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3.1 NEL MONDO DELLA MAGGIORANZA, I: RADEN AJENG KARTINI

Poco più di un centinaio di anni fa, a Giava, che all’epoca era parte delle Indie Orientali Olandesi, una

giovane chiamata Katrini decideva di diventare insegnante e scrittrice. Dopo aver diffuso un annuncio in cui

cercava un’amica di penna in Olanda, era stata contattata da una socialdemocratica, che l’aiutò ad entrare in

contatto col pensiero progressista europeo dell’epoca.

Katrini e le sue sorelle stilarono un programma di riforme della cultura e della società giavese, in particolare

rispetto alla condizione femminile. Si opponevano all’istituto della poligamia, criticavano l’isolamento delle

donne e lo scarso livello d’istruzione a cui erano lasciate.

Progettò una scuola per le giovani della classe dirigente, con l’idea che l’aristocrazia potesse porsi come

modello di cambiamento, e cominciò a pubblicare dei saggi.

Il fatto che una donna intraprendesse queste attività venne considerato dannoso per la famiglia.

Nonostante avesse provveduto a dare un’istruzione privata a Katrini, il padre non le permise di andare in

Olanda per prepararsi come insegnante.

Neanche lo Stato le diede il supporto necessario alla creazione della scuola che aveva progettato.

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Alla fine la sua famiglia, seguendo la tradizione, le combinò un matrimonio conveniente, e dovette piegarsi

alle pressioni familiari. Morì a seguito delle complicanze del suo primo parto, all’età di 24 anni.

Le lettere di Katrini alla sua amica di penna vennero pubblicate dalla stessa amica di penna, nel 1911 e

Katrini divenne un’eroina per il movimento indipendentista indonesiano.

Katrini non cercò di sviluppare una vera e propria teoria di genere, anche se i suoi scritti toccarono

direttamente un gran numero di questioni che una teoria sul genere dovrebbe affrontare: la famiglia, la

divisione di genere del lavoro, le ideologie sull’essere donna, le strategie per cambiare le relazioni tra uomini

e donne.

3.2 NEL MONDO OCCIDENTALE, I: DA CHRISTINE DE PIZAN A SIMONE DE BEAUVOIR

Le teorie del genere che iniziarono ad emergere nella seconda metà del XIX secolo erano il frutto di una

graduale trasformazione di discorsi più antichi, moralistici e religiosi, risalenti a epoche precedenti al

moderno imperialismo.

La cristianità medievale aveva ereditato da santi e saggi dell’antico mondo mediterraneo una tradizione di

misoginia, infatti gli scritti erano pieni zeppi di dichiarazioni sull’inferiorità mentale e fisica delle donne e di

ammonimenti contro i pericoli che gli uomini corrono quando cedono alle astuzie femminili.

Esisteva, tuttavia, anche una contro-tradizione di pensiero che difendeva le donne.

Nel 1405 questa venne raccolta in un’opera della francese de Pizan intitolata “ La città delle dame ” . L’autrice

attaccò punto per punto il tradizionale abuso delle donne, costruendo nel suo scritto una città allegorica che

rappresentasse per loro uno spazio sicuro. La sua era una rivendicazione del diritto ad un eguale rispetto.

La tradizione di difesa morale delle donne continuò durante tutta l’epoca della Riforma e nei primi tempi

dell’epoca imperialista, specialmente in gruppi come i Quaccheri, che difendevano l’eguale diritto delle

donne a pronunciare i sermoni e a esercitare l’autorità religiosa.

Questa tradizione di pensiero era ancora viva all’epoca della rivoluzione francese e fu d’ispirazione per la

Wollstonecraft per la sua rivendicazione dei diritti della donna, risposta immediata alla dichiarazione dei diritti

dell’uomo.

In modo molto simile, il movimento per il suffragio universale negli Stati Uniti fu inizialmente soprattutto un

movimento religioso, e la stessa Convenzione delle Seneca Falls del 1848, spesso interpretata come il

momento in cui nacque il femminismo moderno, prese in prestito per il suo messaggio il linguaggio

moralistico della Dichiarazione di indipendenza.

La scienza, però, stava rimpiazzando la religione.

Darwin, figura dominante del pensiero evoluzionista, nel suo ‘Origine delle specie’ fece dell’ereditarietà e

della selezione biologica questioni intellettuali di prim’ordine, mentre l’opera successiva prese in

considerazione specificatamente la scelta del partner sessuale e il ruolo del sesso come forma di

riproduzione.

Le questioni di genere pervasero i primi tentativi di una scienza della società e del progresso sociale

intrapresi da intellettuali uomini.

Il filosofo francese Comte, fondatore del positivismo e figura autorevole, prestò grande attenzione alla

funzione sociale della donna nel primo trattato di sociologia.

Secondo il suo punto di vista, le donne era un pilastro cruciale della futura società utopica, ma solo a costo

di rimanere in una specifica sfera, quella più adatta al ruolo di ammirevoli assistenti degli uomini.

Mill, successore di Comte, prese una posizione a favore dell’uguaglianza e rintraccia la causa della

disuguaglianza non nella superiorità morale degli uomini, ma nella loro forza fisica.

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Ward riservò ampio spazio all’analisi delle forze produttive, lanciandosi in una dettagliata critica delle

disuguaglianze socio-sessuali, come la disuguaglianza di istruzione di bambini e bambine.

Si occuparono degli uomini di questi temi, perché la questione femminile era stata posta nell’agenda di

riforme dall’allora emergente movimento delle donne, un movimento che aveva preso piede proprio dagli

ambienti da cui provenivano questi nuovi scienziati sociali.

L’emancipazione delle donne diventava così una misura del progresso raggiunto da una società.

Non è facile trovare una teoria sul genere negli scritti di intellettuali femministe, poiché la loro attenzione era

soprattutto rivolta alla critica del pregiudizio maschile, o a problemi pratici legati all’organizzazione del

suffragio, alle riforme giuridiche o all’istruzione femminile.

La Schreiner sottopose ad analisi il parassitismo delle donne borghesi e il rifiuto della società borghese di

riconoscere lo sfruttamento operato ai danni delle donne lavoratrici.

La Kollontaj sosteneva che non esisteva una questione della donna in generale, e che il sostegno delle

donne della classe operaia alla causa del socialismo fosse l’unica strada per una vera eguaglianza.

Questo non le impedì comunque di sostenere la necessità di un’organizzazione femminile separata

all’interno del movimento operaio, o di dare l’avvio ai primi dibattiti sulla libertà sessuale e sulla riforma del

matrimonio.

L’imperialismo globale permise la circolazione di molte immagini esotiche di genere, come la poligamia, il

concubinato, le donne amazzoni, la promiscuità primitiva.

Tra a fine del XIX secolo e l’inizio del XX le notizie che arrivavano dalle colonie stavano già sortendo l’effetto

di destabilizzare le credenze in un ordine di genere rigido, a ulteriore sostegno del femminismo.

I dibattiti sul genere stavano già confrontandosi con una serie di temi, come la sessualità, il potere e la

divisione del lavoro.

L’idea che circolava era quella di costruire una teoria sul genere.

La nascita della psicologia del profondo rappresentò un passo decisivo in questa direzione.

Freud si convinse che l’origine di molti dei problemi dei suoi pazienti fosse psicologica e non fisica, e prese

allora a esplorare le loro vite emotive alla ricerca di cause, sviluppando nuovi metodi interpretativi a questo

scopo.

Benché non fosse diretto sostenitore del movimento delle donne, Freud era certamente influenzato dal

femminismo dell’epoca riguardo alle questioni di cui si occupava.

Il suo primo allievo di rilievo, Adler, aveva stretti legami con il movimento socialdemocratico e sosteneva

apertamente la causa del femminismo. Per questo, imperniò la sua revisione della psicoanalisi proprio sulla

critica della maschilità.

Questi pionieri mostrarono che le divisioni di genere proprie dell’età adulta non erano fissate fin dall’inizio

della vita. Infatti, i modelli che si sarebbero imposti nella maturità erano costruiti attraverso un processo che

si estendeva per tutto il corso della vita ed era segnato dal conflitto.

Si trattava di un decisivo mutamento di prospettiva sul genere, dal momento che sino ad allora il pensiero

ottocentesco, compreso quello femminista, aveva dato più o meno per scontata l’idea che le caratteristiche

maschili e femminili fossero fisse e immutabili.

Il passo successivo verso un’esplicita teorizzazione sociale di genere avvenne nel 1921 con l’uscita del libro

di Vaerting “Il sesso dominante”. Nell’opera l’autrice critica su basi sociologiche l’idea che il carattere

maschile o femminile fosse una caratteristica fissata una volta per tutte. S0steneva che maschilità e

femminilità riflettessero sostanzialmente delle relazioni di potere.

La sua tesi era che nelle società in cui erano le donne a detenere il potere, gli uomini possedessero quelle

stesse caratteristiche che la società borghese considerava la quintessenza della femminilità.

Nel frattempo, una teorizzazione sul genere basata su una più solida base empirica prendeva forma in

antropologia sociale, grazie allo sviluppo di una nuova tecnica di ricerca sul campo, ossia l’etnografia.

Malinowski, uno dei più celebri etnografi, mediante informazioni a sua disposizione, sostenne che il

complesso di Edipo non fosse universale; mentre, Mead, altra celebre etnografa, sostenne una possibile

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diversità culturale nel comportamento sessuale. Inoltre, quest’ultima, rifiutò l’idea che esistesse un rapporto

stabilito una volta per tutte tra sesso biologico e caratterizzazione di genere.

La consapevolezza della relatività del genere contribuì all’affermazione negli anni Quaranta e Cinquanta del

concetto di ruolo sessuale, secondo cui il comportamento degli individui riflette la conformità alle norme

culturali proprie della posizione sociale che essi occupano.

Parsons definì il ruolo maschile come ‘strumentale’ e quello femminile come ‘espressivo’. Egli continuò a

trattare l’intero processo di genere come una conseguenza dei bisogni di integrazione e stabilità del sistema

sociale.

Il vero rinnovamento nella teorizzazione femminista sul genere di metà secolo si ebbe in Francia ad opera di

de Beauvoir, il quale scrisse “Il secondo sesso”. Era un’opera che attingeva alla psicoanalisi, alla letteratura

e alla filosofia militante di Sartre, e che sfidava sia le categorie sia il dominio di genere.

3.3 NEL MONDO OCCIDENTALE, II: DALLA LIBERAZIONE DELLA DONNA ALLA ‘QUEER

THEORY’

Il Movimento di liberazione d

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
28 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher BobsK di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia del genere e della sessualità e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Maretti Mara.