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6. L’APPLICAZIONE DEL DIRITTO ANTITRUST
6.1 Public e private enforcement nel diritto antitrust
Il public enforcement è volto a garantire la tutela degli interessi generali del mercato ed è affidato ad
Autorità specializzate nell’applicazione del diritto della concorrenza, la quali possono anche comminare
sanzioni pecuniarie in caso di violazioni.
Il private enforcement si basa invece sull’iniziativa dei privati, i quali possono adire l’Autorità giudiziaria
ordinaria per chiedere la cessazione dei comportamenti illeciti e ottenere il risarcimento dei danni subiti.
Le due forme di tutela sono tra loro autonome e sinergiche.
Autonome in quanto non sussiste alcun vincolo di pregiudizialità formale tra l’azione promossa dai privati e
l’accertamento da parte delle Autorità di concorrenza: è infatti possibile sia che vi siano azioni di
risarcimento in seguito a decisioni dell’AGCM (c.d. azioni follow on), o anche prima e indipendentemente
dall’avvio di un procedimento da parte delle suddette Autorità (c.d. azioni stand alone).
Dal punto di vista della sinergia, per quanto elevate possano risultare in concreto le sanzioni pecuniarie
inflitte dalle Autorità, il rischio di subire tali sanzioni può essere talvolta ritenuto inferiore ai vantaggi
economici derivanti dall’illecito, ed è allora che subentrano i risarcimenti nel ruolo di un costo aggiuntivo
per le imprese, incidendo positivamente anche sulla probabilità che esse vengano scoperte.
Inoltre, la recente introduzione nel nostro ordinamento della possibilità di intraprendere azioni risarcitorie
collettive (c.d. class-action) dovrebbe costituire un ulteriore stimolo all’impiego di tale strumento per
combattere le violazioni del diritto antitrust. 75
Diritto antitrust - F.Ghezzi G.Olivieri - Riassunto a cura di Gabriele Pelli
6.2 Il ruolo della Commissione UE
Anche dopo la modernizzazione la Commissione continua a svolgere un ruolo fondamentale nel public
enforcement del diritto antitrust comunitario. Ad essa, infatti, compete in via esclusiva valutare gli effetti
delle concentrazioni di dimensione comunitaria.
Con l’attuazione del Reg. 1/2003 e del piano di modernizzazione è invece venuta meno la competenza
esclusiva della Commissione a valutare i presupposti per concedere l’esenzione temporanea di un’intesa
dal divieto, che è stata attribuita (anche) ai giudici e alle autorità nazionali, i quali possono applicare
direttamente la norma in questione.
In questo modo, la Commissione, nell’ultimo decennio, si è potuta dedicare con maggiore impegno a
combattere gli illeciti antitrust più gravi come i cartelli segreti (hardcore cartels) e gli abusi di posizione
dominante in alcuni settori strategici per lo sviluppo del mercato unico (come ad esempio l’IT, quello
farmaceutico o delle comunicazioni elettroniche).
Essa mantiene inoltre la possibilità di disapplicare l’esenzione dal divieto qualora ne ricorrano i
presupposti, ad esempio per le intese verticali qualora reti parallele di restrizioni verticali coprano più del
50% del mercato rilevante.
6.2.1 Segue: i rapporti della Commissione UE con le autorità e i giudici nazionali
Al fine di agevolare l’applicazione decentrata del diritto antitrust, la Commissione ha inoltre mantenuto un
ruolo di guida, attraverso l’emanazione di apposite Linee Guida (Guidelines), contenute in altrettante
Comunicazioni, che forniscono agli interpreti utili indicazioni sugli orientamenti da seguire nell’applicazione
delle disposizioni antitrust comunitarie.
Attualmente, le più importanti comunicazioni riguardano:
1) La nozione di pregiudizio al commercio tra Stati membri
In principio, rientra nella nozione in esame ogni comportamento anticoncorrenziale idoneo ad
influenzare, direttamente o indirettamente, gli scambi tra (almeno) due Stati membri. Il criterio è
tuttavia indipendente dalla definizione dei mercati geografici rilevanti, poiché il commercio tra Stati
membri può essere pregiudicato anche quando il mercato rilevante sia nazionale o sub-nazionale.
Infatti, gli accordi che si estendono a tutto il territorio di uno Stato membro hanno l’effetto di
consolidare la compartimentazione dei mercati a livello nazionale, ostacolando così l’integrazione
economica voluta dal Trattato, e lo stesso vale per i comportamenti posti in essere da un’impresa in
posizione dominante.
Inoltre, non è richiesta la prova che il comportamento anticoncorrenziale abbia concretamente
prodotto i suoi effetti, essendo sufficiente la mera idoneità dello stesso a pregiudicare la concorrenza.
2) I rapporti con le autorità nazionali
Le principali novità introdotte dal Reg. 1/2003 riguardano, da un lato, la creazione di una struttura
permanente di coordinamento tra le autorità antitrust nazionali e la Commissione - il Comitato
consultivo - alla quale è affidato il compito di formulare pareri preventivi e non vincolanti; dall’altro,
la definizione di regole di competenza atte a prevenire l’insorgere di potenziali conflitti di
attribuzione. 76
Diritto antitrust - F.Ghezzi G.Olivieri - Riassunto a cura di Gabriele Pelli
In proposito, il suddetto Regolamento dispone che “l’avvio di un procedimento da parte della
Commissione […] priva le autorità […] degli Stati membri della (loro) competenza” in materia,
precisando che, laddove un procedimento sullo stesso caso sia già stato avviato da un’autorità
nazionale, la Commissione può “avocarlo” a sé solo “previa consultazione di quest’ultima”.
Inoltre, è fatto divieto alle autorità degli Stati membri di prendere decisioni che siano in contrasto
con quanto eventualmente già disposto dalla Commissione in relazione al medesimo caso.
Infine, qualora uno stesso caso venga esaminato da diverse autorità, il fatto che una di esse lo stia già
esaminando costituisce per le altre un motivo sufficiente per sospendere il procedimento o per
respingere la denuncia presentata. Ciò per evitare il rischio di avere una pluralità di provvedimenti di
segno opposto in relazione ad una medesima condotta anticoncorrenziale.
3) I rapporti con i giudici nazionali
La Commissione aveva in un primo tempo affermato che:
- In caso di violazione del diritto antitrust comunitario i singoli e le imprese hanno accesso a tutti i
rimedi giuridici previsti dalla legislazione nazionale alle stesse condizioni che si applicano nel
caso di violazioni del diritto nazionale corrispondente;
- Qualora la Commissione abbia avviato (ma non concluso) un procedimento sullo stesso caso, i
giudici nazionali possono (ma non devono) sospendere il giudizio in attesa dell’esito delle indagini
della Commissione;
- I giudici nazionali possono fare ricorso in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia CE nel caso in cui
l’applicazione concreta degli artt. 101 e 102 TfUE sollevi difficoltà giuridiche o economiche.
Con l’adozione del Reg. 1/2003 anche la cooperazione con i giudici nazionali è diventata più
stringente: questi ultimi possono chiedere alla Commissione di trasmettere informazioni o eventuali
pareri in merito all’applicazione del diritto antitrust comunitario, con inoltre la possibilità per le
autorità di intervenire in veste di amicus curiae nei processi aventi ad oggetto la violazione della
normativa antitrust depositando memorie scritte e orali.
In ogni caso, anche i giudici nazionali:
a) Non possono prendere decisioni che siano in contrasto con una decisione adottata dalla
Commissione;
b) Devono evitare di adottare provvedimenti in contrasto con una decisione contemplata dalla
Commissione in procedimenti da essa avviati (ma non conclusi) valutando, a tal fine, se sia
necessario o meno sospendere il giudizio in attesa che la Commissione si pronunci.
6.2.2 Segue: la collaborazione internazionale tra autorità antitrust
In un’economia sempre più “globalizzata” i comportamenti anticoncorrenziali delle imprese tendono
inevitabilmente a travalicare i confini dei singoli paesi membri e quelli della stessa UE.
Si spiega, così, l’intensificarsi degli accordi bilaterali volti a favorire la cooperazione tra Stati
nell’applicazione delle rispettive leggi a tutela della concorrenza e del mercato, ma anche l’accresciuta
consapevolezza della loro scarsa utilità in assenza di un quadro normativo comune in grado di assicurare
l’enforcement del diritto antitrust su scala planetaria.
A questo scopo è stato costituito un network tra le autorità antitrust dei principali paesi, l’International
Competition Network (ICN), il quale si riunisce periodicamente per esaminare questioni di interesse comune,
nonché per valutare iniziative volte alla diffusione della cultura della concorrenza nei rispettivi Paesi.
77
Diritto antitrust - F.Ghezzi G.Olivieri - Riassunto a cura di Gabriele Pelli
6.3 Il ruolo dell’AGCM nell’applicazione del diritto antitrust
nazionale e comunitario
L’AGCM è un organo collegiale composto da tre membri nominati dai Presidenti dei due rami del
parlamento che opera “in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione” rispetto
all’Esecutivo e agli altri poteri dello Stato.
Oltre a comminare diffide e sanzioni pecuniarie essa può segnalare al Governo e al Parlamento norme di
legge, di regolamento o provvedimenti amministrativi che provochino distorsioni nel corretto
funzionamento del mercato, nonché esprimere pareri sulle iniziative legislative o regolamentari che
riguardano la concorrenza ed il mercato.
Le segnalazioni dell’Autorità non hanno tuttavia alcun effetto vincolante per il Legislatore. Inoltre, tutti i
provvedimenti dell’AGCM sono sottoposti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo: la
competenza è attribuita in primo grado al TAR del Lazio e in secondo grado al Consiglio di Stato.
6.4 La competenza del Giudice ordinario in materia di diritto
antitrust
L’AGCM non gode tuttavia di una competenza esclusiva nell’applicazione del diritto antitrust, poiché la
legge nazionale attribuisce espressamente al giudice ordinario la competenza a giudicare in tema di:
a) Azioni di nullità;
b) Risarcimento del danno;
c) Provvedimenti d’urgenza;
d) Violazioni degli artt. 101 e 102 TfUE che producono i loro effetti sul mercato italiano.
La scelta di un “doppio binario” aveva in un primo tempo sollevato qualche perplessità, perché si temevano
possibili giudizi di segno opposto in merito alle medesime fattispecie. Successivamente, è stato invece poi
chiarito come le due “forme” di tutela fossero poste a presidio di interessi diversi e, pertanto, dovessero
con