a noi

vicine è un fenomeno diffuso, soprattutto grazie alla lettura di notizie segnalate

su social network. Nella terza fase “matura” si concretizzano, infine, le speranze

di democratizzazione, sebbene nel mondo online continuino a riproporsi

dinamiche tipiche dei media tradizionali (ad esempio, le blogstar ridirigono

l’attenzione e aiutano a barcamenarsi nel “disordine digitale”). Il patchwork

mediale, ossia la costruzione del bagaglio informativo attraverso un mix di media

si realizza grazie alla ricostruzione delle diverse informazioni, da parte del

soggetto, in un unicum senza soluzione di continuità, non più solo in una

dimensione privata del cittadino, ma influendo anche sul comportamento degli

editori di informazioni.

Tv, radio e carta stampata sono da sempre considerate espressione del potere, a

cui non è concessa possibilità di replica. Le logiche di reinterpretazione

avvengono nella dimensione individuale e privata per ogni spettatore a seconda

del suo frame e di variabili cognitive soggettive che rendono il pubblico non più

un bersaglio passivo da colpire, bensì un contropotere in campo informativo. La

remediation (rimediazione), ossia la rappresentazione di un medium all’interno di

un altro, si realizza nei nuovi media, in cui troviamo una commistione fra le

caratteristiche degli altri, definita da Marinelli cortocircuito, poiché all’aumento

dei media aumenta la volontà di disintermediare. Nel 2011, il 97% degli italiani

usava almeno 2 tipologie di media per creare il proprio panorama informativo. Il

patchwork non prevede infatti percorsi di ricomposizione univoci. La tendenza dei

produttori a interiorizzare nelle proprie routine le nuove modalità di fruizione ha

portato i media mainstream a offrire nuovi prodotti che assumono già la forma di

un patchwork, poiché ibridano logiche e tattiche dei media mainstream con quelle

degli utenti, esponendo gli spettatori tradizionali a dinamiche di fruizione attiva e

combinatoria proprie dei media partecipativi, in cui si usufruisce

contemporaneamente di molteplici piattaforme in modo inconsapevole.

I nuovi media incalzano i vecchi, costringendoli a mutare e a cercare nuove

forme adatte al contesto, per affrontare la costante perdita di terreno. La

molteplicità di fonti permette di riconoscerne maggiormente differenze e

similitudini e di superare la preferenza per un medium a favore di un panorama

più articolato. La distinzione tra logiche mainstream e non si fa meno netta,

anche grazie a blogger che, ritagliandosi un’aura di credibilità su temi specifici,

hanno modificato il modo in cui l’informazione viene ricercata, creando il proprio

centro in rete grazie alla credibilità, fattore essenziale per ottenere il

riconoscimento dell’autorevolezza.

Castells si è invece occupato del rapporto tra potere (media mainstream) e

contropotere (nuovi media), sottolineando come l’esercizio del potere non sia più

una prerogativa dei media di massa, ma si sia spostato anche sul web.

Suddividendo i soggetti in 2 macro-gruppi, è possibile distinguere i singoli utenti

(i cittadini) che animano dal basso la discussione, e il sistema mainstream di

giornalisti, reti televisive o programmi tv (che mano a mano si stanno spostando

in rete). A cambiare è il frame, poiché la convergenza fra mass media e reti di

comunicazione orizzontale non si realizza in una mera ospitalità delle forme

tradizionali in rete.

Essa ha infatti portato a una maggiore trasparenza, autonomia nella ricerca di

informazioni, ma anche varietà di fonti, il che implica un problema di veridicità.

Le innumerevoli emittenti non sono infatti tutte ugualmente autorevoli, rendendo

necessarie le capacità di comprensione e dimestichezza nell’uso dei nuovi

strumenti. La rete rimane infatti un’utopia positiva, poiché rende i contenuti

potenzialmente accessibili a tutti, crea connessioni tra persone e tra emittenti e

riceventi, rendendo le informazioni più trasversali ed ubique, grazie alla presenza

crescente di dispositivi mobili. Il divario culturale nell’uso di nuovi media come

fonte per la ricerca di informazione, ovvero l’information divide, riguarda più gli

adulti dai 50 anni in su, sebbene il sempre maggiore utilizzo della rete da parte

dei media mainstream favorisca l’avvicinamento al digitale.

I dati raccolti nella ricerca News Italia nel 2012 mostrano che il 62% delle

persone si procura le informazioni tramite internet e l’88% dalla tv nazionale,

sebbene essa abbia subito un calo. L’uso di Internet sta crescendo, sebbene

l’Italia sia ancora arretrata rispetto al resto dell’Europa occidentale e agli Stati

Uniti (essendo fra gli ultimi negli investimenti strutturali), rendendo la gestione

dei ruoli e delle possibilità offerte dai nuovi media non ancora del tutto

conosciute. Gli italiani dai 18 ai 49 anni fanno un uso quotidiano dei social

network, mentre dai 50 in su si preferisce il mainstream. Ciò evidenzia le

crescenti differenziazione e disomogeneità nell’utilizzo delle tante fonti possibili.

Se per alcuni la cosiddetta “firma” del giornale è ancora di primaria importanza,

la rete rimane addirittura un tabù per milioni di italiani.

2. I talk show, un baluardo del mainstream

La tv continua ad avere un ruolo importante soprattutto per alcune fasce di

spettatori. Una delle principali fonti di approfondimento è infatti rappresentata

dai talk show televisivi che formano l’opinione pubblica soprattutto in campo

politico. Essi rappresentano la trasposizione dei salotti sullo schermo, con

conseguente perdita da parte dell’audience dei confini spazio-temporali. Per Bird,

infatti, essa oggi è “nowhere and everywhere”, essendo figlia di una generazione

di contenuti on demand e replay non assoggettata a dinamiche di agenda

imposte dall’alto. Sono infatti i mezzi generalisti a intraprendere nuovi proce

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
17 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GiovannaUrb di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Mazzoli Lella.