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5) FISSAZIONE DELL'AMBITO DI APPLICAZIONE DEGLI ELEMENTI COGNITIVI DEL DIRITTO

Si tratta di un attività simile alla precedente: qui non si tratta di creare concetti o classi di concetti esaustivi, ma piuttosto di individuare casi di sicura sussunzione in un certo termine. Si pensi al concetto di animale ai fini dell'applicazione dell'art 544 ter sul maltrattamento di animali: l'attività discussa nel 4) consiste nell'individuare un concetto preciso di animale; l'attività discussa nel 5) invece consiste nell'indicare animali o classi di animali il cui maltrattamento rientra nell'ambito di applicazione della norma.

6) CASISTICA. Con la casistica la dogmatica predetermina soluzioni per casi difficili che potrebbero farsi sorgere dubbi. In questo caso non si individuano concetti o classi di concetti, ma casi.

7) ANALOGIA E INVERSIONE. Fra le attività della scienza del diritto, Petrazycki indica anche l'analogia, che

Presuppone una lacuna della legislazione. Mi pare opportuno osservare che la concezione petrazyckiana della dogmatica come scienza al servizio del principio di legalità dovrebbe implicare il divieto di analogia in tutti i campi del diritto, almeno che essa non sia esplicitamente permessa. Oltre all'analogia il nostro autore difende anche l'inversione: in realtà egli non utilizzò mai tale termine ma parlò di generalizzazione di principi e concetti, e del loro utilizzo per la soluzione di casi non previsti da fatti normativi. Anche questo metodo dobbiamo ritenerlo ammissibile solo se esplicitamente autorizzato da qualche fatto normativo ufficiale.

IL DIRITTO COME ESTETICA

LA MELA, IL SERPENTE ED IL BUON DIO

paradiso di delizia, e gli fece un comando: "mangia del frutto di qualunque albero del paradiso, ma dell'albero della scienza (conoscenza) del bene e del male non mangiare, perché in qualsiasi giorno tu ne avrai mangiato, di morte morrai". La frase riguarda esclusivamente l'albero della conoscenza del bene e del male, e non anche l'albero della vita, che pure era presente nel giardino dell'Eden: di quest'ultimo dunque, Adamo ed Eva erano legittimati a mangiarne i frutti. La prima evidenza che colpisce il giurista in tale narrazione è il concetto di COLPA, la quale per necessità logica è indissolubilmente legata ai concetti di conoscenza e di responsabilità. Ora, ogni condanna prevede una responsabilità che scaturisce direttamente dalla conoscenza sia dell'azione che si compie sia dell'albero delquale mangiano il frutto è l'albero della conoscenza del bene enorma che la vieta. Ma sedel male, non si comprende come sia possibile emettere un verdetto, una condanna ad esseriinconsapevoli, in quanto appunto ignari del contenuto dei concetti di bene e di male: per lorodisobbedire poteva significare sia bene sia male. Probabilmente l'interpretazione biblica deve spingersi oltre,individuando un concetto di colpa che non presuppone alcuna responsabilità e che scaturisce da una semplicedisobbedienza ad un comando. un comando eteronomo (non proveniente dall'internoMa anche qui: Dio disse di non mangiare. Si tratta dibensì dall'esterno) rafforzato dalla sanzione della morte oppure si tratta di un mero avvertimento, delladescrizione di una sorta di legge naturale? Per rispondere alla domanda è necessario risalire alla situazione diAdamo ed Eva rispetto a Dio nell'Eden: non era una situazione di separazione, ma di unione; non vi

eral'unica conoscenza esistente era quella divina, che individualità, ma comunione. Conseguentemente permeava anche Adamo ed Eva, e cosi vi era anche una sola volontà: in tale contesto un comando eteronomo è del tutto privo di senso. La proibizione di non mangiare la mela altrimenti si muore, si presenta dunque come un informazione, un avvertimento, una descrizione di ciò che avviene quando dall'unità di passa alla molteplicità, quando l'assoluto cede il passo al relativo: ciò che appare come una condanna o sanzione altro non è che la descrizione di ciò che accade nel relativo.

Abbiamo detto che nel caso dell'Eden non siamo in una situazione in cui alla colpa del soggetto agente consegue l'applicazione della pena. Questo non solo perché viene meno l'uso tecnico della terminologia giuridica, ma anche e soprattutto perché manca la norma vincolante, il divieto. Vi fu invece

responsabilità per l'azione compiuta, ma la natura umana di Adamo ed Eva avrebbe potuto consentire loro di compiere una scelta diversa? La risposta deve essere rinviata, in quanto strettamente dipendente dalle convinzioni intorno all'esistenza o meno del libero arbitrio. L'unione con il divino per vivere una propria vita Adamo ed Eva, mangiando la mela, abbandonano una conoscenza separata ed autonoma, dotata quindi di una propria conoscenza soggettiva e prospettica, non più oggettiva e completa. In realtà una prima rottura nel creato era già avvenuta con la comparsa di Eva: tale rottura tuttavia non si manifesta come irrimediabile, poiché frutto di una medesima sostanza (la costola di Adamo da cui è nata la donna) che riconduce ad unità ciò che appare separato. Il serpente sembra rappresentare questa attrazione verso il particolare, verso la separazione. Ad ogni modo all'immutabilità dell'Essere Assoluto subentra la

logica del divenire, con la comparsa di tutte le sue opposizioni (essere e non essere, fatica e riposo, dolore e piacere, morte e vita ecc): la prima si presenta meramente razionale, priva di possibilità empiriche di verificazione o falsificazione e palesata attorno a principi considerati indiscutibilmente veri ed evidenti; la seconda invece è completamente costruita a posteriori grazie alla percezione empirica del divenire degli eventi.

La morte, come nell'ammonimento di Dio, è indissolubilmente legata alla conoscenza umana, simbolicamente rappresentata dal cibarsi della mela: la conoscenza ed il divenire umani impediscono l'eternità, perché ciò che diviene possiede un inizio ed una fine, mentre al contrario nella logica conoscitiva del divino ciò che è lo è per sempre.

Il legame con l'assoluto sembra essere ribadito dalla Bibbia anche nell'episodio simbolico della costruzione e del crollo.

danno significato alla loro esistenza. La diversità delle lingue e delle culture umane è solo un riflesso diquesta varietà di percezioni e interpretazioni del mondo. Non c'è una lingua o una cultura superiore oinferiore, ma solo una molteplicità di modi di essere e di comprendere. La Torre di Babele rappresenta quindi la ricerca dell'unione tra l'umano e il divino, ma anche la consapevolezza delle limitazioni umane. La caduta della torre e la confusione delle lingue sono simboli della separazione e della frammentazione dell'umanità. Ogni individuo diventa consapevole solo di sé stesso, mentre gli altri diventano estranei e sconosciuti. Questa separazione non è una punizione divina, ma semplicemente una conseguenza della diversità delle percezioni e delle interpretazioni del mondo. L'Assoluto, che rappresenta l'unità e l'armonia universale, non possiede una consapevolezza umana, ma nemmeno gli esseri viventi, inclusi gli esseri umani, hanno lo stesso livello di consapevolezza e autocoscienza. I minerali, le piante, gli animali e gli esseri umani percepiscono se stessi e il mondo in modi diversi e danno significato alla loro esistenza in modi diversi. Questa diversità è una ricchezza e una fonte di apprendimento reciproco, poiché ci permette di vedere il mondo da prospettive diverse e di ampliare la nostra comprensione del mondo e di noi stessi.reagiscono ed interagiscono con l'ambiente circostanti. Il Tutto invece, può e come percepisce se stesso? Una risposta può passare attraverso il concetto di Spirito che permeando ogni cosa e ogni fenomeno ha una universale consapevolezza eterna di se: una sorta di anima individuale ma universale. Le varie dualità causate dal divenire, come bene e male, buono e cattivo, acquistano significato solo in un mondo scisso a sua volta in un bipolarismo oscillante fra un polo espressione di assoluto ed un polo espressione di relativo, il quale subisce il giudizio del primo: e così possiamo distinguere fra valori assoluti, frutto della dimensione assoluta del Tutto, e valori relativi, propri della dimensione relativa delle parti del Tutto. La conoscenza dei valori assoluti non può competere all'essere umano se non per fede o rivelazione, ma qua il tema si complica perché spesso nella storia della cultura umana l'esistenza dell'Assoluto (in

quantonon empiricamente percepibile) è stata messa in discussione. Pertanto questo argomento si è sviluppatodiversi percorsi culturali: l'uno monista, sostenitore di una realtà unitaria nella qualesecondo duefisica e metafisica si sintetizzano e si escludono a vicenda, e l'altro dualista, portatore di una visioneOltre all'alternativa fraseparata dei due piani del reale, anche se in qualche modo comunicanti fra loro.esistenza di una logica divina ed esistenza di una logica umana, si presenta anche l'ipotesi di una vera epropria assenza di logica, come risultato dell'inconoscibilità dell'Assoluto: un Assoluto che è solo silenzio,oscuramento della conoscenza umana.

MONISMO E DUALISMO NEL MONDO

Lo stato permanente di guerra (x es predatori e prede) che caratterizza il mondo biologico, è aggravato dallaprecarietà programmata della sua esistenza, la quale si deteriora e si consuma progressivamente durante

Tutto il corso dello sviluppo della vita. La descrizione della triste condizione del biologico in generale, e di quella umana in particolare, è presente in quasi tutte le religioni, le quali tendono a costruire speranze in un mondo non più biologico, e a porre al centro dei vari culti il concetto di sacrificio: sacrificio non solo animale e vegetale, ma anche umano a favore del divino. Il cristianesimo poi ha addirittura capovolto i termini del sacrificio, rovesciando il sacrificio umano nei confronti della divinità con il sacrificio divino a favore dell'umano.

La struttura del nostro mondo è stata descritta con estremo realismo da Spinoza. Per costui il diritto naturale non è altro che l'insieme delle regole della natura di ciascun individuo, in ordine alle quali ciascuno è naturalmente determinato ad esistere e ad operare in un certo modo. Così per esempio i pesci sono determinati dalla natura a nuotare, ed i grandi pesci hanno diritto a

mangiare i più piccoli: e qui non vi è differenza fra gli uomini e tutti gli altri esseri viventi della natura, ne fra uomini sani e non sani o pazzi e così via. Tutto ciò che qualcuno fa secondo le leggi della SUA natura è un.
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A.A. 2020-2021
29 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/12 Sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Simo.Russo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Fittipaldi Edoardo.