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Tuttavia, ogni valore che gli individui cercano di realizzare devono
necessariamente passare per il lavoro.
I racconti degli operai e degli agricoltori esprimono infatti allo stesso tempo la
durezza del loro compito e la soddisfazione che ne traggono, attraverso ricordi
vissuti con grande umanità e nobiltà. L'iperspecializzazione risulta invece oggi
essere una forma di alienazione forte poco socializzante quanto i lavori semplici
non qualificati, nella misura in cui allontanano l'attività dei salariati dalla finalità
del prodotto. Sula base degli studi effettuati in Francia, che confermano che la
riabilitazione delle persone più colpite dall'esclusione sociale ha potuto realizzarsi
mediante lo svolgimento di una professione, i lavoratori sociali sostengono che gli
esclusi dal lavoro ritroveranno la loro identità solo attraverso l'inserimento
economico.
Sebbene la parcellizzazione riduca l'attività dell'operatore a brevi cicli di sequenze
gestuali, lo stereotipo dell'attività produttiva su cui si fonda la critica del lavoro
risulta essere sempre più minoritario da quando le attività meccanizzabili possono
essere effettuate dalle macchine. L'organizzazione del lavoro costringe infatti
ormai i salariati a comunicare intensamente e continuamente le loro
informazione, offrendo spesso luoghi di responsabilità e autonomia collettiva. Ai
salariati viene quindi richiesta sempre più competenza intellettuale, e si
valorizzano maggiormente operatori in grado di apportare argomenti critici,
proprio in virtù del fatto che cura e attenzione all'opinione dei subalterni fruttano
all'impresa stessa. Al fine di concedere ai salariati la possibilità di intervenire sulla
concezione del lavoro, non appena salita al potere, la sinistra ha trasformato tali
dibattiti in una legge sul loro diritto di espressione. Nell'attuale periodo in cui i
disagi più gravi sono stati soppressi e la stanchezza fisica non è più la specificità
del lavoro per la maggioranza dei salariati, diventa prioritario il riconoscimento
sociale. Chi si dedica all'esercizio di un'unica attività che non ama, può infatti
provare un senso di frustrazione da compensare.
Il riconoscimento sociale può essere ottenuto sul luogo stesso di lavoro da parte
dei propri pari e superiori. Dato che piacere e costrizione saranno sentiti in
funzione delle condizioni a cui danno accesso, i datori di lavoro che hanno
compreso l'importanza del rapporto tra salariato e progetto imprenditoriale,
hanno promosso azioni riguardanti la cultura d'impresa.
Le tecniche servono da legame sociale poiché situano gli attori in un rapporto
strumentale in cui possono riconoscersi e differenziarsi. Allo stesso modo, le
attività ludiche individuali esigono apprendistati tecnici che generano piacere in
chi le acquisisce, a seconda del contenuto soggettivo che ciascuno associa alla
propria specialità.
Le grandi imprese tendono infatti a conservare soltanto un nucleo di salariati
qualificati e ben integrati, lasciando alla periferia gli operai precari, marginalizzati
e costretti quindi a passare da un lavoro occasionale privo d'interesse all'altro.
Tuttavia, l'uomo non può essere destinato a essere sostituito dalla macchina
(come sostenuto dagli utopisti), data l'impossibilità di meccanizzare i lavori non
soggetti all'aumento di produttività e quindi risparmiati dal progresso tecnico.
Il lavoro domestico rappresenta invece una manodopera che solo gli alti redditi
possono impiegare. Dato il carattere di dipendenza statuaria, esso è
generalmente svolto da studenti o domestiche competenti in grado di far
guadagnare ore di tempo libero ai propri clienti, spesso soggetti a giudizi di
immoralità. Essendo la meccanizzazione incapace di sostituire tali attività,
sarebbe opportuno aumentarne la retribuzione e assicurarne la protezione nel
quadro dei contratti collettivi.
- Capitolo 2 - … agli scenari del tempo libero
La questione del tempo libero fu affrontata da Marx in termini di necessità dei
salariati di ricostituire la loro forza lavoro per tornare a venderla il giorno dopo.
Oggi esso può invece essere considerato come il tempo fuori dal lavoro
necessario affinché un individuo non si senta privato di un bene o servizio di cui
potrebbe fruire in quel periodo. Le tesi che difendono una politica di aumento del
tempo libero si basano su due convinzioni: molti ritengono infatti che una
diminuzione del tempo di lavoro possa risolvere la disoccupazione, mentre altri
considerano l'aumento del tempo libero come il mezzo con cui dare vita a una
società auspicabile soprattutto per coloro che lavorano. Quest'ultima tesi
d'ispirazione epicurea difende l'idea secondo cui la buona società corrisponde ai
desideri degli individui, benché oggi il tempo libero sia già superiore a quello di
lavoro, considerando che una parte della popolazione (i pensionati) vive un
tempo libero al 100%.
La crescita del tempo libero, quindi, si limiterebbe semplicemente ad aumentare
il consumo di beni già in circolazione sul mercato.
L'idea che la vita affettiva individuale sarebbe fortemente migliorata dall'aumento
del tempo libero viene invalidata dall'inesistenza di un'unità di misura che
consenta di comparare i gradi di affettività attraverso la storia e gli strati sociali.
Non c'è inoltre ragione di escludere l'ipotesi che il tempo libero possa permettere
lo sviluppo della conflittualità e dell'odio. Se si pianificasse inoltre il tempo in
funzione dei bisogni, esso dovrebbe seguire un corso inverso rispetto a quello
attuale sulla scala delle età; nonostante ciò, i sostenitori della diminuzione del
tempo di lavoro continuano a voler abbreviare la vita di lavoro malgrado i
progressi della longevità permettano alle persone anziane di essere ancora attive.
L'aumento di celibi e divorzi dimostra inoltre che molte persone ricercano
l'isolamento.
La vita affettiva del salariato potrebbe diventare un argomento prioritario rispetto
ai parametri produttivistici, attraverso diverse soluzioni, come lo sviluppo di
accordi aziendali che estenderebbero le assenze possibili, l'allocazione di un
portafoglio di assenza familiari, l'estensione dell'assicurazione malattia con una
familiare (che dia diritto a un indennizzo qualora si avesse bisogno di rendersi
disponibili per regolare problemi affettivi, senza dover ricorrere alla complicità dei
medici) o ancora riducendo il tempo di lavoro legale. Quest'ultima soluzione
permetterebbe ai salariati di dedicarsi ai problemi affettivi, ma qualora essi si
presentino durante il periodo di produzione, l'assenza penalizzerà ancor più
l'azienda rispetto a quando gli orari non erano compressi. I mezzi informatici,
inoltre, hanno eliminato alcune costrizioni soprattutto nelle mansioni immateriali,
in cui ci si può adattare agli orari di ciascuno grazie alla possibilità di lavorare a
distanza, sebbene con minori possibilità di controllo.
Chi lavora a domicilio si considera infatti privilegiato al punto da accettare più
facilmente un aumento dell'orario di lavoro. Gorz ritiene inoltre che la crescita del
tempo libero permetta alle famiglie di svolgere mansioni domestiche attualmente
affidate a terzi in cambio di salario: il ricorso al personale domestico sarebbe
quindi dovuto a una mancanza di tempo e non a una libera scelta, in quanto la
preferenza ricade sull'autoproduzione e attività familiari come ad esempio la
custodia delle persone anziane. Per gli abitanti delle megalopoli l'unico
divertimento gratuito e popolare (consumabile da tutti) è la televisione:
biblioteche e musei rappresentano infatti divertimenti elitari destinati a chi
possiede risorse culturali. Il consumo visivo della natura esige inoltre dai più
poveri spostamenti onerosi, al contrario degli spettacoli della tv, che non
implicano sforzi spesso neanche intellettuali, ma garantiscono la possibilità di
vivere comunque paura, suspense, sapere, emozione e riso. L'ascoltatore tipo è
quindi passivo, non coinvolto in forme di conoscenza rilevanti o azioni pubbliche e
civiche.
Tra gli spazi ludici collettivi distinguiamo invece quelli che riproducono tradizioni
festive e quelli inventati dai professionisti; allo stesso modo, l'industria degli
svaghi si compone di prodotti inventati da équipes di ricerca e sviluppo, lanciati
da banche che vi investono a condizione che gli studi di mercato facciano sperare
loro una redditività. Sebbene nulla impedisca al pubblico di essere creativo, esso
si sente in posizione di inferiorità di fronte ai professionisti pagati a tempo pieno
per inventare giochi e kit che danno l'illusione di essere creatori facendoli
partecipare in maniera interattiva. Il pubblico che dispone di tempo libero chiede
divertimenti che non trovano nella loro attività obbligata, prodotti che lo
distraggono. Oggi si può infatti vivere in modo solitario restando informati sul
mondo, senza doversi confrontare, dover contrattare con i propri simili o
immaginare qualunque forma di comportamento sociale, facendosi consegnare
spettacoli, pasti e altri prodotti.
Ecco perché molte persone finiscono col non vestirsi o uscire più. Poiché il
mercato è il più efficace sistema di selezione del divertimento, la discriminazione
tra ricchi e poveri si ripresenta nella socializzazione, lasciando agli ultimi la
possibilità di essere felici grazie ai nuovi mezzi di comunicazione e al tempo che
possono dedicare ad essi. Il mercato del divertimento ricompensa invece
maggiormente i talenti che coltivano l'individualismo, anziché nuove modalità di
socializzazione che implicano l'adesione a un collettivo. L'idea secondo cui il
tempo libero attira i consumatori verso l'autoproduzione è uno stereotipo ispirato
da pubblicitari che si sforzano di dimostrare che gli individui possono produrre
oggetti che risultano essere più costosi di quelli che si trovano già nei grandi
magazzini. La soddisfazione creativa può beneficiare solo coloro che hanno quindi
abbastanza denaro. Le autoproduzioni collettive a cui i vicini possono dedicarsi
nel tempo libero appartengono ormai al secolo scorso, quando il macchinismo era
meno sviluppato e si era costretti a dedicare ore di lavoro manuale a prodotti o
servizi troppo cari sul mercato senza bisogno di grande competenza per
compensare alla scarsità di prodotti o denaro. L'attività povera del bricolage è
infatti oggi diventata da ricchi.
I desideri di consumo sono immensi e continuamente alimentati dalla pubblicità,<