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La “temperatura” di un media si basa, quindi, sia su caratteristiche tecnologiche

che sul contesto: ad esempio, se la stampa è un medium caldo, la poesia diventa

fredda poiché richiede che il lettore partecipi attivamente alle emozioni del poeta.

McLuhan afferma infatti che “il medium è il messaggio”, per spiegare che il vero

messaggio è contenuto nel mutamento che produce, ovvero dai brain-frames

(“modelli mentali”) che è in grado di stimolare, indipendentemente dal suo

contenuto (che consiste sempre in un altro medium, così come la parola scritta è

il contenuto della stampa che lo ingloba, dando luogo alla ri-mediazione

osservata da McLuhan). La Scuola di Toronto è quindi permeata da un forte

determinismo tecnologico, considerando i media elettronici come agenti

modificatori della nostra percezione dello spazio, che ci permettono di accedere a

situazioni nuove: per questo motivo è sempre stata oggetto di critiche dei

sociologi abituati a spiegare l’innovazione tecnologica come prodotto delle

esigenze di un sistema sociale.

La funzione di informare il pubblico di ciò che accade nel mondo viene svolta

costruendo socialmente le notizie sulla base del newsmaking, ossia della

produzione delle notizie grazie a un complesso di fattori organizzativi, tecnici,

culturali, economici e politici. I gatekeepers (ossia i giornalisti) selezionano le

notizie in base alla rilevanza, all’interesse e alla notiziabilità (“news-worthiness”,

ossia la possibilità che un evento ha di trasformarsi in notizia). La prospettiva

della notizia (newsperspective) screma gli eventi in base a ciò che i giornalisti

reputano importante. Essi non vanno più a scovare la notizia, ma lavorano nelle

redazioni, organizzazioni produttive che trasformano i dati grezzi in prodotti

confezionati.

Nell’organigramma spiccano l’editore (proprietario dell’azienda, responsabile degli

introiti pubblicitari e del bacino di utenza) e il direttore responsabile (che si

occupa della linea editoriale, dialogando coi vertici dell’azienda e con la redazione

e intrattenendo rapporti con ambienti economici e politici), a cui si aggiungono il

vicedirettore e il caporedattore (che si occupano della macchina organizzativa e

del coordinamento delle sezioni tematiche, rappresentate da un caposervizio che

affida gli argomenti ai diversi giornalisti, decidendo la rilevanza dei servizi,

revisionando i pezzi e preparandoli per l’impaginazione attraverso la cucina). I

giornalisti sono iscritti a un albo nazionale e gestiscono i rapporti con le fonti

(ossia il recupero delle notizie) e la scrittura dei pezzi. Essi si dividono in

professionisti (commentatori, giornalisti specifici e generici, inviati e

corrispondenti, che svolgono la professione in modo continuativo ed esclusivo,

dopo il superamento di una prova d’idoneità professionale) e pubblicisti (la cui

attività è retribuita ma compatibile con altre professioni), i praticanti (che

svolgono i 18 mesi di praticantato propedeutici all’esame) e i freelance

indipendenti. A queste figure si affiancano la segreteria di redazione, i grafici

editoriali, i fotografi e gli operatori di ripresa. Il lavoro al desk dei giornalisti si

basa su relazioni con soggetti istituzionali, uffici di relazioni pubbliche e agenzie

di stampa, che forniscono quotidianamente le informazioni, attraverso comunicati

stampa, testi sintetici che rispondono alle regole della concinnitas e della brevitas

di Fedro, in cui nel primo paragrafo riassume i fatti principali.

Le fonti di primo livello, anche dette ufficiali o primarie, si caratterizzano per

l’autorevolezza istituzionale e la competenza specifica, comprendendo figure della

pubblica amministrazione, magistrati, università e direzioni delle grandi aziende,

dotati di uffici stampa interni e studi di relazioni pubbliche. Le fonti di secondo

livello affidano invece l’attendibilità delle notizie alla citazione giornalistica che

deve verificarle. Le fonti dirette forniscono il materiale grezzo al giornalista,

mentre quelle indirette (come le agenzie di stampa) confezionano il materiale

raccolto nella fase di recall continuativo ai centri nevralgici delle realtà urbane

significative (oltre a conferenze stampa, workshop, convegni e fiere) e lo

distribuiscono a pagamento per diminuire il “costo” delle notizie (essendo

l’abbonamento a un’agenzia meno costoso di inviati e corrispondenti.

A livello nazionale, le agenzie di stampa si affiancano a quelle di “terza pagina”

(culturali) e politiche. L’operazione di filtraggio delle informazioni che

occuperanno il format è orientata dai “criteri notizia” o “valori notizia” (“news

value”), ossia dalle linee-guida frutto di conoscenze professionali che influiscono

sulla presentazione del materiale nella priorità, nell’enfasi e nell’omissione degli

argomenti, sebbene l’opportunità di una notizia dipenda sempre dalla

disponibilità delle altre.

La redazione, al fine di soddisfare il pubblico, prediligerà notizie recenti (valore

della freschezza), comunicabili, non ambigui, significativi, rilavanti, interessanti,

prossimi e brevi. Fondamentale è anche la presenza di forme di conflitto, di

eventi inaspettati, di conseguenze negative, della continuità dell’interesse, del

forte impatto nazionale e della capacità di coinvolgimento e di produzione di

conseguenze pratiche, nonché il livello gerarchico dei soggetti e del prestigio

sociale. Contano anche la frequenza e l’aderenza a mezzo e formato, alla linea

editoriale e alla specializzazione tematica della testata, nonché la concorrenza

(cercando di evitare buchi, opposti allo scoop, che si ha quando una sola

redazione tratta una notizia). alla selezione segue l’editing, operazione linguistica

che massimizza il pezzo da un punto di vista stilistico e gli aggiunge un titolo.

A questo punto è importante evitare la distorsione involontaria dei fatti, sradicati

dal contesto di origine (de contestualizzazione), e poi ricontestualizzati nel format

opportuno: ciò comporta una separazione tra notizia, ovvero segnalazione

parziale e relativa di un fatto, e verità, che porta alla luce i fatti nascosti, dando

un quadro della realtà che consente agli uomini di agire, secondo la definizione di

Lippman.

La pubblicità nasce con l’avvento del sistema produttivo industriale e della

produzione di massa, per la necessità di far conoscere prodotti. Già nell’antica

Grecia i commercianti appendevano insegne sopra l’ingresso delle botteghe,

mentre nel Rinascimento iniziano ad essere valorizzate le virtù dei prodotti a

livello orale. Le prime forme di comunicazione pubblicitaria scritta si diffondono a

Parigi nel XVII secolo, con la nascita delle primordiali agenzie pubblicitarie che

propongono stampati e manifesti murali che ne seguono lo stile e vengono

spesso realizzati da artisti famosi. Dopo anni di forte connubio tra arte e

pubblicità, le procedure di stampa tipografica si evolvono con illustrazioni a colori

in riviste e quotidiani, confluendo in correnti artistiche come il Futurismo.

Nel corso del Novecento la pubblicità diventa un’industria e un fenomeno sociale

pervasivo, che varia a seconda del medium e dal genere. I primi contenuti

pubblicitari del servizio pubblico appaiono in Carosello, con contenuti di 35

secondi presentati dopo filmati poi rimossi contemporaneamente alla creazione di

nuovi spazi pubblicitari tra i programmi.

Alla fine degli anni Settanta, con l’estensione del mercato a soggetti privati, viene

meno il rigido controllo politico che aveva atrofizzato lo stile comunicativo della

pubblicità, che diventa più competitiva (soprattutto a livello televisivo) fino a

produrre, negli anni Novanta, effetti di rigetto. Nelle pagine web la pubblicità

assume un carattere interattivo, invitando il pubblico a visitare direttamente il

sito web anche attraverso strategie di spamming, ossia l’invio desiderato di mail

che promuovono prodotti o siti.

Le forme di pubblicità sono in continua evoluzione e comprendono

telepromozioni, break e spot interni alle telenovele, che in uno spazio breve

comunicano molteplici informazioni trasversali e suggestioni (quasi “stili di vita”),

seguendo cadenze adottate anche dai telegiornali, che privilegiano la dimensione

emotiva rispetto al contenuto informativo. La crescente autoreferenzialità ha

prodotto un vocabolario autonomo, al punto che alcuni slogan vengono storpiati o

amplificati per replicare l’atmosfera al fine di promuovere prodotti simili, con

forme mimetiche di pubblicità. A quella commerciale si è affiancata quella sociale

(il cui spazio è spesso offerto gratuitamente), che promuove iniziative di

beneficienza o programmi di ricerca che ricorrono spesso a testimonial celebri. Il

linguaggio pubblicitario ha assorbito tutte le forme culturali d’espressione, così

come esso è stato riprodotto in molti ambiti della vita sociale, come la

comunicazione politica.

Ingenti risorse sono investite nel tentativo di prevedere la risposta dei

destinatari, al fine di ottimizzare la creatività pubblicitaria e catturare audience e

inserzionisti. L’uso dei media riflette l’uso del tempo e lo stile di vita del pubblico,

che va quindi definito in base al luogo, alle persone, al mezzo o canale e al

tempo. Mentre i Cultural studies si concentrano sull’analisi della relazione tra

testo e lettore e sulla predilezione dei contenuti, l’etnografia del consumo dei

media si sofferma sul contesto di fruizione. Il pubblico è l’insieme di coloro che

possono essere raggiunti dai messaggi di un medium, ossia una realtà potenziale

e aleatoria.

L’audience è invece il pubblico reale e quantificato, che si differenzia ancora dal

target, gruppo “bersaglio” a cui il prodotto è indirizzato. Le prime espressioni di

pubblico nascono nelle riunioni dell’antica Grecia, in cui lo spettacolo era

pianificato e la visione organizzata al fine di offrire un’immagine più positiva

dell’impero troviamo, e le folle espressive (simili agli odierni fandom, comunità di

appassionati) erano accomunate dallo stesso background. La folla necessita

spesso di un leader da seguire e può essere sia atomizzata e involontaria (come

la ressa ai grandi magazzini) che intenzionale (come il pubblico di uno stadio). Il

gruppo sociale rappresenta invece un insieme ridotto di individui che condividono

valori e credenze secondo i ruoli, ossia schemi stabilizzati di azione applicati alle

pratiche condivise. L’autoconsapevolezza e il sistema di controllo normativo

consentono alla platea di ant

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
28 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GiovannaUrb di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Mazzoli Lella.